CAPITOLO XXII:
ALTI E BASSI

Quello che provava Cris non era descrivibile. Era da molto che non gli succedeva di stare così per Riky. Era cominciata con una sciocchezza e stava finendo in modo davvero orribile.
Stringeva le lenzuola e tendeva tutti i muscoli, respirava a stento e non voleva gridare e dire cose che non pensava, però questo discorso lo stava ferendo troppo.
- Riky, non puoi non avere fiducia in me dopo tutto questo tempo... dopo quello che abbiamo passato e superato... hai idea di che cosa ho fatto per averti, per vincere su tutte le tue mille barriere altissime? Hai idea di che cosa ho fatto io per arrivare a te? Non puoi prendere delle stronzate e trasformarle in nuovi muri ed usare i mattoni per colpirmi così! Mi stai ferendo a morte! Io non ti tradirei mai ed anche se mi piace che tu sia geloso... non a questi livelli! Non così! Non puoi fare così! Così non è più un gioco! È Casemiro che ti viene dietro e tu sei lì sempre che accetti la sua compagnia perchè sei gentile. Sono io quello che dovrebbe dare di matto e non lo faccio! Perchè so che non andresti mai con nessuno anche se ti stufassi di me. Perchè non sei venuto con me come passa temo e divertimento. Sei venuto con me perchè mi amavi... e sei riuscito ad amarmi dopo così tante difficoltà che se l'hai ammesso e l'hai fatto significa che è certo e lo sarà per sempre! Che niente lo farà finire. Perchè sei così ed io lo so! E se io so questo tu dovresti anche sapere che dopo tutto quello che ho fatto per arrivare a te... niente potrebbe separarmi e farmi cambiare idea. Niente. -
Cris rimase rigido seduto com'era, sul letto, le gambe raccolte, e Riky ora che lo guardava aveva le lacrime agli occhi, ma se le asciugò e cercò la forza di reagire in modo diverso dal solito.
Aveva sbagliato, lui sapeva quello che Cris stava dicendo, ma non riusciva a controllarsi sempre proprio perchè lo faceva così tanto, in così tanti campi... a volte semplicemente non ce la faceva.
Con Cris era sé stesso, non aveva bisogno di fare quello che era meglio per chi guardava o per chi lo circondava.
Riky si morse il labbro e gattonò sul letto per arrivare fino a lui, si sedette sui talloni sistemandosi davanti a Cris, gli prese le caviglie e cominciò a carezzargliele, poi si chinò e gli baciò le ginocchia piegate contro il petto, su di esse mormorò piano e mortificato:
- Perdonami... perdonami... non riesco a controllarmi con te... sei il solo che mi impedisce di agire come dovrei e non come mi viene. Con te sono io al cento percento, per questo tu mi conosci come nessuno. Per questo tu sai cose di me che nessuno saprà mai. Io ho sempre paura dell'opinione degli altri e che qualcuno ci scopra, però sarai sempre, sempre, sempre più importante di chiunque altro. È per questo che impazzisco e sono geloso anche se non ha senso e non va bene e non devo. Perdonami... perdonami, ti prego... non sopporto di sapere che stai così male per colpa mia... ti prego... -
Cris ovviamente si era sciolto al primo 'perdonami', perchè era quello il potere di Riky, però gli piaceva che penasse un po' per conquistarsi il suo famoso perdono, per cui in silenzio continuò a bearsi dei suoi baci fra un sussurro e l'altro.
Le mani divennero sempre meno innocenti sulle sue caviglie, scesero sui piedi continuando delle carezze che sfociarono in massaggi rilassanti e languidi. Languidi in quanto a Cris piaceva che gli toccassero i piedi. Le labbra sempre sulle ginocchia a sfiorargliele leggero.
Adorava il corpo di Cris, lo ipnotizzava sia al tatto che alla vista. Si perdeva ogni volta che lo toccava, ovunque, non importava dove e come. La sua pelle era liscia e perfetta, era sodo ed era sempre profumato.
Lo mandava oltre i limiti più folli mai conosciuti.
Silenzioso e senza aggiungere altro, gli alzò un piede fra le mani e si raddrizzò osservando il suo viso intenso a catturato dalle bellissime sensazioni che le sue dita gli stavano facendo provare. Il massaggio proseguì sulla pianta e sulle dita, i suoi punti davvero deboli.
Quando Cris capì cosa voleva fare, una cosa che non era mai riuscito a fare ma che aveva sempre sperato facesse, trattenne il fiato e sgranò gli occhi liquidi come petrolio.
A quel punto Riky scivolò con la lingua sul dorso del suo piede. Cris rimase rigido a guardarlo, già eccitato. Non gli aveva mai fatto quelle cose perchè non erano la sua passione, il fatto che glielo facesse significava che ci teneva davvero molto a fare pace.
Afferrò e strinse il lenzuolo sotto di sé cercando di resistere ai gemiti, ma quando continuò a leccare verso le dita, non resistette e liberò i primi sospiri di piacere.
Quando Riky avvolse le dita e le succhiò, gettò la testa all'indietro, contro lo schienale del letto.
Il brasiliano capì come funzionava fare pace usando sé stessi ed i punti deboli degli altri. Si sentì meschino, ma quando lo sentì godere solo perchè gli concedeva un desiderio mai realizzato e voluto da molto, lo trovò piacevole. Capì che non c'era niente di male perchè alla fine Cris si stava beando in uno dei suoi sogni erotici.
Gliene aveva parlato una volta.
Riky che si occupava dei suoi piedi in tutti i modi possibili.
Non aveva idea di che cosa stimolasse in lui, aveva a che fare con la sottomissione ma non era sottometterlo, il desiderio di Cris.
Era qualcosa che non riusciva a comprendere, non ne aveva la minima idea.
A lui piaceva quando glielo faceva Cris ma non a questi livelli, lui si stava sciogliendo completamente, lo sentiva tendersi e fremere in maniera indicibile, gli piaceva profondamente come forse nessun altro gioco erotico gli piaceva.
Dopo essersi occupato di uno lo fece con l'altro e si abbandonò completamente all'indietro, godendosi quelle sensazioni elettriche che lo sconnettevano col mondo.
Non era un piacere che sapeva descrivere, niente lo eccitava più dei piedi e anche se gli piacevano quelli degli altri, quando facevano così coi propri era fantastico, il fatto che da quando stava con Riky si fosse sempre e solo limitato a dei semplici massaggi era stato un grandissimo limite. Farlo con la lingua era tutta un'altra cosa.
Sospirò e gemette fino a che Riky risalì con la lingua lungo la gamba e quando salì sulle cosce e gliele allargò, giocò un po' attraverso la stoffa degli shorts e dei boxer.
Quando lo sentì spingere col bacino contro di lui in una muta richiesta implorante, si decise a sfilargli tutto per liberarlo dalla tortura della stoffa.
Una tortura anche per sé stesso.
Non lo seduceva sempre e sicuramente era la prima volta che lo faceva per rabbonirlo.
Quindi si concesse quel gran passo.
Lo sentiva come gli si dava completamente a lui e decise che l'avrebbe fatto davvero fino in fondo.
A Cris piaceva essere preso.
Glielo prese in mano e lo masturbò brevemente per poi occuparsene con la bocca, allo stesso modo che prima aveva fatto coi piedi.
Per lui sarebbe stato disposto a tutto, si disse Riky. Era questo il messaggio che stava dando a Cris.
Era questo che lo mandava così fuori di sé. Non il gioco della sottomissione, ma l'essere disposti a tutto, anche a cose che non si sarebbe mai e poi mai voluto fare.
Per lui lo faceva.
Riky per Cris aveva sempre fatto tutto, specie rivoluzionarsi completamente.
Cris tornò a gemere e gli accompagnò la testa mentre si muoveva sull'inguine, lo sentì crescere e quando si chiese se farlo venire o meno, fu il portoghese a decidere, lo tirò via e strisciò in modo da stendere del tutto la schiena e alzarsi le gambe verso il petto. Si diede a lui in un messaggio ancora più chiaro di prima, glielo stava chiedendo, lo stava implorando con uno sguardo lascivo di chi poteva morire se non l'avesse avuto subito dentro.
Riky si leccò le labbra eccitato, si sistemò meglio e si tuffò col viso fra le sue gambe a stuzzicargli l'apertura, quando si fu occupato di quella parte in abbondanza constatando come al solito che era comunque sempre ben disposto a quel genere di cose -cioè fare il passivo- si sistemò su di lui, si appoggiò i polpacci del suo ragazzi sulle proprie spalle, gli prese le cosce ed entrò.
Abbandonò sé stesso al piacere più intenso che un uomo poteva provare, incontrollabile, insaziabile desiderio, morte assicurata, paradiso diretto.
A Riky piaceva essere posseduto, ma in certi casi, quando sentiva Cris così ferito e bisognoso di calore, gli veniva questa voglia gigantesca ed incontrollata di penetrarlo e nel farlo moriva.
Lo fecero insieme, i movimenti aumentarono come i gemiti, onde perpetue che divennero tempeste inarrestabili.
Fino a morirne.
Fino a finire per sempre l'uno nell'altro.
Dopo i consueti istanti per riprendersi e trovare la forza di uscire e stendersi e pulirsi brevemente, Riky se lo tirò addosso mentre i loro cuori giocavano a sintonizzarsi uno con l'altro.
Cris si alzò sui gomiti e lo baciò accettando le sue scuse definitivamente. L'altro non dovette dire più niente. Tutto fu perfetto nelle solite imperfezioni che bene o male erano obbligate ad uscire di tanto in tanto.
La vera bellezza di una relazione si misurava dai momenti in cui ci si scontrava e ci si riuniva. Perchè c'era la voglia di migliorarsi ed attaccarsi di più, fino ad arrivare ad un unione sempre più indissolubile.
Nessuno avrebbe mai potuto sapere precisamente cosa erano uno per l'altro e forse funzionavano bene anche per questo.
Più si era solo lui e l'altro, più un mondo era completo.
Il loro, fra alti e bassi, lo era.


I giorni passarono serenamente per tutti, sotto ogni punto di vista. Fino alla notte prima dell'ultima partita del tour Americano del Real Madrid. Il giorno dopo avrebbero avuto l'ultima partita del ritiro, a St Louis.

Karim si svegliò sudato e col batticuore, la giugulare sul collo pompava sangue al cervello facendoglielo quasi scoppiare, era una sensazione davvero orribile.
Si tirò su a sedere di scatto, il corpo un fascio di nervi.
Zinedine si svegliò col suo respiro pesante e affannato e lo guardò preoccupato.
- Stai male? - Karim saltò sul letto non aspettandosi che lo sentisse e lo guardò con un'aria corrucciata e scura, gli stava succedendo qualcosa e non era positivo.
Zinedine guardandolo ebbe l'idea di avere davanti un animale selvaggio.
- No... ho fatto un sogno... - Zinedine si alzò a sedere e scrutò il suo viso da vicino cercando di apparire il più morbido possibile, non era facile per lui esserlo.
- Un incubo? - Karim a quel punto, come se lo realizzasse con shock, lo guardò incredulo.
- No... era... eravamo noi due che scopavamo... -
Zinedine ridacchiò.
- Il solito romantico! - Commentò tornando a stendersi e rilassandosi. - Hai solo quello in testa! Devi abituarti che non c'è solo il sesso nella vita! -
Detto da lui suonava comico. Karim si alzò seccato ma si fermò in piedi fissandolo torvo. Non era nudo ma naturalmente i boxer stringevano per ovvie ragioni.
- L'ho capito! Non sogno di scopare con te perchè lo voglio fare assolutamente! Non ne sono ossessionato! -
- Ah no? -
- No! Lo sogno perchè... - Ma non sapeva spiegarlo, era una sensazione strana. Zinedine pensava che si stesse solo ostinatamente arrampicando sugli specchi per non dargliela vinta, quindi rimaneva steso sul letto e lo fissava ironico.
- Perchè non sai pensare ad altro? - Disse in un'alternativa di quanto già detto.
Karim seccato si sentì andare di nuovo il sangue alla testa, ma per la rabbia e non l'eccitazione. Lo prendeva in giro mentre lui era serio, c'era qualcosa di strano!
- No cazzo! - Ruggì allora insofferente. - Ti ho detto di quei deja vu che ho con te, no? - Zinedine non si ricordava che gliene avesse parlato, però si decise a fare il serio e ad ascoltarlo. Così si tirò su a sedere e appoggiò la schiena alla spalliera del letto. Anche lui non era nudo ma coi boxer. Avevano fatto qualcosa di decisamente piacevole senza andare oltre.
Manteneva sempre un controllo perfetto, gli faceva assaggiare le cose per gradi.
- Di cosa stai parlando? - Chiese neutro e perfettamente calmo.
Karim sospirò teso, si sedette piegando la gamba sotto di sé e lo fissò mordendosi le labbra. Non sapeva spiegarlo.
- Quando ci baciamo... e facciamo tutto il resto... ho la sensazione di deja-vu. Anche la prima volta che faccio qualunque cosa di sessuale con te, ho questa sensazione... -
Zinedine inarcò le sopracciglia affinchè si spiegasse meglio e Karim alzando gli occhi al cielo chiese a sé stesso chiarezza.
- Mi sembra d'aver già fatto tutto con te! Però sono le prime volte che lo faccio e non è possibile! - Zinedine si fermò e da semi divertito che cercava di fare il serio, divenne pallido e rigido come se capisse cosa gli stava succedendo.
Il significato era molto diverso da quello che Karim pensava.
Si chiese, per un momento, come avrebbe potuto prenderla, però non era certo una cosa grave.
Così prese respiro e di nuovo apparendo tranquillo, disse:
- Ma è così Karim! Noi due l'abbiamo già fatto! - Karim pensò che lo prendesse in giro, corrugò la fronte e lo fissò concentrato per capire che diavolo dicesse.
- Cazzo dici?! -
Zinedine sospirò scuotendo la testa, si passò le mani sul viso e come se dicesse una cosa ovvia, parlò:
- Due anni fa, quando me ne sono andato. Eri così ubriaco da dimenticarlo del tutto? Credevo te ne ricordassi... anche quando abbiamo parlato in piscina ero sicuro tu ti riferissi a quella notte... - Karim non era famoso per essere sveglio, in quel momento lo era ancora meno.
Si incupì di più quando lo chiese mentre il cuore per qualche strana ragione cominciava a battere forte:
- Che diavolo dici?! -
Zinedine sospirò spazientito che fosse così lento, quindi glielo disse chiaramente:
- Karim, abbiamo già scopato! Quando abbiamo festeggiato la Liga, eri ubriaco, ci hai provato con me e visto che mi andava e non pensavo fossi del tutto andato, ti ho portato in un albergo e l'abbiamo fatto! - A quel punto capì che non sapeva nemmeno perchè se ne era andato, perchè l'aveva mollato in quel modo. Capì anche le sue parole in piscina, quando gli aveva rivelato di esserci rimasto male.
Certo che ci era rimato male. Non aveva la più pallida idea di che cosa era successo!
Karim era sotto shock e visto che non reagiva e non diceva niente ed aspettava che gli rivelasse lo scherzo, continuò:
- Quella notte hai chiamato José ed io mi sono arrabbiato e me ne sono andato. Già andava male fra me e José perchè alla fin fine non avevo voce in capitolo su niente negli allenamenti, ero nello staff ma non potevo dire e fare nulla se non seguire te e fare in modo che tu ti rafforzassi! Ero arrabbiato perchè mi aveva voluto nello staff solo per rimetterti in sesto... e poi tu mi piacevi, pensavo mi appartenessi visto che il tuo grande salto di qualità l'avevi avuto con me e mi interessavi. E poi invece è venuto fuori che stavi con lui e che volevi lui e non me! Quando chiamano qualcun altro mentre scopano con me me ne vado, odio che lo facciano! -
Era comprensibile, ma non lo era che poi Zinedine non fosse andato da lui per un chiarimento.
- E... e così te ne sei solo andato?! Hai lasciato la squadra, hai lasciato me e non mi hai mai detto niente... come diavolo pensavi che io potessi sapere? - Zinedine scosse il capo ed alzò le spalle, non ci aveva comunque mai pensato.
- Ero convinto fossi cosciente e che comunque non te ne importasse molto! Credevo che quella notte tu avessi litigato con lui e che per dargli una lezioni mi avessi usato portandomi a letto! Ero furioso con te! Ti ho fatto un favore sparendo a quel modo perchè se te ne parlavo ti avrei demolito! Mi ci sono voluti mesi per calmarmi ed accettarlo. Solo quando ho visto che José in squadra andava male e che non ti parlava più, ho capito che a fine stagione se ne sarebbe andato e che forse Perez mi avrebbe richiamato. So di piacergli. - Ora gli aveva spiegato tutto, sperava fosse sufficiente e che potesse tornare a letto e smetterla con quella faccia sconvolta. Stava esagerando.
Ma Zinedine non aveva idea di quando poteva esagerare ancora.
Karim a quel con uno scatto veloce buttò giù tutto quello che c'era sul comodino, compreso il suo telefono che fortunatamente non si ruppe.
Zinedine si alzò capendo che quella non era certo una reazione positiva. Ora era il suo cuore ad accelerare, lo sguardo attento e concentrato su Karim.
- Non hai mai pensato di parlarmene? Ci siamo rivisti durante l'anno ed hai fatto finta di nulla! Sei tornato in squadra ed hai fatto finta di nulla! Non me ne avresti mai parlato? Ora ci siamo messi insieme e pensavi che non fosse il caso di dire qualcosa? -
- Karim, pensavo ricordassi e che ti fosse passata! Sono cose che si fanno! Si va a letto insieme, non va bene, si va avanti... -
- Sì, e poi ci si rimette insieme! Cazzo Zinedine! Non è questo il modo di stare insieme! Abbiamo avuto dei trascorsi ed anche se pensavi io li ricordassi, nel momento in cui ci mettiamo insieme ne dobbiamo parlare! Come hai potuto? Come? E tutti quei discorsi sul fare le cose per bene e andare per gradi cos'erano? Prese per il culo? Abbiamo già scopato, cazzo! E non lo ricordo nemmeno! Porca puttana! - Karim ora gridava e continuava a prendere a calci le cose che trovava per terra, camminava con grandi falcate per la stanza e Zinedine rimaneva fermo ad ascoltare la sua furia.
Ecco la tigre, pensò.
Il gatto si era svegliato.
In un momento ripensò alle parole che gli aveva detto Riky. Che forse non c'era nessuno in grado di gestire il vero Karim e che era meglio rimanesse un gattino addormentato.
L'eccitazione crebbe violentemente in lui realizzando che aveva l'autentico Karim davanti e nonostante fosse così infuriato che avrebbe potuto prenderlo a pugni, non ne aveva paura. Non poteva.
Quella era la sua vita, quello era il suo pane. Aveva affrontato situazioni del genere sin da piccolo, la sua vita era stata un inferno, aveva imparato a cavarsela grazie alla violenza.
Non ne aveva paura.
Lo eccitava.
Gli piaceva.
- Non ti ho preso per il culo! Pensavo che dovessimo voltare pagina! Abbiamo sbagliato quella notte, ora volevamo rimediare e fare le cose per bene! Era implicito questo discorso! - Fu come sventolare un drappo rosso davanti agli occhi del toro.
Karim saltò con un piede sul letto e con l'altro atterrò davanti a Zinedine, lo prese, lo alzò e lo sbatté sul muro togliendogli il fiato e paralizzandolo per qualche leggendario istante. Poi puntandogli con forza il dito contro il petto, gli urlò a pochi centimetri dal viso.
- No cazzo! Non era implicito proprio per niente! Non puoi entrare nella mia vita dopo un precedente del genere e pensare che fosse tutto ovvio e che non servisse parlarne! Serviva cazzo! Serve sempre! Ma tu non condividi un cazzo! Hai i tuoi maledetti piani ed ora capisco di cosa si tratta! Mi vuoi solo domare e basta, non ti fotte un cazzo di me! Tu dici di voler fare tutto come si deve ma te ne stai zitto e non mi parli di cose così importanti! Non so niente di te, niente della tua vita, di come sei, di cosa pensi! Perchè fai questo o perchè fai quello! Di cosa ti penti, di cosa sei convinto! Però vuoi tutto da me, mi chiedi tutto! Mi punisci quando sbaglio come se fossi un animale selvaggio e mi premi quando vado bene e sono docile! Tu non vuoi aiutarmi, tu vuoi solo divertirti alle mie spese! Sei solo un pezzo di merda e basta! Se vuoi una sfida va a cercare qualcun altro! Io mi chiamo fuori! -
Detto questo non gli permise di dire niente, uscì così com'era, in boxer e basta, e sbatté la porta.
Zinedine rimase di sasso a quella reazione, gli aveva detto tutto quello che gli passava per la testa e l'aveva mollato.
Forse non aveva avuto nemmeno una logica precisa, certe cose contrastavano una con l'altra, però le pensava tutte.
Era un uragano forza dieci.
Da un lato gli era piaciuto da matti, dall'altro capì che sarebbe stato molto più difficile del previsto domarlo.
E poi, comunque, su un paio di cose aveva obiettivamente ragione, ma non su tutte.
Non si apriva e non gli diceva niente di sé e di cosa voleva, aveva sbagliato a non essere chiaro, però non lo faceva solo per la sfida ed il divertimento. Non negava che ci fosse anche quello, ma non era il motivo per cui lo faceva.
A Zinedine gli piaceva.
A Zinedine piaceva Karim.
Era per questo che lo faceva.
Il resto era un'aggiunta.
Con questo uscì dalla camera ma in pochi secondi passati, Karim era già sparito.