CAPITOLO V:
E LUI SAREBBE COSI’?

Chiusosi in camera, riempì la vasca da bagno e vi si immerse rimanendo lì, fra la schiuma profumata e gli oli essenziali rilassanti, dopo di che, quando sentì persistente la voglia di piangere, la stessa che aveva nascosto prima voltando le spalle a Ricardo ed evitando di parlare con lui ulteriormente, sprofondò completamente sotto la superficie.
Non voleva piangere, non voleva piangere per quello, per lui, per niente.
Niente si meritava le sue preziose lacrime, niente aveva il diritto di farlo piangere. Non era un bambino frignone, non era uno di quelle palle al piede che diventavano delle fontane.
Ma quello che era appena successo cos’era?
Quando si era reso conto che Ricardo lo stava lasciando e che era serio come la morte e non un momento passeggero, la voglia di combattere che aveva sempre gli era sparita ed era rimasto solo quel nodo allucinante ed enorme che gli saliva dentro in un modo a dir poco pericoloso.
Aveva sentito gli occhi pungergli e bruciargli e un’ondata di calore sul viso, quindi si era girato e semplicemente se ne era andato in un’altra stanza, lontano da lui. Non voleva vederlo ancora, non in quello stato.
Voleva stare solo e basta.
Sprofondare in qualche luogo che soffocasse quelle lacrime che premevano sugli occhi per uscire.
Annegare quel dolore che giurava non sarebbe mai stato capace di provare.
Poi riemerse, gli occhi rossi, il viso tutto bagnato ma non di lacrime. Era riuscito a soffocarle ancora.
Ripensò alle sue parole, al suo stato, a come era fatto, cosa aveva scoperto di lui in quei giorni e sconvolto per ciò che aveva trovato, disse debolmente a sé stesso, spiazzato e senza forze:
- E lui sarebbe così? -
Se gliene avessero parlato di un Ricardo così tenebroso e negativo non ci avrebbe mai creduto, ma ora che l’aveva vissuto non poteva che spiazzarsene.
Era consapevole che tutto sommato si conoscevano da poco, ma da lì a scovare un lato simile, così distruttivo e cupo, ce ne passava…
Si era rifiutato di credere che lo fosse così tanto ma quella sera aveva toccato un picco assurdo.
Il fondo, ecco dove si trovava.
Su un fondo dove la sua mano che sempre era arrivata, non c’era più.
E lì vi rimase, convinto che quella volta fosse davvero finita, perché non avevano litigato, né lottato, né gridato. Non era successo niente di ciò che poi prometteva un ricongiungimento, niente che potesse far pensare ad una reazione precipitosa ed esagerata che poi puntualmente veniva rimangiata.
Era successo in modo calmo e ponderato, Ricardo sapeva perfettamente quello che faceva, non c’erano dubbi.
E lui aveva dato tutto ed anche oltre in quei giorni, nel cercare di tirarlo fuori dal suo buio.
Non aveva funzionato nulla ed ora il risultato era quello.
Era finita e basta.
Punto.
Solo che semplicemente quella era la prima volta che amava e gli faceva male.
Troppo male.

I quindici giorni di riposo stavano per scadere, fu così che José venne a vedere come stava il suo pupillo, per assicurarsi che stesse bene e potesse tornare a breve in squadra.
Suonò un paio di volte e quando stava pensando di buttare giù la porta, finalmente gli aprì.
Gli bastò una sola occhiata per capire che qualcosa non andava e che non c’entrava niente la sua gamba ed il calcio.
Individuato al volo e con un solo sguardo il problema di carattere personale, entrò senza chiedere permesso, dopo di che rimase per qualche secondo a fissarlo lì sull’ingresso con le mani ai fianchi, battendo un piede a terra impaziente e la testa di lato con fare inquisitore.
Cristiano aveva gli occhi segnati e delle brutte occhiaie denotavano il poco sonno ma non solo, aveva proprio un’espressione cupa e depressa di quelle che aveva visto solo in Ricardo ultimamente, certamente mai in Cris.
Capì che non aveva ancora pianto ma che poco ci era mancato e che passava i giorni a trattenersi per testardaggine, orgoglio e narcisismo. O qualcosa del genere, conoscendolo.
Ci arrivò immediatamente e diretto come un treno in corsa, andò subito al punto senza delicatezze o diplomazie:
- Ti ha lasciato? -
Cristiano parve di nuovo intenzionato a piangere ma sempre con testardaggine si trattenne, quindi cominciò a girare a vuoto per casa come un anima in pena, scuoteva la testa come non ci credesse lui stesso, ma ora che si trovava a dirlo ad alta voce a qualcuno la cosa era diversa.
Quello lo rendeva reale.
Molto reale.
E non voleva affrontarla perché ancora non l’aveva fatto.
Alla fine, quando capì che non gli rimaneva che rispondere e che non poteva più scappare, si fermò, si appoggiò ad una parete ben lontano da lui e guardandolo smarrito e sempre con quell’enorme voglia di piangere, disse con un filo di voce e gli occhi gonfi e piccoli:
- Sì, mi ha lasciato. Ha detto che sono un errore per lui e che deve tornare a seguire la volontà di Dio perché altrimenti non tornerà più quello di prima… ed ha aggiunto un sacco di altre cazzate sui doni e su Dio che dà e toglie… - Riassunse in breve i molti discorsi che si erano fatti dall’inizio della sua crisi fino ad ora e diede a José un quadro completo della situazione, dopo di che stranamente per nulla incredulo gli rispose senza avvicinarlo, rispettando la sua volontà di stare lontano dal mondo:
- Non mi stupisce questa sua reazione. - Cristiano sgranò gli occhi stupito e lui proseguì con calma e fermezza fissandolo diretto: - Non ho mai visto uno con una fede come la sua e di conseguenza quello che mi stupiva era come potesse stare con te. Ero convinto che prima o poi sarebbe successo. - Cristiano si stava nuovamente spezzando ma proseguì quasi senza pietà perché lui era José e questi i suoi modi di fare, senza falsi buonismi che non servivano a niente. Solo la verità così com’era: - Ed anche il fatto che sia convinto che Dio dà e se non lo segui poi toglie… non mi stupisce per niente che creda in una cosa del genere. Non voglio entrare nei meriti della fede di nessuno, è libero di crederci anche se magari per me è una cazzata, però il punto è che tutto questo era prevedibile. - Cristiano parlò ancora con lo sguardo senza emettere un suono con la voce che in quel momento sarebbe apparsa pietosa: - Sì, prevedibile, Cris. Anche tu potevi arrivarci. È una persona estremamente emotiva e tanto è allegro quando tutto va bene, tanto è scuro quando va male. Ora le cose per lui vanno male, non puoi negarlo, e di conseguenza questa sua reazione è normale. Diventa devastante, fa piazza pulita intorno a sé e si aggrappa a ciò in cui crede sopra ogni cosa. Se pensa che Dio non voglia che lui stia con te puoi giurarci che ti lascia. Io pensavo che tu standoci insieme lo conoscessi meglio di come invece vedo lo conosci… dovevi davvero prevedere tutto questo. Io l’avevo messo precisamente in conto. -
Per Cristiano continuare ad ascoltarlo era una specie di tortura e lo fissava come se fosse una specie di mostro osceno, tale era lo sguardo che gli porgeva.
Stralunato e sconvolto.
- E cos’altro hai messo in conto, visto che sai tutto? - Disse infine con amara ironia ed una smorfia disillusa in viso. José non si turbò da quella sua uscita e tanto meno si offese, rimanendo impassibile rispose con la stessa forza e sicurezza di prima:
- Che comunque quello che ora sta facendo, cioè lasciarti perché così è giusto per Dio, non è quello che lui vuole. Di conseguenza nessuno può andare a lungo contro la propria volontà. Prima o poi tornerà perché tu sei quello che vuole davvero. -
Non c’erano dubbi per lui, non lo disse come una cosa probabile ma come una cosa certa e questo turbò Cristiano che, spiazzato, non disse e non fece più nulla. Solo scosse il capo convinto che questa volta era davvero finita.
E di nuovo la voglia di piangere.
Di nuovo l’imposizione di non farlo, non davanti a lui, non per Ricardo, non per uno che l’aveva deluso tanto.
Senza aggiungere altro si girò e salì le scale come aveva fatto qualche giorno prima con Ricardo. Spalle curve, posizione sconfitta.
José nel guardarlo nascondersi per non farsi vedere piangere ebbe un istantaneo moto di ribellione. La sua Ferrari che si riduceva come un volgare Maggiolino vecchio e scassato del secolo scorso poco prima di scendere in campo, non era possibile, era inaudito, non poteva accettarlo nonostante la reazione di Ricardo l’avesse prevista dall’inizio alla fine.
Ciò che non aveva previsto era quella di Cristiano.
Bene, se le cose stavano così lui non sarebbe di certo stato solo uno stupido spettatore.
Impossibile per uno così protagonista mettersi da parte ed osservare i suoi personaggi crollare uno dietro l’altro come pedine di un domino.
Perché poteva anche fare a meno di Ricardo ma non di Cristiano, su questo non ci pioveva, ma se senza Ricardo, Cristiano non stava e mollava a quel modo, allora la soluzione era una e semplice.
Non poteva lasciar andare Ricardo.

Uscito da casa di Cristiano, andò di filato in quella di Ricardo subito di fronte.
Gli aprì la moglie, aveva una pancia molto pronunciata e si ricordò che ormai la scadenza era vicina anche per lei.
Si chiese per un attimo se poi non l’avrebbe aiutato il fatto di diventare padre per la seconda volta e sperò accadesse in fretta.
Eseguì i soliti convenevoli con gentilezza e allegria, quindi si fece condurre dal suo giocatore infortunato che da giorni rimaneva sprofondato nella sua stanza personale senza fare quasi niente.
La donna gli che un giorno della scorsa settimana era tornato a casa dopo una giornata col suo amico Cris, l’aveva visto più cupo che mai e pensando avessero litigato l’aveva lasciato in pace, solo che da allora non era più uscito di casa e non l’aveva più visto.
José confermò con un sorriso strano che era vero, i due avevano litigato, ma non c’era da preoccuparsi e con un calcio nel didietro a testa sarebbe tutto tornato come prima.
Non si sentì meschino a sottintendere proprio con la moglie di Ricardo che quel ‘come prima’ era una relazione sentimentale segreta.
La sua faccia tosta era leggendaria.
Quando finalmente entrò nella sua camera, una specie di studio se così si poteva chiamare, si chiuse la porta alle spalle dopo aver chiesto a Caroline di non intervenire nemmeno all’udire urla varie…
La vide spaventata e questo lo divertì bonariamente.
Trovò Ricardo intento a leggere un libro, cosa che lo stupì. Si avvicinò e si sedette nel divano con lui. Era mezzo steso scomposto e non era di certo una posa da lui, così come quello non era il suo stile… barba e capelli trascurati, vestiti in disordine… a vista si capiva che stava combattendo con sé stesso.
Bene, lui gli avrebbe dato una spinta!
- Cosa leggi? - Chiese come niente fosse.
Ricardo vedendolo si drizzò un po’ e chiuse il libro, quindi trattenendo a stento uno sbuffo e solo per l’educazione inculcatagli sin da bambino, rispose:
- Nulla di che… -
- Interessante? -
Ricardo si strinse nelle spalle:
- Non ne ho idea… - José capì come fosse possibile, stava solo scorrendo delle righe senza leggerle davvero, non percepiva nulla di ciò che c’era scritto. Cercava solo di riempire dei vuoti pesanti.
- E quanto pensi di andare avanti in questo modo? - Ricardo lo guardò disorientato e lui proseguì. - A fare cose contro la tua volontà. Da quando sei a Madrid ricadi sempre lì. Vai contro te stesso. Finisci in crisi perché non sei felice. Ti arrendi, vivi chi sei e torni al top. Poi visto che sei sfigato pensi che Dio ti punisca e torni contro te stesso e la depressione ti riprende. Quand’è che impari la lezione? - Non aveva peli sulla lingua, José, non sapeva proprio cosa fossero in effetti…
Il giovane lo fissò come se parlasse arabo e José cominciò a seccarsi fortemente.
- Senti, - Cominciò deciso a dare il colpo di grazia e ad essere chiaro come la luce del giorno. - di là - intendendo casa di Cris. - c’è un altro coglione che viveva nelle favole. Pensava di conoscerti ed invece non era così ed ora sta là a frignare come un idiota perché nonostante tu sia un altro coglione, ti vuole lo stesso. E tu intanto che fai? Sei qua a deprimerti nel tentativo di andare contro te stesso perché credi sia giusto così. Ma pensi davvero di poter tornare a giocare a calcio e ad essere quello di prima, se continui così? Questa è la mia domanda. Pensaci! - Dopo di questo l’uomo si alzò e senza volere risposte per lui ovvie, risposte che comunque sarebbe stato presto avere in quel momento, se ne andò.
Ricardo rimase senza parole a ripensare a quello che il mister gli aveva appena detto.
Chiaro era chiaro ma quello che giganteggiava nella sua testa era la parte inerente a Cris.
Stava piangendo?!
Non ci avrebbe mai creduto nemmeno vedendolo… lui non era tipo da piangere, sicuramente si era consolato subito con qualcun altro, o qualcun’altra… non era certo uno che si arenava sui rapporti, sulle persone o sulle cose… bastava vedere come cambiava squadra facilmente. Non soffriva nei trasferimenti, nel lasciare i propri compagni e si ambientava subito in quella nuova legando immediatamente con gli altri.
Non poteva che stranirsene nel sentire che Cris stava piangendo.
Sicuramente lo stava dicendo tanto per dire, per scuoterlo magari e spingerlo a tornare da lui e farci pace.
Poi ci pensò.
In ogni caso giocavano nella stessa squadra -sempre che si sarebbe ripreso-, si sarebbero di certo rivisti, non si sarebbero potuti evitare per tutta la vita, no?
Ma l’immagine di Cris che piangeva era qualcosa che non riusciva proprio a figurarsi e al tempo stesso togliersi dalla testa.
A quel punto c’era una sola cosa da fare per sistemare tutto una volta per sempre.