CAPITOLO XII:
MI
SONO INNAMORATO DI TE
Come
potevano volare i giorno quando si era felici?
Non
se l'erano ancora mai detti ma ormai era diventato un pensiero
ricorrente.
Si
amavano. Iker non ne aveva paura, era la prima volta che gli
succedeva ed era bello, non lo esprimeva perchè sapeva come la
pensava David, quindi evitava.
David,
dal canto suo, era stato innamorato ma non ad alti livelli, erano
stati sentimenti facilmente controllabili e gestibili.
Comunque
sapeva più di Iker cosa significava amare in un momento simile.
Non
sarebbe rimasto per sempre lì.
Non
sarebbe successo. Amare significava soffrire quando se ne sarebbe
andato, era sicuro.
Ma
per chi temeva veramente? La propria sofferenza o quella che avrebbe
patito Iker?
Non
sapeva rispondersi e cercava di evitarlo, ad ogni modo viveva la sua
vita a pieno ritmo solo quando varcava la soglia del club o del
campo. Una volta che era in scena col Real Madrid, lui era sé stesso
ed ormai lo era solo in quelle occasioni. Si poteva stare meglio?
Si
poteva essere felici solo in quei casi?
La
sua vita era tutta lì, quando scendeva in campo e poteva correre
dietro ad Iker fra risa e scherzi e poi prenderlo contropiede e
baciarlo di nascosto. O farsi baciare. O dargli pizzicotti.
La
sua vita era tutta lì e nelle notti prima delle partite, quando in
albergo si potevano unire su un letto comodo e fondersi in un
tutt'uno. Quasi che non riuscisse a pensare ad altro per tutto il
tempo che li separava da una partita all'altra.
Questo
era bello da un lato ma brutto dall'altro perchè quando usciva da lì
era come se le luci del palco si spegnessero.
Giorno
dopo giorno tornare a casa e fare quella vita diametralmente opposta
a quella che realmente voleva, l'aveva logorato, incapace di
sopportare come prima, incapace di restarne indifferente, incapace di
recitare la solita parte.
Incapace.
E
c'era angoscia quando tornava a casa anche se c'erano i suoi
adorabili figli per cui stravedeva. Si distraeva con loro ma Victoria
aveva la mania di farli crescere da una tata competente o di
comandarli a bacchetta come comandava anche lui e chiunque c'entrasse
nelle loro vite.
Lei
non era pane per ostie e se prima l'aveva sopportata e non gliene era
importato, vedere com'era vivere con una persona che amavi, che ti
capiva, con cui stavi davvero bene e ti divertivi, era davvero tutta
un'altra cosa.
Sopportare,
ora, era quasi impossibile.
Arrivò
il limite anche per lui, un giorno, poco prima degli allenamenti
pomeridiani.
Le
parole che non diresti mai, le parole che non sarebbero mai da dire.
Per
un momento David pensò seriamente di buttare tutto all'aria, tutto.
Ed era tanto, ciò che avevano. Tutti li pensavano affiatati e
perfetti, tutti li invidiavano e li adoravano. La reputazione che
avevano era qualcosa che si costruiva con fatica e anni di finzioni e
sacrifici. Buttare via ogni cosa significava essere finiti, essere
crollati, non averne più.
-
Come si chiama? - La voce gelida ed insopportabilmente acida di
Victoria gli aveva punto il cervello.
-
Non ti seguo. - Aveva risposto paziente come sempre David. Con lei
bisognava fare così.
-
Non prendermi in giro, sai! Ti conosco e so quando ne hai un'altra. O
è uno dei tuoi compagni? - Oh se lo conosceva bene.
-
Non è nessuno, Vic. - Lei alzò immediatamente la voce arrivando a
livelli talmente isterici da far correre i bambini altrove.
-
Ti ho detto di non prendermi in giro! Lo sai che non voglio nemmeno
avere idea di cosa combini fuori di qua! Se arrivo a capire che ne
hai un'altra significa che non sei stato attento ed io odio, odio,
odio l'idea che qualcuno se ne accorga! Devo essere l'unica e tutti
lo devono pensare, non me ne frega se ti sbatti un'altra, fallo, ma
non mi deve arrivare nemmeno il minimo sospetto di quando lo fai! Ed
io invece me ne sono accorta! Chissà quanti altri lo sanno ora,
saremo già gli zimbelli del mondo! - David sospirò scuotendo il
capo. Era un classico ormai. A volte succedeva, non si scomponeva
molto...
-
Victoria, sto attento, nessuno sa niente. -
-
Allora lo confermi! Qualcuno c'è! Scommetto che è quello che stai
sempre ad allenarti! - David sgranò spontaneo gli occhi e la guardò,
da quando si interessava alle sue cose?
-
Come diavolo si chiama quello stronzo? È il portiere! - Victoria
aveva proprio perso le staffe, era una cosa normale per lei, ma David
nel momento in cui sentì tirare in ballo Iker si alzò di scatto e
cominciò a prepararsi spaventato da ciò che sentiva. La voglia di
insultarla e dirle di tutto. Non poteva, non lo faceva mai. Lei
urlava e lui annuiva disinteressato.
-
Lascialo in pace, non c'entra con noi e col nostro assurdo stile di
vita! - Victoria si gonfiò come un pesce palla ed allo stesso modo
sputò veleno.
-
Assurdo? Ora è assurdo? Sei tu che l'hai voluto, sei tu che mi hai
cercato, sei tu che mi hai detto che non c'era amore, solo sesso e
gloria! - Era vero, era andata così. Ma forse avrebbe dovuto evitare
quella risposta.
-
Le persone cambiano, Victoria. Forse a volte crescono, forse
incontrano qualcuno che gli fa capire come si vive davvero! - Con
questo raccolse il borsone di calcio, si infilò la giacca ed uscì
con lei che gridava fuori da ogni grazia.
-
Giuro che se fai uno scandalo, David, te ne pentirai. Il tuo
amichetto frignerà così tanto che pregherà di essere morto! -
David sentendola tornò indietro di scatto, il proprio corpo si mosse
da solo, corse velocissimo verso di lei, il passo sostenuto. Non alzò
le mani, non era nel suo stile, non sbatté niente, nemmeno il
borsone. Però la puntò col dito, lì sulla soglia dov'era. La fissò
furiosamente gelido, Victoria si zittì immediatamente, un vero
evento per una che non stava mai zitta nemmeno se pagata.
-
Toccalo in qualunque modo e sarai tu a pentirtene, credimi. Sei tu
che non vorresti avermi come nemico. Io sono abituato ad averti come
nemica. - Con questo se ne andò in un soddisfacente silenzio.
Silenzio che comunque non l'aiutò molto.
Quando
arrivò in campo qualcuno c'era già.
Aveva
corso per tutta la città, in macchina, per calmarsi, ma non aveva
funzionato.
Iker
lo guardò, gli ci volle un istante per capire che aveva qualcosa.
Non capitava mai che avesse quell'espressione tesa e cupa, lui
arrivava e sorrideva sempre, salutava tutti ed aveva delle battute
per ognuno, poi arrivava da lui e gli pizzicava il sedere.
Quella
volta non salutò nessuno e non sorrise però lo raggiunse e gli
prese il braccio, semplicemente, senza pizzicotti maliziosi,
sorrisini ironici e frasi ad effetto.
Non
lo guardò nemmeno.
Stava
per lasciargli il braccio, unico saluto in grado di concedergli,
quando Iker gli prese a sua volta la manica della giacchetta
impermeabile che indossava, proprio sul polso. Strinse forte, deciso,
sicuro, e tirò per impedirgli di ritirarsi.
-
David, che succede? - Chiese preoccupato, la fronte corrucciata.
David
scosse il capo cercando ancora disperatamente di controllarsi.
-
Niente, dai... - Iker si avvicinò e lo guardò insistente da vicino.
-
Cosa succede? - Chiese più piano. David sospirò si specchiò nei
suoi puliti occhi castani, si era fatto la barba, il suo viso giovane
era onesto in ogni espressione ed era sempre morbido in qualche modo.
Come la sua pelle.
Fu
così che riuscì a rischiarare il proprio cielo grigio.
Sospirò
e accennò ad un piccolo sorriso.
-
Niente, va tutto bene. -
-
Non mi pare. Non sei mai arrivato con quella faccia... -
-
Mi farò una plastica facciale solo per te, tesoro! - Disse facendo
l'occhiolino ironico, Iker si convinse che stava meglio ma non bene e
decise di mollare la presa.
-
Poi mi racconti tutto. -
David
sorrise più convincente e scivolò con la mano sulla schiena
carezzandolo.
-
Ora sto davvero meglio. Sono a casa ed ho davanti la persona che mi
fa stare bene. È ok. - Dedusse che dovesse essere stato un litigio
con Victoria. Sapeva che lei faceva spesso piazzate, ma lui non si
metteva mai a discutere, non aveva proprio il carattere di chi
discuteva.
-Hai
litigato di brutto? - David si arrese cominciando a correre con lui.
-
Non proprio. Lei ha fatto la pazza e ti ha insultato, io per non
metterle le mani addosso l'ho minacciata e me ne sono andato. - Iker
perse il passo e quasi cadde.
-
Ma sei matto? L'hai minacciata? E poi che sa di me? Pensavo di
essere... - David rise questa volta davvero divertito e non chiese
altro. Solo poter continuare così con lui.
-
Sì non so, lei è come una strega che sa tutto! Non darle retta, non
ti farà niente! - Iker perse ancora il passo ma non cadde questa
volta, David rallentò per guardarlo preoccuparsi seriamente.
-
Perchè, cosa dovrebbe farmi? - David rise di nuovo, ormai solo con
lui ci riusciva.
-
Niente, ti proteggo io mia principessa! - David scherzava, ormai, ma
Iker capì che in ogni suo scherzo c'era un fondo di serietà. Doveva
essere stato un bel litigio quella volta per spingerlo a minacciarla.
Non poteva immaginarselo lui arrabbiato che urlava, non pensava ne
fosse geneticamente capace, eppure doveva averlo fatto.
-
Intanto la principessa è più veloce del cavaliere! - Così dicendo
Iker la buttò sul gioco per distrarlo e si mise a correre più
veloce, David accettò di buon grado l'idea e lo rincorse per
prenderlo. Come sempre. Come due bambini o due fidanzati. Alla fine
non erano più loro una coppia di David e Victoria che erano
addirittura sposati ed invidiati dal mondo intero?
David
se ne rendeva sempre più conto mentre Iker preferiva non pensarci
perchè tanto non gli cambiava esattamente nulla.
Però
era felice quando riusciva a rilassarlo e a farlo ridere di nuovo.
A
volte David era teso ma mai arrabbiato, così cupo era la prima
volta.
L'aveva
convinto ad evitare gli allenamenti all'aperto per il troppo freddo,
quindi si erano spostati in palestra. A quell'ora era deserta.
Scelti
degli attrezzi vicini, si misero ad usarli senza molta intenzione e
dopo le solite battute, Iker affrontò il discorso.
-
Allora, ti va di parlarmene seriamente? Cosa è successo veramente? -
David,
colto in contropiede, commentò prendendola leggera:
-
Te l'ho detto, lei ha fatto il tuo nome ed io non ci ho più visto. -
Iker sospirò, stare con lui gli aveva fatto scoprire l'arte della
pazienza. Doveva ammettere che era cresciuto molto.
-
Sì, ok, ma quanti amanti avrai avuto? È mai successa una cosa
simile? - David dovette fermarsi per arrendersi, lui che si
arrendeva. E quando mai? Solo Iker ormai arrivava a fare tutto,
tutto.
Se
gli avesse chiesto di baciarsi in una conferenza stampa l'avrebbe
fatto e questo lo spaventava.
Quanto
poteva andare avanti senza dirlo?
Si
alzò dal macchinario su cui era e si sedette sul lettino accanto a
quello di Iker. Questi a sua volta si alzò e si mise davanti a lui.
Erano seri e si guardavano seduti a cavalcioni. Iker in attesa,
paziente, David incapace di capire come facesse.
Alla
fine lo disse e basta, ma gli prese le mani per farlo, gliele prese
fra le sue e le baciò come fossero una cosa preziosa. Iker andò a
fuoco, si confondeva ogni volta che lo faceva.
-
Molti, è vero. E mai nessuno si è avvicinato a te. Non ho mai
difeso nessuno. - Iker ingoiò, aveva una vaga idea di dove volesse
arrivare ma aveva paura di illudersi, con David non potevi ma pensare
di capire qualcosa.
-
Cosa vuoi dire? - Chiese piano ed incerto, gli occhi lucidi, grandi,
il cuore che batteva, l'emozione fortissima, così forte che gli dava
la certezza di stare per morire.
-
Che mi sono innamorato di te, Iker. E non mi è mai successo, non a
questi livelli. - Iker non trattenne una lacrima, troppo
sentimentale, sensibile ed emotivo per contenersi, per non
emozionarsi, per non viverla a tutto tondo.
Non
aveva osato sperarci ma la verità era che alla fine lo pensava da
molto.
Iker
non si trattenne più e di slancio l'abbracciò così forte da farlo
quasi cadere all'indietro, lo soffocò con la sua notevole forza e
premendo il labbro sul suo orecchio, mormorò piano:
-
Sono innamorato anche io! Non ho dubbi su cosa sia anche se sono
giovane ed è la prima volta che mi succede. Quello che provo mi sta
segnando davvero. E sei la persona più importante. - il giovane era
decisamente più capace di aprirsi e dire ciò che provava. Ispirato
da lui e dal suo entusiasmo, convinto che fosse così facile, David
ricambiò l'abbraccio cingendogli la schiena come se fosse la cosa
più preziosa della sua esistenza, chiuse gli occhi, respirò il suo
odore anche se non era un profumo fantastico, si incise ogni
dettaglio nella mente ed aggiunse.
-
Se continuo così arriverò ad amarti, Iker. - Forse era stato anche
troppo bravo, ora.
Iker
pianse a lungo, arrivò ai singhiozzi, capendo sulla pelle per la
prima volta qual era il gradino successivo alla felicità pura.
Vivere
l'attimo perfetto. Non desiderare niente altro. Essere in cima.