*Ecco
un altro capitolo. Il primo anno di Mou, il 2010-11, Gonzalo si
infortuna (l'attaccante titolare all'epoca) e deve operarsi e stare
fuori mesi. A quel punto Mou inizia a lamentarsi tramite i media e non
comunica con lui direttamente, dice che è un gatto ma potrebbe essere
un leone e comincia a chiedere un altro attaccante come se Karim non ci
fosse. Karim non ha mai detto niente, non si è mai espresso perchè lui
non si lamenta mai, ma il retroscena immaginato da me è questo. Non
conosco di preciso le modalità con cui Zizou è finito nello staff di
Mou l'anno successivo, ma mi piace pensare che siano queste. Buona
lettura. Baci Akane*
9. PATTO COL DIAVOLO
"C'è Zidane, il miglior giocatore francese di tutti i tempi, con cui
parlo di tutto, spesso mi fermo nel suo ufficio, è sempre dietro di me,
mi consiglia come giocare e se c'è un problema. " - Karim -
Karim ormai è sempre più arrabbiato.
Il metodo Mourinho consiste
nello stimolare il giocatore in tutti i modi, solo che lui crede nel
sistema brutale, usa la pressione.
Il problema è che con Karim non funziona. Penso che funzioni con tutti quanti sulla faccia della Terra, ma non con Karim.
Mou un giorno lo capirà, spero prima di rovinarlo.
A gennaio arriva il suo secondo
attaccante che per quanto sia valido non è all’altezza di Karim, questi
continua però ad essere considerato una riserva e Mou nelle interviste
dice che Karim è ancora un gatto, ma che aspetta che diventi un leone.
È un gatto addormentato.
Da qua tutti iniziano a chiamarlo Gato.
Mi fa sorridere, è azzeccato
come soprannome, Karim è un gatto e a lui non dispiace il soprannome,
solo che lo irrita il modo in cui è uscito.
Un giorno arriva nel mio ufficio
dove stavo sbrigando alcune pratiche per il presidente. Il mio corso di
allenatore sta giungendo al termine e con la prossima stagione potrò
fare lo stage come tecnico.
Karim entra sbattendo la porta
che si riapre, ma non la calcola. Guardo la porta mezza aperta e guardo
lui, ma non ho il tempo né di alzarmi per chiuderla, né di dirgli di
farlo lui.
Come un fiume in piena, lui si abbatte su di me. Stile cascata del Niagara, più o meno.
- Io non lo sopporto più, non ce
la faccio! - Comincia in francese stretto, a voce alta, concitato e
camminando in giro per lo studio. - Come osa? Perché diavolo non viene
da me a dirmelo? Non ci viene, non mi parla! Ma vuole che lo faccio io!
Non mi considera come calciatore, mi vede alla stregua di una riserva e
la cosa non sarebbe un problema se fossi una riserva di un giocatore
nettamente migliore di me. Essere la riserva di Gonzalo mi sta bene, è
eccezionale. Essere la riserva di che cazzo ne so, potrebbe essere
Ibrahimovic? Cazzo se ci sto! Però di Adebayor, senza offese per
nessuno, ma no. Non è vero che è meglio di me! Un conto è che io non
gioco per il potenziale che ho, ma sei tu che devi riuscire a tirarmelo
fuori, sei tu l’allenatore che deve esserne in grado! Io forse sono
bloccato per qualcosa, non lo so, non discuto su questo, ma il metodo
che usa per tirarmelo fuori è sbagliato, non funzionerà! Non puoi dirmi
tramite terzi che non ti piaccio e non aiutarmi a migliorare! Lui si
limita a dire che devo giocare meglio, punto. Ma non è che gioco male
perché voglio o sono scarso! E poi quando mi mette sento il suo sguardo
cattivo addosso che si aspetta la partita del secolo in quindici minuti
che mi concede, cosa pensa che faccia, miracoli? Perché non mi fa fare
allenamenti extra, non mi insegna cosa non va bene di ciò che faccio,
perché non mi fa migliorare con altri sistemi? E non ci parla nemmeno
con me! L’altra volta sono andato da lui, era sera, era ancora a
lavorare in ufficio, così busso e gli chiedo se può parlare e mi fa
entrare. Parliamo. Gli chiedo se io gli piaccio! - Lo guardo
stralunato, nel mare di parole che vomita capisco che deve essere stato
piuttosto diretto per uno che non lo è mai nemmeno sotto tortura. - Sì,
gli ho detto così. E lui mi ha chiesto come mai glielo chiedo. Io ho
risposto perché ai media ha detto che vuole un altro attaccante. E lui
ha detto che non deve discutere le sue dichiarazioni e nemmeno le sue
scelte di allenatore. Io gli chiedo cosa c’è in me che non va, lui
ripete che non gioco per il potenziale che ho, che ho un enorme
potenziale, che tocco palla con magia, ma non è sufficiente, vuole che
trasformi la palla in magia, non che la tocchi con magia e basta ed io
gli ho chiesto come potevo fare per fare quello che voleva, per
convincerlo. Lui mi ha detto strafottente che non è lui a doverlo dire
a me, ma sono io a doverlo fare. Ma ti sembrano risposte da dare? Stavo
per dirgli ‘bravo allenatore’, dovevo battergli le mani e andarmene!
Zizou, non mi ha più parlato! Mi mette in campo, mi dà qualche
indicazioni tattiche e basta. Non. Mi. Parla. Però ai media va a dire
che sono un gatto, che non gioco come vuole lui, che devo impegnarmi di
più… lui non mi aiuta, non mi dà un cazzo! Che allenatore è? -
Penso di non poterlo spegnere.
Rimango seduto composto nella
mia scrivania, le mani congiunte, paziente. Poi mentre Karim continua a
sbraitare come non l’ho mai visto, colpito anche da questo suo lato,
noto fuori dalla porta un Mourinho sconvolto che lo fissa senza capire
un accidente di francese, ma sconvolto dal fatto che sia Karim che urla
e che strepita.
Io faccio finta di nulla, lascio
la porta com’è e aspetto che Karim finisca. Quando si calma, Mou se ne
va ed io faccio quello che faccio sempre.
Getto acqua sul fuoco.
- Lui usa questo metodo, il
metodo della pressione. Usa i suoi mezzi. Però con qualcuno non
funziona. Prima lo capirà e meglio è. Tu però devi separare lui dal
calcio, quando scendi in campi lo devi eliminare. -
- MA COME FACCIO?! È questo che
non riesco a fare! - Sospiro dispiaciuto, è una cosa che ho imparato a
fare quando ho smesso di giocare, perciò spiegargli come si separano le
cose non è una cosa da due secondi.
Mi alzo, faccio il giro della
scrivania e mi siedo sopra, dalla sua parte. Lui sta ancora in piedi,
cammina come un bufalo, ma quando mi vede si ferma.
- Senti. Perché non gli dimostri
che il carattere ce l’hai? Lui vuole stimolarti perché pensa che tu non
hai sufficiente carattere, ma in realtà non è così, guarda qua! Fagli
vedere che sei furioso, che non ti piace che parli di te agli altri ma
che a te non dica nulla, vagli a chiedere che parli anche con te! -
Sospira ancora, alza la testa e poi tira un calcio ad una sedia che
cade facendo un gran fracasso. - Fai così. Vedrai che lui apprezzerà.
Vuole questo da te. - Karim chiude gli occhi e si strofina il viso
cercando di calmarsi, la testa gli esplode.
Lo raggiungo e sto per
abbracciarlo quando dalla porta aperta bussa qualcuno, sto fermo e per
un momento penso sia Mourinho, ma quando vedo il viso di Gonzalo
rimango di sasso.
- E-ehi… - E come se non
bastasse, proprio lui. L’ondata di gelosia mi investe. A volte vorrei
mettere sotto chiave Karim e non mostrarlo a nessuno.
- Scusate, non volevo
disturbare, ma ho sentito tutto. Ero nei paraggi perché dovevo parlare
col mister e il suo ufficio non è lontano. - Quando Karim vede Gonzalo
è come se si sciogliesse la grande tensione che l’aveva fatto
esplodere. Gli occhi si riempiono di lacrime e scuote la testa dandogli
le spalle, non vuole parlargli, non vuole mostrargli questo lato
debole, questo lato che probabilmente non ha mostrato a nessuno.
Mi guarda con una muta richiesta
d’aiuto ma io non so cosa fare e Gonzalo è più veloce di noi. Entra,
chiude la porta e zoppica da lui abbracciandolo da dietro, forte, senza
chiedergli il permesso o aspettare che il signorino si degni di
accettarlo.
Lo stringe forte e quando le sue
braccia lo avvolgono, Karim non lo respinge. Si gira verso di lui e si
rifugia. Fa quello che volevo fare io. La scena dei due che si
abbracciano è bella e terribile al tempo stesso. Non posso negare che
siano belli insieme e che stiano davvero bene, ma è anche vero che
vorrei essere io Gonzalo in questo momento, vorrei toccare io Karim
così, stringerlo e baciargli la guancia come sta facendo lui mentre gli
coccola il capo contro il proprio collo, mentre appoggia il viso contro
la sua testa. Oh dannazione.
Stringo convulsamente i bordi della scrivania e rimango zitto e fermo a fissarli senza fare nulla.
- Dai… - Gonzalo parla in
francese, avrà capito parola per parola. - Comunque ti ha sentito. Non
ha capito un’acca perché parlavi francese e per giunta velocissimo, io
ho faticato a capire certe cose, però ha capito che sei furioso per
lui. - Non che questo possa aiutare.
- Bene. Mi risparmia la fatica di farglielo sapere. - Sospiro.
- Dovresti scoppiare così con
lui, lui vuole questo. - Ripeto paziente. Gonzalo mi guarda sorpreso,
si ferma a pensarci poi si unisce a me.
- Sì, forse ha ragione, sai. Il
mister è uno molto passionale e focoso, gli piacciono i testa a testa,
chi lo incorna. Adora quelli problematici che fanno casino. - Gonzalo
lo ha inquadrato bene. Karim si stacca da lui e sembra calmo, si
asciuga gli occhi in fretta.
- Sei sicuro? Se vado e ci litigo poi lui cambia atteggiamento? - Si stringe nelle spalle.
- A questo punto cos’hai da perdere? - Karim sospira e guarda altrove, spalle basse.
- Non so… non è nel mio stile. Ora mi sono sfogato, non andrei a litigarci. -
- Vacci la prossima volta che
non ne puoi più. - Dopotutto Gonzalo sarebbe davvero perfetto per lui.
Lo guardo come tira fuori una dolcezza insospettabile. Il suo francese
con l’accento spagnolo è meraviglioso, non ha paura di toccarlo ed ha
una forza incredibile.
Li invidio molto, stanno benissimo insieme, è perfetto per uno come Karim.
La cosa mi fa male, ma è meglio così. Devo accettarla.
- Senti… ti va un boccone insieme? - Gli chiede poi dolcemente, sorridendo incoraggiante.
- Se mangio, vomito. - Ridiamo entrambi.
- Allora io mangio e tu mi
guardi e brontoli? - Karim sorride, finalmente, ed è come se il sole
tornasse piano qua dentro. Il sollievo coglie entrambi, poi Gonzalo mi
chiede se voglio unirmi a loro ed io scuoto la testa e dico che mia
moglie mi aspetta e che sono tardi, così Karim si scusa e mi ringrazia.
Poi se ne vanno.
Mi mordo la bocca e ci penso.
Sono una coppia bellissima e mi brucia, ma è anche la cosa migliore, onestamente.
Karim non ci litiga, non è nel
suo stile. Lo scoppio è stato sufficiente, passa i mesi successivi ad
ingoiare e a non giocare molto bene, a volte non fa male, però non è
abbastanza.
I due non hanno mai un vero confronto e le cose rimangono così.
Tutte le volte che Karim si sente stralunato, viene da me e mi parla, si sfoga, magari poi finisce ridendo e scherzando.
Un paio di queste noto la presenza silenziosa e nascosta di un curioso Mourinho.
José ci guarda sempre più spesso e sembra lo studi senza che lui se ne accorge.
Probabilmente è colpito dal modo in cui con me Karim parla, si sfoga ed addirittura ride.
Non posso andare a cercarlo io e dirgli che sbaglia totalmente metodo.
Ma è lui a cercare me.
Il campionato ormai sta per
finire e Mou usa Karim, Riky e Gonzalo nelle partite di ‘seconda
scelta’, quelle non particolarmente importanti o difficili. Riky e
Gonzalo perché tornano da un lungo infortunio e devono riabituarsi al
campo, Karim perché è tutt’ora la seconda scelta. Impensabile,
comunque.
E José arriva nel mio studio, un giorno. Al posto di Karim.
- Disturbo? - Chiede inizialmente. Io scuoto la testa e lo faccio accomodare.
José chiude la porta e si siede,
mi fissa con quella sua aria sottile e strafottente che manda in bestia
tutti, studia chi ha davanti e lo irrita. Non so, ha un potere
particolare.
Non mi piace molto, ma è solo perché ha trattato male Karim dal primo giorno.
Dopo un po’ si decide.
- Ok, buttiamo giù la maschera.
- Io inarco le sopracciglia senza capire e lui continua diretto. -
Karim con te ride. Parla. Si sfoga. - Comincia esponendo dei fatti
oggettivi.
- Ho notato che ci studiavi. - Rispondo tranquillo e moderato.
Annuisce.
- Perché quel giorno lui faceva
il pazzo con te e se non l’avessi visto coi miei occhi, avrei pensato
che era un altro. Perciò ho capito una cosa. - Pausa di sospensione ad
effetto. - Ho capito che non lo capirò mai. Karim è un mistero. Lo è
dal primo giorno e continuerà ad esserlo fino all’ultimo, ne sono
sicuro. Posso provare tutti i sistemi del mondo, ma non troverò mai il
metodo giusto. Lui con me semplicemente non parla, non si apre, non si
avvicina. Anche se mi odia perché so farmi odiare se mi impegno. Però
non dà un minimo di breccia. -
- Se posso… - Lui però alza il dito e prosegue come un treno.
- Ma non importa. Perché al
mondo uno che lo ha capito e che sa come fare con lui, c’è. E sei tu. -
Silenzio. Lo fisso attento cercando di capire cosa voglia ora da me, ma
non c’è verso e così finalmente lo dice. - Voglio che il prossimo anno
entri nel mio staff. Principalmente come sostegno personale a Karim. Il
tuo compito sarà lui, il resto non avrà importanza. Tu con lui potrai
fare quello che vuoi, ti darò carta bianca. Ma dovrai farmelo
sbocciare. Se non ci riesci tu, mi arrendo. Tu sei il mio ultimo
sistema. -
Il silenzio resta, io sono
shoccato. È successo tutto troppo in fretta e non capisco come si possa
assolutamente venire a chiedere una cosa simile per un motivo del
genere, credo che nella storia del calcio non si sia mai sentita… io
dovrei occuparmi di un solo giocatore? Ma sto appena prendendo
l’abilitazione!
José appoggia i gomiti sulla scrivania avvicinandosi a me.
- È un esperimento. Comunque tu
devi fare lo stage, mi pare. Ed io ho bisogno della chiave per Karim.
Tu sei l’unica chiave. Proviamo. Penso che tieni a lui. L’hai voluto tu
qua, perciò è anche nel tuo interesse che riesca a bene e sappiamo
entrambi che quello che può dare quel ragazzo non ha niente a che
vedere con quello che sta dando ora. - Il discorso non fa una piega,
anche se la proposta è pazzesca.
Rimango ancora fermo impassibile ad osservarlo e dopo un po’ si raddrizza e sbotta impaziente.
- Allora? Dì qualcosa! - Sospiro, ci penso un po’ piegando la testa di lato.
È una grande occasione. Mourinho
è uno dei migliori allenatori in circolazione, ora. Potrei imparare da
lui per il mestiere che voglio fare. E stare vicino a Karim anche in
campo. Non è una cosa da poco.
L’idea di stargli più accanto mi
eccita parecchio e nonostante in una parte di me so che da uno come
Karim è meglio starci alla larga, alla fine accetto.
José è molto felice, entusiasta si alza e mi stringe la mano.
- Vedrai che funzionerà. - Io sorrido di circostanza, lo spero. Lo spero davvero.