CAPITOLO
VII:
USA
IL CALCIO
La
mattina seguente fu il momento peggiore per entrambi, ma soprattutto
per Cristiano il quale aveva dovuto concludere da sé il lavoro che le
sue parti basse avevano prepotentemente iniziato da sole all’abbraccio
di Ricardo. Si era sentito in colpa per averlo baciato e per essersi
eccitato mentre l’amico cercava solo un conforto per il momento
terribile che stava passando.
Quello
piangeva e lui che faceva?
Se
lo baciava!
Ma
si poteva essere più bestiali?
Quando
suonò la sveglia si rese conto di non aver nemmeno chiuso occhio,
quindi sbuffando si tirò su a sedere con l’intenzione di sbrigarsi ed
uscire in fretta dalla camera.
Con
un po’ di fortuna sarebbe riuscito a vedere Ricardo smarrito il meno
possibile.
Era
deleteria per lui quella sua versione… non avrebbe mai immaginato, solo
un anno prima, che avrebbe potuto diventare così sensibile alla purezza
d’animo di qualcuno. Lui che di solito preferiva le persone più
perverse che mai!
Quando
si girò verso il letto del compagno di camera, notò che era girato
contro il muro e che non si era ancora mosso.
Probabilmente
si era addormentato piangendo o comunque mentalmente sfinito, quindi
stravolto com’era forse era il caso di lasciarlo dormire dicendo una
bugia a fin di bene, cioè che aveva un po’ di influenza.
Provò
l’irrefrenabile istinto di carezzarlo e chiedergli se stesse bene, ma
sapendo che così non era e non essendo sicuro se poi sarebbe riuscito
ad affrontare la sua fragilità -non dopo la sera precedente nella quale
vi era completamente annegato- decise di lasciar perdere e di fare il
più silenziosamente possibile.
Si
infilò nel bagno e sperò che una doccia fredda potesse essere
sufficiente per rimetterlo in sesto e calmare quelli che ormai erano
spiriti perennemente bollenti!
Quando
José vide arrivare Cristiano da solo, capì immediatamente che qualcosa,
ieri sera, doveva essere andata male e non gli ci volle molto per
immaginare cosa potesse essere, considerando lo stato in cui aveva
lasciato Ricardo.
Con
un mezzo fischio dei suoi -che comunque assordò chiunque fosse nelle
sue dirette vicinanze- lo chiamò indicandogli con sole due dita di
venire al suo tavolo.
Con
un altro sguardo penetrante indicò al suo secondo e agli altri
preparatori della squadra di alzarsi. Naturalmente non aveva l’autorità
per farlo ma lui, come diceva sempre, poteva fare qualunque cosa e il
bello era che alla fin fine era vero!
Cristiano
dunque si sedette al tavolo della colazione del mister e con aria tetra
lo guardò cercando di capire se fosse vero che la sera precedente non
avesse messo le sue zampacce addosso al proprio peluche preferito che
ronfava in camera!
José
capì subito l’origine di tale occhiataccia e non ci mise molto a
demolirlo con la sua decisamente da ‘diretta televisiva con l‘inferno‘!
Lo
batté per dieci a zero!
-
L’hai forse violentato? -
“Chissà
com’è che abbiamo avuto lo stesso pensiero l’uno verso l’altro…”
Si
chiese con un’ombra di ironia, rendendosi conto che da qualche parte
erano della stessa pasta!
-
No! Pensavo che l’avesse fatto lei! - Disse di rimando senza peli sulla
lingua… forse il punto in cui erano fatti della stessa pasta, era
proprio la lingua!
José
lo fulminò con lo sguardo più terribile dell’inizio del ritiro, non gli
sarebbe servito parlare se non avesse considerato quell’essere così
ritardato da non capire da solo le cose:
-
Per chi diavolo mi prendi? Li so frenare benissimo i miei istinti! -
Ammettendo senza problemi che comunque la voglia di farlo l’aveva avuta
eccome. - Tu forse… mi sa che non li sai frenare… -
Cristiano
a quello ebbe conferma che anche se non gli aveva detto nulla, già
sapeva tutto lo stesso, quindi sapendo che non c’era speranza di
nascondergli qualcosa si decise a dirgli tutto con aria scontenta e
colpevole.
Amareggiato,
quasi.
-
E’ venuto e mi ha pianto addosso dicendo che il suo matrimonio era in
crisi… -
-
Immaginavo… - Disse allora José calmandosi a sua volta, lasciando
venire a sé un’aria seria che lo rendeva più affascinante che mai.
-
Ma si rende conto? - Prima ancora che lo dicesse, il mister già sapeva
a cosa si riferiva e con aria pensierosa e quasi grave, disse:
-
Già… -
-
Piangeva perché il suo matrimonio stava finendo! -
-
Infatti… - Non serviva dicesse null’altro. Lo stesso tono stupito e
colpito dell’altro che però era anche sconvolto.
-
Ma chi lo fa, ormai? -
-
Non ne fanno più col suo stampo… - Concluse infine José guardando
lontano, come anche Cristiano, figurandosi il ragazzo di cui stavano
parlando e che più o meno evidentemente stavano ammirando.
Sarebbe
stata una scena comica se la crisi di Ricardo non fosse stata così
incombente su di loro.
-
L’hai baciato. - Saltò su d’un tratto severo sapendo che era così e il
giovane manco si affannò a negare, tanto ormai aveva capito che tipo
era!
Mostrandosi
colpevole ma senza malizia, sussurrò:
- E
chi non l’avrebbe fatto al mio posto? Si spalmava ingenuamente su di me
mostrandomi tutta la sua immensa fragilità… era un invito… dannazione,
ero in boxer! -
-
Se fosse stato uno qualunque si sarebbe potuto pensare che ti stesse
seducendo, no? - Improvvisamente erano diventati addirittura quasi
complici, cosa che non lo era stato quasi con nessuno in vita sua.
Ma
si capivano al volo, avevano gli stessi pensieri su quel ragazzo e
soprattutto gli stessi istinti.
Solo
che uno, per fortuna, sapeva anche trattenerli meglio dell’altro. Se
non lo faceva era perché non voleva, semplicemente.
-
Ma lui non lo stava facendo! Però la mia bocca ha agito da sola… -
Confidarsi con l’allenatore era una cosa strana, per lui, non l’aveva
mai fatto con gli altri che aveva avuto prima anche se aveva più o meno
instaurato dei buoni rapporti. È che si sentiva profondamente capito da
lui, come se le mille cose discutibili che facevano di continuo, li
avvicinassero incredibilmente. Non ci pensava, semplicemente parlava
senza riflettere, come suo solito.
-
Sta dormendo? Avrà pianto tutta la notte… - Anche José, se era per
quello, non aveva mai avuto a che fare con uno simile a Ricardo e
sebbene da un lato lo spaesava e lo stupiva un po’, dall’altro lo
stimolava e gli piaceva.
Gli
tirava fuori un lato di sé che non aveva mai immaginato di possedere.
Cristiano
annuì vago, quindi José aggiunse deciso:
-
Ci parlerò io, bisogna rimetterlo in sesto, quel ragazzo… e ricorda che
fiducia non è sinonimo di sesso! - Concluse allora alludendo con
malizia al proprio discorso sul brasiliano, pubblicato sul giornale di
qualche giorno fa.
L’ala
del Real Madrid sghignazzò a quell’uscita, quindi apprezzando i modi
così anomali ma diretti e allusori al tempo stesso del mister, si alzò
senza dire nulla andando a fare la sua colazione.
Non
si disturbò certamente a bussare, come non si disturbò a chiamarlo per
non fargli venire un infarto.
Si
limitò a scoprirlo brutalmente e a tirare le lenzuola di sotto con
Ricardo addormentato sopra che, con un tonfo, rovinò a terra facendogli
seriemente dubitare di essere ancora al mondo.
Pronto
ad aiutarlo a capire che purtroppo lo era ancora, José gli rovesciò
anche una bottiglietta d’acqua sulla faccia, così che non avesse dubbi!
-
Oh Dio… - Esclamò allucinato Ricardo in ginocchio sul pavimento con
un’aria traumatizzata.
-
No, non proprio… quello che ci sta direttamente sotto! - A quell’uscita
il giovane mise a fuoco l’allenatore con le mani ai fianchi come se
fosse pronto ad affrontare l’esercito delle dodici scimmie!
-
Ma che succede? - Non riusciva ancora a connettersi a quel risveglio
brusco, considerando che aveva dolori non poco trascurabili al fianco
ed un bel bernoccolo in fronte…
-
E’ tardi, stanno per iniziare gli allenamenti… -
Ricardo
si arruffò i capelli ingrovigliati, quindi si girò a cercare Cristiano
ma al suo posto vide solo un letto vuoto e corrugò la fronte senza
riuscire a raccapezzarsi.
In
che punto dell’anno e del mondo erano?
-
Non ho sentito la sveglia… ma perché Cris non mi ha svegliato? - Chiese
aggrappandosi alla logica visto che i ricordi tardavano a tornargli,
merito di quella botta in piena fronte che si gonfiava a vista
d’occhio.
-
Perché è un idiota… dai, su, sbrigati che non ho tutta la mattina, ho
un programma fitto per tutti! -
Fece
allora mettendogli fretta di proposito per impedirgli di pensare e
quindi deprimersi di già.
Ricardo
credeva di essere in un universo alternativo di quella che in teoria
doveva essere la sua vita.
Già,
e com’era la sua vita originariamente?
Chi
se lo ricordava con quei martelli pneumatici che gli perforavano tutte
e tre le membrane delle meningi?
-
Ma perché è venuto lei a svegliarmi? - Avrebbe avuto più logica mandare
qualcuno…
José
si spazientì ed alzando il tono di impazienza, lo prese per un braccio
e lo tirò malamente su:
-
Muoviti, dannazione! Sistemati! Quanto ti ci vuole? Devo farlo io? Che
sei, mio figlio? -
“Se
tratta i suoi figli così, poveri loro…”
Pensò
confuso senza osare dirlo per non mancargli di rispetto.
Credendo
di essere davvero finito nell’anticamera dell’inferno e nel cercare di
capire se lui fosse il diavolo in persona o il cerbero che ci faceva la
guardia, si tolse il pigiama che indossava lì davanti a lui, ancora
senza ragionare ma sbrigandosi per non farlo arrabbiare ancora di più.
Certo
era traumatico un risveglio simile… cosa mai poteva aver fatto di male?
Stava
sempre così attento a non provocarlo in nessuna maniera…
Lo
vide incrociare le braccia al petto e battere ritmicamente il piede con
fare impaziente, un sopracciglio alzato, labbra strette ed aria
arcigna. Gli pareva quasi di vedere del fumo uscire dalla sua testa.
Quando
si mise i pantaloni della tuta e fece per andare al bagno per
sciacquarsi e pettinarsi, un’altra presa ferrea come quella di prima
che l’aveva alzato da terra, lo tirò bruscamente costringendolo a
sedersi nel letto. Bè, in realtà lo spinse praticamente giù ed in un
nano secondo si ritrovò con un ginocchio che lo schiacciava sul petto,
steso, ed un indefinito qualcosa di bagnato sugli occhi e sulla fronte.
Evitò
di respirare, lasciò che il silenzio calasse perfetto e quando gli
parve di sentire il peso sul torace alleggerirsi, senza osare muovere
un solo muscolo, chiese cauto e lento:
-
Ehm… mister? - Un mugugno secco in risposta. Quindi osò timoroso: -
Cosa sta facendo? -
-
Non si vede? - Più un ringhio che altro.
-
Effettivamente… no! - Ed era vero ma per tanta audacia pregò
mentalmente che non lo trapassasse con uno spadone nascosto chissà dove!
José
sbuffò infastidito, quindi si decise ad illuminarlo:
-
Hai gli occhi rossi e gonfi, per non parlare di quel bernoccolo da
cartone animato… cosa pensi che stia facendo, con un asciugamano
bagnato sulla tua faccia? - Ok, ora ci poteva arrivare.
-
Oh… grazie… non serviva… - Disse calmandosi, sentendo che anche i suoi
battiti andavano meno all’impazzata.
-
Sì che serviva… - E doveva essere lui perché l’altro che conosceva il
suo stato d’animo era una bestia che aveva peggiorato la situazione.
Una
bestia immatura che ragionava con gli organi genitali maschili!
Certo
che avrebbe voluto farlo anche lui, ma se avesse ceduto poi chi si
sarebbe occupato di recuperare il suo trequartista?
Il
Pallone d’Oro non poteva affondare con lui nel ruolo di Commissario
Tecnico, dannazione!
Ricardo
rimase ancora fermo ed in silenzio, respirando appena, senza curarsi
del suo stato inadatto e della situazione insolita.
Lì
ormai di insolito era tutto…
Nel
capire come mai ci fosse bisogno di tante attenzioni persino da parte
di uno come Mourinho, si ricordò che i suoi occhi erano rossi e gonfi
per il pianto della sera precedente e per la maggior parte della notte.
L’aveva fatto silenziosamente fino a che il sonno non l’aveva colto
sfinito.
Poteva
fare così male un fallimento in una delle cose nelle quali aveva
creduto di più in assoluto?
Finalmente
il ginocchio si levò dal petto ma ugualmente continuava a sentire un
peso sopra.
Sentì
il materasso abbassarsi ed una presenza ferma accanto a sé, immaginò
che il mister dovesse essersi seduto quindi cercando di fare il minimo
rumore, si preparò ad ascoltare ciò che sicuramente sarebbe uscito.
Ricordandosi della sera precedente e delle sue parole serie che
l’avevano sorpreso, aiutato ed affondato brutalmente.
Lui
ormai sapeva tutto di lui anche se non si era effettivamente confidato
a viso aperto. Forse il suo viso era aperto anche se lui cercava di non
mostrarlo così come niente fosse.
-
Non credere che per me sia facile… - Iniziò con un tono talmente serio
che lo sorprese. Non poteva vederlo in viso ma sentiva la sua forza e
la sua concentrazione. Istintivamente lo ammirava, oltre che
rispettarlo, e ci teneva a capire cosa volesse dirgli.
-
Trattare male le persone? - Gli venne quello da chiedere perché
effettivamente per ora tutto ciò che aveva fatto era mostrare tutta la
sua cattiveria.
José
sorrise divertito dalla sua spontaneità:
-
No, quello mi piace farlo… intendo che non mi piace trattare male gli
animali… -
Ricardo
increspò la fronte e per la prima volta sentì il dolore alla botta che
cresceva sopra quando si era scontrato col pavimento. Non si mosse
comunque.
-
Mi sta dando dell’animale? - Come doveva interpretarlo?
-
Sì, ma in senso positivo… cioè come i cuccioli… - Il ragazzo non disse
più nulla capendo il senso della sua uscita, arrossì sotto la pezza
bagnata che cominciava a dargli sollievo agli occhi che gli bruciavano
da tutta la notte.
Non
poteva vedere José ma gli pareva che lo stesse osservando con quel suo
sguardo penetrante e affilato. Era come se sentisse su di sé i suoi
occhi verde nocciola e così effettivamente era.
Con
aria assorta ed intensa lo stava guardando scendendo dal viso coperto,
al collo su cui la vena finalmente si stava rilassando, al petto ancora
nudo. Era giovane ed in forze, i suoi allenamenti non erano mai stati
esagerati come nel caso di Cristiano che aveva un corpo esplosivo, però
anche il suo era in ottima forma. Piacevole sia da guardare che
sicuramente da toccare.
Ma
non seguì, per il momento, quell’istinto e quella voglia di soddisfare
la curiosità.
-
Riky, tu e tutti i calciatori come te avete un ottimo vantaggio, fra i
tanti. - Incalzò allora serio e quasi delicato. - Avete un campo da
calcio. - Alzò una mano e lentamente cominciò a tracciare da una
distanza di qualche centimetro, le linee naturali del suo torace. -
Quando entrate avete l’obbligo di lasciare fuori tutti i vostri
problemi della vita privata. - Le clavicole… i pettorali… - E’ un
ottima scusa per lasciare tutte le vostre beghe fuori ed annullarle per
tutto il tempo in cui calpestate l’erba. - Si soffermò sui capezzoli
immaginando di poterli toccare e stringere fra le dita, tormentarglieli
mentre glieli faceva inturgidire. La testa piegata di lato per aiutare
la propria fantasia, ma senza alcuna malizia perversa negli occhi che
invece pensavano seriamente a cosa stava dicendo. - Usalo, questo
vantaggio. - Scese poi, sempre senza toccarlo davvero, sul suo ventre
rilassato. - Entra in campo e lascia fuori tutte le tue crisi.
Alleggerisciti. Dimenticati di tutto. Fuggi dai tuoi problemi. - Non
era da lui dire cose simili per il semplice fatto che lui odiava
fuggire dai problemi, preferiva affrontarli qualunque essi fossero,
però quello era un caso diverso. - Solo quando sei in campo. Quando ne
esci cerca di risolverli, affrontali da uomo, vivili e fai quello che
devi fare. Piangi e disperati se ti serve. - Ora stava delineando le
prime linee del suo inguine che poi venivano coperte dai pantaloni
della tuta e quel dannato elastico che avrebbe voluto abbassare per
continuare il suo percorso. - Però usa il calcio per stare bene. Fa di
esso il tuo rifugio. - Lasciò del silenzio dopo queste parole, ripensò
a qualcosa di sé e del suo passato, a tutte le cose che aveva fatto e
che nessuno aveva mai capito. Ai problemi che anche lui aveva avuto. A
quello che era quasi riuscito ad affondarlo. E poi al calcio. - Si può
vivere una vita intera, così. - Concluse infine con un sospiro
impossibile da interpretare, facendo cadere quasi stancamente la mano
sullo stomaco di Ricardo, ma con delicatezza.
Il
ragazzo sussultò a quell’insolito contatto e alla sua mano leggera e
calda. Sentì una vampata attraversarlo e sebbene provò un istintiva
voglia di togliersi la pezza e guardarlo in viso, non osò farlo.
Rimase
quindi lì com’era senza dire nulla.
Senza
fare domande, facendosi un paio di idee più o meno giuste sull’uomo
complesso e strano che aveva davanti.
Rendendosi
però fondamentalmente conto di una cosa.
“Uno che fa il suo lavoro a quel
modo ottenendo tutto quel successo, non lo fa solo per soldi, carriera
e dovere. Lo fa soprattutto per passione. Perché ci crede. Perché gli
piace, ma veramente. Perché quel lavoro l’ha salvato e continua a farlo
in un modo che nessuno potrà mai capire.” Poi trovando in
quello il suo cammino ed una sicurezza che aveva smarrito da un po’,
decise che sarebbe voluto diventare come lui.
Certo
non la parte pessima, violenta, spregiudicata, perversa e terrorizzante
di lui, bensì la parte giusta e passionale. Quella in cui credeva
fermamente in ciò che faceva senza mai smarrire la strada, non davvero.
-
Grazie… - Sussurrò allora delicatamente, quasi avesse timore di
interrompere quello strano qualcosa che si era appena creato.
José
sorrise con quel suo fare indecifrabile ma probabilmente contento che
avesse capito, sicuro di averlo aiutato. Felice di non aver perso
nessuno dei suoi nuovi calciatori che avrebbe fatto di tutto per
trasformarli in veri campioni.
Con
un altro lieve colpetto sullo stomaco, si alzò dicendo con un cambio
totale di tono:
-
Dai, sistemati e raggiungici, ti aspettiamo. -
Così
dicendo se ne andò svelto prima che Ricardo si togliesse l’asciugamano
e si tirasse su a vedere una stanza ormai vuota, rimanendo solo a
massaggiarsi pensieroso il punto in cui la sua mano l’aveva toccato in
quel modo strano, dopo che aveva avuto la sensazione che l’accarezzasse
su tutto il torace.
Ammaliato
ripensò alle sue parole che avevano avuto la capacità di ridargli una
forza perduta per strada.
Da
qualche parte doveva sforzarsi di trovare una rinascita. Ce n’era una
per tutti, lui ci credeva.