CAPITOLO
XXIII:
LA DELUSIONE BUSSA SEMPRE
Karim tornò nella propria camera che
per quel soggiorno aveva condiviso con Raphael.
Raphael si era un po' allontanato da
lui perchè Karim non si era comportato in modo chiaro verso la fine
dell'anno, si era preso una pausa da lui e di recente aveva chiarito
e fatto pace.
Quando se lo vide piombare dentro in
piena notte e lo vide solo coi boxer ed un'aria a dir poco terribile,
si chiese come calmare la tigre infuriata.
- Karim? - Chiese piano e titubante.
Karim continuò a camminare per la
camera respirando a fatica e veloce, i pugni chiusi, l'espressione
contratta dalla rabbia. Così nero non lo vedeva da molto.
- Hai litigato con Zinedine? - Chiese
consapevole che poteva essere solo quello.
- Lo sai che l'avevamo già fatto?
Maggio del 2012, alla festa della Liga... peccato che non me lo
ricordavo perchè ero ubriaco! Cosa pensi che abbia fatto? Me l'ha
taciuto! Non ha mai pensato di parlarne! Non mi parla di niente però
mi tratta come una bestia da domare! Fa tutto quello che vuole con
me, si permette di farmi di tutto però fa sempre le cose a modo suo
e non mi parla, non mi dice nulla! Era importante! Non puoi dirmi che
vuoi fare le cose per bene e per gradi quando invece l'abbiamo già
fatto! Che senso ha? E poi cazzo! Mi ha preso per il culo! Non gliene
fotte un cazzo di me, vuole solo divertirsi a domare la bestia! Ecco
cosa! Che si fotta! -
A Karim bruciava da matti l'averlo
fatto con lui e l'averlo dimenticato ma era peggio sapere che
Zinedine lo ricordava e si era comportato da ipocrita come se volesse
fare davvero le cose per bene per aiutarlo.
Altro che aiutarlo, si diceva ora
mentre non riusciva a fermarsi.
Voleva solo passare del tempo
alternativo.
Raphael non sapeva cosa dire, non era
uno che prendeva fuoco, era più un filosofo.
Lo lasciò sfogare a ruota libera senza
alzarsi dal suo letto per poi, sospirando, dirgli che gli dispiaceva.
Per una volta non aveva nemmeno più
parole da dire.
Era inutile dire che anche lui usava le
persone e che Zinedine stava facendo con lui quello che lui aveva
fatto con gli altri. Non era completamente vero che usava le persone,
solo alcune.
Lui era stato usato da Karim per
sbollirsi dalla rabbia provocata da Gonzalo una sera.
Se l'era quasi portato a letto, poi gli
aveva detto che gli dispiaceva ed era tornato da Gonzalo.
Raphael non era quel tipo di persona.
Se si concedeva a qualcuno era per dei sentimenti e non come ripiego
o passatempo.
Provava qualcosa per Karim, ma non
quell'amore da farlo stare male.
L'aveva fatto star male l'essere usato
da un amico.
Karim alla fine si sedette e si coprì
il viso sfinito, come se avesse esaurito finalmente le batterie.
- Anche io sono uno stronzo e so che
sbaglio e che non vado bene come sono. Però non puoi dire di volermi
aiutare e farmi capire che provi qualcosa quando poi... quando poi è
solo una sfida! Io ti ho usato e ti ho chiesto scusa ed ho chiesto
scusa a Jeremy per la stessa cosa e mi sono scusato anche con Gonzalo
e José perchè li ho consumati a questo modo. Però lui... lui dice
di volermi aiutare a smettere con queste cose ed è il primo a fare
la stessa cosa. Ad usarmi per divertirsi, passare il tempo così! È
un'ipocrita! Non è vero che voleva aiutarmi! Non c'entrava un cazzo!
Mi ha fatto innamorare... e l'ha fatto coscientemente... - La voce
era quasi spezzata e Raphael, sconvolto da quella piccola e disperata
versione di Karim, si alzò dal letto e si sedette con lui
cingendogli dolcemente la schiena. Non fece altro. Karim si aggrappò
a lui e chiuse gli occhi.
- Mi sono innamorato e lui mi ha solo
usato per un divertimento macabro! Voleva essere il mio padrone e
basta. Solo questo. Mi ha sempre visto come una bestia. - Raphael
pensava esagerasse, ma decise che si sarebbe tenuto per sé le
proprie considerazioni.
Comunque Karim era stato ferito
profondamente e questa volta nemmeno uno forte come Zinedine sarebbe
riuscito ad ottenere il suo perdono facilmente.
“Dovrà penare parecchio...” Si
disse ancora sconvolto da quello a cui aveva appena assistito. “Se
Zinedine voleva una sfida beh, ne ha trovata una bella tosta.
Scommetto che non aveva nemmeno idea di quanto tosta fosse.”
Raphael aveva pienamente centrato il
punto.
Zinedine aveva pensato fosse meglio
lasciarlo sbollire, quindi non l'aveva cercato.
Il mattino dopo si fece trovare
appoggiato al corridoio davanti alla sua camera, quando Karim uscì
con Raphael e lo vide lì in quella posa elegante ad aspettarlo privo
di espressioni dispiaciute, la rabbia tornò ad investirlo. Nemmeno
le lacrime di quella notte l'avevano rabbonito.
Il vederlo tornò a provocare
quell'effetto valanga e prima di rifletterci gli era davanti e senza
toccarlo lo puntava col dito per ruggirgli contro.
- Non sono una bestia da domare e tu
non sei il mio padrone! Non sono nemmeno una cazzo di sfida! E se mi
parli ancora giuro che me ne frego del mio posto in squadra e ti do
quello che vorrei darti ora! - In quel momento, a quel ringhio
minaccioso, uscirono anche altri e si paralizzarono nel vedere che
Karim stava parlando in quel modo a Zinedine.
Zinedine, colpito da quella reazione,
sospirò e rimase impassibile decidendo che avrebbe continuato a modo
suo.
Forse era ancora presto, aveva bisogno
di tempo.
- Tornerai quando ti sarà passata. -
Con questa frase gelida quanto il suo sguardo, uno sguardo di chi era
pienamente convinto delle proprie azioni, se ne andò.
All'ultima partita del ritiro estivo,
Karim non giocò.
- Mi dispiace davvero Karim... - Stava
dicendo Mesut piano a Karim, i due erano seduti in panchina durante
l'ultima partita del tour estivo, con loro Raphael che già sapeva.
Mesut aveva visto Karim discutere con
Zinedine, allora gli aveva chiesto cosa fosse successo.
Solitamente non chiedeva mai, aspettava
fosse lui a parlarne.
Karim gli disse della scoperta e della
litigata e alla fine di tutto, Mesut aveva saputo solo dire questo.
Che gli dispiaceva.
Obiettivamente non aveva idea di
cos'altro aggiungere perchè sapeva cosa sarebbe venuto ora e non
c'era modo di scongiurarlo.
Ormai il vaso si era rotto.
- Anche a me. - Mormorò Karim cupo.
Non era più rabbioso, però non era nemmeno solo depresso. Era un
miscuglio di ogni cosa, era come se fosse sull'orlo di scoppiare,
urlare, picchiare, piangere, scappare.
- Adesso cosa farai? Penso che ti
parlerà per chiarire... credo dovrete farlo, in fondo è il tuo
coach. - Karim assottigliò gli occhi scuri e li fissò sul campo
mentre Riky e Cris facevano i loro soliti ottimi scambi sul campo.
- Ho solo un coach, Ancelotti. Se vuole
parlarmi dovrà meritarselo. Non intendo dirgli più mezza parola. -
Karim era molto risoluto e definitivo, ma era chiaro che gli serviva
tempo per ammortizzare e a lui ancora di più.
- Karim non potrai fare così per
davvero, adesso ormai il ritiro è finito ed hai un paio di giorni
prima della Liga, ma sai che dovrete trovare un sistema per
collaborare. Lui è adulto e sicuramente ti verrà incontro se gli
dici di sotterrare le asce di guerra e fare il vostro lavoro come si
deve. - Mesut non voleva che si rovinasse la sua permanenza in
squadra, non era giusto.
Karim arricciò le labbra come in un
broncio.
- Io il mio lavoro lo farò lo stesso,
solo che non gli parlerò! Non intendo chiarire niente, non intendo
scendere a compromessi e nemmeno mettere da parte quello che è
successo per giocare meglio a calcio! Cazzo! Non esiste solo lui e
quello che vuole lui come lo vuole fare lui! E poi non gli importava
nulla di me! Quindi non importa nemmeno a me! Ha quello che si
merita. -
Mesut sospirò, quando faceva così era
testardo e non c'era verso di uscirne in alcun modo.
Dovette ammettere che non aveva torto,
però doveva comunque trovare il modo di risolvere, rimanere
arrabbiato con Zinedine che era il secondo allenatore non era una
buona idea. Non sarebbe finita bene.
Però era inutile, quando era
arrabbiato non ragionava, era ancora troppo presto.
Mesut e Raphael si scambiarono lo
stesso sguardo complice che diceva la medesima cosa da sopra la sua
testa.
- Vedrai che passerà ed un giorno
riuscirai a parlargli e a metterla via. Andrai avanti e troverai
quello giusto. - Raphael il filosofo, pensò Karim mentre scuoteva la
testa amaro e con altrettanta amarezza mormorava:
- No non voglio più nessuno. Questa
volta per davvero. Ho sempre fatto così! Riky aveva ragione! Per
dimenticare qualcuno o per passare il tempo o per degli stupidi
ormoni mi metto a scopare con qualcuno e poi mi prendo e siccome
brucio le tappe poi va male. Ora non so perchè ho cominciato con
Zinedine ma mi stavo prendendo. Mi sono preso. E guarda! Non sono
fatto per le storie, di nessun tipo, per nessun motivo! Può essere
che volevo dimenticare Gonzalo, può essere che era un puntiglio sin
dalla prima volta che l'ho visto, può essere tutto quello che vuoi!
Ho cercato di gestirla nel modo giusto, come andava, senza bruciare
le tappe e non sai quanto volevo farlo! L'ho ascoltato, sono stato a
tutto quello che voleva e poi... e poi per cosa? Per niente! Lui
voleva solo divertirsi a dominare la grande bestia! Una sfida! Ero
solo una sfida per creare il grande giocatore perfetto! Ma che
diavolo ne so! No ragazzi. Non voglio nessuno, nessuno, nessuno!
Voglio stare solo. Sono stufo! -
Raphael e Mesut non dissero nulla, il
suo sfogo era legittimo e comprensibile. Cosa dire a quel punto?
Obiettivamente non c'era niente per
aiutarlo a stare meglio.
Fosse stato per Karim non avrebbe
davvero più parlato a Zinedine, per lui il discorso era chiuso,
l'idea di rimanere a tu per tu con lui era insopportabile.
Stentava a rimanere in piedi e a non
crollare, era la sola cosa che voleva fare ma non poteva, non doveva
lì davanti a tutti, davanti a lui.
Doveva fare la parte di quello che se
l'era messa via e che non aveva nulla che non andava.
Era quella la parte da fare.
Perchè lui era Karim Benzema.
Non affondava... anche se ormai era
giù.
Stavano tornando a casa a Madrid, da lì
i convocati in nazionale sarebbero andati dopo due giorni ai
rispettivi ritiri per l'amichevole prima dei campionati, Karim era
fra questi.
Il volo era lungo abbastanza per
favorire chiarimenti, ma Karim, seduto con Raphael, si negò a
Zinedine quando gli disse se potevano parlare. Così Zinedine non
insistette, con classe tipica sua andò al proprio posto e non fece
una piega.
Karim lo ringraziò mentalmente. Non
voleva ferirsi ulteriormente nel sentirsi dire che per Zinedine non
era mai stato niente.
Però secondo dopo secondo stava sempre
peggio, non c'era un sistema per stare meglio e forse non ci sarebbe
mai stato.
Col tempo avrebbe imparato a non
pensarci e l'avrebbe guardato senza sentirsi più un animale al
guinzaglio.
Il modo in cui l'aveva fatto sentire
Zinedine nessuno mai l'aveva eguagliato. Nemmeno José o Gonzalo.
Non capiva perchè gli bruciasse tanto,
forse stava facendo la cosa giusta, la stava vivendo bene, si stava
innamorando seriamente. Sarebbe potuta essere la vera storia. Forse
era questo che lo faceva stare tanto male.
Gli occhiali scuri impedivano a tutti
di vedere i suoi occhi piccoli e arrossati di chi non aveva dormito
nulla.
Non si era fatto la barba, la bocca
serrata. Non aveva detto mezza parola nemmeno con Raphael e Raphael
aveva rispettato il suo silenzio.
Non ci fu verso per Zinedine di
avvicinarlo, solo quando fu a casa, la sera, in procinto di preparare
un secondo borsone per la nazionale, la porta suonò.
Pensando fossero i soliti che volevano
assicurarsi che non ci pensasse troppo, aprì la porta deciso a
mandarli via.
Rimase paralizzato nel vederlo e mentre
il sangue si gelava nelle vene per un momento storico, si accorse che
non era capace di muoversi.
Così fece l'unica cosa che il corpo
immobile gli permise.
Richiuse la porta, per un pelo.
Zinedine mise il piede in mezzo prima
che gliela chiudesse davvero, quindi entrò senza complimenti e se la
chiuse alla spalle.
Questo liberò Karim dal suo stato di
trance e mentre Zinedine si accomodava da solo come se niente fosse,
camminando elegante per il suo appartamento, l'altro fissandolo come
se avesse le allucinazioni, riuscì a parlare:
- Che cazzo vuoi ora? Non ti voglio
parlare! Non voglio niente da te! - Fu come se non avesse detto
niente.
- E' una bella casa. Anche se
disordinata. Vivi solo? Non c'è nessuno che viene a sistemarti?
Potresti pagarti qualcuno... -
- Viene qualcuno a pulirla, piantala di
rompere! Cosa te ne fotte? - Karim si difendeva aggredendo e Zinedine
non se ne stupì, lo vedeva di secondo in secondo più combattivo ma
in effetti non sapeva quanto meglio fosse.
Forse era meglio prenderlo in un
momento di shock.
- Dobbiamo parlare, penso. - Karim
scosse il capo deciso ed andò in cucina per chiudere il discorso.
- Non abbiamo niente da dirci! Vattene
e basta! - Non voleva parlarne e non l'avrebbe fatto. Non poteva
obbligarlo se non voleva.
Zinedine lo raggiunse e attese sulla
porta che si decidesse, Karim prese una birra decidendo di
concedersene una visto che era appena finito il ritiro.
Quando lo vide la strinse e la storse
facendo uscire della birra che colò sulla mano e per terra.
Ovviamente ignorò tutto.
La mascella contratta, lo sguardo
sempre più battagliero.
- Ho detto di andartene. -
- Non se prima non mi dici qualcosa. -
Zinedine non era da meno a livello di testardaggine e se entrambi si
fissavano su una cosa opposta l'uno all'altro, c'era da aspettarsi
una terza guerra mondiale.
Karim non capiva come poteva volere una
cosa simile, era così chiaro che fosse finito tutto.
Stringeva ancora la lattina, non aveva
bevuto un sorso, quindi si sforzava di non tremare. Non sapeva come
tradurre quella grande voglia che aveva dentro e che scoppiava per
uscirgli.
Voglia di ucciderlo?
Di gridare?
Di farla finita?
Di tornare con lui?
Di piangere?
Che voglia era?
Si morse il labbro, respirò a fondo un
paio di volte e con gli occhi fissi sui suoi così maledettamente
belli e magnetici di quel colore chiaro, disse a denti stretti, lento
ed incisivo.
- Ero solo una sfida divertente per te,
una bestia selvaggia da domare. Non ero altro. Però non sei il mio
padrone, sono un essere umano e non intendo piegare la testa solo per
un tuo divertimento personale! Finchè non mi tratterai da persona,
io non voglio più saperne di te. -
Zinedine si chiedeva se fosse il caso
di insistere o lasciargli altro tempo, ma detestava farsi da parte
passivamente, non era nel suo DNA.
Così mosse un passo all'interno della
cucina, i movimenti sicuri, la posizione eretta, le braccia conserte,
l'aria di chi aveva il mondo in mano.
- Devi solo calmarti, quando sarai
calmo vedrai le cose con distacco e capirai che non è come dici tu.
- Anche questo l'aveva detto sicuro di sé come se quella fosse
l'unica verità, come solo lui sapesse tutto.
Karim aveva un rimescolamento interiore
che non sapeva più gestire, non aveva paragoni con altre cose
passate e forse non l'aveva perchè stava crescendo, stava cambiando.
Ma lui era stufo. Ci provava ed andava
sempre male.
Ora era al culmine.
Lui pensava di sapere sempre tutto, di
sapere tutto di lui, di come gestire la cosa, di come gestire lui, di
cosa fosse meglio, di come fare questo o quello.
Zinedine era l'unico a sapere, Karim no
invece, Karim doveva calmarsi, Karim doveva ascoltarlo, Karim doveva
abbassare la testa.
No, Karim non era questo.
- Tu non hai capito niente di me. -
Mormorò basso e penetrante, la voce era talmente tesa che tremolava.
Zinedine sapeva che era sull'orlo dello
scoppio e forse era meglio che reagisse.
- Invece ho capito più di quello che
pensi. Vedo oltre quello che vedi tu. Devi solo imparare e fidarti, è
questo il tuo problema, è per questo che poi non va mai bene. -
Karim a quello non resistette più e con uno scatto imprevedibile gli
tirò la birra addosso, poi lanciò la lattina a terra che rovesciò
ulteriormente il contenuto schizzandolo in giro, l'odore impregnava
tutto. Zinedine rimase immobile, si sarebbe aspettato tutto tranne
che quello. Era la prima volta che uno osava tanto, specie se più
piccolo di lui ed in teoria uno che gli doveva in qualche modo
rispetto. Dopotutto era il suo allenatore.
Zinedine si spense per uno storico
momento e Karim con sguardo duro e feroce, disse a denti stretti:
- E non voglio più parlarne! -
Con questo passò oltre e si chiuse a
chiave in bagno dove si mise sotto la doccia per non sentire
qualunque rumore potesse fare lui di là.
Sperando solo che sparisse e se ne
andasse.
Non voleva più sentirsi in quel modo,
come un oggetto, un animale, un divertimento. Quando lo guardava,
ormai, si sentiva solo in quel modo.
Tanto meno se poi Zinedine gli diceva
quelle cose.
Quando uscì la casa era vuota e la
cucina pulita.
Karim tornò a contrarre i muscoli del
viso e del corpo, strinse i pugni poi si accasciò su una sedia, si
coprì il viso con le braccia, si appoggiò al tavolo e pianse.
Da solo.
Perchè nessuno poteva vederlo
piangere.
Nessuno poteva sapere quanto male
stesse.
Quanto avesse creduto in Zinedine.
Quanto l'avesse deluso.