*Ecco
un nuovo capitolo. Breve ma cruciale in quanto Karim è andato da José,
come temeva Zizou, e si è sfogato con lui. Cosa succedrrà ora? Il
secondo anno di José al Real, lui e Karim andavano molto d'accordo,
stagione spettacolare di entrambi. L'anno successivo è altra storia:
Perez obbliga un po' José a rimanere anche se voleva andare via e si sa
cosa succede quando lui non ha più voglia di allenare. D'altro canto
pare che Zizou non si prendesse bene con José ed è per questo che poi
non ha più fatto parte del suo staff. Io ho intrecciato tutti i fatti
reali e li ho manipolati a piacimento come sempre. Ah, la cosa della
maglia di Gonzalo è vera! Buona lettura. Baci Akane*
12. UN PASSO INDIETRO
Il giorno dopo, non metto
nemmeno quasi piede giù dalla macchina che José è qua ad aspettarmi.
Appena lo vedo con quell’aria battagliera mi viene male, Karim è andato
da lui. Aveva un sacco di persone da scegliere e va da lui.
Sospiro, non faccio nulla che si noti da fuori, scendo e chiudo l’auto, lui arriva in picchiata.
Siamo nel parcheggio privato, intorno alcune macchine, ma noi siamo quasi i primi. È caldo e tranquillo.
- Ehi… - Saluto con un sorriso cordiale. Lui arriva e nemmeno mi saluta.
- Dovevi proprio? - Chiede
brusco, ho idea che sarò investito da una valanga: seppure José è
fisicamente piccolo, è ingombrante quanto una montagna quando ci si
mette.
- In che senso? -
- Karim! - Silenzio. Sa e conoscendo Karim sa anche più di quello che so io, perciò è inutile negare.
- Cosa ti ha detto? - Chiedo
paziente, rimanendo fermo accanto alla mia auto, gioco con le chiavi
cercando di apparire tranquillo, come uno che ha la coscienza a posto.
- Mi è piombato in casa ieri in
serata, poco prima di cena. Era sconvolto. Lui che viene da me senza
che lo costringo è un evento. L’ho fatto entrare, mi ha detto che aveva
bisogno di parlare con me da solo, così siamo andati nel mio studio e
lì si sono aperte le cataratte del paradiso! - Immagino il diluvio
universale scendere nello studio di José, la gelosia mi invade ed è un
fuoco che mi paralizza. Cosa sarà successo, oltre allo sfogo di Karim?
- Cosa ti ha detto? - Chiedo
freddamente, chiudendomi a riccio più di quanto non lo sia sempre. José
sbuffa ed alza gli occhi al cielo, poi teatrale, tutto l’opposto di me
e di quell’idiota che ieri sera è andato da lui, allarga le braccia e
risponde:
- Vai a capire tu! Parlava così
veloce e così male lo spagnolo che a stento ho capito che ce l’aveva
con te! - Vorrei ridere, lui è così spontaneo nel suo seccato tono
schietto e furioso insieme che è da sbellicarsi. Lo farei se non fosse
che qua si parla di me e Karim. Per un momento sospiro di sollievo, ma
lui è sentitamente arrabbiato per qualcosa che non sa. - Sparava un
sacco di parole in francese, alcune in inglese, altre in spagnolo e poi
c’era lo spagnolo francesizzato e l’inglese francesizzato! Tu non hai
idea di che cosa sia capirlo mentre parla in questo modo, con te parla
in francese, tu sei francese, vi capite! Però ce l’aveva con te, questo
è chiaro. Cosa è successo? Cosa gli hai fatto? - Mi rilasso, posso
giocarmela come voglio sebbene non posso dire ‘niente’ visto che Karim
non sarebbe così sconvolto per ‘niente’.
Mi infilo le chiavi in tasca e
visto che arriva Cristiano, arriva sempre un’ora prima per fare
palestra, ci avviamo verso la struttura superando il parcheggio mezzo
vuoto.
- Io non ho fatto niente, c’era
una certa atmosfera confidenziale e mi ha baciato. Tutto qua. È ovvio
che ho dovuto fermarlo, forse ho messo su il muro ma non sapevo come
gestirlo, non voglio ferirlo, non vorrei mai, ma deve aver frainteso la
natura del nostro rapporto. Capita quando si instaura un certo
rapporto. Evidentemente per lui era qualcosa di più e… - La spiegazione
è perfetta e cerco di sminuire la cosa.
José scuote la testa e sospira.
- Non si deve mescolare lavoro e affari personali. - Sbotta lui.
- Lo so, per questo l’ho
respinto, ho cercato di essere calmo e tranquillo, ma lui deve averci
visto freddezza. E comunque a nessuno piace essere respinto. Io gli ho
detto che andava tutto bene, che quando due stanno bene insieme viene
spontaneo a volte provare certe cose, ma… - José continua a scuotere la
testa mentre percorriamo il corridoio verso i rispettivi uffici.
- È troppo sensibile, il suo
problema è che tiene tutto dentro, quelli sensibili di solito esternano
i sentimenti, magari piangono, gridano, fanno scenate isteriche, ma poi
stanno bene. Lui invece interiorizza tutto, tiene tutto dentro,
qualunque cosa provi. Poi esplode. Spero che questo non abbia
ripercussioni. -
- Mi ha colto impreparato, non
pensavo che provasse quelle cose per me. Cosa ti ha detto, cosa hai
capito dai suoi discorsi confusi? -
José entra nel suo ufficio che è
prima del mio, apre la luce ed appoggia le proprie cose nella
scrivania, io rimango sulla porta.
- Credo che sia una specie di
amore platonico. All’inizio ti idolatrava, poi avete instaurato questo
rapporto, vi siete legati e in lui è nato un sentimento molto forte.
Finora lo ha controllato, di solito non ha problemi a farlo, ma a volte
lui crede di vedere qualcosa in te e allora ci prova. Era già successo?
- Chiede incerto perché non è sicuro d’aver capito bene. Mi stringo
nelle spalle, mi passo la mano sulla testa rasata a zero e scivolo
dietro sul collo e la nuca.
- Sì, un anno fa circa, non
saprei… era successo ed io in quell’occasione l’ho solo respinto e non
ho detto nulla, lui ha capito che non lo volevo e si è scusato ed ha
detto che non sarebbe più successo. Pensavo l’avesse capito. -
José si appoggia col sedere alla scrivania, incrocia le braccia al petto e mi fissa corrucciato provando a capire.
- Ma tu cosa provi per lui? Come
ti comporti? Se lui fraintende, qualcosa ci deve essere! Mica è pazzo!
- Sento un tonfo immaginario dentro di me, José è acuto e sa sempre
come colpire.
Mi mordo la bocca e guardo altrove provando a trovare una risposta plausibile.
- Non lo so, non me ne rendo
conto, penso di essergli amico. Ci tengo a lui, all’inizio l’ho seguito
per vedere come si ambientava. Ha avuto problemi, soffriva la mancanza
della famiglia, era la prima volta che se ne andava di casa… così gli
sono stato vicino, l’ho aiutato a sciogliersi e da lì siamo diventati
amici. Karim è… - José non mi interrompe ed io parto a parlarne più di
quello che volevo. - È particolare. Non lo so. È come un bambino troppo
cresciuto che non ha mai potuto vivere nel modo giusto la sua infanzia,
perciò è bisognoso di cure, affetto, attenzioni. Ha bisogno di essere
sempre spronato, è pieno di insicurezze, di paure. Non si considera
nessuno, perciò è stato svilito da sempre e… insomma, è molto complesso
e questo mi ha attirato in lui, mi ha spinto a prendermi cura di lui e
forse per questo si è attaccato così… - Spiegazione estremamente
plausibile e logica, guardo José per capire se è d’accordo, ma non mi
fa capire cosa ne pensa. per essere uno che non trattiene nulla, è una
sfinge ora.
Stringe le labbra e alza le spalle scuotendo la testa, come per dire che non sa.
- Karim è sempre stato un
mistero per me, se lo è per te figurati chi ci può capire qualcosa?
Però il fatto che abbia cercato proprio me mi ha fatto capire una cosa.
- A questo punto rabbrividisco, mi guarda penetrante, determinato. -
Devi fare un passo indietro con lui, se non vuoi legarti a lui come lui
è legato a te. Forse per te è un fratello minore, ma per lui ormai è
evidente che sei di più. Quando uno è preso fraintende ogni gesto
d’affetto che riceve. Se vuoi evitare che torni a destabilizzarsi, e mi
pare d’aver capito che è molto facile che gli succeda, allora fai un
passo indietro. - Con questo mi sento anche male. Rimaniamo a fissarci,
non con aria di sfida, ma come se dovessimo capire qualcosa.
Ed io alla fine annuisco ed indietreggio distogliendo lo sguardo.
Obiettivamente è la cosa
migliore, so che ha ragione. Anche se improvvisamente l’idea di
allontanarmi da lui mi fa stare male, malissimo.
Inghiotto e annuisco ancora con più convinzione.
- Hai ragione, il tuo è un punto di vista esterno ed è sicuramente il più attendibile ora come ora. -
- Non mi piace fare questa
parte, ma sono stato messo in mezzo e Karim mi ha chiesto aiuto in un
modo tutto suo e questa volta è stato anche piuttosto esplicito,
stranamente. Io devo fare il suo interesse e proteggerlo. Se tu non
provi la stessa cosa, fai un passo indietro. -
Da un lato so che ha ragione,
dall’altro la domanda è: ma sono sicuro di voler fare un passo
indietro? Sono sicuro di non volermi legare a lui? So benissimo di
provare qualcosa. Attrazione, ma non solo.
Vado via e lo ringrazio
cordialmente, mentre vado nel mio ufficio chiudo gli occhi e trattengo
il respiro, mi viene alla mente quando lo abbraccio e le mie labbra
istintivamente gli baciano il collo.
Per me lui è ben altro che un semplice fratellino od uno verso cui provo attrazione.
Ma José ha ragione, per il suo bene devo farmi indietro.
Subito non ci penso, non ci pensiamo nessuno dei due, in realtà.
Perché ormai Karim si è
sbloccato, ha fatto la sua stagione migliore, ha segnato più di 30 goal
ed ormai ha instaurato un certo buon rapporto con l’allenatore.
Perciò non ci pensiamo, nessuno dei due.
Quando finisce l’anno accademico
io dico al presidente che non posso continuare a lavorare con José come
se fosse un problema comunicativo fra noi due, in realtà è solo la cosa
che razionalmente va fatta. José viene nel mio studio a dirmi che mi
ammira e che ho fatto bene e dice che un giorno diventerò sicuramente
un ottimo allenatore perché riesco a mettere davanti il bene della
squadra, dei ragazzi.
Io lo ringrazio, anche se dentro di me l’idea di allontanarmi è pesante.
- Allora, rimani? - Gli chiedo
mentre chiudo il mio ufficio e ci avviamo a prendere un caffè insieme
nella sala relax, alle macchinette. José si stringe nelle spalle
incerto.
- È stato un bell’anno. Due
begli anni in realtà, ma il secondo è stato bellissimo. Abbiamo vinto
la Liga, abbiamo sfiorato la finale di Champions… con la squadra il
rapporto ormai è consolidato… ma quando arrivo a questo punto di solito
ho bisogno di cambiare aria, io mi conosco e dopo un po’ mi stufo, devo
cambiare… purtroppo non ho vinto la Champions, obiettivo primario
arrivato qua, ma… il presidente insiste a farmi fare ancora un anno, un
anno senza impegni, solo un anno perché è sicuro che poi vincerò quello
che manca… - Sappiamo che Perez adora José.
- E tu? - Sospira mentre schiaccia il bottone dell’espresso.
- Penso che accetterò. Ho molte proposte, però l’idea che mi manchi quel trofeo… - Ridacchia sornione ed io rido con lui.
- La Decima? - Annuisce.
- Prima o poi qualcuno la
vincerà, magari puoi essere tu. Ormai hai costruito un’ottima squadra,
hai lavorato tanto per arrivare a questo livello, devi solo continuare
da qua, non ricominciare da capo. - Gli faccio notare. Lui piega il
capo di lato ed alla fine inarca le sopracciglia come ad acconsentire.
- Per questo penso che rimarrò, anche se non ne sono sicuro. -
L’idea che Karim l’abbia
accettato e che riesca a confidarsi con lui mi piace e mi
tranquillizza, così anche se ora vado via e cercherò di vederlo di
meno, la cosa può sicuramente aiutarmi. Non lo lascio con uno stronzo,
ma con uno che finalmente lo ha capito ed accettato.
Spero che sia così.
Con lui c’è sempre il timore ed io tengo troppo a Karim, però non ho molta scelta, in realtà.
Anche se ho una strana
sensazione, a riguardo. Prendo il caffè e lo bevo con lui, entrambi in
silenzio, persi nei rispettivi pensieri incerti e nebulosi.
Fare cose importanti quando non
ne sei convinto non va mai bene, ma a volte devi comunque fare qualcosa
ed il tempo delle riflessioni ad un certo punto finisce. Che tu ne sia
convinto o meno, devi fare. A quel punto non resta che sperare.
La stagione si chiude
ufficialmente anche con l’ultima partita, per tutto il tempo si è
parlato di Gonzalo che forse andrà via perché non è felice di giocare a
metà e siccome qua gioca nel ruolo di Karim, il quale è sbocciato, dice
che è meglio per la carriera di entrambi che si cerchi un’altra
squadra.
Perciò il finale è un po’
strano, mi chiedo come la viva Karim, ma non mi parla, mi saluta, mi
sorride tirato e gli si legge in faccia che ha problemi a starmi vicino
e penso che sia normale.
Del resto io ho messo quel muro.
L’ultima giornata passa la
maglia di Gonzalo per le mani di tutti e la firmano, passa anche nelle
mie che sono lì con gli altri tecnici e preparatori a fare i
complimenti per la bella stagione e a salutarsi perché poi si va in
vacanza e chi si vedrà a Luglio non si sa ancora.
Pennarello nero in mano, maglia di Gonzalo nell’altra. Mi fermo e la guardo. Anzi, la vedo.
La scrittura inconfondibile di
Karim con la sua sigla sotto e la frase ‘mi casa es tu casa’. Mi mordo
il labbro ma non faccio espressioni particolari.
Me la tengo per me. Vorrei
sapere proprio cosa prova, cosa ha passato. Lo cerco con lo sguardo per
un momento, ma lui sta parlando con Mesut e Sami e ride, mentre
dall’altra parte Gonzalo fa un gran casino con Marcelo e non so chi.
Dovrò risolvere oppure quando vedrà che non sono nello staff il prossimo anno ci rimarrà male.
Molti sentimenti contrastanti.
Da un lato sono felice se Karim e Gonzalo si allontanano, sono sempre stato geloso.
Geloso?
Forse è meglio possessivo,
perché non me lo sono mai preso davvero, però ho quasi sempre fatto in
modo di assicurarmi d’averlo sempre intorno, sempre per me.
Però mi dispiace se ci sta male.
Karim, che dovrei fare con te?