CAPITOLO XIII:
UN BUON INIZIO
Solita tensione
da pre Classico.
Solite
espressioni ansiose e serie.
Soliti
nervosismi a stento trattenuti.
Il solito
Cristiano appoggiato alla parete in fila con gli altri titolari in attesa di
entrare.
La solita faccia
sul filo del rasoio, serio, pensieroso.
Il solito
Ricardo che non entrerà dal primo minuto e forse nemmeno nel secondo tempo.
Il suo solito
sorriso rilassato e tranquillo, sicuro e sereno.
Solo una novità,
quella sera, in attesa di cominciare la partita contro il Barcellona, l’andata
di Coppa del Re.
Ricardo che
prima di sedersi in panchina passa a salutare tutti i suoi compagni e
limitandosi a dare una mano od una pacca agli altri, si avvicina a Cristiano,
gli prende la mano anche a lui ma al contrario invece di staccarsene gli si
appoggia contro, l’abbraccia con l’altro braccio e incastra teneramente la
testa sulla sua spalla. E Cristiano con aria sorpresa se lo prende e ricambia
infilando la sua mano fra il fianco e la giacca alla ricerca di un minuscolo
contatto extra che trova mentre riprende il respiro trattenuto per un po’
troppo.
Uno scambio di
sguardi significativo ed il suo sorriso rilassato, tranquillo, sicuro e sereno.
Conclude la sua
voce allegra e ferma:
- Farai un’ottima
partita! - Non una preghiera ma una previsione, perché lui certe cose le sa e
non si sbilancia mai ma quando lo fa non sbaglia.
Cristiano ci
crede per questo e quando scende in campo, quando al decimo minuto del primo
tempo fa un goal spettacolare lui stesso si stupisce, seppure sia contento ed
esaltato, perfino i compagni che l’abbracciano e lo circondano festeggiandolo
lo sono. Per non parlare degli avversari e dell’allenatore stesso che fra tutti
non pensavano avesse segnato lui.
Solo una
persona, a bordo campo, non si stupisce.
Quella da cui
poi Cristiano va appena si libera.
Accanto a lui c’è
l’amico di sempre, Marcelo, Cris li abbraccia insieme ma è sulla sua spalla che
posa un bacio fugace, come di ringraziamento per averci creduto contro ogni
logica. Contro la consapevolezza che lui nei Classici passati non ha brillato
come sempre, non ha mai fatto quello che sapeva fare, non era mai così come
quella sera.
Quindi non può
proprio evitare di andare da lui, dal suo Ricardo, e abbracciarlo con quel suo
lato tenero che nasconde molto bene davanti alla facciata da spaccone che ormai
si sforza di mantenere poiché è evidente e lo stanno notando tutti, quanto stia
cambiando.
È cominciato
quando è diventato padre ed è proseguita nel corso dell’anno aiutato dagli
amici, dalla famiglia ma soprattutto da una persona.
Solo lui sa di
chi si tratta, sa quanto Ricardo l’abbia aiutato, perché lui è discreto e non
si fa notare da nessuno, aiuta in un modo tutto suo, delicato, nell’ombra,
niente di eclatante. Nessuno se ne accorge, ma lui sì.
A lui non sfugge
mai niente di Ricardo, è impossibile.
Così anche
quella volta non può non ringraziarlo in qualche modo perché sì, è vero che
crede sempre in lui ma è facile quando c’è davanti una partita normale con una
squadra che non sia il tallone d’Achille del campione in questione.
Quando però si
tratta di affrontare proprio quella squadra e prima di cominciare, contro tutto
e tutti, quella persona dice al campione in dubbio che avrebbe fatto un’ottima
partita, tutti pensano che sia una sciocchezza, una speranza, un
incoraggiamento come tanti. Solo quello che lo riceve sa di cosa si tratta
veramente.
Un piccolo
incantesimo, una certezza, un peso in meno, delle ali che spuntano sulla
schiena e lui che vola dal primo minuto all’ultimo dell’incontro difficile.
E guardandolo
giocare per il resto dei novanta minuti, nonostante poi perdano alla fine della
partita, nessuno direbbe che lui solitamente in quel genere di scontri è sempre
il peggiore in prospettiva al suo solito rendimento normale.
Nessuno lo
direbbe.
Perché alla fine
il campione in questione risulta il migliore ed anche se stupisce tutti, lui
stesso per primo, la persona che gli aveva predetto un ottimo rendimento per
quei novanta minuti epici, questi non ne rimane stupito per niente.
Cristiano non
avrebbe mai rinunciato, quella sera, ai supplementari con Ricardo.
Gli dispiace di
non aver potuto giocare con lui, ma il sostegno che gli ha dato nonostante
potrebbe sembrare minimo è stato come sempre il più sostanziale e quando
tornando indietro devia nel loro appartamento secondario consapevole che a
quell’ora tarda la famiglia di Riky ormai è bella che nel mondo dei sogni, il
brasiliano non se ne stupisce molto.
Cerca di
scrutarlo di sottecchi per capire se sia nero per la sconfitta oppure di buon
umore per il rendimento eccellente, ma non ci impiega molto a capirlo perché
quando scende quasi saltando, nonostante la stanchezza notevole per la partita,
Ricardo si mette a ridere e lo segue a ruota salendo in ascensore.
È però solo
quando sono al sicuro in casa, l’appartamento-regalo di Cris a Riky per i suoi
29 anni, che quest’ultimo parla dopo essere stato circondato da dietro con
entusiasmo ed esuberanza che dopo i Classici si era solo sognato.
- Sei felice per
la tua personale performance di stasera? -
- Anche! -
Risponde il portoghese ridendo baciandogli il collo: - Ma soprattutto perché
sono stato migliore di Leo! - E questo non serviva glielo dicessero tutti, l’aveva
notato da solo, ma a conferma erano arrivati a dirglielo spaventati all’idea di
vederlo sprofondare nella sua cupezza tipica dei post Classici.
Ricardo si mette
a ridere prendendogli le braccia del compagno strette attorno alla sua vita e
quando piega la testa di lato per dargli un miglior accesso al proprio collo e
lasciarglielo assaggiare come si deve, dice la sua che aveva tanto tenuto per sé
e lo fa con pura sincerità:
- Quello che
conta di più in questi incontri chiamati ‘il tallone d’Achille’, non è tanto la
vittoria finale. Certo, anche quello conta, naturalmente, ma c’è una cosa che
per noi che affrontiamo squadre del genere conta di più ed è il rendimenti
personale. Perché se giochiamo bene possiamo anche perdere, ce l’abbiamo messa
tutta, più di così non potevamo e se hanno vinto lo stesso significa che ci
sono superiori ed allora pazienza, ne prendiamo atto, l’accettiamo e
ricominciamo da capo lavorando per migliorare. Ma se perdiamo giocando con nemmeno
la metà delle nostre reali capacità… bè, lì sì che brucia. Purtroppo non tutti
gli altri sono riusciti a superare quello scoglio della tensione psicologica
iniziale ed entrano col freno a mano tirato. Come facevi tu negli altri
Classici. Esempio eclatante la finale di Coppa del Re dell’anno scorso, quando
abbiamo vinto con un tuo goal e tu non eri veramente felice come sarebbe stato
normale perché non avevi giocato come volevi, come sapevi, come dovevi. Ma ora
ci sei riuscito, ci sei arrivato, a quel punto. A giocare liberamente senza
costrizioni psicologiche tiranne. Perché finalmente non avevi più grandi
aspettative in te stesso, come le altre volte. Niente aspettative, niente
pressioni e niente pesi. Hai volato, stasera. Sei stato proprio grande, nonostante
abbiamo perso. E comunque solo alla fine, all’ultimo direi. Non importa, quello
che conta è come hai giocato e sei stato fantastico. -
L’avrebbe
ascoltato fino alla fine dei suoi giorni, soprattutto perché parla di sé, ma
quando smette se lo stringe ancora di più fino a togliergli il fiato e a fargli
uscire un lamento mescolato ad un sorriso d’accondiscendenza.
È comunque
quando risale con le labbra sul suo orecchio che gli risponde a modo suo,
piano, col suo stile.
- Per me quello
che conta sei tu. Devi venirmi a salutare sempre in quel modo, prima di
giocare. Mi basta che tu creda in me, solo questo. - E nonostante stanno
insieme ormai da un anno e qualche mese, Ricardo riesce ad emozionarsi ogni
volta che lui gli dice qualcosa di sentimentale e romantico. Cristiano non è da
meno ma si maschera meglio mentre l’altro è molto più spontaneo. Un emotivo
DOC!
- E mi è
piaciuto soprattutto che sei stato forse l’unico in tutto l’incontro a non fare
nemmeno un fallo! Nemmeno quando tutti avevano ormai perso la testa, gli ultimi
dieci minuti che perdevamo. Sono orgoglioso di te! -
Quella
conclusione fa sciogliere definitivamente Cristiano che si sente ormai come se
avesse vinto il Classico, che poi non sia così non importa, è convinto che,
vada come vada il ritorno, quella soddisfazione niente e nessuno gliela toglierà
mai. Il resto scivolerà senza assoluto controllo ma andrà bene, in un certo
modo, qualunque sia il risultato o il rendimento.
Finché potrà
stringersi fra le braccia il suo Riky, andrà sempre bene.
A modo suo.
Quando si
prendono le labbra in perfetta sincronia, i novanta minuti massacranti sul
fisico di Cristiano scemano così come la piccola delusione di Ricardo del non
poter essere entrato anche lui. Scema anche l’insoddisfazione per aver comunque
perso un’incontro in cui speravano, dove erano stati capaci di tenere a bada il
Barcellona per la gran parte del tempo.
Scema tutto per
lasciare spazio a ciò che conta veramente.
Loro due
insieme.