CAPITOLO
VIII:
NON
TI PIACE?
Per
tutto il giorno non si erano semplicemente parlati, Cristiano
consapevole che prima o poi avrebbe dovuto chiarire quel bacio che gli
era proprio scappato, Ricardo incapace di trovare il bandolo della
matassa sotto cui si era aggrovigliato per bene.
Cercava
un capo o una fine senza trovarlo e non sapendo come dovesse
rapportarsi col suo amico che si comportava in modo tanto strano,
evitava proprio di farlo nella speranza che prendesse lui l’iniziativa.
Avrebbe
dovuto saperlo, in realtà, che ogni preghiera prima o poi veniva
ascoltata…
Al
giovane portoghese infatti non garbava molto l’idea di non poter fare
quello che gli pareva col suo cocker grazioso.
Dopo
essersi allenati tutto il giorno separatamente ed in perfetto silenzio,
cosa che parve strana a tutti visto che i due di norma lo facevano
sempre insieme parlottando e ridendo tutto il tempo, giunse la sera che
ancora non avevano proferito parola l’uno verso l’altro.
Il
fastidio di Cristiano era ormai alle stelle e già il dover essersi
trattenuto la sera precedente e non essergli saltato addosso, era stata
per lui una fatica immane. Non poteva anche pretendere che resistesse a
quel silenzio imbarazzante.
Lui
le cose le affrontava subito ed a modo suo.
Irruente,
senza tatto, con una certa passionalità.
Allo
stesso modo affrontò quella situazione fra lui ed il suo amico.
-
Uh che caldo… - Si lamentò uscendo dal bagno della loro camera,
presentandosi tutto bagnato con un solo asciugamano alla vita; Ricardo
era mezzo steso nel letto pensieroso.
Ora
ad uno qualunque sarebbe parsa subito evidente la sua strategia, ma per
il brasiliano fu nebbia totale e mentre lo squadrava con un
sopracciglio alzato notando come sempre che aveva davvero un bel corpo,
muscoloso, abbronzato e con ogni cosa al posto giusto, rispose vago e
sorpreso di sentirgli rivolgere la parola per la prima volta, anche se
non con una domanda diretta.
-
Già… fa proprio caldo… - Ed improvvisamente lo pensava più di prima. Lo
sentiva davvero, il caldo. Quasi da avere bisogno di un’altra doccia
anche lui.
Cristiano
notò che era finalmente disposto al dialogo, quindi girovagando per la
stanza in quelle condizioni, senza la minima intenzione di asciugarsi e
vestirsi, decise che era il momento.
-
Senti, Riky… mi dispiace per ieri sera… - Comunque prima o poi
avrebbero dovuto parlarne, al di là del modo che aveva scelto per
fargli capire una certa cosa.
Ovvero
il motivo della sua dannatissima crisi matrimoniale.
Il
ragazzo adagiato nel letto si tirò meglio su con la schiena, quindi si
affrettò a dire:
-
Oh, non importa, dai… anche io non avrei dovuto… - Ma al dire che cosa
non avrebbe mai dovuto fare, si fermò perché di fatto non lo sapeva
bene.
Forse
buttarsi addosso a quel modo quando conosceva benissimo i suoi gusti
sessuali… ma si era sempre rifiutato di credere che avesse quelle mire
su di lui e che non avrebbe saputo controllarsi.
Di
fatto non sapeva ancora cosa pensare.
-
Tu non hai fatto niente… sono io che ho reagito come una bestia,
seguendo i miei istinti più bassi. Non dovevo, non eri pronto. -
Cristiano aveva però le idee chiarissime e non esitava a fare il suo
discorso che comunque non si era preparato.
Sapeva
bene dove voleva giungere e senza la minima delicatezza, si fermò
davanti al suo letto continuando a stare bagnato con un asciugamano
alla vita. I suoi occhi di brace fissavano quelli di natura più gentili
dell’altro che ancora non sapeva cosa pensare.
-
Pronto per cosa? - Osò chiedere in un flebile sussurro, temendo di non
volerlo sapere.
-
Per conoscere la tua natura. - E l’inizio del suo attacco fu
tremendamente dolce, per il portoghese. Una luce di maliziosa sicurezza
brillò nel suo viso sensuale di natura, Ricardo inghiottì sgranando gli
occhi sempre più timoroso riguardo quel discorso. Sperando che stesse
ancora scherzando come faceva per lo più.
-
La mia… natura? - Non avrebbe mai voluto chiederlo però d’altra parte…
ma insomma, cosa intendeva? Perché non era più chiaro? Cosa stava
cercando di insinuare?
E
la sua espressione in quel momento parve così timida, sorpresa e
spaurita, quasi, che Cristiano non resistette e liberò più o meno
lentamente quello che definiva la bestia.
Mise
un ginocchio sul suo letto e si aggrappò con una mano alla spalliera
dietro la schiena di Ricardo immobile che nemmeno fiatava. Un sorriso
malizioso sulle labbra ben disegnate, l’aria da predatore.
Era
quella che aveva quando andava nei suoi locali per rimorchiare?
Istintivamente
’la preda’ capì come mai la gente cedeva a lui tanto facilmente.
E
come lo pensò andò nel panico.
-
Sì… - Soffiò sul suo orecchio. Ricardo rabbrividì ma non si mosse. - la
tua VERA natura… -
Ora
era salito del tutto e l’asciugamano gli si era sciolto rivelando la
sua intimità senza vergogna. Ebbe la visione di una pantera che si
avventava sul suo bottino e questi cominciò a sentire tutto il sangue
che gli pulsava impazzito nelle vene, l’adrenalina alle stelle, il caos
che non gli faceva capire più niente.
-
Ma io non sono gay… - A quel punto era chiaro a cosa stesse alludendo e
Cristiano accentuò il suo sorriso seducente che riscaldò l’altro
all’istante facendolo diventare completamente rosso.
Il
predatore si tirò su e prese i lembi della maglietta di Ricardo, quindi
gliela sfilò poco gentilmente buttandola distrattamente a terra,
lasciando che l’asciugamano ormai scendesse fra i loro piedi.
-
Non lo sai… - Mormorò allora roco mentre lo prendeva per la vita e lo
tirava fino a stenderlo per bene sul materasso. Lo ricoprì col suo
corpo rimanendo a carponi, senza toccarlo davvero.
La
preda aveva il cuore che galoppava come un matto, la testa nel panico
più totale ed un sacco di altre accelerazioni tremende a paralizzarlo.
Come
si chiamava quella cosa che gli stava succedendo?
Eccitazione?
-
…ma lo sei… - Continuava intanto Cristiano con le labbra sul suo
orecchio. Cominciò a leccarglielo e succhiargli il lobo, le mani che si
occupavano del suo petto scoperto, soffermandosi impietoso sui
capezzoli che reagirono immediatamente a quel tocco.
Doveva
reagire e mandarlo via, Ricardo lo sapeva, ma perché il suo corpo non
ne volesse sapere di eseguire i suoi ordini preferendo lasciarsi fare
inerme, per lui era un mistero. Cercava di capire le parole che gli
sussurrava languido l’amico, ma l’idea che allungando le sue mani
poteva toccargli la schiena e scendere giù per scoprire se era davvero
sodo come aveva sempre immaginato, lo mandava ancor di più in tilt.
Voleva
ragionare, ma proprio non ci riusciva, però al tempo stesso era
spaventato da ciò che provava e da quelle ondate di brividi crudelmente
piacevoli.
-
Il tuo corpo non mente… - Fece allora scendendo la bocca sul suo collo
pulsante, succhiò avido una sua piccola parte ed in quello cominciò a
strofinarsi col bacino contro le sue cosce paralizzate e tese.
Era
questo che Cristiano faceva agli altri ragazzi che gli piacevano e che
si portava a letto?
Era
questo che provavano loro?
Ricardo
si morse il labbro sentendo le mani del compagno scendere insieme alla
sua bocca. Scendere per tirargli prepotentemente giù i pantaloni
insieme ai boxer, scoprendo una parte che al momento stava reagendo in
maniera davvero imprevedibile e sconvolgente.
Lo
sentì sorridere sulla propria pelle bollente:
-
Lo vedi? Lo senti? Sei eccitato… ti piace… -
Senza
ancora toccargli il suo inguine che invece desiderava essere trattato
in una certa maniera, se lo guardò per bene, poi alzò gli occhi
reggendosi sulle braccia, continuando a strofinare il bacino sulle
gambe.
Vide
l’espressione in sforzo totale di Ricardo, imbarazzato e confuso, lo
sentì mugolare un vago ‘no’ nella speranza di crederci davvero e questo
ebbe il potere di accenderlo ancora di più.
Amava
gli angeli alle prese con i primi istinti sessuali. Spaventati
cercavano di rifiutare quanto di più evidente e naturale c’era, senza
poi riuscirci davvero.
Tornò
sul suo membro che timido reagiva al suo respiro caldo così vicino,
quindi tirò fuori la lingua e con la punta gli fece sentire cosa
succedeva quando iniziava l’assaggio.
-
Non ti piace? - Chiese di nuovo seducente, la voce ormai roca, carica
di desiderio.
Lo
sentì rabbrividire sotto di sé e soffiare un testardo ‘no’.
Compiaciuto
da quella risposta, decise di darci dentro e farlo come si doveva,
quindi glielo prese con una mano e cominciando a muoverla aggiunse di
nuovo la sua lingua e di seguito tutte le labbra, leccandolo,
avvolgendolo e succhiandolo fino a farlo suo, a farlo reagire in una
maniera decisamente evidente.
Sull’aumentare
del ritmo e dell’intensità, Cristiano si interruppe brutalmente alzando
la testa per cercare di nuovo il suo sguardo.
La
pantera affamata incatenò il cucciolo teneramente spaventato, accaldato
che ormai sospirava teso e tremante. In risposta alzò il bacino senza
pensarci per chiedere di più e il portoghese chiese crudelmente:
-
Non ti piace? -
E
pensando fermamente di morire se la sua bocca e la sua lingua non
fossero tornate sul proprio membro eccitato fino all’inverosimile,
finalmente sospirò tremendamente erotico, carico di desiderio:
-
Sì… ti prego… -
Il
‘continua’ non riuscì proprio a dirlo, ma fu chiaro e Cristiano ebbe
pietà di lui avventandosi sul suo sesso abbandonato poco prima. Si
sistemò meglio, gli avvolse il bacino con le braccia e alzandolo se lo
portò alla bocca aiutandosi con quel contatto maggiore, completando il
suo lavoro, sfogando tutte le proprie voglie, facendo sua quella parte
così intima ed eccitata da mandarlo totalmente fuori di testa.
Quando
sentì le sue gambe avvolgerlo intorno alle spalle tendendo fino allo
spasmo ogni muscolo del corpo, non ci vide più e senza nemmeno toccarsi
direttamente con le mani, raggiunse il culmine un secondo prima del suo
compagno che, ne era certo, in quel modo lo faceva per la prima volta.
Dopo
essersi appropriato del suo sapore, aspettò un attimo che si
riprendesse, cosa che effettivamente doveva fare anche lui, quindi
sentendolo mollo fra le sue braccia, sciolse l’intreccio con le gambe
adagiandolo sul materasso, infine ripulì sia sé stesso che il lenzuolo
che aveva finito per sporcare senza volerlo.
Osservandolo
con un sorriso soddisfatto e pieno di mille altre idee, lo mise a fuoco
e capì che forse era stato troppo diretto e brutale.
Se
ne rese conto quando vide Ricardo coprirsi la faccia con gli avambracci
e trattenere il respiro.
Così
sarebbe morto… impallidendo e chiedendosi se forse non avesse
esagerato, si tirò su coprendolo con l’asciugamano di prima. Si morse
il labbro perdendo tutta l’eccitazione di poco prima, dandosi
dell’idiota e, ancora una volta, della bestia.
-
Riky… - Lo chiamò non sapendo se toccarlo oppure no.
L’altro
ancora non rispose. Ora cominciava a sentirsi davvero in colpa.
-
…dai, non fare così… - E non capiva che razza di reazione fosse, non
gli era mai capitata a lui, nemmeno la sua prima volta!
Piangeva?
Si
stava soffocando?
Pregava?
Forse
tutte e tre…
-
…ti prego… - Lo disse sinceramente preoccupato, sfiorandolo lieve con
un dito sul braccio, sperando che si sciogliesse e gli mostrasse il
viso.
Lo
sentiva rigido e non più morbido, forse non era stata la strategia
migliore.
Senza
saper più che fare visto che non sapeva come si facevano le cose dolci,
iniziò a coprirlo di piccoli baci delicati e dalle braccia scese sul
petto che ancora non si muoveva ad eccezione dei battiti impazziti.
Cominciò
profondamente a pentirsi di ciò che aveva fatto, anche se l’aveva
desiderato dal primo momento in cui avevano cominciato a parlarsi,
approdati insieme al Real Madrid solo un anno prima.
-
Scusami… - Disse allora, sentendosi idiota a dirlo visto che non era
mai uscita una cosa simile dalle sue labbra dopo aver fatto sesso orale
con qualcuno.
-
Non era questo il modo… - Non ne era del tutto convinto ma sperava che
lo fosse Ricardo. Non sapeva più che fare.
-
Ma non è una cosa brutta… - Continuò fra un bacio e l’altro senza
l’intenzione di riaccendere alcun desiderio.
-
E’ solo la tua natura… va bene anche se l’accetti… non perdi l’anima…
io sto ancora bene, sono felice, fortunato… - Cercava goffamente di
fargli capire che anche facendo quelle cose non si finiva all’inferno.
Avrebbe davvero voluto essere più esperto sull’argomento Dio e dirgli
una di quelle cose che di certo lui sperava di sentire, ma proprio non
ne aveva idea.
-
Non so cosa ne pensa Dio, ma so cosa ne penso io… va bene così… sei
quello che sei… devono volerti per quello che sei… se non è così,
nessuno ti merita. - Quello era semplicemente né più né meno quello che
si era detto a sé stesso quando si era scoperto gay e quando poi
l’aveva dichiarato senza problema.
E
senza rendersene conto, aveva preso a parlare dolcemente, proprio come
era convinto di non saper essere.
Fu
allora, sentendo quella sincera preoccupazione e delicatezza, che
Ricardo tornò a respirare e lentamente sciolse le braccia dal viso
rigato di lacrime.
Quello
per lui, probabilmente, rappresentava il rompersi definitivo di un
legame o magari di più legami.
Fra
lui e sua moglie, fra lui e tutto ciò in cui aveva creduto, fra lui e
la proprio integrità… non sapeva nemmeno cosa pensare del discorso
‘Dio’, non lì, non in quel momento di caos.
Sapeva
però che aveva bisogno di almeno uno che lo accettasse.
Ed
in quel momento di personale disperazione, vide gli occhi colmi di
sincerità e di sentimento di Cristiano e vi si aggrappò.
Senza
dire nulla, si girò e scese sistemandosi bene sopra di lui, nascondendo
ancora il viso, facendosi avvolgere dalle sue braccia protettive.
Lo
sentì respirare sollevato, il cuore tornare regolare, le mani fra i
suoi capelli arruffati che lo premevano contro il proprio petto.
Non
avrebbe detto nulla, non sapeva davvero cosa pensare, ma sarebbe stato
così fra le sue braccia, sul ragazzo che comunque, anche se
brutalmente, gli aveva aperto gli occhi.
E
sapeva benissimo che per un orgasmo simile non potevano esserci altre
spiegazioni che quelle.
Forse
era male, sbagliato, eretico, perverso e brutto… ma era ciò che era e
finalmente l’aveva capito.
Al
come affrontarlo, ci avrebbe pensato il giorno dopo.