CAPITOLO LXXXIX:
PICCOLI PASSI

Mi premo i palmi sugli occhi stretti nella speranza che le lacrime smettano di scendere, ma non smettono, non ce la fanno a finirla.
Non ci riesco proprio.
Dopo quanto tempo sento delle braccia intorno al mio corpo? Dopo quanto tempo mi rendo conto che ho la testa affondata sul petto di qualcuno?
Dopo quanto sento delle labbra che mi baciano la nuca?
Non ho idea di chi sia, non ricordo niente. Solo che lui mi ha chiamato e gli ho detto quello che dovevo dirgli... ma non era quello che volevo. Volevo dirgli che saremo tornati insieme, che avremo risolto tutto, che ce l'avremo fatta, che l'avrei aspettato per sempre, che non vorrò mai nessun altro.
Volevo andare da lui e abbracciarlo e dirgli di non piangere più.
Volevo solo poter... consolarlo... baciarlo... non posso pensare di vederlo, un giorno, e non toccarlo più.
Non posso.
Voglio proteggerlo, aiutarlo, sostenerlo.
- Sei stato bravo... - Mormora una voce, è di chi mi abbraccia e mi consola ma non so chi sia, non faccio mente locale, non ci riesco. - Penso che nessuno avrebbe avuto questa forza. - Sentendolo parlare ancora, calmo, pacato e dolce, lo riconosco.
Iker era venuto per fare la serata giapponese, abbiamo mangiato insieme, è stato molto divertente, gli ho insegnato ad usare i bastoncini ed è stato spassoso. Sono riuscito a distrarmi.
E poi lui ha chiamato e tutto è tornato come sempre.
Come ci sono riuscito?
Non lo so.
- Non mi sento molto forte, ora. - Mormoro fra le lacrime che escono ancora copiose. Gli sto bagnando tutta la maglia, mi sento un bambino.
Così mi mette le mani sulle spalle e mi spinge per farmi alzare la testa, però mantengo i palmi sugli occhi e lui mi prende i polsi e tira via. Ancora gli occhi chiusi. Mi vergogno di me stesso, mi vergogno di essere così fragile. Avevo detto che sarei cresciuto perchè sono padre, ma non è così facile. Mi sento piccolo e vulnerabile.
- Cris... - Chiama piano. Tiro su col naso e singhiozzo, apro gli occhi e mi mette le mani sulle guance, i pollici mi puliscono le lacrime. Ha uno sguardo così adulto e fraterno. Ho bisogno di questa dolcezza, una dolcezza che è come quella di Riky, solo più matura. - Cosa credi, di avere fonti inesauribili di forza? L'hai usata per Riky, ora ti devi ricaricare. Ma va bene piangere, sai? Non te ne devi vergognare. Hai fatto una cosa incredibile. Lui sa che lo ami, che l'hai fatto per evitargli una scelta dolorosa che lo farebbe stare troppo male in ogni caso. Così non sceglierà e si concentrerà sulla cosa che l'ha fatto tanto soffrire in questi mesi. - Torno a chiudere gli occhi e ancora le lacrime vanno giù, si infrangono sulle sue dita, lui le raccoglie e mi bacia la fronte permettendomi di nascondere il viso sul suo collo. Mi abbraccia, mi carezza la nuca ed io mi lascio andare.
Lo sento vicino come un fratello.
Ha una dolcezza ed una sensibilità da donna ed è semplice, per questo arriva subito a tutti quelli che hanno a che fare con lui. Non è complicato. Anche Riky è dolce e sensibile ma è complicato. Iker è semplice.
- Fa così dannatamente male... - Penso che non potrò mai smettere di amarlo. Però sarà sempre diviso fra me e lei, me e la famiglia, me e i figli, me e Dio. Lo sto dilaniando, lo sto rivoluzionando, lo sto distruggendo. Sono stato infantile, egoista, stupido ed egocentrico. Lo volevo e basta, lo volevo a tutti i costi ed ho lottato strenuamente per averlo. Senza pensare alle conseguenze. Ma come ho potuto? Come ho potuto non pensare a cosa gli avrei fatto?
Mi sono fatto amare, mi sono reso indispensabile per lui, l'ho aiutato per tutto, sempre, ogni istante. Ed ora rendermi conto che l'ho reso più debole è atroce, ma non basta. L'ho sporcato, l'ho fatto a pezzi. Un pezzo con me ed altri con Carol, coi figli, con Dio, con che ne so.
Non potrà mai essere solo mio o solo di quella parte pulita della sua vita. Quella parte che lui vive con principi e fede. Perchè le due cose non potranno mai combaciare. Mai.
Quindi è ora che lo lasci essere chi per natura è.
E lui è questo. Un ragazzo innamorato di Dio, dei principi, della famiglia, della purezza.
Se non lo fosse più, non sarebbe lui e sarebbe un crimine.
Lo sto rovinando, è questa la verità.

Giorno dopo giorno vado avanti in un modo o nell'altro, come un automa mi trascino e sono un bravo attore perchè in campo riesco a mostrare convinzione e demenza. È così facile buttare tutto sul ridere, così non devi affrontare la realtà con nessuno.
Va bene così. Va bene.
Riky non ha ancora messo piede in campo, non so nemmeno come va la sua riabilitazione. Non ho idea di nulla, nemmeno degli orari che ha.
Il non vederlo, il non sentirlo mi illude che posso farcela. Che mi basta vedere la sua foto la sera per addormentarmi.
Con Irina va bene, continuiamo a vederci in pubblico, ogni tanto ci facciamo fotografare di proposito fingendo di non accorgercene, fa tutto lei, io l'assecondo, sa bene come si fanno queste cose e ben presto la nostra relazione è sulla bocca di tutti. Il tempo che passo con lei è piacevole, è spiritosa e per niente pesante. Non mi parla di Riky. Nessuno mi parla di Riky, nemmeno Iker.
È tabù, sembra che tutti sappiano e non mi stupirei che Iker abbia parlato a tutti spiegando cosa mi sta succedendo.
Il mister non ha più fatto sfuriate e non si è intromesso, non ho dovuto dirgli che è per lui però mi guarda come se sapesse. I primi tempi lo vedevo imperturbabile, era come un muro. Ora piano piano scorgo degli spiragli. Fa di tutto per distendere l'atmosfera e per farci legare e fare gruppo. Di base non ci conosciamo poi così bene e quindi organizza molte cose insieme dopo gli allenamenti, cose come cene o bevute. Proprio oggi ha detto che intende fare una grigliata di squadra periodicamente a casa sua.
Piace a tutti sempre più anche se è un po' strano, a volte è brutale come Hitler e terrorizza, altre ti fa morire dal ridere. Ma sa il fatto suo, mi piace.
Con Junior è un paradiso, è il mio rifugio. Mia madre lo cresce come fosse suo e non gli fa mancare nulla. A volte penso che sia una benedizione più per lei che per me. Io non volevo essere padre, piano piano scopro la gioia di esserlo e mi piace passare il mio tempo libero con lui, cosa che mi aiuta tantissimo e mi distrae, ma la vedo rinata. So che ha sofferto molto nella sua vita, specie dopo la morte di mio padre. L'ho vista lentamente spegnersi. Ora sta bene, è felice davvero. Questo bambino deve essere arrivato per salvarla.
Presto farò conoscere Irina a mia madre.
Vivo in gravità zero. Mi sento sospeso sul mondo ed ogni movimento è lento e faticoso, è come rallentato e appesantito. Anche la cosa più semplice, anche un respiro.
Solo a calcio mi riprendo perchè è un rifugio, la palla per me è sempre stato un rifugio, scappavo da casa e dai problemi che c'erano là grazie alla palla, per cui non sono il tipo di giocatore che quando ha problemi gioca di merda.
Tipo Karim.
Non so cos'abbia onestamente, ma credo non si prenda bene con il mister, stanno sempre a discutere e a ringhiarsi, forse sono troppo simili, non so. Non ho la forza di intromettermi e nessun altro ne ha il coraggio. Karim è chiuso, lo è sempre stato, quindi non sembra intenzionato ad aprirsi.
Sta parecchio con questo Mesut, il sostituto di Riky.
È tedesco e quindi si capiscono, in Germania parlano il francese come seconda lingua e viceversa in Francia col tedesco. Per entrambi l'inglese è imbarazzante per non dire lo spagnolo, quindi comunicano bene fra loro. Li vedo interagire e ne sono contento, per quanto la cosa mi interessi.
Quando Karim e il mister litigano tutti lo fissano come se fosse impazzito, gli risponde, è nervoso. Non so cosa gli salta in mente. È fuori di testa, credo.
Qualcuno chiede ogni tanto a Gonzalo cosa succeda a Karim, i due hanno avuto parecchi contatti l'anno scorso, sembrava stessero insieme, ma è difficile dire di stare con Karim, infatti lui ha sempre negato e Gonzalo non ha mai saputo cosa rispondere.
Riky diceva che stavano insieme, ma con molte difficoltà, io dico che semplicemente scopavano e basta. Adesso però con il mister succede qualcosa, non riesco ad inquadrarlo, non ho la testa per capirlo davvero.
È come se Karim fosse pronto per sbranare tutti. Forse è in rottura con Gonzalo ed il mister non ha metodi così dolci.
Lo sprona a dare di più, che quello che fa non è sufficiente, ma Karim dice che dà già il massimo, che fa del suo meglio, il mister sostiene che sono stronzate, che non dà un'unghia di quello che potrebbe. E spesso gli preferisce Gonzalo e lo tiene in panchina, la cosa non migliorerà molto se non riescono a comunicare.
È davvero una situazione strana, ma al di là di questa vedo che in generale va bene. Mesut si ambienta bene, è una personcina divertente perchè non fa ridere. Cioè è timido, chiuso, freddo e preciso. E poi ha degli scatti snervati, ogni tanto. Forse perchè è un che tende a trattenersi. Mi ricorda qualcuno.
Come mi manca, Riky.
Mi manca come l'aria.
Mi manca toccarlo. Mi sembra di andare in giro nudo.
Sono giornate grige, l'autunno è più che inoltrato ed ho perso la cognizione del tempo.
Vedo solo che piove ed anche quando non piove mi sembra che piova lo stesso.
Come sta? Cosa fa? Che progressi ha?
Vorrei saperlo, darei oro per saperlo, ma potrei. Potrei chiedere ad Iker, so che sa tutto. Però non oso, ho paura che se sapessi qualcosa di lui poi lo chiamerei per dargli dei consigli, per... non so, tirarlo su. Ho paura che non sopporterei di non vederlo ancora.
Amore mio, quanto mi manchi. Quanto vorrei solo rivederti. So che succederà. Quando sarai pronto per tornare ad allenarti con noi ti rivedrò ed io devo essere pronto per quella volta, devo essere forte. Tu sei forte, non mi hai più chiamato. Devo farcela.
Devo essere pronto a rivederti.
Oggi è una giornata particolarmente nera, sono insofferente, ho pensato tanto a Riky, ci penso sempre ma oggi davvero mi mancava troppo. Penso che se salgo in auto adesso lo chiamo, quindi dopo gli allenamenti normali decido di trattenermi al centro sportivo e vado in palestra per fare macchine per conto mio. Così mi scarico ancora un po' e quando arriverò a casa sarò così stanco da mangiare velocemente qualcosa ed andare a dormire.
Arrivo con una bottiglietta d'acqua, l'asciugamano e gli auricolari con la musica alle orecchie, quelli piccoli che non danno fastidio correndo.
Cerco i macchinari che voglio fare, braccia e gambe, e quando vedo lascio cadere la bottiglietta. Fa un rumore che assorda, ma in realtà non lo sento, la musica è partita e mi toglie i rumori e le voci esterne.
Che canzone è? Dio, non riesco a ricordare il titolo, non mi viene proprio su.
Ho il nero assoluto.
Lui alza la testa e mi guarda, impallidisce si ferma. È rigido come una statua. Non che io sia da meno.
È così espressivo, così tanto.
Dio, quanto mi sei mancato.
Ora cosa faccio?
Il panico mi invade, dovrei andarmene, ma se lo faccio sembro idiota e poi prima o poi dovevamo vederci. Dobbiamo almeno provare a stare nella stessa stanza.
Abbiamo litigato ferocemente per telefono, ci siamo detti delle cose atroci e poi non ci siamo mai rivisti di persona.
Perchè tutto viene spazzato via? Perchè non ricordo più perchè dovrei stargli lontano?
Respira, Cris. Respira.
Mi abbasso, prendo la bottiglietta e mi decido ad andare a salutarlo, solo mentre mi avvicino e mi tolgo le cuffiette dalle orecchie, mi rendo conto che i macchinari che faccio sempre e che volevo fare anche stasera, sono vicino ai suoi. Non ce la posso fare.
No, come no? Devi essere forte, Cris. Come pensi di affrontare gli ostacoli se scappi? Le cose facili non sono degne di essere affrontate. Affronta questo.
Mi sembra di camminare nelle sabbie mobili. Gli sono davanti.
Sorridi.
È sudato, scompigliato e terrorizzato, ma sempre bellissimo. Il mio amore, così bello, così dolce solo nelle espressioni spontanee che ha. Quella sua bocca all'ingiù, sorpresa, carnosa, da baciare.
Non fare così, Cris.
- Ciao... - Dico sistemando le cose accanto ai macchinari che userò. Lui si è fermato ed avrà certamente perso il conto.
- Ciao... - E' come parlare per la prima volta. Come rivolgersi la parola per la prima volta. È come conoscersi per la prima volta. - Come stai? Non sapevo che eri qua... -
Lui apre la bocca tentando di rispondermi, ma vedo che fa fatica, non era pronto, non pensava di rivedermi. Intanto mi sistemo sulla macchina, mi siedo, comincerò con quella per le gambe.
- No ecco io... il terapista mi ha fissato quest'orario, ma ormai ho quasi finito. Mi ha detto di completare la sessione e poi di andare. Non ci vieni mai a quest'ora... è la prima volta... - Vorrebbe chiedermi come mi è saltato in mente di interromperlo così, ma non osa, la cosa mi fa ridacchiare e lo faccio. Anche questo è come la prima volta, quando ho scoperto che tipo di carattere aveva e quanto bello era stuzzicarlo e metterlo in difficoltà. Perchè i suoi imbarazzi sono così dolci.
- Oggi ero nervoso ed ho deciso di fermarmi dopo per fare altri esercizi. Di solito vengo prima. - Annuisce mentre mi guarda cominciare alzando ed abbassando la gamba destra.
Si perde a fissarmi, si perde nei movimenti del mio polpaccio, mentre guizzano i miei muscoli scoperti ed in vista. Lo occhieggio di nascosto e mi fissa spudorato con la bocca semi aperta. È perso. È perso di me come sempre.
Il piacere che sento dentro non ha eguali.
Ci siamo separati per vivere le nostre vite, per fare quello che dovevamo, per non dover più scegliere, per non essere un peso e non far soffrire. Però siamo qua ed è tutto uguale alla prima volta. Anche questo suo sguardo è come il primo. Ripenso a quando siamo finiti in camera, a quando l'ho fatto ubriacare e sedotto. Quanto è stato bello.
Naturalmente torno ad eccitarmi. Se volessi riconquistarlo saprei come fare, la cosa assurda è che non voglio, cioè non posso, però è quasi come che lo stessi facendo.
- Hai finito? - Chiedo allusivo. Non dovevo essere allusivo. Piantala Cris. Cazzo, mi viene naturale con lui.
Trattiene il fiato e tossisce, poi si scuote e riprende da capo.
- No, mi manca ancora... - Però sento che riprende a contare dall'uno e ridacchio sommesso. Perchè io alludevo a 'hai finito di guardarmi' e lui ha capito 'hai finito con gli esercizi'.
Perchè è Riky. È ingenuo.
Potrà sforzarsi di cambiare e crescere, ma non lo farà mai, questo è parte di lui ed è bello così, se cambiasse sarebbe un peccato.
- Come va la riabilitazione? - Non lo guardo perchè naturalmente ho gli shorts e sono leggeri e se lo guardo troppo rischio di avere un'erezione.
Così evito. Tengo lo sguardo fisso in avanti e vedo passare Iker e Sergio che si erano trattenuti col mister ad organizzare la prossima uscita insieme. Si fermano e guardano dentro, hanno delle facce da idioti, Sergio sta per alzare il braccio e gridare con tutta la sua voce qualcosa di sicuramente stupido ed imbarazzante e San Iker lo blocca mettendogli la mano sulla bocca fino a trascinarlo via.
Gli farò un regalo.
Se ora Sergio gridava qualcosa, Riky scappava.
Forse sarebbe meglio, però non voglio. Sto così bene qua con lui. Sono imbarazzato ed è un evento, sono euforico e felice. È tutto così strano, così bello, così... speciale... e delicato...
- Bene... - Riky non li ha notati, per fortuna. - Potrei tornare in campo con voi a fare esercizi a parte già fra qualche settimana. - Annuisco, è felice della prospettiva ed è balsamo per le mie orecchie, ricordando la sua estrema negatività a riguardo.
- Sono felice, hai visto che le cose si muovono meglio di quello che pensavi? - Dico contento guardandolo, forse non dovevo. Si ferma e dimentica di nuovo il conteggio e fa la faccia ebete e persa. Sempre come le nostre famose prime volte. Quando ci provavo con lui si perdeva proprio.
- Ho pregato tanto per questo... - Ma per un momento non è più chiaro per cosa abbia pregato, per un momento sembra che abbia pregato per rivedermi, per potermi parlare ancora ed ho paura a chiederglielo perchè potrebbe dire proprio questo. Noi dobbiamo riuscire a non essere troppo attaccati, troppo dipendenti uno dall'altro. Dobbiamo riuscire ad essere solo amici e basta. Non lo saremo mai.
Sorrido nostalgico ripensando a quello che eravamo e che non possiamo più essere. Potremmo. Perchè ci sentiamo così attratti ancora come sempre.
Attrazione. Se lo sfioro è finita. Sto molto attento ai miei movimenti.
- Hai di nuovo perso il conto! - Esclamo ridendo mentre cambio gamba e faccio l'esercizio con l'altra. Lui si rende conto che è così e riprende.
Però è più rilassato per la mia risata.
- Per il resto come stai? - Chiedo riferendomi chiaramente a casa. Devo chiederglielo, devo essere in grado di saperlo, dobbiamo essere in grado di parlarne. È così strano, non so descriverlo. Questo nostro parlare di cose intime come se fossimo estranei. Non lo siamo.
C'è una gran paura nell'aria da parte di entrambi.
- Beh... - Torna a fermarsi. Non glielo faccio notare. Non sa fare due cose insieme.
Mi alzo e cambio macchinario, ma resto vicino a lui, adesso faccio le braccia. Gambe aperte ai lati del sedile, piedi incastrati, posa fissa e dritta, mani sui manubri che apro e chiudo davanti al viso. Però così gli sono proprio davanti e non posso guardare altrove, solo lui ed il suo viso.
E lui mi ricambia. Perso.
- E' tutto strano con lei... è discreta, camminiamo sulle uova, però a volte ne parliamo e non so quanto costruttivi siano questi dialoghi. Non so proprio... - Mi sembra di essere pugnalato. Mi pungono gli occhi, però mi torturo.
- Del tipo? - Perchè una volta parlavamo di tutto, c'è stato un periodo in cui non lo facevamo? No, mai.
Sospira ed ormai rinuncia agli esercizi, ma non si muove.
- Del tipo... lei cerca di capire quando il sentimento si è spento, come è successo, la causa, così quando mi vede in qualche giornata buona introduce il discorso e ne parliamo, ma sai... sono vago, non so cosa dirle. Cioè lo so, ma non sono pronto e non so nemmeno se sia il caso di dirglielo o no, non so ancora niente, sono così confuso che preferisco essere vago e prendere tempo. E poi non vorrei stressarla troppo, è già tanto stressata. Dopotutto è incinta. - Non vedeva l'ora di parlarne con me, mi guarda ansioso in attesa che gli dica qualcosa, necessita delle mie parole. Del mio coraggio.
Come vorrei dirgli di mandarla al diavolo e tornare con me. Non posso. Sii uomo. Devi fare ciò che è giusto.
- La stai affrontando bene. Aspetta che il piccolo nasca, in questo periodo riuscirai a stabilizzarti, a ritrovare il tuo equilibrio e a capire con certezza cosa vuoi fare. Se vuoi dirglielo o meno. - Non gli dico che deve rimanere con lei, la deve far funzionare e quindi deve farle credere di poterla amare ancora. Dovrei, però non sono ancora così bravo. Penso che vorrei la lasciasse. Anzi, ne sono sicuro, ma deve essere una sua decisione.
- Non so se voglio rimanere con lei o no. Il punto è... - Abbassa lo sguardo imbarazzato, è in difficoltà, si morde la bocca e sospira per poi dirlo senza ancora guardarmi. - che io non so cosa farò con te. Non sono certo di volermi arrendere con te. - Questo ha la capacità di un calcio in pieno viso. Di quello coi tacchetti che ti arriva sulla bocca e te la fa sanguinare.
Un'ondata di calore mi invade e mentre sento l'eccitazione, la paura fa da contraccolpo. Se resto qua un minuto di più mi alzo e lo bacio.
Così smetto di fare la macchina, mi sciolgo e me ne vado di fretta senza raccogliere l'asciugamano e la bottiglia. Corro via e lo sento chiamarmi teso e agitato, sento che si muove e sento un rumore che non mi piace, così mi fermo e mi giro, per venirmi dietro di corsa ha appoggiato sulla gamba infortunata, si è sbilanciato per la fitta ed è andato addosso a delle macchine, è quasi caduto.
- Riky! - Torno da lui e lo prendo istintivamente per le spalle raddrizzandolo.
Quando lo tocco le scariche elettriche mi invadono alla velocità della luce. Mi sembra di impazzire e so che gli faccio lo stesso effetto, infatti nessuno di noi respira, ci fissiamo terrorizzati, consapevoli che questo desiderio non avrà mai fine.
Devo lasciarlo, devo assolutamente lasciarlo.
Ma le mie mani hanno vita propria, non vogliono saperne.
- Devi stare attento. - Mormoro piano senza staccare né me né i miei occhi da lui. I suoi neri, grandi, lucidi e pieni di un universo che amo ancora così tanto.
Non c'è un perchè dell'amore. Arriva e ti invade. Tutto qua.
Ed il suo ha fatto radici troppo profonde in me.
- Sto bene. Scusa. Non ci ho pensato ed ho appoggiato su quello che mi fa male. Sto bene... grazie... - Però per dirmelo mette le mani sui miei fianchi ed è la cosa peggiore che potesse fare. Il suo tocco delicato mi devasta attraverso la stoffa della maglietta e lo lascio di scatto allontanandomi. Scuoto la testa e cerco un modo per distrarmi, sono imbarazzato perchè vorrei solo baciarlo e non posso. Il controllo è una linea sottile e la sto per spezzare. Se lo tocco di nuovo si spezza.
Vado a recuperare quello che avevo lasciato giù e faccio per superarlo per andare a lavarmi e cambiarmi, ma lo vedo zoppicare. Sospiro. Me ne pentirò. Rallento e gli porco il gomito per appoggiarsi. Ed è così che succede.
Si appoggia.
Si appoggia a me. Mi prende il braccio stupito ed imbarazzato e si fa aiutare.
Non era questo il senso del lasciarci. Dobbiamo affrontare le nostre vite da soli, renderci indipendenti. Ma così come facciamo?
- Scusami. Sta andando tutto storto. Non dovevamo vederci... tu sei così imbarazzato ed hai ragione... - Parlarne a questo punto è la cosa migliore e lo fa lui per primo. Scuoto la testa.
- Ma io non sono imbarazzato... - Dico prima di attivare il cervello.
- Come no? Sei così teso e... - Lo guardo e lui fa altrettanto, siamo vicinissimi, siamo della stessa altezza e ci vuole poco per baciarci, camminiamo molto piano e lui si appoggia davvero a me.
- E' troppo bello rivederti e toccarti ancora. -
Ecco, decisamente la mia boccaccia che parla troppo. Me la mordo, ma ormai è tardi, lui sgrana i suoi bellissimi occhioni e mi fissa terrorizzato.
- Anche per me è lo stesso... - Alla fine lo ammette come se alzasse bandiera bianca.
Sorrido perchè è lui, è sempre così lui.
Si sforza di fare le cose giuste, non mi ha cercato, ha rispettato la nostra decisione, sta cercando di rafforzarsi e tutto, ma mi vede ed è ancora tutto come sempre.
Forse non riusciremo mai ad ottenere quello che volevamo, forse siamo destinati a vivere insieme e ad essere dipendenti uno dall'altro.
Quello che facciamo ora è emblematico. Lui che si appoggia a me per camminare.
Non ho parole. Non ne ho proprio.
Forse stiamo combattendo contro una battaglia persa in partenza.”