CAPITOLO IV:
VOGLIO SOLO LUI

L’insofferenza di Cristiano da sopportabile aveva raggiunto picchi allucinanti subito dopo la partita.
A nulla era valso il dolcissimo ed entusiastico gesto che aveva seguito l‘incontro di calcio, dopo Valencia-Real Madrid, quando Ricardo era andato ad appoggiare la testa su quella di Cristiano con una gioia incontenibile.
Il portoghese aveva riso contento per la felicità del suo compagno ma poi si era rabbuiato facendo attenzione a non farsi vedere da lui ovviamente.
Appena finito era arrivata la notizia in panchina che Caroline, la moglie di Ricardo, aveva dato alla luce la secondogenita di Ricardo, Isabella.
Dopo essere riuscito faticosamente a strappare un momento di intimità con lui la sera prima, davvero strappato in effetti, ed averlo visto al cento percento giocare una splendida partita dove aveva segnato addirittura due volte facendo poi altri due assist, tutta la sua fatica per stare su di morale e non lasciarsi prendere dalla propria psicosi era andata a puttane con quella notizia e quel suo sorriso così contagioso e luminoso solo perché era diventato padre una seconda volta.
Solo.
In effetti era un gran bel motivo per essere così contenti, ma lo era senza di lui, ovvero per un motivo nel quale lui non centrava e la cosa gli stava altamente sulle palle.
Nonostante questo riuscì a trattenersi e a fargli i complimenti per la lieta notizia, quindi l’aveva visto prepararsi in fretta e furia e filare velocissimo verso l’aeroporto a prendere il primo volo per il Brasile, dove sua moglie aveva partorito la nuova piccola erede Izecson.
Appena fu lontano dalla sua portata di sguardo, Cristiano liberò la sua espressione peggiore, la più cupa di quegli ultimi giorni. Nemmeno durante le partite col Barcellona era stato così cupo, il che era tutto dire.
Scoprire quanto ancora cresceva il proprio sentimento per una persona perché era felice per un motivo che esulava da sé, era davvero traumatico per lui.
La gelosia montò insieme alla possessività ed al fastidio.
Per non parlare della rabbia.
In ogni caso, in qualunque modo l’avrebbero messa, Ricardo non sarebbe mai stato suo per primo ed anche quel periodo così splendido per via del compleanno e del regalo che gli doveva fare, era stato rovinato. Avevano vinto la Coppa del Re contro il Barcellona ed era come se avessero perso. Avevano vinto alla grande un altro incontro di Liga ed era come se fossero gli ultimi in classifica.
Capiva che era assurdo risentirsene tanto a quel modo per una cosa che aveva sempre saputo sin dall’inizio. Ricardo era sposato e non era quello il problema tanto che avesse quella enorme fede che gli impediva di lasciarsi semplicemente andare. E dopotutto l’aveva già fatto ampiamente, per essere felice e seguire i suoi sentimenti e la sua natura era arrivato a dei compromessi con la sua fede non da poco, lo sapeva. Se stavano ancora insieme e non aveva mandato tutto a puttane era solo perché comunque Riky si sforzava tantissimo per far funzionare tutto, però certe cose non le poteva proprio evitare.
Come essere felice per la nascita di una seconda figlia.
Figlia avuta con la moglie da cui ora stava andando per vivere un momento emozionante e meraviglioso, lontano da lui, escludendolo completamente e più che mai.
Ogni volta che andava da lei in quello stato d’animo, o dopo una litigata furiosa, aveva sempre paura di non vederlo più tornare nel proprio letto. Quando aveva lasciato incinta sua moglie era successo proprio perché lui gli aveva fatto una scenata di gelosia storica litigando come non mai. Ricardo quella volta aveva deciso di lasciarlo perdere e tornare sulla retta via ed era andato da Caroline dicendo che voleva riprovarci.
Quella dannata notte ci avevano riprovato anche troppo bene, tanto che poi Ricardo si era sentito un verme ed in quanto tale era tornato dall’unico che non lo faceva sentire troppo male. Perché Cris era sempre stato l’unico in grado di dargli sollievo dalla propria coscienza sporca, che in qualunque modo la mettesse rimaneva comunque tale.
Però quando poi era venuta fuori la notizia che sua moglie era di nuovo incinta Ricardo aveva vacillato diventando indeciso e un po’ più scostante, in pubblico. Prudente.
Il culmine l’aveva raggiunto con quella richiesta assurda che l’aveva quasi ucciso: limitare le manifestazioni d’affetto in pubblico. Ma come poteva chiederglielo?
Ci era rimasto malissimo ma per Riky aveva ingoiato anche quello.
Ora, però, proprio nel periodo del suo compleanno, quando ancora non era riuscito a dargli il suo grandioso regalo di cui era profondamente orgoglioso perché doveva rappresentare una sorta di soluzione ai loro problemi, sua figlia decideva di nascere e rovinargli il momento idilliaco della loro autentica riunione.
Perché non poteva sentirsi come se si fossero lasciati visto che non era così, eppure quello era il suo stato d‘animo.
Doversi limitare a quel modo lo faceva sentire come se non stessero nemmeno insieme.
Alla fine ridursi in quello stato era come distruggere la sua vera personalità, non era mai stato così dipendente da qualcuno come ora lo era con Ricardo e la cosa peggiore era che capiva, lontanamente, che non poteva pretendere di più da lui proprio perché lo conosceva meglio di chiunque altro e sapeva che più di quello non poteva dargli e che era già tanto.
Vedendolo così tremendamente cupo, José lo avvicinò e messa la mano intorno alle sue spalle strinse la presa con fermezza, quindi sorridendo indecifrabile disse:
- E’ andato dalla piccola? - Lo sapeva perfettamente che ci era andato, cosa glielo chiedeva a fare? A mettere il dito nella piaga? Era proprio stronzo quando ci si metteva.
Sebbene di norma idolatrasse il mister, lì l’avrebbe volentieri preso a calci, così come avrebbe voluto fare anche con tutti gli altri che lo guardavano chiedendosi perché fosse così schizzato dopo una partita così bella.
Grugnì un vago ‘sì’ e José allora scese con la mano a dargli il solito buffetto sul sedere che normalmente oltre a quello invitava anche ad altri trattamenti visto quanto era obiettivamente piacente.
Poi asserì con allegria marcata di proposito:
- Nessuno può competere coi figli! - dopo di che proseguì andando oltre, verso la zona della stampa che lo aspettavano per le solite dichiarazioni di rito che avrebbe dato volentieri parlando bene di Kakà e del suo essere diventato padre di nuovo.
Cristiano rimase inebetito a fissarlo, poi divenne repentinamente buio ed infine mostrò addirittura un lampo assassino nello sguardo minacciosamente affilato.
Lui ed i suoi modi da terapia d’urto!
Cosa voleva, deprimerlo in vista della prossima partita contro il Barcellona e fargli fare una pessima prestazione?
Continuò a mangiarsi chiunque gli si avvicinasse e a mantenere rigorosamente il cellulare spento per non essere rintracciabile da nessuno, quindi senza nemmeno gli amici più stretti accanto che avevano capito perfettamente l’antifona, riuscì ad arrivare a casa come tutti a sera tarda.
Sbattendo la porta di casa si aspettò di sentire la presenza silenziosa e pacifica di Ricardo, l’unico in grado di calmarlo quando il suo umore rasentava l’epoca preistorica tanto incivile che diventava, ma sospirò insofferente notando che non c’era e che non gli rimaneva che quello.
Un’enorme villa vuota, dove nemmeno suo figlio era con lui poiché nelle trasferte dormiva da sua madre.
Suo figlio.
Si soffermò a guardare una foto, il bambino dalla pelle nocciola ed il visetto paffutto sorrideva tendendo le braccia verso di lui, mettendo le manine ad artiglio per essere preso, come se cercasse di scalare l’aria per arrivare al suo papà. Sorrise raddolcito. Poteva capire perché Ricardo non avesse occhi che per la sua benamata prole, era comprensibile, però per quanto lui amasse il suo non arrivava ai suoi livelli, lo doveva ammettere e non aveva problemi a dirlo.
Appoggiò la foto sul mobile e con esso ripose anche il cellulare ed ogni altra cosa avesse messo in tasca.
Quel gesto era anche quello che Ricardo aveva fatto una volta per imitare proprio suo figlio e farsi calcolare da lui fintamente arrabbiato.
Ricordandolo prima sorrise al ricordo, poi tornò buio come la notte che ormai circondava la casa.
Cosa gli rimaneva in quei momenti? Quando era davvero solo sia fisicamente che interiormente?
Contemplò l’idea di accendere il cellulare e chiamare qualcuno che gli facesse compagnia. Magari Irina che tutti la ritenevano la sua fidanzata ed in realtà era quello che si poteva chiamare specchietto per le allodole.
La vita di coppia -finta- con lei era talmente noiosa da mandarlo in crisi esistenziale solo all’idea di vederla per farci un po’ di sesso.
Non era certo lei che voleva, così come non voleva nessun altro che non fosse Ricardo.
In quel momento ebbe la precisa e limpida misura di quanto fosse perso per il brasiliano e si sentì solo più male.
Loro erano amanti, in fin dei conti, oltre che ragazzi e compagni di squadra che forse non avrebbero giocato insieme per sempre.
Ma soprattutto Ricardo sarebbe sempre stato sposato con sua moglie, ora con due figli più che mai.
“Forse dovrei lasciar perdere. Mollare questa relazione che mi sta trasformando in un completo imbecille sempre più e cercare di tornare il bastardo che ero. Almeno ero felice. Facevo quello che mi pareva ed il mio ego mi nutriva. Che diavolo mi interessava, allora? Niente. Poi è arrivato lui e mi ha rincoglionito da cima a fondo. E senza sono davvero pietoso. Fanculo!”
Proprio quando senza nessuna soluzione reale in mano -poiché sapeva bene che non sarebbe mai riuscito a lasciarlo in ogni caso- si stava decidendo ad andare a dormire, la porta di casa suonò e soppesando l’idea di mandare a cagare chiunque fosse e di andarsene comunque a dormire, sentì la seconda suonata più insistente della prima, così si decise sbuffando.
Una volta aperto si ritrovò il viso affascinante e dalla perenne aria sadica di José e l’istinto di chiudere subito fu davvero forte, ma alla fine non dovette decidere lui visto che l’allenatore entrò da solo chiudendosi la porta dietro. Non salutò e non disse nulla, andò dritto a sedersi nel divano e comodo comodo lo guardò con un’aria ovvia da ‘bè che fai, non vieni?’.
Cristiano rimase un attimo stordito ed incredulo a guardarlo, poi sopraggiunse la nausea all’idea di dover parlare di ciò che era evidente ed ebbe l’istinto di salire in camera ed ignorarlo.
Alla fine vinse l’amore che aveva per il coach, così si decise ad obbedire e si sedette.
Non offrì nulla e saltò di pari passo i convenevoli, tanto meno José chiese di bere qualcosa.
Dopo un paio di minuti di silenzio l’uomo più grande parlò per primo accavallando le gambe ed allargando le braccia sullo schienale, uno lo pose dietro la schiena del proprietario di casa che però non toccò.
- Come pensi di essere mercoledì? - Chiese come se prevedesse tempesta per quella sera.
Come se, tanto per cambiare, avesse ragione.
Cris scrollò le spalle e fece una smorfia.
All’idea di pensarci la nausea cresceva:
- Che diavolo ne so?! - Si permetteva di parlare così solo perché era tardi, era stanco, dentro e fuori, ed erano soli. Sapeva che altrimenti non avrebbe mai potuto permettersi di parlargli in quel modo.
José allora si girò a tre quarti verso di lui e sventolando un dito davanti alla sua bella faccia cupa lasciando l’altro dietro, disse con il suo solito piglio deciso e diretto:
- Voglio la mia Ferrari in piena forma e visto che ora come ora non ne sei nemmeno l’ombra, vorrei evitare il disastro mercoledì. Il Barcellona non è il Valencia. - José soprannominava così Cristiano. La sua Ferrari.
Come sempre non aveva peli sulla lingua e si guardò bene dall’essere delicato solo perché era così giù. Era lì proprio per scuoterlo.
Cristiano scosse il capo e si strinse di nuovo nelle spalle con un che di menefreghista unito ad una depressione che avanzava come un cancro.
- Cosa faresti se ti dicessi che ora come ora mercoledì per me è lontano anni luce e che voglio solo superare questa tremenda notte di merda? -
José indurì la propria espressione e la mano che sventolava il dito si strinse sul colletto della maglietta attillata, quindi l’attirò minaccioso al proprio viso e disse basso e penetrante, nel loro dialetto:
- Ti darei una testata, perché mercoledì è dannatamente vicino ed io non ti voglio depresso perché l’amore della tua vita è diventato padre per la seconda volta! - Cris non si divincolò e rimase a fissarlo stordito ma ancora abbattuto, vedeva perfettamente il colore vede nocciola dei suoi occhi farsi più intenso, l’aria di chi era furibondo ce l’aveva tutta ma non riusciva proprio a preoccuparsene ed interessarsene. Nemmeno lo stimolava il fatto che fosse venuto ad assicurarsi sul suo umore di persona, tanto lo faceva perché gli importava solo di quella partita.
- Non è il momento, lo puoi capire? Domani tornerò la tua cazzo di Ferrari di sempre, stasera voglio solo mandare a fanculo il mondo, è un mio diritto, posso? - José si sentì come se gli avesse fatto l’insulto peggiore e girandosi ancor meglio verso di lui lo prese con entrambe le mani, quindi lo avvicinò ulteriormente fino a toccarsi coi nasi, l’aria dura e tetra, rabbioso quanto mai. Lì mormorò con una falsa calma preoccupante:
- No, perché mettendoti con lui non potevi aspettarti una storia facile e felice. Ora ti accorgi che è difficile? Io pensavo che l’ingenuo fosse lui ma tu evidentemente lo batti di gran lunga! - A quello finalmente Cris reagì e senza più ragionare scattò in avanti sfiorandolo di un soffio con le labbra, domò a stento la voglia di prenderlo per il collo come ogni tanto faceva con qualche avversario che tirava troppo la corda. Invece che subito sotto il mento, lo prese per i baveri della giacca che indossava ancora e stringendo ringhiò rabbioso e fuori di sé:
- E non me ne fotte un cazzo, perché non pensavo di finire per amarlo in questo modo, porca puttana! Sono stato ingenuo a non immaginare di finire nella merda fino a questo punto, ma ora ci sono e ho bisogno di spaccare qualcosa e non posso, allora sono incazzato e depresso. Va bene? Mercoledì lui ci sarà ed io starò bene. Ma ora che non c’è non sto bene e non puoi pretendere una cazzo di risposta positiva da me. Non c’è niente di positivo, ora! Porca puttana! -
José ebbe un guizzo di vittoria nello sguardo enigmatico che indicò che tutto era andato esattamente secondo i piani. Non si mosse, rimase a quella vicinanza equivoca dove volendo avrebbero anche potuto baciarsi.
Non era venuto lì per fare davvero il rompicoglioni, quello era stato solo un mezzo per farlo sfogare visto che sapeva che quando teneva tutto poi esplodeva e faceva cazzate.
- Sei proprio perso, eh? - A quello Cris capì perché aveva fatto lo stronzo e si accasciò improvvisamente. Come se gli avessero tagliato i fili fece cadere pesantemente la testa sulla spalla dell’uomo che ormai aveva spostato le mani sui fianchi.
Cris si sentiva vagamente un idiota ma la sensazione peggiore era ancora la mancanza che aveva di Riky.
- Ti sta sul cazzo essere secondo, vero? - Fece infatti José capendo ancora una volta prima di lui il nodo della questione. Fondamentalmente era un problema di ego e non poteva negarlo a quel punto.
Capì che aveva ragione e la risposta fu un nascondere meglio il viso contro l’incavo del suo collo, mentre gli faceva scivolare il cappotto lungo le braccia per stare più comodo.
José rimase così a tenerlo in qualcosa che non era ancora un vero abbraccio.
Sentirlo abbattuto e depresso era davvero strano, gli faceva un effetto assurdo, forse perché non poteva non rivedersi in lui, ogni tanto, viste le loro personalità spesso simili, o magari solo perché a volte lui stesso si era sentito così quando aveva dovuto sopportare delle separazioni particolarmente dure.
Vedendolo legato nei movimenti e volendo che invece lo abbracciasse come si doveva, Cris non si fece il minimo problema a togliergli del tutto il cappotto dai polsi senza staccare il capo dal suo rifugio sicuro, quindi José capì cosa voleva e lo accontentò cingendolo.
Sapeva che gli piacevano i suoi abbracci perché non aveva paura dei contatti fisici ed erano un po’ il loro pane, per questo potevano capirsi così bene, dopo tutto, senza bisogno di parlarne troppo a fondo.
Laddove erano simili si toccavano senza sforzo.
- Sono geloso, mi manca e mi mancherà ogni volta che andrà dalla sua famiglia. E non posso capire cosa prova perché anche io ho un figlio ma lo faccio crescere da mia madre perché io non ne sono capace e lo rovinerei. Però Riky mi piace proprio per questo, perché è tutto quello che io non sono. - Cominciò a parlare a ruota libera in una sorta di lamento sommesso, le labbra che si muovevano contro il suo collo stimolarono delle reazioni più o meno inaspettate in Josè che piegò la testa dall’altra parte per ricevere quanti più brividi poteva.
Forse non era stata una grande idea venire lì.
Sapeva che loro due erano particolarmente compatibili perché estremamente simili in molte cose, stare insieme da soli mentre uno dei due era tremendamente fragile e bisognoso di contatto e calore non era una grande trovata.
Forse quel discorso avrebbe potuto affrontarlo il giorno dopo ma ormai era lì… ormai la miccia era innescata, a meno che l’altro non si addormentasse di botto e non smettesse di stuzzicarlo, fra l’altro era cosciente di provocargli certe reazioni, non era un coglione in quel settore.
- Essere padre è la cosa migliore che ci possa essere, ognuno la vive diversamente ma quei bambini sono il suo trofeo più grande, per quest’anno. Guarda come l’hanno illuminato. Lascia che sia felice. - Fu contento di sé per essere riuscito a dire anche l’altra parte del discorso che si era preparato. Ora che aveva detto tutto, però, poteva anche andarsene.
No?
Peccato che le sue mani lo ancorassero lì nel divano e più precisamente a sé.
“Almeno potrei sciogliere l’abbraccio…”
Pensò senza imbarazzo ma consapevole che se non l’avesse fatto poi non sarebbe riuscito a fermarsi. Perché quel ragazzo era pregno di una carica erotica di cui era totalmente cosciente e non ci pensasse minimamente a smettere di carezzargli la nuca, anzi, scese sulla schiena dove i muscoli rilassati guizzarono al suo tocco esperto.
Esperto in quanto sembrava davvero che oltre a rilassarlo cercassero anche di stregarlo.
Ormai non si capiva nemmeno più chi dei due seducesse l’altro.
- Ed io voglio solo stare bene, stanotte. Superare queste ore di merda e rivederlo domani. Sorriderà per sua figlia ma almeno sarà davanti a me e quando mi guarderà capirà subito che mi sono sentito trascurato e cercherà di rimediare. Ora io voglio superare questa notte. Aiutami. - Concluse in una supplica che sfociò in tanti piccoli umidi baci sul collo, laddove era appoggiato. José capì che oltre ad esserlo ci stava anche facendo, nel senso che stava liberamente cercando di portarselo a letto per farsi consolare. - Perché lui è felice con la sua famiglia, con un’altra donna che gli ha dato una nuova figlia ed ora non pensa a me. E perché anche io, stanotte, voglio qualcuno per me. Solo per me. Che mi riempia il vuoto che quel deficiente ha creato e lasciato. Perché non può riempirmi e poi andarsene. E forse dopo oggi lui deciderà di rimanere con loro, visto che c’è questa nuova nascita e lui sarà così contento con sua moglie che… - Ma tutte le lamentele e le moine sarebbero continuate all’infinito se José non si fosse stufato zittendolo brusco e sbrigativo:
- Piantala con queste rotture di coglioni! Come vuoi che ti aiuti se non la pianti di lamentarti? Cosa diavolo vuoi che faccia? Non ho mica la bacchetta magica! - Sapeva perfettamente cosa voleva, era chiaro come la luce del sole visto il trattamento poco innocente che gli stava riservando al collo, ma voleva vedere quanto sarebbe andato avanti a piangersi addosso prima di sbatterselo sul divano.
Presto detto.
Cris con un lampo quasi pericoloso nello sguardo finalmente acceso per quei metodi poco umani, si alzò dal rifugio e prendendolo intraprendente per il viso lo guardò da quei pochissimi centimetri che li separavano, infine praticamente sulla sua bocca disse:
- Toglimi Riky dalla testa per questa notte. Scopami fino a farmi male. Perché lui stanotte è con un’altra donna, come quasi tutte le altre notti che vive su questo mondo di merda ed io sono solo qua come un coglione ad aspettare che ritorni dal suo idilliaco momento del cazzo. Scopami, José, ti prego. - Decisamente appagante sentirglielo chiedere così, con quella decisione ed aggressività nella voce e nell’espressione.
Un tono che lo eccitò subito, quindi senza farsi pregare oltre lo accontentò cancellando quel soffio che rimaneva fra loro.
Non gli fece dire più nulla e facendo scivolare la mano dietro al collo, l’attirò a sé impossessandosi delle sue labbra con avidità ed impeto.
Se era questo che voleva poteva darglielo, poi avrebbe convissuto lui con la sua coscienza se ne aveva una.
Non gliene importava minimamente, a quel punto voleva solo prenderselo seduta stante.
Tanto ormai stava giocando con la sua lingua, fondendo le labbra in quel modo erotico senza precedenti e le dita di Cris erano già corse sui bottoni della camicia a slacciarglieli. Raggiunse in breve il suo torace e cominciò ad esplorarlo con carezze frenetiche, con la voglia di annegare in quell’uomo che venerava e ammirava con profondo fascino.
José senza perdere tempo gli tolse la maglietta separandosi per quello dalla sua bocca per un istante, poi esitò guardandolo. Non era certo la prima volta che lo vedeva a torso nudo, ma doveva ammettere che ogni volta era una gioia per gli occhi.
Con malizia si leccò le labbra quindi si dedicò al sapore della sua pelle che sapeva di pulito per la doccia fatta poche ore prima negli spogliatoi. Seguì le linee ben evidenti dei suoi muscoli percorrendole un po’ con la lingua ed un po’ con la bocca, succhiando dove trovava particolarmente piacevole e mordicchiando laddove lo sentiva eccessivamente sensibile. Capì che Cris voleva andare subito al sodo solo quando lo sentì armeggiare già con la sua cintura, così decise che prima di accontentarlo avrebbe fatto una prova, perché non voleva doversi fermare sul più bello per stupidi rimorsi di coscienza di un ragazzo confuso e frustrato.
Non voleva che Cris si rendesse conto proprio mentre lo penetrava che lui non era Riky e che lo facesse uscire, capace anche di un gesto tanto atroce visto com‘era psicolabile ultimamente.
Così gli salì sopra e succhiando il suo labbro inferiore gli slacciò i jeans liberando la sua erezione, era caldo e sotto le sue mani decise ed esperte che cominciarono a muoversi svelte non tardò a reagire ed eccitarsi, ma sentiva che c’era qualcosa che non andava.
Era nel modo in cui Cris si stava concedendo, non focoso e passionale com’era nel suo stile ma eccessivamente passivo, dannatamente assente.
Non sapeva davvero cosa faceva e non se lo stava nemmeno godendo.
Così non era scopare con lui e nemmeno con la sua pallida imitazione, bensì solo una perdita di tempo.
Stizzito alla fine lo morse, quindi il giovane si lamentò e lo guardò infastidito, quando i loro sguardi furono incatenati, da così vicino si capirono una volta di più e José, sempre mentre continuava a massaggiargli l’inguine con intensità crescente, parlò roco e sicuro, quasi con cattiveria tipica sua:
- Vuoi la sua mano e non la mia. Che inizialmente timida si muove su di te e poi diventa intraprendente perché il tuo corpo gli fa perdere la testa. La sua bocca sulla tua che succhia la tua lingua e poi scivola sul collo… - Stessa cosa fece mentre la descriveva. - e ti morde quando anche le tue dita si infilano in lui. - lo morse e le dita di Cris in automatico si infilarono da dietro, sotto i pantaloni e gli slip stimolando febbrile l’apertura che l’uomo gli concesse inarcandosi istintivamente: - Vuoi lui che ti si strofina ingenuamente sopra impazzito dal piacere che vuole di più e non sa come chiederlo perché non osa. E tu lo capisci così lo prendi e lo torturi ancora un po’, perché ti piace trascinarla lunga. Lo alzi su di te e gli liberi il suo piacere. - Cris lo fece senza nemmeno capire cosa succedeva. Lo alzò in ginocchio su di sé in modo da poter arrivare col viso al suo inguine che scoprì con poca pazienza. Assetato dalle parole di José capaci di fargli rivivere una meravigliosa notte con l’unica persona che voleva davvero. - E lo prendi in bocca come sai farlo, facendoti sentire, quasi che lo divorassi. Lo succhi e lo fai tuo. - Naturalmente l’assecondò come ipnotizzato, con una passione crescente ed il fuoco che finalmente si accendeva. Quel qualcosa che prima non aveva sentito e non c’era proprio stata. José stesso immerse le dita fra i suoi capelli schiacciandogli la testa contro il bacino, lieto che finalmente stesse tornando sé stesso. Quel ragazzo dalla carica erotica fuori dal comune. Fra i sospiri proseguì: - Con le sue mani che cercano più contatto con te fino a graffiarti. - Scese sul collo e fece altrettanto lasciandogli dei segni tipicamente di Ricardo. Cris gemette di piacere mentre si occupava della sua erezione in un crescendo assurdo. José dava colpi col bacino come se lo stesse già possedendo e fra un lamento e l’altro sussurrava ancora: - E lo senti come gli piace, come si contorce sotto di te, come chiede di più. Lui urla e ti chiama e vuole ancora. E non ce la fa. Ti dà alla testa, infatti quando senti che siete al limite ti stacchi e fai lo stronzo, perché tu ami farlo soffrire e poi dargli il piacere più intenso della sua vita. - Di nuovo come se seguisse un copione narrato e lui fosse un attore d’improvvisazione, si separò dal suo inguine e lo fece stendere giù.
Ma fu qua che José cambiò improvvisamente registro, sapendo che così facendo si sarebbe fatto penetrare e non era proprio quello che aveva nei piani. Non con uno come lui fra le mani finalmente acceso ed uscito di senno, alla sua completa mercede.
Infatti improvviso smise di raccontare il sesso fra Cris e Riky e disse con durezza seducente:
- I vestiti. - Rimanevano in effetti ancora i pantaloni ad entrambi, anche se slacciati e mezzi abbassati, così Cris completò l’operazione ed una volta nudi finì per tornare fra le sue gambe allargandogliele, leccò di sua iniziativa tutto intorno alla sua erezione proprio per torturarlo, come piaceva a lui, scendendo ogni tanto più sotto a stimolargli la sua apertura da cui l‘altro cominciò a provare di nuovo delle intense ondate di piacere inaudito. Vedendolo proseguire di sua iniziativa a quel modo, José capì che stava tornando in sé e ghignò compiaciuto.
Cris colse vagamente la sua espressione che gli piacque, quindi aiutandosi anche con le dita continuò a stimolarlo, fu così che al momento di collaborare José capì che oltre al farlo godere, il suo ‘giocattolo erotico’ lo stava preparando proprio per la penetrazione, così come aveva sospettato prima e naturalmente si ribellò per mettere finalmente i puntini sulle i.
Con un cambio repentino di modi, infatti, si alzò interrompendo il giovane, gli prese il viso e se lo tirò su deciso facendosi ricoprire col suo corpo forte e caldo, dopo di che allacciando gli occhi liquidi e carichi di desiderio di entrambi disse sulla sua bocca, basso e deciso:
- Vuoi che ti scopi o no? - Voleva tornassero in loro e che Riky sparisse immediatamente, voleva farselo senza il fantasma di nessuno. Per accenderlo era andato più che bene, ma ora era un’altra musica.
Cris sembrò tornare bruscamente alla realtà e come se tornasse a vedere dopo un momento di cecità si guardò intorno stranito, sembrava quasi che non ricordasse cosa fosse successo prima e non capisse dove fosse il suo compagno.
Si ritrovò con José che gli mordicchiava il collo e poi giocava col suo orecchio in attesa che si decidesse. Come se fosse da lui aspettare.
Forse sapeva che il test non era ancora finito e che prima di fare veramente ciò che voleva doveva avere la certezza che non lo interrompesse, perché lui detestava essere fermato a metà. Quella certezza non ce l’aveva ancora e non gliela diede proprio.
Il giovane, infatti, rendendosi brutalmente conto che non era con il suo Riky ma con un altro, sembrò tornare in sé ed ogni dolore precedente che l’aveva fatto uscire di testa fino a chiedere quel sesso fuori da ogni logica, svanì restituendogli la sua autentica volontà.
Non era nemmeno quello, ciò che voleva.
Aveva pensato che bastasse ma non era così perché lui in realtà voleva ben altro e senza mezzi termini e il minimo timore lo espresse quasi con durezza, diretto come non mai.
- Non è questo che voglio. - Si rese conto di cosa significava essere innamorati proprio in quel momento, perché mesi prima in una situazione simile non si era fatto problemi a fare sesso con un altro, mentre ora con lui che aveva desiderato dal primo giorno in cui l’aveva visto, non ci riusciva. Ora continuava a volere sempre e solo un’altra persona.
- Voglio solo lui. - Ricardo. Che non c’era e non poteva avere, non quella notte e forse non sarebbe tornato, forse sarebbe rimasto con sua moglie a fare la famiglia felice, forse si sarebbe ricreduto su tutto e l’avrebbe definitivamente piantato, ma Cris non poteva che continuare a volere lui in ogni caso, anche a costo di stare solo.
- Non posso volere che lui. - Concluse confuso e sorpreso per ciò che aveva appena realizzato.
José seppure fosse profondamente seccato dall’interruzione, fu contento di aver testato il soggetto prima di andare fino in fondo, perché era meglio finirla lì piuttosto che dopo, quando godeva dentro di lui.
Contrariato per non aver potuto concludere riuscì a sorridere accattivante con quell’espressione di chi la sapeva lunga.
- Mi chiedevo quando l’avresti detto. - Ed era vero anche quello. Perché tirarla per le lunghe a quel modo e stuzzicarlo non era da lui, ma se l’aveva fatto un motivo c’era di certo stato ed era quello. Non voleva uno zombie pieno di rimpianti in giro per il suo campo da calcio.
Cris lo guardò spaesato e rimase inebetito a ricevere le sue labbra in un bacio leggero, come di saluto e conclusione. Non gli staccò gli occhi di dosso nemmeno dopo, quando si rivestì, rimase immobile steso a pancia in giù nel divano, incapace di capire a fondo ciò che era successo e quando aveva perso il contatto con sé stesso e come quell’uomo avesse fatto a restituirglielo.
Una volta solo concluse spiazzato e turbato, rannicchiandosi su sé stesso:
- Ha dei metodi che non stanno né in Cielo né in Terra, ma arriva sempre al risultato che vuole. Lo adoro. - Ed era proprio vero.
Anche perché, doveva ammetterlo, ora si sentiva effettivamente meglio.