*Avevo dimenticato di pubblicare questo, non so come riesco ogni tanto a fare questi strafalcioni. Non so passando dal 15 al 17 cosa possiate aver capito, però qua succede di tutto, le cose più piccanti, hot, interessanti ed importanti. Qua Zizou finalmente si lascia andare, eccome se si lascia andare, ed il cambio di rapporto che si legge nel 17 dipende da questo. Chiedo scusa per l'errore, spero che mi perdoniate. Se leggete sbagli di numerazione di capitoli, vi prego di farmeli notare. Buona lettura. Baci Akane*

16. DIO, CHE FOLLIA

benzizou

Parcheggiamo con questo pensiero fisso, che è ben diverso da quello che avevo stamattina quando mi sono preparato alla giornata che avrei avuto.
Mi è bastato rivederlo, provare a sistemare le cose come dovrebbero stare, provare a farle funzionare in quel modo. E poi sentirlo parlare di Gonzalo.
No, non può andare bene. Non può.
E lui lo deve sapere.
Ci incontriamo davanti alla porta di casa sua, sorridiamo in modo strano, lui è impacciato ed io molto più sicuro di me.
Con quello sguardo predatore di chi ha deciso e non cambierà mai idea.
Karim entra, chiude la porta dietro di noi e accende distrattamente la luce d’ingresso.
Io invece chiudo il chiavistello dall’interno, se lo faccio anche se uno ha la chiave da fuori non può entrare.
- Cosa fai? - Chiede Karim girandosi a guardare.
- Così se Gonzalo decide di farti un’improvvisata, non ci riuscirà. - Dico poi piano e sarcastico. Karim inarca le sopracciglia sorpreso, convinto di aver di nuovo capito male.
Infine chiudo la luce d’ingresso e la casa torna nel buio completo. Un gesto strano, quasi buffo.
Da qualche parte nel suo salotto adiacente all’ingresso, una finestra mezza aperta lascia entrare un fascio lunare particolarmente forte. La luna stasera era piena e bassa.
Ci vediamo, ma solo i nostri contorni, gli occhi che brillano e basta.
- Zizou? - Chiede confuso, probabilmente ha il cuore in gola, credo non capisca o non vuole crederci. Dopotutto gli ho fatto un bel discorso, prima. Ed ora eccomi qua a calpestarlo per bene.
Ma io non rispondo subito, gli prendo il viso fra le mani facendo un passo per annullare la distanza fra noi e come se il buio mi desse il coraggio che per tanto tempo non ho avuto, avvicino il viso al suo.
- Buon compleanno Karim. - Infine lo bacio. Le mie labbra si posano leggere sulle sue ed in ricordo di quanto è stato bello succhiargliele, lo faccio di nuovo. Chiudo gli occhi e mi sento come se tornassi a respirare dopo tanto tempo.
Le ho sognate così tante volte, così tante volte che averle è incredibile.
Il calore torna ad invadermi dal basso ventre e risale come un’esplosione.
Avvolge tutto di me, vado a fuoco e mi eccito e mentre prendo il suo labbro inferiore così pieno e morbido, mentre glielo succhio e lo faccio mio, una mano lascia il suo viso e striscia sul suo corpo, fra le sue gambe. I jeans stringono qualcosa che sento molto bene e che non trattiene per niente.
Sussulta contro la mia bocca mentre lo tocco e lo strofino senza abbassargli la zip e aprirgli il bottone.
Rimaniamo fermi così per un attimo, poi lo prendo con l’altra mano sul braccio, lo giro e prepotentemente lo spingo contro la porta, lo blocco fra me e lei e  mentre lo faccio apro la bocca contro la sua. Lui fa altrettanto assecondandomi, infine le lingue si trovano e si fondono insieme, scambiandoci questo sapore di sorbetto al limone analcolico che ci hanno servito alla fine.
Anche l’altra mano scende fra di noi, gli apro i pantaloni, lui allarga le braccia si appiattisce contro la porta e rimane così fermo a farsi fare.
Infilo la mano sotto ai boxer e glielo tocco, lo tocco per la prima volta dopo averlo sognato, desiderato e solo immaginato.
Lo tocco e lo prendo, lo strofino, lo avvolgo, lo stringo possedendolo solo con la mano, solo così.
Mentre le lingue giocano ad un ritmo vertiginoso nelle nostre bocche che non vogliono saperne di separarsi se non quando ansima forte e non riesce più a concentrarsi perché quel che gli faccio giù è troppo piacevole ed intenso.
Meravigliosamente intenso.
Scivolo fuori dalla sua bocca e lo lascio gemere mentre l’erezione cresce nella mia mano che non si ferma, gli prendo l’orecchio fra le labbra, lo lecco e poi sussurro piano, mentre lui ormai è al limite massimo.
- Ricordati una cosa. - La mano aumenta la velocità. - Puoi fare quello che vuoi con chi vuoi. - Stringo la presa. - Ed io non lascerò mai mia moglie. - Lo prendo fra i denti e tiro. - Però sappi che sei mio. - E su questo non si discute.
Karim viene nella mia mano e nei suoi boxer perché non gli ho tirato fuori un bel niente. Però mi ha dimostrato di nuovo, come quella volta, che è ben dotato, molto ben dotato. Ma questa volta l’ho potuto testare.
Gli si piegano le ginocchia e sembra che debba scivolare giù, così lo tengo per i fianchi ed appoggio il bacino al suo istintivamente, togliendo la mano dal suo inguine. Questo non aiuta me, mentre lui ormai è bello che pacifico, ansimante, con la mia bocca sul suo orecchio, io che mi premo su di lui, lo blocco ancora contro la porta, le sue mani abbandonate di lato.
Non so quanto stiamo così senza dire nulla, ansimando e basta.
Dopo un po’, però, mi tocca la vita, mi prende il cappotto che ancora indosso, anche lui ha il giaccone, ce li siamo solo aperti, ma non ci siamo tolti nulla. È maledettamente assurdo.
Lui mi prende il cappotto, lo apre meglio, infila le mani sotto e afferra la mia camicia alla vita.
- Fammi capire bene… - Dice ancora con la voce roca e col fiatone. Gira la testa verso di me, la bocca contro la mia guancia. - Possiamo avere le storie che vogliamo, non staremo mai insieme, ma alla fine devo sempre tornare da te? - Annuisco ancora con l’eccitazione non soddisfatta.
- Sei comunque mio. - ripeto possessivo.
E si tratta di questo, credo che se ne sia appena reso conto. Non gelosia. Possessione. È diverso.
Se torna sempre, qualunque cosa succeda in giro, poi può stare con chi vuole.
- In questo caso… - Dicendolo, mi spinge tirandomi la camicia, mi gira e mi spinge contro la porta scambiando abilmente e deciso le posizione. Mi lascia uno sguardo veloce, poi scende in ginocchio davanti a me e va decisamente oltre quello che ho appena fatto io.
Lui mi apre i pantaloni, mi tira fuori l’erezione e senza farmi respirare, la prende in mano ed inizia a leccarla.
Metto le mani contro la porta e lo guardo, la sua lingua scivola su tutta la lunghezza, lentamente, alza gli occhi sui miei con quell’aria da sfida. Gatto?
Quale gatto? Qua c’è un felino feroce vero e proprio, niente a che fare col gatto!
Questo mi sta uccidendo.
Dopo averlo leccato, si decide ad avvolgerlo con la bocca, appena inizia a succhiare, lascio indietro la testa e le mani corrono sulla sua nuca a tirarlo a me e ad accarezzarlo, per dirgli di continuare e non fermarsi.
- Sì… sì… vieni così… così… - Continuo fino a che gemo e lo tiro a me, quando sento che sto per venire glielo dico, si separa e continua con la mano, spostandosi da davanti in modo da non prenderlo in faccia.
Raggiungo l’orgasmo guardandolo inginocchiato davanti a me che realizza i miei sogni erotici.
È decisamente il migliore che abbia avuto da quando sono diventato consapevole di questa cosa.
Lo guarda scivolare giù e strisciare nel pavimento che macchio. I nostri occhi si sono abituati al buio, vediamo sufficientemente.
Si alza e si appoggia a me, lo prendo per i fianchi e lui mi circonda il collo.
Il mondo va di nuovo così bene, così maledettamente bene.
non importa nulla di quel che significa nelle nostre vite quello che è appena successo, per il momento non importa. Conta solo che lo volevo fare da matti e da una vita e finalmente ci sono riuscito.
Dopo tanto tempo senza di lui, rivederlo e sentirlo che poteva allontanarsi davvero da me, non essere mio, non dipendere così… no, non potevo, non ho resistito.
Lui non può allontanarsi davvero.
Per questo la cena prima e questo poi.
Non mi basta più essergli solo amico, una guida. Adesso non mi basta più.
Le nostre bocche tornano ad unirsi con più calma, assaporiamo questo bacio con la consapevolezza che non sarà l’ultimo.
So che riparleremo con maggior lucidità dei miei controsensi, ma so anche che torneremo a baciarci e avremo altri orgasmi.

- È meglio che vada… - Dico dopo non so quanti minuti passati abbracciati al buio, lui appoggiato completamente a me, le mie mani sulla sua nuca e sulla sua schiena a carezzarlo, le labbra contro il suo orecchio, lui accoccolato contro di me come un gattino bisognoso di coccole. La sua giacca è finita sbrigativa a terra, mentre il mio cappotto è ancora indosso, le sue braccia strisciano sotto di esso, nei miei fianchi.
- Ti rivedrò o tornerai a sparire per riapparire quando ne hai bisogno? - La sua domanda è molto arguta e mirata, faccio un sorrisino ma non lo lascio andare, rafforzo la presa.
- Mi rivedrai presto. Non sparirò più. Lo prometto. - Rispondo con morbidezza. Lo sento rilassarsi contro di me e sorrido.
- Ne riparleremo? - Annuisco. Immagino che ci ripenserà mille volte e mille volte mi farà un sacco di domande, perché lui è così, è uno che rimugina e tiene dentro. Però con me parla, con me parla ed io ne sono davvero felice.
Gli prendo il viso fra le mani, lo separo un poco da me, lo guardo all’ombra a cui i nostri occhi sono abituati, i suoi scuri brillano pieni di gioia e di quella speranza mista a paura, paura che questa sia solo un’illusione.
Poi sorrido dolcemente e lo bacio senza aggiungere altro.
Non avrei mai dovuto, ma alla fine ho capito che forse non potrò mai avere una vera relazione completa con lui, ma nemmeno non averla.
Dovevo fare qualcosa a tutti i costi, seguire questo indomabile istinto che ho tutte le volte che scatta qualcosa fra noi, e scatta ogni volta.
Dovevo trovare una soluzione, un compromesso o sarei impazzito.
Non vederlo non è servito e non posso evitarlo per sempre a meno che non rinuncio alla mia carriera col Real Madrid come io ed il presidente abbiamo progettato. E ci tengo davvero molto.
Dopo la bocca gli bacio la fronte in modo fraterno e lui stringe la presa delle mani sulla mia vita.
Ti voglio un bene dell’anima, non riesco a staccarmi da te, non posso, non ci riesco. Siamo andati oltre l’attrazione fisica, qua siamo ad un livello intimo, spirituale.


Veronique ed i miei figli hanno insistito molto per averlo a cena, così il giorno dopo l’ho invitato.
Karim mi ha chiesto se ero impazzito, ma io ho risposto calmo che quando hanno saputo che il giorno del suo compleanno, il giorno prima, era stato premiato come giocatore francese dell’anno, hanno voluto a tutti i costi averlo a cena.
Lui è sempre stato di famiglia, i miei figli lo adorano e per Veronique è il quinto figlio. Se mi allontanassi da lui ed improvvisamente non lo facessi più venire mangerei la foglia.
Così gli spiego che non possiamo non vederci più davanti a loro perché sarebbe sciocco.
Karim non è per nulla convinto, ma alla fine si decide a venire.
La serata è strana, lui è sempre tesissimo in procinto di scoppiare o scappare, io invece sono sorprendentemente calmo.
Pensavo d’avere problemi a rivederli ma quando sono tornato a casa era tutto normale, non so spiegare come mai.
Sono riuscito in tutta calma a guardarla in viso e a sorridere come sempre. Fra di noi non ci sono molte manifestazioni d’affetto, sono di carattere così, anche coi miei figli non sono molto affettuoso, all’occorrenza so esserlo però non è scontato.
Per cui anche con lei è così, non siamo sempre attaccati uno all’altra.
Forse, però, semplicemente io e lei siamo caduti nella routine della coppia sposata da molto tempo e non ce ne siamo accorti. Dopotutto, diversamente, non mi sarei mai dovuto prendere tanto per un altro.
- Ci sono riuscito. - Dico infine quando lo porto nel mio studio con la scusa di mostrargli qualcosa che sicuramente gli farebbe piacere.
Per la famiglia si tratta dei miei ricordi di calciatore, ho tenuto i premi e gli oggetti significativi che ho vinto in carriera o che mi hanno segnato in un dato momento.
Palloni di vittorie significative, magliette di finali, le ultime scarpe che ho indossato quando ho fatto l’ultima partita…
Il mio studio è una sorta di museo dove tengo questi ricordi personali, oltre che a libri, computer e qualunque cosa di mio.
È il mio mondo, è qua che mi chiudo per pensare, riflettere e stare solo. Se sono chiuso qua, bussano e mi disturbano solo se è necessario.
Ci chiudiamo dentro e lo lascio perdersi in questo mio mondo fatto di tutto quello che probabilmente ha sempre adorato sin da ragazzino.
Non l’avevo mai portato qua perché pensavo che potesse stabilire un confine, ma non capivo se era un confine che gli permettevo di oltrepassare oppure se diventava insormontabile.
Adesso penso che sia la prima opzione.
Mi accomodo in poltrona accavallando elegantemente le gambe. La poltrona è comoda ed in pelle nera, le mani abbandonate sui braccioli. Lo sguardo scivola sulla sua figura in piedi di spalle che ammira la parete dei ricordi, foto, trofei, premi, oggetti delle mie partite più importanti sfilano davanti ai suoi occhi ed il suo sedere alto e morbido sfila davanti ai miei, a debita distanza, nella luce calda della stanza.
- A fare cosa? - Chiede Karim completamente perso in quello che deve essere il suo sogno di bambino. Trovarsi qua, guardare quello che sta guardando.
Sfiora ammirato, sognante, intimidito la maglia, le scarpe, il pallone firmato.
Il mio Pallone D’Oro.
La foto di David che mi bacia la testa, io che carezzo la testa a Ronnie e Luis, io, Raul, la Champions e la bandiera della Spagna… tanti ricordi scivolano davanti ai suoi occhi strappandolo da questo nostro presente.
Forse li ricorda tutti anche lui, con lo sguardo del fan che ha esultato un sacco quando queste cose accadevano.
Sorrido.
- Sai… tornare a casa, vivere come sempre con loro… come se non fosse successo nulla… - Dico senza essere specifico, sussurrando.
Karim si gira senza capire, smarrito, perso in quei ricordi adolescenziali che gli sembrano strani vederli così.
Con lo sguardo indico oltre la porta, intendendo la famiglia. Lui si riscuote e capisce di cosa parlo e sbatte le palpebre tornando presente, capendo. Annuisce.
- Pensavi di non riuscire ad affrontarli? - Chiede senza sapere bene cosa dire. Alzo le spalle e non rispondo subito, lui torna a guardare la parete dei ricordi.
- Non so cosa dovevo aspettarmi. Non avevo programmato nulla, non credevo di esserne capace. - Lascio un altro po’, lui non si gira ma non si muove dalla foto del gran goal famoso che ho fatto in finale di Champions. Uno dei più belli della storia del calcio, così lo definiscono tutti.
- Invece lo sei… - E penso che ci riferiamo a tutto. A noi due, alla famiglia…
- Lo sono. - Lascio passare ancora un po’, Karim finalmente si gira verso di me, rimane in piedi poco distante, mi osserva in questa posa quasi plastica, ora ho il mento appoggiato alle dita, il gomito piegato sul bracciolo, la testa leggermente inclinata, lo osservo per bene in piedi vestito con dei jeans leggermente cadenti, un maglioncino bianco.
- Non volevo. Volevo lasciarti andare, chiudere, smettere. Ci ho provato. Ma poi le cose mi hanno portato di nuovo da te, contro la mia volontà. Ed una volta che ti ho rivisto io… - Esito, guardo intorno per cercare le parole, muovo le mani, lui si sposta piano verso di me, sciolgo le gambe e le tengo giù leggermente divaricate. Karim si ferma davanti a me, a pochi centimetri dai miei piedi.
- Non sono più riuscito a tornare alla mia buona intenzione. Improvvisamente non potevo più lasciarti andare. Ci ho provato, hai visto. Ma non ci potevo proprio riuscire. - Lo dico apertamente, calmo, senza mostrare particolare disagio od emozione e lui inghiotte, si mordicchia la bocca che vorrei fare mia, poi il mio sguardo scende inevitabilmente sul suo corpo, provocatorio come non vorrei essere, affamato. Mi fermo sul suo pacco.
Toglie le mani dalle tasche e le abbandona lungo il corpo senza fare nulla.
- Cosa sono per te Zizou? Cosa saremo? Come devo comportarmi? -
Mi sposto in avanti col busto, infilo un dito nella cintola dei jeans, sotto il maglione. Tiro e lo sistemo fra le gambe.
Lui trattiene il respiro. Le mani scivolano aperte sulle sue cosce, aderiscono mentre lo carezzo su e giù guardando con voglia immane il suo inguine coperto che non credo rimarrà a riposo per molto.
- E tu? Tu cosa provi per me? Cosa vuoi, cosa speri? - Me lo rigiro in modo da non espormi per primo, non saprei rispondere bene. Per ora credo di volerlo solo possedere, è la sola cosa sicura.
Le mani carezzano intorno alla sua erezione, lo delineo per bene, lui trattiene il fiato ed inghiotte a vuoto.
Sollevo lo sguardo su di lui, da sotto, e quando i miei occhi si posano sui suoi a disagio, eccitato, risponde senza potersi più trattenere.
- Io sono disposto a tutto per te, farei qualunque cosa tu mi chieda. Io sono completamente partito per te. Dal primo giorno che ti ho incontrato di persona ed ogni fantasia si è incarnata. - Quando lo dice è come se mi attaccasse di nuovo la spina, quella che mi accende improvviso, impetuoso.
Con la bocca aperta aderisco il viso contro il suo inguine, la stoffa ruvida dei jeans attraverso la pelle delle labbra che mi separa dal suo membro sempre più duro che si alza verso il lato.
Trattiene un sospiro, con le dita spingo l’erezione verso l’alto, verso la cintola che apro. Da sopra esce la punta, separo il viso da lui e guardo abbassando i boxer, apro la zip e lascio scivolare ulteriormente i pantaloni.
Dal realizzare che non posso fare a meno di lui all’arrivare a questo il passo è più corto di quel che immaginassi.
Inghiotto a vuoto per un istante, alzo gli occhi un attimo e lui nemmeno respira, mi fissa shoccato, incredulo e questo mi spinge a tirarlo del tutto fuori, lo prendo bene in mano ed infine lo lecco assaporando la sensazione particolare che mi porta la pelle calda e liscia del suo membro contro la lingua.
Il suo odore, la morbidezza.
Sospira ed io glielo avvolgo con le labbra, come ieri sera ha fatto lui.
Lo prendo completamente ed inizio a succhiare come mi piace che facciano con me, stringo e succhio mentre lui reagisce spingendo col bacino. Le mani corrono sul mio collo e poi sulla mia nuca, si morde il labbro e fatica a non sospirare forte ed è già così duro ed eccitato nella mia bocca. Aumento il ritmo e tutto scivola via dal nostro controllo. Vorrei staccarmi, girarlo contro la scrivania, piegarlo e penetrarlo subito, ma la mia mano si limita a giocare con la mia erezione fra le mie gambe, mi masturbo mentre succhio il suo ed il mondo sparisce completamente. Rimaniamo solo io e lui e capisco ben poco. Solo che ad un certo punto lui comincia a scuotere la testa e a dire no, fino a che si separa bruscamente e continua da solo guardandomi mentre io continuo a fare la stessa cosa guardandolo.
Veniamo insieme fissandoci sconvolti, eccitati, sporcando per terra.
Ansimiamo, ci guardiamo sconvolti, eccitati, lui sta fermo davanti a me a distanza debita, io mi appoggio allo schienale dopo essermi sistemato, aspetto che anche lui faccia altrettanto, poi piego la testa e tendo la mano verso di lui.
Lui si allaccia i pantaloni e mi guarda sorpreso, infine la prende e si fa sistemare su di me a cavalcioni, si siede, lo prendo per la vita e chiamo il suo viso verso il mio.
- Solo ogni tanto, quando ci va, quando vogliamo. Tu devi fare la tua vita, sempre. Così come io faccio la mia. Indipendentemente uno dall’altro. Però ogni tanto, quando ci va, saremo uno dell’altro. - Karim a questo punto ricorda una cosa che gli ho detto ieri sera e avvicinando le labbra alle mie, con un sorrisino malizioso che mi demolisce, mormora piano e suadente:
- Mi sembra di ricordare che stanotte io ero solo tuo. - Mi mordo la bocca in difficoltà, colto in fallo, poi sorrido.
- Lo sei quando ti chiamo. - Questo sa di comando, lui mi guarda serio ed infine suggella la cosa aprendo le labbra e appoggiandole alle mie. Faccio altrettanto, ci respiriamo, poi ci troviamo con le lingue. I nostri sapori si mescolano, le lingua giocano nelle bocche che uniamo ed il mondo scivola di nuovo via e non so nemmeno quanto stiamo a baciarci.
Dio, che follia.