*Eccoci
qua. Quanto ci mette Zizou a capire che istinto ha per Karim e che
sentimento si sta formando nei suoi confronti? Introduco anche Gonzalo,
il loro rapporto potrebbe sorprendere chi non sa qual è la mia visione
sui due, ma ne sono particolarmente convinta. Karim al primo anno al
Real ha avuto davvero molti problemi ad inserirsi, si isolava, era
chiuso, ha faticato ad integrarsi e sentiva molto la mancanza di casa e
della sua famiglia. La questione dell'infanzia e del suo modo di vivere
sé stesso e chi è davvero, l'ho dedotto da alcune sue interviste: ha
detto in particolare che fra amici è normale non mostrare tutto e non
comportarsi come si fa con la famiglia od in privato. Fra l'altro non
ha avuto un'infanzia facile. E con questo ringrazio chi commenta e
legge, se ci sono errori mi dispiace, rileggo proprio per correggere,
ma a volte sono comunque distratta (colpa del cane! :-P ) Beh, buona
lettura. Baci Akane*
3. CADERGLI DENTRO
Dopo il ritiro torno a farmi
vivo, gli ho solo scritto di riprendere bene col calcio, appena è
tornato a casa l’ho invitato a cena.
Lo porto nel mio ristorante
preferito, mi conoscono, mi danno sempre un tavolo nella saletta a
parte in modo da avere la privacy che amo.
Cominciamo rompendo il ghiaccio,
parliamo della partita di ieri, del ritiro, iniziamo a mangiare e poi
dopo un po’ riprendo l’argomento. Calmo, ma senza lasciargli scampo.
- Ci hanno interrotto l’altro
giorno. - Gli rendo noto. Karim mi guarda sussultando, da un lato è
felice di essere con me, dall’altro è ancora diffidente. Forse più
incredulo.
- Perché ti interessi tanto a
me? Vuoi controllare il suo investimento? - Dire che è sulla difensiva
è un eufemismo e mi stupisce che lo sia proprio con me. Lo guardo
meravigliato, poi sorrido dolcemente.
- Sono una persona come tante,
disponibile, aperta, pronta a dare una mano, a parlare… solo che metto
soggezione e non mi si avvicinano facilmente, ma se succede io sono
felice di aiutare, di chiacchierare… - Ma questo non risponde a quel
che ha detto e lui non si fa rigirare.
- Ed è bellissimo, questo non è
da tutti. Però sei tu che hai cercato me, tutte le volte. E continui.
La cosa mi riempie di una felicità che non immagini, ma nella mia vita
non ho mai avuto niente per caso o per fortuna. Anche quando sono stato
scritturato per il calcio, c’era dietro un tornaconto. - È sulle
difensive, non riesce proprio a fidarsi e questo mi dice che non l’ha
avuta facile in vita sua. Probabilmente non ha avuto proprio niente, in
realtà.
- Mi rivedo in te. In qualcosa.
Sei chiuso e diffidente, come lo ero io. Solo che io ero pieno di
rabbia che mi rovinava e mi divorava, tu invece non osi alzare la
testa, non osi puntare in alto. Mi rivedo in te perché sei un talento
francese, ma non purosangue, cresciuto in un quartiere orribile,
vittima chissà di quanti soprusi. Come me. Solo che io ho reagito
violentemente, tu? Tu non sei violento, Karim. La violenza è lontana da
te anni luce. - Tiro fuori un po’ di sincerità e mette giù le posate,
mi guarda torvo, imbronciato, buio. Vorrei abbracciarlo. Gli verso
dell’acqua che però non tocca.
- Si deve reagire per forza? - Dice lui. Sorrido calmo e controllato.
- Si reagisce sempre. Anche la
chiusura, il nascondere ossessivamente tutto, il non fidarsi, è una
reazione. Però potrebbe essere il tuo nemico. - Karim sta un po’ in
silenzio e mi guarda, indeciso se fidarsi. Si ripete quel che gli ho
detto.
- Quindi ti rivedi in me, in
qualcosa di me. Per questo ci tieni che io riesca bene? - Questo è
molto comune, chiunque incontri un piccolo sé stesso ha questo
desiderio e si sente quasi in dovere di aiutare. Sebbene siamo diversi,
siamo anche uguali.
Nessuno dei due è un protagonista che prende spazio, però lui rischia di farsi schiacciare.
Annuisco.
- Sono una persona disponibile,
Karim. Però sì, è vero. Con te ci tengo in modo particolare. -
Ribadisco senza battere ciglio e senza agitarmi. Karim annuisce e beve,
poi riprende a mangiare, però non mi dice quello che non è riuscito a
dire l’altra volta. Parliamo d’altro. Piano piano le crepe si allargano
e quel che mi lascia intravedere di volta in volta è sempre più
interessante.
La cosa mi sfuggirà di mano prima o poi, ma non riesco a smettere di guardarlo.
Me lo dice molto tempo dopo, quasi a fine stagione.
Nel frattempo non sono stato
certo ossessivo, gli ho scritto, l’ho chiamato alcune volte, altre l’ho
invitato a pranzo. Un po’ per aiutarlo a non sentirsi solo, cosa che ho
visto che purtroppo per lui non è stato facile.
Alla fine, però, credo che ne abbia semplicemente bisogno.
Karim lentamente mi è entrato
dentro, all’inizio mi aveva solo colpito per un dettaglio, poi si sono
aggiunti molti altri particolari. Molte cose. Molti motivi, ed ora per
me semplicemente è impensabile che quando lo incontro non gli dia un
bacio sul collo e non lo abbracci. La mia bocca si muove sempre da sola
tutte le volte che lo abbraccio, la cosa mi turba, ma non posso
controllarmi.
Karim oggi è molto nervoso, è sull’orlo di esplodere, si vede che sta male, è stralunato e non ce la fa.
Infatti mi chiede se posso passare da lui ed è sera.
Non è mai successo, così vado con una sorta di emozione addosso.
Mi apre, vive ancora da solo,
non ha avuto il coraggio di chiedere al fratello se veniva a vivere con
lui. Probabilmente questo non lo ha aiutato, fatica ad inserirsi in
squadra e ad emergere, quel che posso io è farlo parlare, dargli
consigli, stargli vicino ed oggi in lui c’è una specie di frenesia.
Cammina, non sta fermo, si muove
di continuo e non mi guarda in faccia. É come se stesse per esplodere,
non riesce a dirlo ma ne ha bisogno.
Casa sua è bianca, pulita ed ordinatissima.
Rimango di stucco nel guardarla, non mi siedo, allargo le braccia ed aspetto.
- Karim, mi stai spaventando. -
- Non… non volevo approfittare
della tua gentilezza… so che mi stai dietro perché ci tieni che io
riesca bene in squadra, perché mi hai consigliato tu al club e quindi
vuoi che… e poi ti ricordo un po’ te e… però non so da chi andare. Ed
io ho bisogno, stasera ho bisogno di un amico, di un amico fidato. -
Annuisco serio, colpito e preoccupato.
Lui così prende un paio di respiri e poi si ferma davanti a me, le mani sudate, tremano. Gli occhi lucidi, sta per piangere.
- Karim, mi stai facendo preoccupare. - Dico poi, lui si morde la bocca.
- Sono gay. - Spara tutto d’un
fiato. Poi continua andando su e giù, fissando per terra scuro in viso:
- Cioè forse bisessuale, non mi fanno schifo le donne, però in realtà
tendo più verso gli uomini. Solo che non è una cosa che si dovrà mai
venire a sapere. Sulla faccia della Terra ora lo sai tu e Gonzalo. E
deve rimanere così. - È come un treno in corsa che mi investe e
d’improvviso resto senza fiato, con un’ondata che mi invade.
Avevo avuto sentore di qualcosa,
in realtà non solo su di lui, ma anche su di me; però l’avevo messo a
tacere, avevo rigirato le cose in un altro modo. Come un senso di
possessione, di piacere nell’avere le attenzioni di qualcuno che mi
venerava, qualcuno che volevo far emergere perché aveva qualcosa di me.
Ma ora che lui ha messo tutto
sul piatto, questa sua tendenza, è come se avessi una rivelazione
impossibile da non vedere e la cosa mi sfugge improvvisamente di mano.
Sapere che lo è cambia qualcosa, in me. Non so cosa.
- Ok, non ci sono problemi. - Dico poi concentrandomi sul modo in cui me lo ha detto.
- No, invece ce ne sono. Perché
se qualcuno del mio gruppo, di quelli che mi conoscono, se… se la mia
famiglia dovesse saperlo… per me è finita, ok? - Annuisco e gli metto
le mani sulle braccia. Per un momento penso che si stia dichiarando. Mi
avvicino, lo tocco e lui trattiene il fiato, cerco il contatto coi suoi
occhi e lo trovo, lo destrutturo in un istante.
- Va tutto bene. Non devi preoccuparti. So cosa c’è dietro a questo. - Karim trema, è quasi in una crisi di nervi.
- Perché anche tu eri vittima di
bullismo? Ti accusavano di essere una femminuccia? Se avevi segni di
non essere un maschio, di qualunque genere, eri messo in croce? -
Trattengo il fiato. Cosa ha passato? Sono cose che conosco, anche se
nessuno mi ha accusato di essere gay. - Sono sopravvissuto nascondendo
la mia vera natura con tutto me stesso e nonostante questo ho faticato
molto. Poi sono diventato amico dei bulli. Ho cominciato a coprirli, a
non fare la spia, a non venderli. Loro hanno iniziato a proteggermi, a
picchiare gli altri per conto mio. Mi hanno lasciato in pace. Tutto
perché ho sempre dato una certa immagine, ho nascosto con tutto me
stesso la mia vera natura, la mia fragilità, ogni debolezza. E perché
tenevo la bocca chiusa su tutto. Su di me, su di loro… - Questa
premessa mi sconvolge. Si è soffocato con tutto sé stesso ed ora mi
chiedo se riuscirà mai ad essere davvero sé stesso. Mi colpisce molto
questo, ma capisco che non me lo sta dicendo perché ne ha bisogno.
- Che è successo, Karim? -
Chiedo andando al sodo, sempre più preoccupato, massaggiandogli le
braccia con delicate carezze. Trema di meno.
- Quando sono venuto qua,
l’essere lontano da loro mi ha fatto calare un po’ la guardia e…
insomma, sono riuscito a prendermi per Gonzalo. Era la prima volta. Mi
sono piaciuti dei ragazzi in passato, ma non ho mai mai potuto vivere
la cosa. Qua è successo. Anche io piacevo a lui e da cosa è nata cosa.
- Un istante. Un tuono. Rimbomba tutto, ma è solo nella mia testa.
Mi sento schiacciato da questo.
Gelosia. Gelosia marcia si insinua mentre ne parla, ma non emetto alcun suono mentre parla. Annuisco.
- Avete litigato? - Karim così alza gli occhi al cielo e le lacrime tornano a farsi largo, questa volta una esce.
- Non avrei mai dovuto lasciarmi
andare, calare la guardia. Non avrei mai dovuto viverla. È stata la
prima e sarà l’ultima! All’inizio è stato fantastico, ho fatto tutto
per la prima volta e lui sapeva bene come fare, non era la prima per
lui. È stato bellissimo. È bellissimo. Però mi è sfuggita di mano e lui
vuole viverla più alla luce del sole, non venire allo scoperto, ma è
irritato ed infastidito dalla mia ossessione per il nascondere che
abbiamo un bel rapporto e che stiamo insieme. Cioè non vuole mettere i
manifesti, ma odia che non possiamo passare tutto il tempo che vogliamo
insieme e se qualcuno ci guarda dobbiamo subito staccarci. Cioè per lui
questo è snervante e mi ha dato una sorta di ultimatum. O la vivo più
sciolta, o per lui non si fa più niente. Ed io… ed io non so, non
riesco a spiegargli che per me è importante, che è bello quello che
abbiamo, mi piace da impazzire, ma non riesco, non posso andare oltre
le mura di casa mia o casa sua, che non esiste nulla nel club, nulla
davanti a nessun altro della squadra. Poi lo ha anche detto a Marcelo
perché loro sono molto amici e qua abbiamo litigato. Non doveva dirlo a
nessuno, lui invece lo ha detto a lui, proprio a lui, adesso si
spargerà la voce. Così credo che ci siamo lasciati. - Lo scoppio non è
come quello della bomba atomica, ma credo sentitamente che sia il primo
che si concede. Forse dalla nascita.
Le lacrime escono copiose e
liberatorie e mentre io sono geloso marcio, lo abbraccio forte e mi
insulto perché mi piace farlo, mi sento meglio nel stringerlo a me e
gli carezzo la nuca dove i capelli sono corti.
Va bene così, non devi
preoccuparti. Vedrai che si risolverà. È questo che dovrei dirgli, ma
la verità è che ora che so che è gay, non riesco a smettere di pensare
ad altro, la cosa mi ossessiona improvvisamente e il suo corpo
abbandonato contro il mio è una tortura.
Perché io sono eccitato. Da morire. Di nuovo.
- Vedrai che non è così. Devi solo parlargli. - Scuote la testa mentre lo stringo di più a me impedendogli di separarsi.
- Per dirgli cosa? Abbiamo
visioni diverse, incompatibili! - Dice agitato. È così strano sentirlo
in questo stato. Mi si stringe il cuore, mentre non riesco ad essere
troppo triste per questa sua rottura. Che egoista.
- Dovete parlarne, e se non
trovate un punto d’incontro allora siete adulti e troverete un modo per
convivere. Concentrati sul calcio, solo sul calcio. - Non gli sto certo
a dire di lottare con tutto sé stesso, non voglio che si fissi troppo
su di lui, in realtà. Sento che si calma un po’, così lo separo da me,
lo tengo per le spalle, gli prendo il viso fra le mani, gli asciugo le
lacrime e lo osservo con attenzione e apprensione.
- Io non so cosa devo fare. Mi
piace stare con lui, per la prima volta posso vivere questa parte di
me… quello che avevamo mi faceva sentire libero, ma… per lui non è
sufficiente e non voglio nemmeno soffocarlo… forse è vero che dovrei
lasciar perdere? - Sospiro. Da un lato gli direi di sì, ma l’idea di
vederlo ancora così triste mi dilania. Così con aria dispiaciuta gli
bacio la fronte.
Sulla sua pelle, mormoro:
- Devi fare quello che ti senti.
Non arrenderti senza combattere. Non pensare solo a quello che è bene
per gli altri. Per lui, per quelli che ti conoscono… pensa anche al tuo
bene. - Lui stringe gli occhi, trattiene il fiato, smette di piangere
ed annuisce senza forze.
- Non è facile. La mia vita è
qua dentro, fuori di qua non esiste. Fuori c’è solo quello che posso
fare, non quello che voglio. E nessuno questo lo capirà mai. - Mi fa
impazzire e mentre vedo quel che mi mancava di lui, quel che
nascondeva, quel che soffocava, muoio lentamente. Cado. Cado in lui. E
non credo che saprò mai separarmi. Mai.