CAPITOLO
III:
CI
PENSO IO
Aveva
tenuto duro in tutti i modi finchè ci era riuscito, poi semplicemente
arrivato al suo limite, un limite piuttosto alto in ogni caso che in
molti non sarebbero riusciti a sopportare, aveva mollato.
Quello
che si abbatté non fu solo un piccolo fulmine a ciel sereno ma una vera
e propria tempesta.
Era
uno dei primi giorni di convalescenza, quando Cristiano venne
addirittura a prelevare Ricardo a casa sua con enorme faccia tosta.
Caroline
gli aprì col suo solito sorriso dolcissimo e come di consueto il
portoghese provò un vago senso di colpa nel starle davanti, ma fu
subito sbaragliato dall’idea di ciò che era venuto a fare.
In
fondo aveva una missione da compiere, non c’era spazio per le cose
umane!
Quando
la ragazza lo vide, il sorriso radioso di sincera gioia nel vederlo
divenne in poco una strana espressione tesa che Cris colse al volo e
prima di chiedere di suo marito come faceva quando veniva a casa loro a
trovarlo, fu inevitabile assicurarsi cosa avesse:
-
Tutto bene? -
Caroline,
una bellissima donna dai lineamenti estremamente dolci, una volta
averlo fatto entrare liberò un’espressione profondamente preoccupata e
non riuscì a fingere come sempre che tutto fosse perfetto. Non davanti
a quello che sapeva essere il migliore amico di suo marito, ormai.
-
Di giorno in giorno è sempre peggio… se devo essere onesta sono
contraria al farlo stare con Luca. Di solito quando è giù farlo stare
con suo figlio lo aiuta moltissimo, ma ormai è costantemente cupo. È ad
un livello che non avevo mai visto e anche Luca è nervoso con lui. -
Cristiano
pensò a loro figlio, un bambino di due anni e mezzo che era la
fotocopia sputata del suo splendido papà e che come lui era anche molto
bravo, tranquillo e coccolone.
A
quello sospirò facendo cadere inevitabilmente lo sguardo sulla pancia
gonfia della ragazza incinta di qualche mese ed una punta di fastidio
sentì pizzicarlo nel profondo, non fu capace di dire se per gelosia o
per risentimento proprio verso Riky che permetteva un’atmosfera simile
in un momento del genere, ma una volta di più capì che doveva proprio
fare qualcosa. Se non altro farlo stare lì era semplicemente pericoloso
ed il dubbio divenne conferma quando poi lo vide.
-
Pensavo gli facesse bene un po’ di distrazione, che ne dici? Per oggi
ci penso io a lui, ti va? - era oltremodo abile a rigirarsi le
situazioni a suo favore e sapendo come stavano realmente le cose c’era
da chiedersi quanto serpe fosse, ma del resto non era mai stato una
persona eccessivamente altruista. Anzi, per niente. Era sempre stato
egoista ed egocentrico e con quelle doti era diventato il personaggio
discusso che tutti conoscevano, ma non era mai stato ipocrita. Gli era
sempre e solo importato di sé. Poi era arrivato suo figlio e questo
aveva cominciato a prendere parte delle sue attenzioni un tempo rivolte
unicamente a sé stesso. Dopo suo figlio, Cristiano Junior, era arrivato
anche Ricardo. Anche se in ordine era stato prima Riky e poi il
piccolo, ma col suo ragazzo si era messo dopo aver accolto quella che
affettuosamente chiamava la sua scimmietta. Il primo a prendersi un
posto nel suo cuore chiuso a chiunque era stato proprio quest’ultimo,
poi Ricardo si era preso il resto.
All’espressione
sollevata di Caroline fu evidente che ci avesse sperato, ignara di ciò
che c’era fra i due ragazzi e vedendoli sempre obiettivamente sereni e
felici insieme. Aveva infatti sempre considerato l’amicizia una cosa
importante ed aveva fatto in modo che suo marito la coltivasse in tutti
i modi.
-
Penso sarebbe proprio una bella idea! - Disse sorridendo facendo per
andare a chiamarlo. Lui la fermò toccandole lieve il braccio:
-
Lascia, ci penso io. - Così la superò sapendo perfettamente dove
trovarlo.
Quando
entrò in quello che in casa veniva chiamato il rifugio di Riky, lo
trovò intento a sfogliare una serie di vecchi album di fotografie.
Non
gli servì sbirciare per sapere che erano dei suoi gloriosi momenti di
calciatore passati. Momenti felici del suo inizio carriera calcistica e
poi con il suo vecchio club, il Milan, e la nazionale brasiliana a cui
era estremamente attaccato da sempre.
Era
una persona molto sentimentale, Ricardo, che amava ricordare tutto ciò
che gli era entrato dentro. E dentro gli entrava ogni posto in cui
andava, ogni persona che incontrava.
Cristiano
rabbrividì nel vederlo guardare quelle vecchie fotografie e si incupì
mascherando subito la propria preoccupazione.
Doveva
ricordarsi le parole del mister. Ricardo non era innamorato solo del
Milan ma anche di lui. Quello il succo del suo discorso. Se era ancora
a Madrid era perché si era trovato bene con lui ed era riuscito grazie
a questo ad inserirsi bene nella squadra.
Sospirò
e tornò col suo sorriso sicuro e strafottente sulle labbra, quindi gli
colpì poco gentilmente la schiena con una pacca amichevole e squillante
disse facendogli prendere un certo colpo:
-
Dai, datti una sistemata che oggi ti rapisco io! - Non che avesse avuto
scelta, ma magari porla in modo diverso avrebbe potuto.
Ricardo
a quel punto avrebbe dovuto ridere divertito e fargli notare che doveva
poter scegliere, ma invece si girò ed insofferente lo fissò cupo
sbuffando:
-
Non è che abbia una gran voglia… - Sentirgli dire una cosa simile fu
per Cris un affronto cosmico ma contraendo la mascella riuscì a fatica
a farsi scivolare tutto addosso, quindi tirandolo su di peso con quel
suo fare perentorio, continuò come non avesse detto nulla:
-
Hai bisogno di distrarti ed è d’accordo anche Carol, quindi oggi starai
un po’ con me ed anche domani e dopo domani se sarà necessario! Se stai
qua a pensare alle tue beghe apocalittiche è peggio! Su! - Non si
lamentò più però fu chiaro che non ne aveva voglia, il che era
effettivamente sensazionale.
Come
poteva non preoccuparsi?
Come
poteva fidarsi della convinzione del mister che diceva che lui era il
mezzo per recuperare Riky?
In
quei mesi era stato a tratti ombroso ed amareggiato, ma niente di
paragonabile ad ora, da quando aveva ricevuto il secondo stop per causa
del famoso ginocchio era semplicemente sprofondato in una maniera
impensabile per uno solare ed ottimista come lui.
Sembrava
davvero al suo picco peggiore, ma era lì che aveva più bisogno di lui,
Cristiano lo sapeva, così come sapeva che era vero di essere il solo a
poterlo aiutare.
Ego
o verità che fosse, ciò che contava era che insistesse tanto con quella
sua convinzione di dovercela fare a tutti i costi e solo perché lo
voleva e lo decideva.
Lui
era fatto così ed avrebbe trasmesso questa filosofia anche al suo
compagno.
Quando
tornò da lui in vesti per uscire a stento lo riconobbe: non si faceva
la barba da due giorni, i capelli erano disordinati e lunghi per i suoi
canoni e i vestiti per nulla curati ed ordinati.
°”Se
non altro non lo riconosceranno mai!” Pensò al volo Cris. Alzò un
sopracciglio scettico, specie alla sua assoluta assenza di sorriso, ma
non disse nulla e lo condusse fuori dalla sua stessa casa notando con
preoccupazione che non aveva nemmeno poi salutato suo figlio come
faceva sempre.
“Urge
uno scossone…”
Pensò
non avendo comunque bene in mente come fare. Aveva sempre più voglia di
picchiarlo e di ficcarlo in uno dei suoi istituti di cura della
persona, però sapeva che forse non sarebbe stato proprio l’ideale in
quel momento.
Forse.
Ad
ogni modo qualcosa doveva fare e principalmente non mollare e
continuare a sopportare il suo insopportabile atteggiamento
assolutamente insopportabile!
Prima
o poi sarebbe finito.
Prima
o poi tutto finiva, ad eccezione di quello che lui voleva proseguisse.
Trascinandolo
in lungo ed in largo per negozi e locali tutto il santo giorno, non
ebbero comunque un minuto di tranquillità, non che potessero sforzare
rispettivamente ginocchio e coscia, però Cris non diede risposo di
alcun tipo al suo compagno, impedendogli di avere anche solo il tempo
di pensare e deprimersi.
Lo
ebbe tutto il giorno cupo e sbuffante accanto a sé.
Al
termine della giornata sgusciò a casa senza la degna conclusione
tipicamente loro e questo aveva fatto fortemente girare le palle a Cris
che non l’aveva poi mandato definitivamente a cagare solo perché Riky
non gliene aveva dato effettivo modo.
Piantato
come un fesso -tale si sentì dopo una giornata di sforzi all’aria per
nulla ripagati- tornò a casa sbattendo la porta e sbuffando come una
teiera che bolliva.
“Se
non lo ammazzo questa volta non lo faccio più!” Cominciò a pensare
spogliandosi per infilarsi subito in un bagno rilassante. Per stare con
lui non aveva nemmeno visto Cris J e quello poi se ne andava a casa
salutandolo come niente fosse! “Se fosse una stagione più calda lo
porterei tipo in piscina od in qualche zona simile, all’aperto, sotto
il sole che tanto gli piace e gli dà il buonumore… potrei certamente
ripiegare in un centro termale di benessere… quello di sicuro glielo
posso far fare… ma tempestoso com’è non so quanto gli servirà. Ha
bisogno di distrarsi ma sembra che niente ci riesca veramente. Forse ha
solo bisogno di un paio di calci in culo! Con me funzionano solo quelli
ma lui è diverso da me quindi non so… forse con le cattive peggioro…
mah… onestamente non sono proprio per un cazzo bravo in queste cose,
perché diavolo mi ci sono impantanato? Ah sì… perché il mio ‘pilota’ di
Formula Uno mi ha detto che sono il suo dannato mezzo per recuperare il
piccolo! Cazzo, niente è impossibile per me e se lui ha detto che io ci
posso riuscire, io ci riuscirò!”
E
di nuovo con quella convinzione tornò a sbaragliare quell’attimo in cui
aveva vacillato.
Anche
se, doveva proprio ammetterlo, ormai stava diventando sempre più
difficile accantonare e resistere ed insistere.
Sempre
di più.
Il
punto era che si conosceva bene, non aveva pazienza e non sapeva
nemmeno per quale miracolo ora ne stesse tirando fuori tanta -forse
perché c’erano di mezzo dei sentimenti sinceri?- ma fatto era che prima
o poi, e ne era convinto come che lo era del fatto che avrebbe vinto un
altro Pallone D’Oro, sarebbe scoppiato e avrebbe mandato tutto a quel
paese, compagno compreso.
Sperava
vivamente che i suoi sforzi sarebbero stati premiati prima di quel
momento ma nemmeno tutte le sicurezze che nutriva in sé stesso grazie
all’ego gigantesco che aveva, gli diedero quella certezza.
Non
quella volta.
Sapeva
solo che ce l’avrebbe fatta, il punto era: prima o dopo l’esplosione
della bomba atomica?
L’avrebbe
ucciso e questa volta senza speranza di cambiamento d’idee in extremis.
Cristiano
ne era ormai convinto.
Non
solo gli avrebbe gridato di tutto e molto presto, ma l’avrebbe proprio
fatto a pezzi e sparso in giro per il mondo.
Quella
seconda giornata non era andata proprio nel modo in cui lui si era
aspettato e dire così era un eufemismo poiché in realtà davvero
l’istinto di ucciderlo era stato forte nel portoghese.
La
giornata nel centro benessere di proprietà del suo amico non aveva
funzionato, il sospetto l’aveva avuto ancora prima di portarcelo però
doveva anche dire che un po’ ci aveva sperato, se non altro che poi si
sentisse più rilassato o un pochino meglio, più grato almeno. Insomma,
stava facendo un sacco di sforzi per aiutarlo, lui nemmeno mezzo per
venirgli incontro, almeno fingere di apprezzare…
Niente,
alla fine se ne era andato scontento senza dire mezza parola.
Per
lui era stata scontata la conclusione a casa sua che il giorno prima
gli aveva impunemente negato, per l’altro no visto che era tornato
dalla sua famiglia senza aggiungere nulla.
Non
uno sguardo, non un grazie, non un ‘a domani’. Niente di niente, come
se tutto gli fosse dovuto o se fosse stata la pensata più orrenda del
secolo.
Come
poteva riuscire a passare una giornata intera in silenzio quasi
completo senza sorridere e rilassarsi?
Non
che fosse teso, ma era talmente cupo che sembrava dovesse sotterrarsi
da un momento all’altro.
Cristiano
rimasto solo a casa propria scagliò il super cellulare contro il divano
e per miracolo non rimbalzò a terra rompendosi.
La
crisi di nervi stava salendo e non sapeva più come evitarla, la sentiva
vicina e sapeva che le sue esplosioni non andavano per il sottile, il
punto era che non voleva gridare a Ricardo, non voleva picchiarlo e
tanto meno tramortirlo in alcun modo.
Cercava
disperatamente di aggrapparsi alla consapevolezza che lui era un
emotivo come pochi e che viveva i sentimenti e le emozioni oltre i
massimi storici, quindi di conseguenza anche le reazioni erano
esagerate oltre ogni dire ed insopportabili quand’esse erano negative.
Il
discorso se l’era ripetuto all’infinito, non era cambiato nulla.
Cosa
poteva fare?
Non
era riuscito a distrarlo portandolo fuori casa, tanto meno a
rilassarlo. Magari doveva provare coi propri mezzi, quelli che definiva
infallibili poiché la sua autostima stava alla grande!
Sospirò
nervoso un paio di volte cercando di calmarsi e per riuscirci meglio si
passò le mani sul viso teso un paio di volte. Nonostante l’intera
giornata passata a massaggiarsi in lungo ed in largo e poi a fare
fanghi e piscine varie, aveva ancora bisogno di essere sciolto come si
doveva.
La
tentazione di chiamare qualcuno l’ebbe, solo per un puro bisogno
fisiologico. Del resto Riky glielo stava negando da un’infinità di
tempo e lui se non si sfogava in quel modo a dovere poi diventava
intrattabile.
Tuttavia
all’idea di usare uno sporco ripiego si smontò e non per il fatto che
fosse, appunto, una cosa sporca in un certo senso, bensì perché non
aveva proprio voglia di altri che non fossero Ricardo.
Realizzandolo
si afflosciò sconfitto e spompato sul divano accanto al proprio
cellulare, fece l’ennesimo sospiro profondo ed insofferente e si
appoggiò allo schienale allungandosi come se non avesse più ossa e
articolazioni. Guardò il soffitto senza vederlo per un paio di minuti,
poi si decise a dirselo. A quel punto tanto valeva farlo, no?
-
Sono proprio fottuto… - Che era il suo modo per dire che era
perdutamente innamorato.
Evento
unico per lui che ancora di fatto non aveva provato per nessuno.
Questo
significavano, dal suo punto di vista particolare, solo più guai in
vista.
E
non si sbagliava.
Prese
il telefonino e dopo aver giurato a sé stesso di mandarlo
definitivamente a cagare e di non cercarlo nemmeno per sbaglio -solo
per evitare di diventare un assassino-, gli scrisse un messaggio:
‘Domani
giornata tranquilla a casa mia, ti va?’ Come se potesse scegliere di
dirgli di no…
Poco
dopo gli arrivò la risposta.
‘Non
particolarmente ma ci sarò.’
Con
una smorfia e stupendosi una volta di più di quella sua sincerità
sconcertante e maleducata che in condizioni normali non sarebbe mai
stato capace di usare, gli disse l’ora a cui lo aspettava con la
minaccia che poi sarebbe venuto a prenderlo di persona se non fosse
venuto.
Vedendo
che Ricardo non ricambiò in alcun modo si morse il labbro e scontento
andò a letto saltando la cena. Aveva un pugno allo stomaco, se avrebbe
mangiato avrebbe vomitato.
La
notte sognò Ricardo piangere e sognò di non riuscire a consolarlo in
alcun modo, si svegliò alle tre del mattino con il cuore in gola e
tutto sudato nella paura strisciante di non essere davvero in grado di
aiutarlo e di star facendo tutto per niente.
Rimettendosi
giù fra insulti a sé stesso poco convinti, cercò di concentrarsi sul
sorriso radioso e contagioso del suo compagno ma non servì a molto.
Finì
per sognare la stessa cosa di prima con l’aggiunta del fatto che poi
anche lui finiva per piangere con l’altro.