CAPITOLO II
CHI
TI CAPISCE?
Che
Iker vi avesse pensato tutta la notte era ovvio, non tanto che la sua
conclusione poi sarebbe piaciuta a David.
Il
giorno dopo, durante gli allenamenti giornalieri, il bell’attaccante
si avvicinò subito al grazioso portiere con l'intenzione di toccarlo
e controllare il suo stato, tuttavia quest’ultimo alzò contro di
sé istintivamente il braccio, come per proteggersi da David. Iker
continuò a camminare scostandosi da lui come spaventato, ferito e
confuso, quindi poi senza dire mezza parola, con cupezza evidente,
proseguì dritto senza voltarsi indietro, guardando in basso
preoccupato e lugubre.
David
rimase sorpreso in principio, poi si era limitato a girarsi e
seguirlo con lo sguardo. Uno sguardo estremamente divertito ed
ironico, di chi era precisamente contento della reazione dell’altro.
Chiunque
li vide non capì assolutamente la scena ma si guardò bene
dall’intromettersi.
Non
avevano mai avuto problemi, quei due, anzi, sembravano andare anche
troppo d’accordo. Che avessero litigato era evidente, il motivo di
certo no.
Quando
arrivò la fine degli allenamenti, David tirò la palla ad Iker il
quale la prese al volo di riflesso ma poi, realizzando che
gliel’aveva tirata lui, la lasciò andare subito scuotendo la testa
in segno di rifiuto.
Un
‘no’ un po’ troppo isterico in effetti, di chi aveva il terrore
di stare da solo con qualcuno.
Di
nuovo David ghignò divertito, quel modo di fare nutriva il suo ego.
Significava che ci sapeva fare ed anche molto bene.
Questo
non era un mistero per lui, più che altro evidenziava quanto nemmeno
l’altro fosse immune alla sua regale persona.
Anche
se, dopotutto, nemmeno su questo aveva davvero dubbi. Quando Iker
così gli passò accanto, questa volta David gli bloccò la strada
circondandogli il torace col braccio. L’altro reagì come se ne
fosse scottato e si divincolò, ma questa volta l’attaccante non ci
pensò proprio a lasciarlo andare.
Incurante
dei compagni che lasciavano repentinamente il campo, un po’ curiosi
dalla scena ma consapevoli che non erano affari loro, lo trattenne
attirandolo a sé, poi gli mormorò all’orecchio:
-
Non dobbiamo parlare? - in realtà pensava di no, e che c’era da
dire?
Però
vedeva Iker davvero in difficoltà e sapeva bene che non sarebbe
andato avanti molto. Tanto tutti cedevano alla sua volontà e se così
non era, significava che quello non era più il suo posto.
Ovunque
era stato aveva fatto così. Finchè l’avevano osannato era andato
tutto bene, poi quando l’avevano un po’ bistrattato -per i suoi
gusti schizzinosi- se ne era andato.
Iker
alla fine si rassegnò e capì che comunque era vero, dovevano
parlarne, così si rilassò e disse un ‘ok’ fra i denti. Quando
furono soli si accomodarono a bordo campo, nelle panchine coperte
dal parasole, e David finse di sfoderare quasi della delicatezza e
del tatto.
Certamente
pubblicamente lui era bravo ad assumere qualunque emozione gradisse,
del resto doveva essere chi serviva a seconda del momento.
Ormai
aveva imparato bene.
Come
lo definiva Iker fra sé e sé, era un finto inglese, ma fingeva
egregiamente.
Il
portiere spagnolo sospirò non sapendo da dove cominciare, quindi
lasciò cominciare l’altro consapevole che comunque non gli sarebbe
piaciuto. Infatti non rimase deluso.
-
Cosa c’è che non va in quello che è successo ieri? - Parlava con
un fondo di malizia ed i suoi occhi, ora che li guardava per vedere
se fosse serio, possedevano di nuovo quella luce preoccupante di
ieri. Quella che l’aveva fatto impazzire.
Si
morse il labbro e cupo scosse la testa tornando a distogliere lo
sguardo, spaventato dall’idea di perdere di nuovo il controllo.
-
Tutto. - Esclamò sincero.
David
gli si avvicinò sulla panca ed Iker si allontanò, come in una scena
da film comico.
Prima
o poi sarebbe caduto, a forza di spostarsi a sinistra!
-
Tipo? - Manteneva una falsa pazienza, in realtà non gli interessava,
voleva solo farlo finire nella sua rete, spingerlo laddove voleva.
Iker lontanamente lo capiva, nonostante la sua semplicità, ma non
sapeva bene come vincere. Temeva che comunque non ci sarebbe
riuscito.
-
Te l’ho spiegato, ma poi ti sei eccitato di più… - Non sapeva
nemmeno che parole usare per non riaccendere le micce che comunque
erano già pronte.
David
ghignò sempre continuando a fissare il suo profilo delizioso,
innamorato della sua espressione preoccupata ed infastidita. Cercava
di resistergli. Invano.
-
Non ti piace fare l’amante. - Riprese allora. - Perché? - ancora
con quella finta pazienza ed indulgenza.
Iker
non sapeva quanto l’avrebbe tirata per le lunghe, ma provò a
spiegarglielo lo stesso e lo fece nel modo più esauriente possibile,
sospirando un paio di volte.
-
Perché è un accontentarsi dei resti e nessuno dovrebbe. E poi è
umiliante. E scorretto. E ingiusto. Io non sarò mister David
Beckham, ma non valgo così poco da fare da zerbino e farmi usare da
te come ti pare… solo per… perché diavolo ne so io! Chi ti
capisce? Tradire tua moglie! - Proseguendo divenne sempre più acceso
fino a dimostrarsi apertamente astioso nei suoi confronti. Come se
fosse un discorso davvero assurdo che nemmeno sarebbe dovuto essere
contemplato.
David
sorrise compiaciuto, adorava sentirlo parlare di cose che erano
semplicemente giuste. Lo sapeva che il mondo umano e normale
funzionava così ed era bello che qualcuno si sforzasse di seguirlo
ancora, ma lui non si considerava né umano né normale, a conti
fatti fingere di essere come tutti sarebbe stata la vera ipocrisia.
Lui, in ogni caso, non lo era, né normale né comune.
-
Fra me e mia moglie c’è una specie di accordo non detto. Siamo
come due single che stanno assieme. È la facciata di coppia perfetta
che fa una famiglia perfetta e vive una vita perfetta. Niente di
tutto questo è vero, a parte che i nostri figli sono sacri e che la
tata li cresce come dei perfetti inglesi. Quindi ognuno di noi due
può fare quello che vuole purché rimanga segreto e non si sappia in
giro. La facciata è quella che conta. La nostra unione era
nient’altro che una sfida al mondo: ecco qua la coppia più bella
del mondo! Qualcosa per creare quanta più invidia possibile.
Capisci? Va tutto bene finché quel che faccio senza di lei rimane
nell’ombra, diciamo. Non c’è un vero problema… il nostro
rapporto è talmente freddo che potrebbe gelare l’equatore! - Iker
ascoltava il suo discorso e mano a mano che proseguiva non poteva
evitare di fissarlo come se fosse pazzo.
Come
poteva semplicemente ammettere quelle cose come niente fosse?
Che
comunque ne avesse avuto il sospetto era vero, ma sentirlo parlare a
quel modo era davvero inaccettabile.
Solo
perché voleva andare a letto con lui diceva quelle cose? Non poteva
comunque capirlo. Era un mondo troppo diverso e lontano dal suo.
Il
giovane scosse la testa contrariato e quasi spaventato da quei
concetti che temeva lo contaminassero di una grave malattia. Ormai la
panchina per allontanarsi era finita ed era contro la parete in
plastica che si alzava coprendoli a cupola.
-
Non è qualcosa di concepibile per me. Lo vedi quanto siamo diversi?
Anni luce! Non capisco proprio come potremmo fare qualcosa insieme.
Di qualunque cosa si tratti. - Che poi il ‘cosa’ era chiaro,
ormai.
David
sorrise a quella reazione, come faceva a non capire che lui aveva
bisogno di qualcuno di umano, comune, semplice, giusto e normale
proprio perché non riusciva -e voleva- esserlo?
Ma
come farglielo capire senza risultare insopportabilmente pietoso?
Non
fece naturalmente una piega, l’inglese, e rimanendo seduto accanto
con quella sua solita eleganza che manteneva in ogni cosa che faceva,
lo guardò annullando anche la piccola distanza che rimaneva. Una
volta che i loro fianchi si toccarono scattò di nuovo la scintilla e
girandosi meglio verso di lui gli prese il mento fra due dita, lo
costrinse a guardarlo e con ammaliante serietà disse piano:
-
Ma io ho BISOGNO di qualcuno che sia così diverso da me. Perché se
mi serve un altro alieno vado da mia moglie. Ma non è lei di cui
necessito ora. - Non poteva sapere come sarebbe andata avanti, sapeva
però che riusciva a darle quello che voleva e a vivere con lei
facendo la famiglia felice solo perché si concedeva di essere chi
voleva almeno di nascosto e con chi desiderava.
Ma
dirlo e spiegarlo sarebbe stato davvero troppo per lui.
Per
questo sperò che quanto detto fosse sufficiente.
E
lo fu.
Lo
fu solo perché quel ragazzo era Iker e capì qual era la parola
chiave, ovvero ‘bisogno’. Non aveva detto ‘voglio’.
In
realtà fu il primo a capirlo proprio perché era stato il primo
anche a cercare di riuscirci, a tutti gli altri non era minimamente
interessato il motivo per cui David cercava qualcun altro. Coglievano
l‘opportunità al volo. Iker era davvero diverso.
Vide
i suoi occhi illuminarsi comprendendo quello strano discorso, quindi
cercando timidamente con le dita l’altra mano abbandonata sulle
gambe, l’allacciò, poi si tese verso di lui, quel po’ che
rimaneva fra i loro visi, e posò le labbra sulle sue. Semplici e
dolci, proprio ciò di cui il compagno aveva bisogno per tornare fra
i comuni mortali, dove per disgrazia doveva vivere.
David
non se lo sarebbe aspettato e ricevendo le sue labbra le accolse in
automatico, se le godette in un secondo momento, quando sentì lieve
la sua lingua bussare nella sua bocca per essere accolto.
Allora
si aprì meglio a lui e scivolando con la mano dal mento alla guancia
lo spinse contro la parete di plastica trasparente che circondava la
panchina, infine diede vita ad un bacio lento e sensuale che crebbe
d’intensità tanto quanto le loro lingue allacciate danzavano senza
fretta, gustandosi i loro sapori ed imprimendosi a fondo ogni
sensazione ubriacante che ricevevano.
Iker
non se lo sarebbe mai immaginato così, ma davanti ad un David
finalmente onesto e pieno d’attenzioni, attenzioni sincere, non
poté che sciogliersi definitivamente.
Con
l’altra mano carezzò timidamente la nuca dove i capelli erano
rasati corti e una volta che l’ebbe non lo lasciò più andare,
permettendo a quel bacio nato con spontaneità di prolungarsi il più
possibile.
Quando
poi si separarono per prendere fiato, appoggiarono le fronti l’una
all’altra e si guardarono con sospiri alterati ed il desiderio
facilmente acceso.
Il
primo a parlare fu però Iker che stupì David facendogli una gentile
richiesta insolita. Insolita a quel punto, considerando che la faceva
proprio a lui!
-
Però… ho bisogno di pensare… - Come a dire ‘ci sto ma non da
oggi‘. Avrebbe voluto chiedergli che diavolo avesse ancora da
pensare, ma si guardò bene dal farlo. Sapeva che era in equilibrio
precario e che solo una mossa sbagliata l’avrebbe perso e lui
sapeva perfettamente cosa fare e non fare per avere o perdere
qualcuno.
Questa
volta, su una considerazione veloce che il suo inconscio gli pose al
volo, decise per il cercare di tenerselo il più a lungo possibile.
“Ci
tieni tanto ad avere proprio lui, vero David?”
Ma
non si rispose poiché anche se la risposta era ovvia, la domanda
successiva sarebbe stata di certo più scomoda.
Una
domanda del tipo ‘finchè è tutta una questione fisica è
fantastico, ma se poi diventa qualcosa di personale, come fai?’
Una
situazione che il sex symbol più ambito al momento non aveva ancora
affrontato.
Suo
malgrado sorrise e gli sfiorò di nuovo le labbra con estrema
gentilezza. Gesto che confermava la teoria sul fatto che David era
benissimo capace di essere chi voleva al momento che occorreva. In
quanto falso inglese!
-
Va bene. A domani, piccolo. - E non erano tanto quei sei anni di
differenza quanto tutto l’universo che li differenziava, a far sì
che Iker si meritasse davvero quel tenero soprannome uscito più
spontaneamente che mai.
E
che turbò David per primo.