CAPITOLO
LXXXIX:
PICCOLI
PASSI
“Mi
premo i palmi sugli occhi stretti nella speranza che le lacrime
smettano di scendere, ma non smettono, non ce la fanno a finirla.
Non
ci riesco proprio.
Dopo
quanto tempo sento delle braccia intorno al mio corpo? Dopo quanto
tempo mi rendo conto che ho la testa affondata sul petto di qualcuno?
Dopo
quanto sento delle labbra che mi baciano la nuca?
Non
ho idea di chi sia, non ricordo niente. Solo che lui mi ha chiamato e
gli ho detto quello che dovevo dirgli... ma non era quello che
volevo. Volevo dirgli che saremo tornati insieme, che avremo risolto
tutto, che ce l'avremo fatta, che l'avrei aspettato per sempre, che
non vorrò mai nessun altro.
Volevo
andare da lui e abbracciarlo e dirgli di non piangere più.
Volevo
solo poter... consolarlo... baciarlo... non posso pensare di vederlo,
un giorno, e non toccarlo più.
Non
posso.
Voglio
proteggerlo, aiutarlo, sostenerlo.
-
Sei stato bravo... - Mormora una voce, è di chi mi abbraccia e mi
consola ma non so chi sia, non faccio mente locale, non ci riesco. -
Penso che nessuno avrebbe avuto questa forza. - Sentendolo parlare
ancora, calmo, pacato e dolce, lo riconosco.
Iker
era venuto per fare la serata giapponese, abbiamo mangiato insieme, è
stato molto divertente, gli ho insegnato ad usare i bastoncini ed è
stato spassoso. Sono riuscito a distrarmi.
E
poi lui ha chiamato e tutto è tornato come sempre.
Come
ci sono riuscito?
Non
lo so.
-
Non mi sento molto forte, ora. - Mormoro fra le lacrime che escono
ancora copiose. Gli sto bagnando tutta la maglia, mi sento un
bambino.
Così
mi mette le mani sulle spalle e mi spinge per farmi alzare la testa,
però mantengo i palmi sugli occhi e lui mi prende i polsi e tira
via. Ancora gli occhi chiusi. Mi vergogno di me stesso, mi vergogno
di essere così fragile. Avevo detto che sarei cresciuto perchè sono
padre, ma non è così facile. Mi sento piccolo e vulnerabile.
-
Cris... - Chiama piano. Tiro su col naso e singhiozzo, apro gli occhi
e mi mette le mani sulle guance, i pollici mi puliscono le lacrime.
Ha uno sguardo così adulto e fraterno. Ho bisogno di questa
dolcezza, una dolcezza che è come quella di Riky, solo più matura.
- Cosa credi, di avere fonti inesauribili di forza? L'hai usata per
Riky, ora ti devi ricaricare. Ma va bene piangere, sai? Non te ne
devi vergognare. Hai fatto una cosa incredibile. Lui sa che lo ami,
che l'hai fatto per evitargli una scelta dolorosa che lo farebbe
stare troppo male in ogni caso. Così non sceglierà e si concentrerà
sulla cosa che l'ha fatto tanto soffrire in questi mesi. - Torno a
chiudere gli occhi e ancora le lacrime vanno giù, si infrangono
sulle sue dita, lui le raccoglie e mi bacia la fronte permettendomi
di nascondere il viso sul suo collo. Mi abbraccia, mi carezza la nuca
ed io mi lascio andare.
Lo
sento vicino come un fratello.
Ha
una dolcezza ed una sensibilità da donna ed è semplice, per questo
arriva subito a tutti quelli che hanno a che fare con lui. Non è
complicato. Anche Riky è dolce e sensibile ma è complicato. Iker è
semplice.
-
Fa così dannatamente male... - Penso che non potrò mai smettere di
amarlo. Però sarà sempre diviso fra me e lei, me e la famiglia, me
e i figli, me e Dio. Lo sto dilaniando, lo sto rivoluzionando, lo sto
distruggendo. Sono stato infantile, egoista, stupido ed egocentrico.
Lo volevo e basta, lo volevo a tutti i costi ed ho lottato
strenuamente per averlo. Senza pensare alle conseguenze. Ma come ho
potuto? Come ho potuto non pensare a cosa gli avrei fatto?
Mi
sono fatto amare, mi sono reso indispensabile per lui, l'ho aiutato
per tutto, sempre, ogni istante. Ed ora rendermi conto che l'ho reso
più debole è atroce, ma non basta. L'ho sporcato, l'ho fatto a
pezzi. Un pezzo con me ed altri con Carol, coi figli, con Dio, con
che ne so.
Non
potrà mai essere solo mio o solo di quella parte pulita della sua
vita. Quella parte che lui vive con principi e fede. Perchè le due
cose non potranno mai combaciare. Mai.
Quindi
è ora che lo lasci essere chi per natura è.
E
lui è questo. Un ragazzo innamorato di Dio, dei principi, della
famiglia, della purezza.
Se
non lo fosse più, non sarebbe lui e sarebbe un crimine.
Lo
sto rovinando, è questa la verità.
Giorno
dopo giorno vado avanti in un modo o nell'altro, come un automa mi
trascino e sono un bravo attore perchè in campo riesco a mostrare
convinzione e demenza. È così facile buttare tutto sul ridere, così
non devi affrontare la realtà con nessuno.
Va
bene così. Va bene.
Riky
non ha ancora messo piede in campo, non so nemmeno come va la sua
riabilitazione. Non ho idea di nulla, nemmeno degli orari che ha.
Il
non vederlo, il non sentirlo mi illude che posso farcela. Che mi
basta vedere la sua foto la sera per addormentarmi.
Con
Irina va bene, continuiamo a vederci in pubblico, ogni tanto ci
facciamo fotografare di proposito fingendo di non accorgercene, fa
tutto lei, io l'assecondo, sa bene come si fanno queste cose e ben
presto la nostra relazione è sulla bocca di tutti. Il tempo che
passo con lei è piacevole, è spiritosa e per niente pesante. Non mi
parla di Riky. Nessuno mi parla di Riky, nemmeno Iker.
È
tabù, sembra che tutti sappiano e non mi stupirei che Iker abbia
parlato a tutti spiegando cosa mi sta succedendo.
Il
mister non ha più fatto sfuriate e non si è intromesso, non ho
dovuto dirgli che è per lui però mi guarda come se sapesse. I primi
tempi lo vedevo imperturbabile, era come un muro. Ora piano piano
scorgo degli spiragli. Fa di tutto per distendere l'atmosfera e per
farci legare e fare gruppo. Di base non ci conosciamo poi così bene
e quindi organizza molte cose insieme dopo gli allenamenti, cose come
cene o bevute. Proprio oggi ha detto che intende fare una grigliata
di squadra periodicamente a casa sua.
Piace
a tutti sempre più anche se è un po' strano, a volte è brutale
come Hitler e terrorizza, altre ti fa morire dal ridere. Ma sa il
fatto suo, mi piace.
Con
Junior è un paradiso, è il mio rifugio. Mia madre lo cresce come
fosse suo e non gli fa mancare nulla. A volte penso che sia una
benedizione più per lei che per me. Io non volevo essere padre,
piano piano scopro la gioia di esserlo e mi piace passare il mio
tempo libero con lui, cosa che mi aiuta tantissimo e mi distrae, ma
la vedo rinata. So che ha sofferto molto nella sua vita, specie dopo
la morte di mio padre. L'ho vista lentamente spegnersi. Ora sta bene,
è felice davvero. Questo bambino deve essere arrivato per salvarla.
Presto
farò conoscere Irina a mia madre.
Vivo
in gravità zero. Mi sento sospeso sul mondo ed ogni movimento è
lento e faticoso, è come rallentato e appesantito. Anche la cosa più
semplice, anche un respiro.
Solo
a calcio mi riprendo perchè è un rifugio, la palla per me è sempre
stato un rifugio, scappavo da casa e dai problemi che c'erano là
grazie alla palla, per cui non sono il tipo di giocatore che quando
ha problemi gioca di merda.
Tipo
Karim.
Non
so cos'abbia onestamente, ma credo non si prenda bene con il mister,
stanno sempre a discutere e a ringhiarsi, forse sono troppo simili,
non so. Non ho la forza di intromettermi e nessun altro ne ha il
coraggio. Karim è chiuso, lo è sempre stato, quindi non sembra
intenzionato ad aprirsi.
Sta
parecchio con questo Mesut, il sostituto di Riky.
È
tedesco e quindi si capiscono, in Germania parlano il francese come
seconda lingua e viceversa in Francia col tedesco. Per entrambi
l'inglese è imbarazzante per non dire lo spagnolo, quindi comunicano
bene fra loro. Li vedo interagire e ne sono contento, per quanto la
cosa mi interessi.
Quando
Karim e il mister litigano tutti lo fissano come se fosse impazzito,
gli risponde, è nervoso. Non so cosa gli salta in mente. È fuori di
testa, credo.
Qualcuno
chiede ogni tanto a Gonzalo cosa succeda a Karim, i due hanno avuto
parecchi contatti l'anno scorso, sembrava stessero insieme, ma è
difficile dire di stare con Karim, infatti lui ha sempre negato e
Gonzalo non ha mai saputo cosa rispondere.
Riky
diceva che stavano insieme, ma con molte difficoltà, io dico che
semplicemente scopavano e basta. Adesso però con il mister succede
qualcosa, non riesco ad inquadrarlo, non ho la testa per capirlo
davvero.
È
come se Karim fosse pronto per sbranare tutti. Forse è in rottura
con Gonzalo ed il mister non ha metodi così dolci.
Lo
sprona a dare di più, che quello che fa non è sufficiente, ma Karim
dice che dà già il massimo, che fa del suo meglio, il mister
sostiene che sono stronzate, che non dà un'unghia di quello che
potrebbe. E spesso gli preferisce Gonzalo e lo tiene in panchina, la
cosa non migliorerà molto se non riescono a comunicare.
È
davvero una situazione strana, ma al di là di questa vedo che in
generale va bene. Mesut si ambienta bene, è una personcina
divertente perchè non fa ridere. Cioè è timido, chiuso, freddo e
preciso. E poi ha degli scatti snervati, ogni tanto. Forse perchè è
un che tende a trattenersi. Mi ricorda qualcuno.
Come
mi manca, Riky.
Mi
manca come l'aria.
Mi
manca toccarlo. Mi sembra di andare in giro nudo.
Sono
giornate grige, l'autunno è più che inoltrato ed ho perso la
cognizione del tempo.
Vedo
solo che piove ed anche quando non piove mi sembra che piova lo
stesso.
Come
sta? Cosa fa? Che progressi ha?
Vorrei
saperlo, darei oro per saperlo, ma potrei. Potrei chiedere ad Iker,
so che sa tutto. Però non oso, ho paura che se sapessi qualcosa di
lui poi lo chiamerei per dargli dei consigli, per... non so, tirarlo
su. Ho paura che non sopporterei di non vederlo ancora.
Amore
mio, quanto mi manchi. Quanto vorrei solo rivederti. So che
succederà. Quando sarai pronto per tornare ad allenarti con noi ti
rivedrò ed io devo essere pronto per quella volta, devo essere
forte. Tu sei forte, non mi hai più chiamato. Devo farcela.
Devo
essere pronto a rivederti.
Oggi
è una giornata particolarmente nera, sono insofferente, ho pensato
tanto a Riky, ci penso sempre ma oggi davvero mi mancava troppo.
Penso che se salgo in auto adesso lo chiamo, quindi dopo gli
allenamenti normali decido di trattenermi al centro sportivo e vado
in palestra per fare macchine per conto mio. Così mi scarico ancora
un po' e quando arriverò a casa sarò così stanco da mangiare
velocemente qualcosa ed andare a dormire.
Arrivo
con una bottiglietta d'acqua, l'asciugamano e gli auricolari con la
musica alle orecchie, quelli piccoli che non danno fastidio correndo.
Cerco
i macchinari che voglio fare, braccia e gambe, e quando vedo lascio
cadere la bottiglietta. Fa un rumore che assorda, ma in realtà non
lo sento, la musica è partita e mi toglie i rumori e le voci
esterne.
Che
canzone è? Dio, non riesco a ricordare il titolo, non mi viene
proprio su.
Ho
il nero assoluto.
Lui
alza la testa e mi guarda, impallidisce si ferma. È rigido come una
statua. Non che io sia da meno.
È
così espressivo, così tanto.
Dio,
quanto mi sei mancato.
Ora
cosa faccio?
Il
panico mi invade, dovrei andarmene, ma se lo faccio sembro idiota e
poi prima o poi dovevamo vederci. Dobbiamo almeno provare a stare
nella stessa stanza.
Abbiamo
litigato ferocemente per telefono, ci siamo detti delle cose atroci e
poi non ci siamo mai rivisti di persona.
Perchè
tutto viene spazzato via? Perchè non ricordo più perchè dovrei
stargli lontano?
Respira,
Cris. Respira.
Mi
abbasso, prendo la bottiglietta e mi decido ad andare a salutarlo,
solo mentre mi avvicino e mi tolgo le cuffiette dalle orecchie, mi
rendo conto che i macchinari che faccio sempre e che volevo fare
anche stasera, sono vicino ai suoi. Non ce la posso fare.
No,
come no? Devi essere forte, Cris. Come pensi di affrontare gli
ostacoli se scappi? Le cose facili non sono degne di essere
affrontate. Affronta questo.
Mi
sembra di camminare nelle sabbie mobili. Gli sono davanti.
Sorridi.
È
sudato, scompigliato e terrorizzato, ma sempre bellissimo. Il mio
amore, così bello, così dolce solo nelle espressioni spontanee che
ha. Quella sua bocca all'ingiù, sorpresa, carnosa, da baciare.
Non
fare così, Cris.
-
Ciao... - Dico sistemando le cose accanto ai macchinari che userò.
Lui si è fermato ed avrà certamente perso il conto.
-
Ciao... - E' come parlare per la prima volta. Come rivolgersi la
parola per la prima volta. È come conoscersi per la prima volta. -
Come stai? Non sapevo che eri qua... -
Lui
apre la bocca tentando di rispondermi, ma vedo che fa fatica, non era
pronto, non pensava di rivedermi. Intanto mi sistemo sulla macchina,
mi siedo, comincerò con quella per le gambe.
-
No ecco io... il terapista mi ha fissato quest'orario, ma ormai ho
quasi finito. Mi ha detto di completare la sessione e poi di andare.
Non ci vieni mai a quest'ora... è la prima volta... - Vorrebbe
chiedermi come mi è saltato in mente di interromperlo così, ma non
osa, la cosa mi fa ridacchiare e lo faccio. Anche questo è come la
prima volta, quando ho scoperto che tipo di carattere aveva e quanto
bello era stuzzicarlo e metterlo in difficoltà. Perchè i suoi
imbarazzi sono così dolci.
-
Oggi ero nervoso ed ho deciso di fermarmi dopo per fare altri
esercizi. Di solito vengo prima. - Annuisce mentre mi guarda
cominciare alzando ed abbassando la gamba destra.
Si
perde a fissarmi, si perde nei movimenti del mio polpaccio, mentre
guizzano i miei muscoli scoperti ed in vista. Lo occhieggio di
nascosto e mi fissa spudorato con la bocca semi aperta. È perso. È
perso di me come sempre.
Il
piacere che sento dentro non ha eguali.
Ci
siamo separati per vivere le nostre vite, per fare quello che
dovevamo, per non dover più scegliere, per non essere un peso e non
far soffrire. Però siamo qua ed è tutto uguale alla prima volta.
Anche questo suo sguardo è come il primo. Ripenso a quando siamo
finiti in camera, a quando l'ho fatto ubriacare e sedotto. Quanto è
stato bello.
Naturalmente
torno ad eccitarmi. Se volessi riconquistarlo saprei come fare, la
cosa assurda è che non voglio, cioè non posso, però è quasi come
che lo stessi facendo.
-
Hai finito? - Chiedo allusivo. Non dovevo essere allusivo. Piantala
Cris. Cazzo, mi viene naturale con lui.
Trattiene
il fiato e tossisce, poi si scuote e riprende da capo.
-
No, mi manca ancora... - Però sento che riprende a contare dall'uno
e ridacchio sommesso. Perchè io alludevo a 'hai finito di guardarmi'
e lui ha capito 'hai finito con gli esercizi'.
Perchè
è Riky. È ingenuo.
Potrà
sforzarsi di cambiare e crescere, ma non lo farà mai, questo è
parte di lui ed è bello così, se cambiasse sarebbe un peccato.
-
Come va la riabilitazione? - Non lo guardo perchè naturalmente ho
gli shorts e sono leggeri e se lo guardo troppo rischio di avere
un'erezione.
Così
evito. Tengo lo sguardo fisso in avanti e vedo passare Iker e Sergio
che si erano trattenuti col mister ad organizzare la prossima uscita
insieme. Si fermano e guardano dentro, hanno delle facce da idioti,
Sergio sta per alzare il braccio e gridare con tutta la sua voce
qualcosa di sicuramente stupido ed imbarazzante e San Iker lo blocca
mettendogli la mano sulla bocca fino a trascinarlo via.
Gli
farò un regalo.
Se
ora Sergio gridava qualcosa, Riky scappava.
Forse
sarebbe meglio, però non voglio. Sto così bene qua con lui. Sono
imbarazzato ed è un evento, sono euforico e felice. È tutto così
strano, così bello, così... speciale... e delicato...
-
Bene... - Riky non li ha notati, per fortuna. - Potrei tornare in
campo con voi a fare esercizi a parte già fra qualche settimana. -
Annuisco, è felice della prospettiva ed è balsamo per le mie
orecchie, ricordando la sua estrema negatività a riguardo.
-
Sono felice, hai visto che le cose si muovono meglio di quello che
pensavi? - Dico contento guardandolo, forse non dovevo. Si ferma e
dimentica di nuovo il conteggio e fa la faccia ebete e persa. Sempre
come le nostre famose prime volte. Quando ci provavo con lui si
perdeva proprio.
-
Ho pregato tanto per questo... - Ma per un momento non è più chiaro
per cosa abbia pregato, per un momento sembra che abbia pregato per
rivedermi, per potermi parlare ancora ed ho paura a chiederglielo
perchè potrebbe dire proprio questo. Noi dobbiamo riuscire a non
essere troppo attaccati, troppo dipendenti uno dall'altro. Dobbiamo
riuscire ad essere solo amici e basta. Non lo saremo mai.
Sorrido
nostalgico ripensando a quello che eravamo e che non possiamo più
essere. Potremmo. Perchè ci sentiamo così attratti ancora come
sempre.
Attrazione.
Se lo sfioro è finita. Sto molto attento ai miei movimenti.
-
Hai di nuovo perso il conto! - Esclamo ridendo mentre cambio gamba e
faccio l'esercizio con l'altra. Lui si rende conto che è così e
riprende.
Però
è più rilassato per la mia risata.
-
Per il resto come stai? - Chiedo riferendomi chiaramente a casa. Devo
chiederglielo, devo essere in grado di saperlo, dobbiamo essere in
grado di parlarne. È così strano, non so descriverlo. Questo nostro
parlare di cose intime come se fossimo estranei. Non lo siamo.
C'è
una gran paura nell'aria da parte di entrambi.
-
Beh... - Torna a fermarsi. Non glielo faccio notare. Non sa fare due
cose insieme.
Mi
alzo e cambio macchinario, ma resto vicino a lui, adesso faccio le
braccia. Gambe aperte ai lati del sedile, piedi incastrati, posa
fissa e dritta, mani sui manubri che apro e chiudo davanti al viso.
Però così gli sono proprio davanti e non posso guardare altrove,
solo lui ed il suo viso.
E
lui mi ricambia. Perso.
-
E' tutto strano con lei... è discreta, camminiamo sulle uova, però
a volte ne parliamo e non so quanto costruttivi siano questi
dialoghi. Non so proprio... - Mi sembra di essere pugnalato. Mi
pungono gli occhi, però mi torturo.
-
Del tipo? - Perchè una volta parlavamo di tutto, c'è stato un
periodo in cui non lo facevamo? No, mai.
Sospira
ed ormai rinuncia agli esercizi, ma non si muove.
-
Del tipo... lei cerca di capire quando il sentimento si è spento,
come è successo, la causa, così quando mi vede in qualche giornata
buona introduce il discorso e ne parliamo, ma sai... sono vago, non
so cosa dirle. Cioè lo so, ma non sono pronto e non so nemmeno se
sia il caso di dirglielo o no, non so ancora niente, sono così
confuso che preferisco essere vago e prendere tempo. E poi non vorrei
stressarla troppo, è già tanto stressata. Dopotutto è incinta. -
Non vedeva l'ora di parlarne con me, mi guarda ansioso in attesa che
gli dica qualcosa, necessita delle mie parole. Del mio coraggio.
Come
vorrei dirgli di mandarla al diavolo e tornare con me. Non posso. Sii
uomo. Devi fare ciò che è giusto.
-
La stai affrontando bene. Aspetta che il piccolo nasca, in questo
periodo riuscirai a stabilizzarti, a ritrovare il tuo equilibrio e a
capire con certezza cosa vuoi fare. Se vuoi dirglielo o meno. - Non
gli dico che deve rimanere con lei, la deve far funzionare e quindi
deve farle credere di poterla amare ancora. Dovrei, però non sono
ancora così bravo. Penso che vorrei la lasciasse. Anzi, ne sono
sicuro, ma deve essere una sua decisione.
-
Non so se voglio rimanere con lei o no. Il punto è... - Abbassa lo
sguardo imbarazzato, è in difficoltà, si morde la bocca e sospira
per poi dirlo senza ancora guardarmi. - che io non so cosa farò con
te. Non sono certo di volermi arrendere con te. - Questo ha la
capacità di un calcio in pieno viso. Di quello coi tacchetti che ti
arriva sulla bocca e te la fa sanguinare.
Un'ondata
di calore mi invade e mentre sento l'eccitazione, la paura fa da
contraccolpo. Se resto qua un minuto di più mi alzo e lo bacio.
Così
smetto di fare la macchina, mi sciolgo e me ne vado di fretta senza
raccogliere l'asciugamano e la bottiglia. Corro via e lo sento
chiamarmi teso e agitato, sento che si muove e sento un rumore che
non mi piace, così mi fermo e mi giro, per venirmi dietro di corsa
ha appoggiato sulla gamba infortunata, si è sbilanciato per la fitta
ed è andato addosso a delle macchine, è quasi caduto.
-
Riky! - Torno da lui e lo prendo istintivamente per le spalle
raddrizzandolo.
Quando
lo tocco le scariche elettriche mi invadono alla velocità della
luce. Mi sembra di impazzire e so che gli faccio lo stesso effetto,
infatti nessuno di noi respira, ci fissiamo terrorizzati, consapevoli
che questo desiderio non avrà mai fine.
Devo
lasciarlo, devo assolutamente lasciarlo.
Ma
le mie mani hanno vita propria, non vogliono saperne.
-
Devi stare attento. - Mormoro piano senza staccare né me né i miei
occhi da lui. I suoi neri, grandi, lucidi e pieni di un universo che
amo ancora così tanto.
Non
c'è un perchè dell'amore. Arriva e ti invade. Tutto qua.
Ed
il suo ha fatto radici troppo profonde in me.
-
Sto bene. Scusa. Non ci ho pensato ed ho appoggiato su quello che mi
fa male. Sto bene... grazie... - Però per dirmelo mette le mani sui
miei fianchi ed è la cosa peggiore che potesse fare. Il suo tocco
delicato mi devasta attraverso la stoffa della maglietta e lo lascio
di scatto allontanandomi. Scuoto la testa e cerco un modo per
distrarmi, sono imbarazzato perchè vorrei solo baciarlo e non posso.
Il controllo è una linea sottile e la sto per spezzare. Se lo tocco
di nuovo si spezza.
Vado
a recuperare quello che avevo lasciato giù e faccio per superarlo
per andare a lavarmi e cambiarmi, ma lo vedo zoppicare. Sospiro. Me
ne pentirò. Rallento e gli porco il gomito per appoggiarsi. Ed è
così che succede.
Si
appoggia.
Si
appoggia a me. Mi prende il braccio stupito ed imbarazzato e si fa
aiutare.
Non
era questo il senso del lasciarci. Dobbiamo affrontare le nostre vite
da soli, renderci indipendenti. Ma così come facciamo?
-
Scusami. Sta andando tutto storto. Non dovevamo vederci... tu sei
così imbarazzato ed hai ragione... - Parlarne a questo punto è la
cosa migliore e lo fa lui per primo. Scuoto la testa.
-
Ma io non sono imbarazzato... - Dico prima di attivare il cervello.
-
Come no? Sei così teso e... - Lo guardo e lui fa altrettanto, siamo
vicinissimi, siamo della stessa altezza e ci vuole poco per baciarci,
camminiamo molto piano e lui si appoggia davvero a me.
-
E' troppo bello rivederti e toccarti ancora. -
Ecco,
decisamente la mia boccaccia che parla troppo. Me la mordo, ma ormai
è tardi, lui sgrana i suoi bellissimi occhioni e mi fissa
terrorizzato.
-
Anche per me è lo stesso... - Alla fine lo ammette come se alzasse
bandiera bianca.
Sorrido
perchè è lui, è sempre così lui.
Si
sforza di fare le cose giuste, non mi ha cercato, ha rispettato la
nostra decisione, sta cercando di rafforzarsi e tutto, ma mi vede ed
è ancora tutto come sempre.
Forse
non riusciremo mai ad ottenere quello che volevamo, forse siamo
destinati a vivere insieme e ad essere dipendenti uno dall'altro.
Quello
che facciamo ora è emblematico. Lui che si appoggia a me per
camminare.
Non
ho parole. Non ne ho proprio.
Forse
stiamo combattendo contro una battaglia persa in partenza.”