CAPITOLO XIV:
TI
AMO
David
era confuso e shockato. Iker non voleva parlargli dimostrando di
essere arrabbiato eppure l'aveva aiutato.
Non
era uno che usava la forza in nessun caso ma quella volta non gli
restava scelta.
Iker
avrebbe dovuto affrontarlo.
Dopo
la partita, Iker corse nel pullman, salì davanti e si mise proprio
dietro al mister con le cuffie della musica alle orecchie, come a
dire che non aveva intenzione di ascoltarlo.
David
sospirò insofferente dopo averlo guardato, però passò oltre
accettando il suo diniego. Era l'ultima volta, si disse. Non gli
avrebbe più permesso di rifiutarlo.
Arrivati
a destinazione scesero, ma Iker si sbrigò a raggiungere la propria
auto, stava partendo quando David gli aprì la portiera con la
macchina quasi in movimento, Iker lo fissò stralunato ed esclamò
sul piede di guerra:
-
Ma sei matto?! Potevo farti male, stavo partendo sgommando! -
David
teneva la portiera con una mano e si poggiava al bordo con l'altra,
manteneva ancora un'espressione contenuta ma era serio e risoluto, si
vedeva che era arrabbiato.
-
Dobbiamo parlare, non te ne andrai se non lo faremo! - non ammetteva
repliche. Iker prese la portiera e fece per tirare consapevole che
non la poteva chiudere sulle sue dita.
-
Lasciami andare, non ti devo dire niente! -
-
Certo che dobbiamo! Ne abbiamo un sacco da dire! -
-
Quando fa comodo a te! Quando dovevi farlo non ti andava ed ora che
io non voglio va a te! Dovevi parlare quando era ora! -
Iker
stava già quasi urlando, non voleva parlare perché sapeva sarebbe
uscito di testa e non voleva.
-
Piantala ed esci! - sapeva che se avesse mollato la portiera e fatto
il giro per montare dalla parte del passeggero, Iker sarebbe partito
a costo si farlo in retromarcia.
-
Ho detto di no, non mi puoi obbligare! -
Stavano
dando spettacolo anche se ancora non gridavano, a David bruciava
molto tutto quello ed Iker lo sapeva, nonostante questo insisteva per
parlarne li... Era meglio li che in altri posti extra club. La loro
storia cominciava e finiva li, fra quelle mura... Non si discuteva
mica!
David
non ci vide più, gli prese il braccio e lo tirò fuori con forza,
Iker si vide in piedi davanti alla macchina con lui davanti. Non lo
teneva ma era pronto a spingerlo se fosse tornato dentro.
Iker
respirava a fatica dalla rabbia, il cuore era impazzito nel petto.
-
Mi dispiace di non avertene parlato prima ma davvero ho agito
d'impulso quando ho firmato, ero fuori di me, ho passato le vacanze a
pensare e ripensare a cosa fare per risolvere la situazione, io non
me ne voglio andare, voglio restare e giocare e con questo spero solo
di ottenere qualcosa, provocarlo, fargli capire che non mi comanda,
che non sono ai suoi piedi! -
Iker
decise che era ora di urlare e lo fece con rabbia, stringendo i
pugni.
-
MA COSÌ TE NE ANDRAI DAVVERO, BRUTTO COGLIONE! SE NON VOLEVI
ANDARTENE NON FIRMAVI, NON ERA QUELLO IL MODO! -
David
non urlò ma poco ci mancò.
-
Lo sapevi che prima o poi me ne sarei andato. Non si resta per sempre
in una squadra! -
-
NON ME L'HAI DETTO, CAZZO! NON MI HAI DETTO NULLA! NON PUOI PENSARE
CHE MI VADA BENE COSÌ! NON ERAVAMO NIENTE?! MI HAI FERITO, DAVID, E
NON RIESCI NEMMENO A CAPIRLO! SEI UN CASO PERSO! VATTENE IN AMERICA E
DIMENTICAMI! -
Iker
lo spinse e salì di nuovo in macchina. Non si poteva uscire da
quella situazione, ormai era finita.
Iker
se lo ripeté fino allo sfinimento, poi una volta a casa da solo si
trovò a piangere di nuovo. I primi giorni era stato infuriato, poi
lentamente era arrivata la tristezza, la storia era finita. Adesso
stava così male che non riusciva nemmeno a pensare.
Piangeva
copiosamente raccolto nel divano, le ginocchia contro il petto,
abbracciate. Non ce la poteva fare.
David
cercava una soluzione e firmava oltreoceano senza dirgli nulla!
Poteva andare bene la soluzione in sé ma non glielo aveva detto! Era
una cosa importante cambiare squadra! Come poteva pensare che non ci
rimanesse male?
E
poi a los angeles... Perché così lontano? Perché?
Gli
occhi gli bruciavano e la testa esplodeva, era da almeno un ora di
fila che piangeva e non accennava a smettere.
Fu
in quello stato che il campanello suonò.
Straziato
all'idea di affrontare qualcuno aspettò sperando se ne andasse, non
aveva idea di chi fosse ma non voleva vedere nessuno, nemmeno il suo
migliore amico, che poi era David. Non gli passò per l'anticamera
del cervello che potesse essere lui, David non era mai venuto a casa
sua, al di là delle cose del club non si vedevano perché era
pericoloso.
Quando
continuarono a suonare, Iker non ebbe scelta, si arrese e brontolando
un 'chi diavolo è' andò alla porta. Il silenzio lo accolse, sbirciò
dallo spioncino ma non vide nessuno, il campanello si risentì,
significava che era fuori visuale. Perché non parlava? Non riusciva
ad immaginare chi fosse, così pensando di liquidarlo con un veloce
'non è il momento', aprì la porta.
E
lì vi rimase.
Si
affacciò per vedere chi era e vide David appoggiato con la schiena a
lato della porta, la testa sul muro, gli occhi chiusi e la mano sul
campanello.
Iker
rimase zitto per un paio di secondi a fissarlo e riuscì anche a
pensare che in borghese era ancora più bello!
Poi
David si accorse della sua presenza li accanto e lo guardò stupito
che gli avesse aperto.
-
Potevi anche dire che eri tu quando ho chiesto chi era. - brontolò
Iker asciugandosi gli occhi col palmo in un modo infantile che fece
sorridere David.
-
Se te lo dicevo non mi aprivi. E dal 'diavolo' che hai usato pensavo
che fossi nero per colpa mia! -
-
E per colpa di chi altri potrei essere nero? -
Esclamò
polemico Iker. David si staccò dal muro e si girò verso di lui,
appoggiò la mano allo stipite dove l'altro aveva la sua e lo fissò,
Iker sfilò la propria.
-
Ti prego fammi entrare... -
Solo
lì Iker si rese conto che David era a casa sua e non al club... E
che non erano orari da visite solite. Era la prima volta che veniva
lì.
Solo
per questo -e per il fatto che stranamente glielo chiedeva- si fece
in parte e lo fece passare in silenzio.
David
prese respiro quando varcò la soglia e si emozionò pensando che ora
non si tornava più indietro.
Sentì
attraversarlo mille brividi, quella casa parlava di Iker più di ogni
altra cosa. Si perse a guardarla, le foto della sua infanzia, dei
suoi amici, della sua famiglia dicevano che era una persona
sentimentale che ricordava volentieri il passato ed i suoi cari.
Il
disordine diceva che era ancora giovane e confuso, che viveva alla
giornata e non pensava al domani. Lo stile d'arredamento spagnolo
diceva invece che adorava le sue origini.
-
Ti manca un animale. - disse improvviso come se fosse una cosa che
aveva senso. Iker lo fissò stordito,
-
Come? -
David
sorrise.
-
Sei un tipo da animali tu... -
Iker
si grattò la nuca arruffata.
-
Sì beh... Non saprei a chi farlo curare quando io non ci sono... O
meglio si lo so ma non vorrei essere seccante. - si stupì di come
riusciva a rispondergli come fosse normale.
David
allora lo guardò meglio decidendo che poteva andare avanti. Non
voleva più litigare.
-
Quanto hai pianto? -
Iker
scosse il capo.
-
Non ti interessa! - esclamò testardo tornando in sé. David gli
prese il braccio e lo fece sedere sul divano, poi gli ordinò di
stare fermo. Andò in cucina e tornò dopo un po' con del ghiaccio
avvolto in un canovaccio. Iker alzò le sopracciglia shockato.
-
Smettila! - David lo ignorò e come se decidesse da solo, gli mise il
canovaccio col ghiaccio sugli occhi e premette. Si sedette vicino e
dopo un istante gli prese la testa e gliela mise sulle proprie gambe
obbligandolo a stendersi accanto a lui.
Erano
come due fidanzati. Di nuovo.
Iker
voleva gridare e ribellarsi ma non aveva né la voglia né la forza.
Stava finalmente bene così dopo tanto tempo. Ma non era giusto, non
lo era proprio.
David
lasciò del tempo prima di parlare, poi Iker lo fece per primo.
-
Perché sei venuto addirittura qua? -
David
sapeva a cosa si riferiva. Lui che andava a casa di Iker era
incredibile!
-
Non sapevo come fare per chiarire, era l'unica. - ammise piano. Non
voleva fare la guerra.
-
Quindi era più importante chiarire con me che stare attento? -
chiese scettico pensando che ci fosse qualcosa che non andava. David,
guardandolo dall'alto, sorrise intenerito.
-
Si che lo era. - aspettò ancora un po', poi riprese la parola.
Parlava piano e l'accarezzava fra i capelli, era così dolce da
spegnerlo, non aveva più voglia di gridare, voleva solo poter
risolvere tutto quello in qualche modo.
-
Lo so che ho sbagliato a non dirtelo prima, ma davvero ero così
fuori di me che non ho pensato, ho fatto e basta. Lo sai che io non
esco mai di testa, controllo sempre tutto, immagina come dovevo
essere per agire così. Mi è arrivata questa assurda proposta e
Victoria ha detto che le piacerebbe provare a rilasciarsi di nuovo
come star... Non ci ho dato peso ed ho detto che così lontano da te
non sarei mai andato. Poi ho rivisto il mister, ancora non mi
parlava, mi sono sforzato, gli ho chiesto un colloquio, ha detto che
non aveva tempo, gli ho chiesto quando l'aveva e lui ha detto che non
avevamo niente di cui parlare. L'ho obbligato. Gli ho chiesto che
problema avesse con me, lui ha detto che non ne aveva allora ho perso
le staffe, mi prendeva in giro ed io lo detesto. Gli ho detto che non
sarei rimasto a farmi trattare così perché non lo meritavo e lui lo
sapeva bene. Non l'ho insultato, Iker, non gli ho detto niente che
potesse offenderlo anche se era tutto ciò che volevo. Me ne sono
andato e la rabbia era tale perché non mi ero sfogato con lui, che
quando il mio agente mi ha chiesto di decidere definitivamente per i
Los Angeles ho detto impulsivamente di sì ma da giugno, non da ora.
Ho vagamente pensato che nel tempo che restava forse le cose potevano
sistemarsi, che magari era quello che serviva. Poi ero così
furibondo all'idea che ero io quello che se ne doveva andare, che ho
rotto il telefono. Quando mi sono reso conto che dovevo assolutamente
chiamarti per dirtelo era tardi, non sapevo come fare e la notizia
aveva già fatto il giro del mondo. Tu lo sapevi ed eri infuriato. Ho
aspettato ti calmassi perchè non volevo gridare e poi... Tu... Tu mi
hai salvato ed io ho pensato che dovevo aggiustare. Non volevo
feriti, Iker. Anche se mi rendo conto che è assurdo. Sono... Sono
proprio uscito di testa. Per questo cerco sempre di trattenermi...
Perché so che se mi lascio andare, faccio solo danni. Odio fare
danni. Ferisco sempre qualcuno. -
David
aveva parlato molto ed aveva finalmente spiegato tutto, Iker aveva
assimilato molto bene, ma c'era sempre da dire qualcos'altro. Restava
nell'aria.
Gli
ci volle un po' per chiederglielo:
-
Perché così lontano David? Sei dall'altra parte del mondo, lo
capisci? Come farò io? -
Era
un perdono? David si stupì della domanda, non gli tolse il ghiaccio
dagli occhi ma gli spostò la testa sulle ginocchia per potersi
chinare sul suo viso, sulle sue labbra lo disse e lo fece così,
senza guardarlo negli occhi, aveva paura di non farcela, era la prima
volta che lo diceva davvero.
-
Ti amo Iker. Non permetterò mai che la distanza ci fermi. A costo di
perdere una freccia militare super veloce per poter volare
velocissimo da te. -
Iker
smise di respirare e a dargli ossigeno fu David. Tutto si fermò e
come d'incanto ogni sofferenza venne spazzata via. Ecco per cosa si
soffriva, per quella sensazione alla fine. Dopo i mali del mondo
c'era la speranza, dopo la pioggia c'era l'arcobaleno, dopo il
purgatorio il paradiso.
Iker
non avrebbe respirato, fosse stato per lui, pensava che era lì, che
era venuto lì a casa sua sovvertendo tutte le sue famose regole. Per
lui David era cambiato, aveva parlato di sentimenti, si era esposto
ed ora gli stava promettendo che non sarebbe finita. Come non
ricordare quando era iniziata? Quando gli aveva detto che non
avrebbero avuto futuro, ma che doveva solo divertirsi e basta? Come
non pensare a tutto il tempo passato a sperare in un avvicinamento, a
desiderare che venisse a casa sua, che gli dicesse che l'amava... gli
aveva detto che si era innamorato ma le parole decisive mai.
-
Ti amo anche io David. Non sono mai stato così male... - ammise
senza vergogna, gli prese il viso fra le mani, lo fece senza vedere,
lo sentiva, gli era davanti, chino sulle sue labbra ed aspettava solo
una scintilla. - giura che non mi lascerai anche se te ne vai... -
era una cosa importante ed enorme da dire, perché David non aveva
mai promesso cose simili, non aveva mai avuto legami con nessuno.
Mai. Era come buttare giù tutto il muro, tutto.
E
lo fece fino in fondo e bene.
David
gli tolse il canovaccio dagli occhi, aspettò che li aprisse e quando
si furono intrecciati notarono l'emozione in entrambi.
-
Lo giuro. - con questo venne via anche l'ultimo mattone e tutto fu
perfetto. Quella perfezione a cui David aveva sempre agognato, per
cui aveva lavorato a lungo, solo ora, quando aveva fatto tutto il
contrario di sempre, l'aveva ottenuta.
Era
la perfezione perché amava e finalmente si sentiva completo.
Da
quanto le loro labbra erano state separate? Riunirle fu un
sogno.
Chiusero gli occhi, David condusse il volto di Iker
abbandonato fra le proprie mani e se lo portò verso di sé. Schiuse
le labbra e carezzò le sue, lentamente, dolcemente.
Come gli
erano mancate...
Iker chiuse quelle di David nelle proprie ed
insieme si intrecciarono fino a che non fu il turno delle lingue,
fecero capolino dalle labbra schiuse e si incontrarono. Una volta
unite danzarono in un unione perfetta che avevano desiderato ad ogni
sguardo fugace in quel terribile periodo.
Si alzò col busto per
baciarlo con più agevolezza e David gli prese la vita e se lo
sistemò sopra le proprie gambe, i bacini a contatto trasmisero
un'immediata scarica elettrica che li sconnesse, smisero di baciarsi
per continuare a strofinarsi l'uno sull'altro.
Avanti ed
indietro, il movimento divenne sempre più fluido fino a che i
sospiri divennero gemiti.
- Facciamo l'amore. -
Mormorò ai
limiti della ragione, Iker non resisteva più, dopo aver pensato con
ferma convinzione che fosse tutto finito nel peggiore dei modi,
averlo lì con lui era un sogno fantastico e non poteva assolutamente
farselo sfuggire.
- Voglio sentirti dentro. -
David sapeva
sempre dire le cose giuste al momento giusto, ma soprattutto nel modo
giusto. Iker in un flash emozionante si ricordò di una volta che
scherzando gli aveva detto che prima o poi sarebbe stato lui l'attivo
e l'avrebbe 'ribaltato'.
Dopo un primo momento di stordimento per
l'eccessiva scarica di adrenalina all'idea di condurre lui, si alzò
in piedi e lo guardò serio, intenso. A David faceva impazzire il suo
sguardo, i suoi lineamenti spagnoli erano splendidi, così caldi...
Contrastavano con il suo essere così pulito e semplice.
Iker
sapeva bene cosa significava per David lasciarsi guidare e non essere
lui quello che aveva in mano la situazione. Pensò anche al fatto che
ora era lì a casa sua per la prima volta, che aveva rischiato di
essere visto dal momento che lo seguivano ossessivi tutti i
giornalisti ogni volta che usciva di casa. Pensò che si era esposto
anche nell'esprimere i propri sentimenti, gli aveva detto che lo
amava dopotutto. Per davvero.
Era sconvolgente l'avanzata
che aveva fatto, i cambiamenti erano molti ed importanti ed ora si
trovava commosso a pensarci. Come era possibile?
Lo amava fino a
quel punto?
In che modo gli era entrato dentro così tanto?
Gli
prese così le mani e l'alzò, David si lasciò fare, lo baciò di
nuovo ed intrecciarono le dita di entrambe le mani, poi senza
smettere di baciarsi lo condusse verso la camera.