CAPITOLO
V:
BUON
COMPLEANNO PICCOLO
Se
comunque avesse anche solo lontanamente immaginato la pena di Ricardo
per contattarlo, forse si sarebbe risparmiato la notte peggiore della
sua vita.
Ma
Cristiano era Cristiano. Una risaputa testa di cazzo nei momenti
peggiori della sua esistenza, in quelli migliori invece era il campione
del secolo, dipendeva da come gli girava.
Come
aveva già detto in precedenza Marcelo, in certe occasioni finiva per
diventare uno psicotico schizzato ed in quei momenti faceva più danni
di uno tsunami!
Cristiano,
infatti, non accese il cellulare nemmeno il mattino seguente e quando
si presentò agli allenamenti pomeridiani era ancora più cupo che mai,
con la sua nuvoletta nera sulla testa che spandeva lampi e saette a
destra e a manca.
Un
espressione più cupa della sua, però, fu da parte di quello più
inaspettato.
Messo
piede in campo dopo gli altri -e ricevendo per questo un raggio
assassino da parte del mister- si sentì immediatamente raggelato da
degli occhi diventati sottili come rasoi solamente una volta posati sul
suo capo.
Gli
occhi appartenevano a Ricardo e sotto di essi si presentavano due
occhiaie profondissime ed una pessima cera.
A
prima vista si capiva che oltre a non aver dormito per aver fatto tutta
una tirata dalla partita della sera prima fino ad ora, il suo umore era
anche pessimo per qualche arcano motivo.
Eppure
sarebbe dovuto essere più sorridente che mai!
“Ma
un momento, cazzo! Pensavo si fermasse là anche tutto oggi! Porca
puttana, sua moglie ha partorito ieri sera in Brasile… cos’ha, il dono
dell’ubiquità?”
Ma
si tenne per sé l’esclamazione che però fu comunque letta ed esplicata
dal coach che capì al volo la sua espressione shockata, incredula e
confusa.
-
Gli avevo dato tutto oggi per stare là, ma lui ha insistito per essere
agli allenamenti oggi pomeriggio lo stesso. Non ha dormito niente ed è
stanco morto, ma pensa che sia più importante prepararsi bene per il
Barcellona di mercoledì. - Questa la versione ufficiale. Quella
ufficiosa era: ‘Non riusciva a starti lontano. Chiediti perché, testa
di cazzo!’
Dallo
sguardo che gli lanciò non servì lo dicesse espressamente, era
chiarissimo.
Cristiano
lo guardò più confuso di prima, credendo a quel che diceva fino ad un
certo punto, poi si avvicinò al suo ragazzo che era rimasto fermo a
fissarlo peggio che mai -ed un’espressione simile sul suo viso era
davvero sconvolgente- e quasi timoroso -ebbene sì!- chiese:
-
Che diavolo ci fai qua oggi? -
Avrebbe
potuto dirgli qualunque altra cosa, no, lui scelse quella che a quanto
pareva era evidente per l’interlocutore che esclamò subito acceso come
una mitraglietta:
-
Secondo te?! Siamo nel girone dell’Inferno, come posso prendermi una
giornata di vacanza proprio ora? E chi batte il Barcellona, mercoledì?
Tu con quella faccia da funerale? Ma dico, il cellulare più costoso e
tecnologico del secolo te lo sei preso per autocelebrarti o anche
magari per usarlo? No, perché dopo che ti ho chiamato trenta volte -di
numero- ho pensato di essere io l’imbecille a credere che un
apparecchio telefonico dovesse essere usato per comunicare! Non ho
chiuso occhio e l’unica cosa che volevo era sentirti e tu avevi il tuo
super cellulare spento! Devo comunicare con te col pensiero? Sono
diventato matto! Io avevo bisogno di sentire la tua voce e tu
evidentemente te ne fregavi della lontananza proprio nel momento più
importante di questi ultimi anni. Se esistesse un modo per metterti in
tasca ti avrei portato con me, ma speravo di poter ripiegare su una
comunicazione a distanza per sentirmi un pochino più completo. Già
dovevo dividere le due gioie della mia vita attuale, almeno parlandoti
mi illudevo di sopportare la separazione! Invece no! Ed io non ho
chiuso occhio nemmeno un istante! - Alla fine il fiume di parole che
sembrava non finire più, trovò la sua conclusione negli occhi lucidi di
Cristiano che aveva ripercorso tutta la propria pena notturna e la
quasi cazzata con José, annegato nel dolore più atroce, fra paranoie e
pessimismi cosmici. Poi si era letteralmente fermato alla frase ‘le due
gioie della mia vita attuale’ e lì ci era rimasto secco.
-
Riky, così lo uccidi! Mercoledì abbiamo l’andata col Barça… - Disse
Marcelo battendo la spalla al compagno di squadra, ridendo sadico
divertito più che mai. Ricardo si rese conto proprio in quello che
forse aveva esagerato e vedendo lo stato effettivamente pietoso di
Cristiano fece subito retromarcia e mortificato più che mai l’abbracciò
di slancio cancellando tutta la sua sfuriata e le ore passate a tentare
di chiamarlo invano.
-
Scusa, sicuramente hai passato delle ore peggiori delle mie, io
dopotutto ero a festeggiare mia figlia e tu qua da solo… ma avrai
passato una serata fra amici, ti sarai distratto, vero? Altrimenti
perché avresti tenuto il cellulare spento… - Il solito emotivo…
Candidamente
ingenuo non ci sarebbe mai arrivato davvero al quadro completo della
situazione notturna di Cris che comunque ricambiò l’abbraccio tornando
faticosamente alla vita, decidendo anche di non dirgli tutto.
-
Ma no, non pensarci… spero che comunque tu sia stato bene lo stesso…
come… come sta tua figlia? - Cercò di sviare abilmente sentendosi un
completo coglione, ma non gliela fece passare liscia José che nei
paraggi aveva sentito tutto e gli era salita su un’enorme voglia di
picchiarlo.
Infatti
avvicinandosi li separò di proposito e stringendo il braccio di
Cristiano come se avesse le chele distruttrici di un granchio, disse
sbaragliando tutta la fatica pietosa dell’attaccante:
-
Ma no, che dici?! Lui male?! Per nulla… si è divertito alla grande, a
fare il depresso autodistruttivo pessimista cosmico testa di cazzo
colossale! Se lo usavi per pulire il pavimento sarebbe stata la stessa
cosa, tanto che era a terra e faceva da zerbino al mondo! Dovevi
vederlo, mancava poco che piangesse chiamando il tuo nome! Non sai il
livello pietoso che ha raggiunto! È un miracolo che sia ancora integro!
Altro che distrarsi con gli amici… questo coglione ha tenuto spento di
proposito il cellulare convinto che non l’avresti chiamato, che non lo
pensavi e che saresti rimasto là e non saresti più tornato da lui a
farti scopare! - Entrambi i ragazzi sgranarono gli occhi shockati alle
sue parole, solo che mentre uno moriva di vergogna e voleva di nuovo
prenderlo per il collo, l’altro era sconvolto e cominciava a sentirsi
più in colpa che mai.
Infatti
Riky si mise una mano sulla bocca ed impallidito cominciò la rata di
preoccupazione per la notte passata del suo compagno il quale, invece,
fumava di rabbia e di vergogna e possedeva forti e profondi istinti
omicidi davvero ma davvero pericolosi.
José
lieto di essersi vendicato per bene, batté loro la mano sulla schiena e
superandoli sbraitò:
-
LI RISOLVETE DOPO LE VOSTRE LACRIMOSE QUESTIONI AMOROSE! ORA SI
COMINCIA CON LA TORTURA! AVANTI! - Come se non fosse già abbastanza
chiaro che i due ragazzi avevano dei problemi.
Cristiano
seguì istintivamente a ruota il mister con aria decisamente minacciosa
e Ricardo captando lo stato di pericolo lo afferrò per la maglia da
dietro e lo tirò per impedirgli di fare qualche sciocchezza:
-
Dai, ne parliamo dopo, lascia stare! Mi devi dare ancora il regalo, no?
Mica me lo dimentico… - A quello si appoggiò col mento sulla sua spalla
e gli carezzò discreto il fianco con quella sua leggerezza che faceva
impazzire il compagno che infatti sospirando si smontò immediatamente.
Era
bastata una sua frase ed un suo tocco ed ecco che il leone tornava un
agnellino.
Cosa
impossibile da credere ma evidentemente reale.
“Io
lo ammazzo la prossima volta!”
Fu
il pensiero conclusivo di un José nero per essere stato sedotto e poi
abbandonato. Certamente l’aveva permesso lui in primis perché se avesse
voluto si sarebbe fatto Cris lo stesso, ma non era uno che scendeva a
compromessi. Sentirsi chiamare ‘Riky’ non sarebbe stato il suo sogno
segreto. Né ora né mai.
Lui
era troppo contento di essere il famoso Special One. Mister José
Mourinho.
Le
ore d’allenamento pomeridiane sembrarono infinite, quella volta.
Domarono
a stento l’istinto di chiarirsi subito, ma sapevano che non era il
momento visto che anche se erano negli spogliatoi c’erano troppe
orecchie impiccione che non aspettavano altro che il loro discorso
rappacificatore. Non che avessero litigato davvero…
Ad
ogni modo resistettero -a fatica- e quando furono fuori dallo
stabilimento, Cris con un gesto del capo gli indicò di seguirlo con la
macchina che l’avrebbe portato dal suo regalo.
Quando
disse così, Riky cominciò a preoccuparsi ricordandosi, fra le mille
altre cose che gli avevano occupato la mente in quei giorni, che lui
era Cristiano Ronaldo e che oltre ad essere un fuoriclasse, era anche
un fuori di testa.
“Sicuramente
ha pensato a qualcosa che quando lo vedo si possa dire: ‘solo tu potevi
farmi una cosa simile!’. Si sarà scervellato affinché fosse come lui:
un regalo maniaco ma al tempo stesso simpatico e megalomane. Per non
dimenticare il significato e l’utilità. Chissà cosa mi ha fatto, temo
di non sopravvivere!”
Per
un momento si dimenticò di ciò che aveva brutalmente appreso dal mister
sulla notte passata del suo ragazzo, quindi si fece addirittura
prendere dalla stanchezza. Allenamenti, partita, volo
intercontinentale, notte in bianco a guardare sua figlia e chiamare il
suo compagno senza risultati, pensieri ingestibili preoccupati, poi di
nuovo volo intercontinentale ed altra sessione di allenamenti. Ed ora
dov’è che stava andando?
Perché
non a dormire?
Fortunatamente
sua moglie coi figli stavano ancora in ospedale in Brasile e sarebbero
tornati alla fine della settimana. Aveva una settimana da passare
unicamente con Cristiano, questo avrebbe giovato ampiamente agli umori
di entrambi.
Fra
uno sbadiglio e l’altro parcheggiò dietro il compagno, era una zona un
po’ fuori Madrid e piuttosto tranquilla ma piena di palazzi di lusso.
Fuori mano per chiunque li conoscesse.
Questo
cominciò ad insospettire Ricardo che cercò di riconnettere i stanchi
neuroni scendendo dall’auto. Non era facile entrare nella testolina
megalomane di Cris e sebbene lui fosse quello che normalmente ci
riusciva meglio degli altri, ora era troppo stanco per arrivarci.
Cristiano
sorrideva radioso e quando capì che la nube era andata via e che era
addirittura contento di stargli dando il suo regalo di compleanno, si
rilassò. Qualunque cosa fosse, anche la più pazza ed imbarazzante,
sarebbe andata bene, se lo faceva stare così.
Dopo
la cupezza di qualche ora prima -e di sicuro della notte- quello era un
miracolo.
-
Vieni. - Disse senza toccarlo, ricordandosi che anche se il posto era
deserto e tranquillo erano comunque all’esterno.
Il
brasiliano lo seguì dentro ad uno di quei palazzi di lusso, non aveva
la minima idea di dove stessero andando e tanto meno che Cristiano
possedesse qualcosa in quella zona.
Quando
tirò fuori le chiavi di un appartamento ed aprì, Riky con un tono
chiaramente stanco di chi si sforzava di stare sveglio, chiese:
-
Ma Cris, non sapevo avessi casa qua! - Che non ci arrivasse ancora era
la reazione più bella che il portoghese avrebbe voluto. Prima di farlo
entrare l’affiancò e circondandogli il collo col braccio disse ridendo
sensualmente:
-
Infatti non è mia. - Riky alzò un sopracciglio, proprio non capiva e le
risa di Cris aumentarono, così senza dire altro lo spinse dentro e gli
consegnò il mazzo. Dopo di che andando in mezzo alla stanza principale,
eccessivamente grande anche per un semplice appartamento, allargò le
braccia e disse sprizzando gioia da tutti i pori, proprio come un
bambino al settimo cielo:
-
Buon compleanno, piccolo! Questo è tutto tuo! - Ricardo rimase di sasso
e si dimenticò di respirare. Con espressione assolutamente naturale, a
bocca aperta ed occhi sgranati, mosse qualche passo inebetito, quindi
si guardò intorno senza la capacità di emettere il minimo suono,
totalmente scollegato con la realtà.
Non
era la grandezza spropositata di quel posto e nemmeno il fatto che non
fosse troppo lussuoso come erano invece i gusti di Cristiano, quanto
che le pareti erano piene di foto.
Foto
di loro due insieme, foto solo di Cristiano oppure solo di Ricardo.
Foto
di ogni grandezza e tipo.
Da
loro in squadra a fuori a quando posavano come modelli a quelle rubate.
Foto
dei fan colte in rete, foto spesso effettivamente equivoche, foto
davvero ad alto contenuto erotico -quelle di Cris di quando posava per
qualche fotografo che sapeva evidenziare grandemente il suo bellissimo
corpo- ed anche foto molto simpatiche che rievocavano dei
ricordi alcuni dolci, altri comici, altri particolarmente intensi.
-
Ma… ma… Cris… - Tentò di dire qualcosa ma ancora non ci riusciva, poi
si soffermò su quelle di loro due insieme. Quando gli aveva messo la
cuffia in testa, quando l’aveva incoraggiato in partita, quando gli
carezzava i capelli, quando lo abbracciava, quando si allenavano
insieme ridendo, quando esultavano abbracciandosi ed addirittura
baciandosi sulla testa.
Foto
alcune effettivamente esplicite sul loro rapporto, altre che comunque
andavano interpretate. Se non altro su cui non si poteva negare quanto
fossero legati.
-
Tu… volevi ricordarmi perché in pubblico non possiamo lasciarci andare…
così? - Chiese senza ragionare. Solo in un secondo momento temette che
il suo compagno si offendesse visto l’argomento delicato, ma lo
sorprese con una risata quindi gli passò un braccio intorno alle spalle
per ammirare insieme il capolavoro di regalo che gli stava dando:
-
No, è per darti un rifugio per quando vogliamo di nuovo questi momenti
intimi fra noi e non possiamo. - A questo Ricardo vennero le lacrime
agli occhi ripensando alle litigate che avevano fatto per quel motivo,
perché Cris in pubblico era troppo espansivo e lui invece aveva paura
di destare sospetti. Ripensò anche alla notte appena passata separati a
pensarsi e penare credendo di aver rotto qualcosa di importante.
Ripensò alle volte in cui aveva avuto il terrore anche solo di andare a
casa sua convinto che comunque sua moglie, nella villa accanto, lo
vedesse, consapevole che se gli avesse chiesto qualcosa non avrebbe mai
saputo mentire.
Si
ricordò dello stato di pericolo che sentiva ogni volta che stavano
insieme a casa sua e poi quando si separavano, convinto che Cris non
avrebbe resistito così a lungo.
Si
ricordò della paura di quando era volato da Isabella, quella notte,
temendo che poi non l’avrebbe più voluto sentire. E della conferma che
aveva pensato di avere nel trovare il telefono spento.
Poi
guardò quell’appartamento che parlava di loro, della loro storia e del
legame innegabile che avevano.
Le
foto di uno e dell’altro.
Gli
ingrandimenti di quelle insieme, quelle più belle.
E
le lacrime uscirono silenziose. Non avrebbe voluto piangere, era
qualcosa di troppo bello per sprecarlo fra le lacrime, ma poi non ce
l’aveva fatta.
Con
voce rotta cercò di dire qualcosa che lo distraesse, ma non servì…
-
Ma ci avrai messo una vita a raccogliere tutte queste foto dalla rete e
a farle stampare ed appendere… ti avranno aiutato… - Cris sorrise
beandosi della sensazione più bella di quelle ultime settimane, persino
più bella di quando aveva vinto la Coppa del Re.
-
No, ho fatto tutto da solo perché altrimenti sarebbe stato come mettere
i manifesti. In questa città nessuno sa stare zitto, avrebbero saputo
nel giro di subito che cosa stavo preparando per te. -
-
Oddio, sarai stato tantissimo… - Dopo di quello non riuscì più nemmeno
a parlare, infatti si nascose la bocca con la mano, come aveva fatto
prima in campo, e lasciò le lacrime di commozione uscire.
Cristiano,
lieto che non parlasse più, se lo prese e lo strinse a sé
nascondendogli il viso contro il proprio collo, piegò il capo per
tenerselo ancorato il più possibile e lo sentì aggrapparsi alla schiena
come se stesse affogando e lui fosse il suo salvagente.
Gli
carezzò con dolcezza la nuca, i capelli tagliati da poco, e cominciò a
parlare con una calma e pacatezza che non aveva mai usato. Lo fece alla
luce della notte appena passata e di tutto quello che era successo.
Consapevole che era ora:
-
Ho pensato tantissimo, soprattutto stanotte. A noi. Che senso ha
continuare questa relazione clandestina in questo modo? Perché tu sarai
sempre di un’altra ed io lo so, non voglio che vai contro la tua fede
così tanto, voglio che stai con la tua famiglia perché quando sei coi
tuoi figli sei la luce. E quindi io che ci sto a fare? A cosa servo?
Che posto ho, io? La notte andrai sempre da tua moglie e quando lo fai
e vivi dei momenti felici con loro dove io non c’entro, sono
gelosissimo e sto male. Mi sono fidanzato per fare come te e riempire
quel vuoto che lasci, ma la verità è che non me ne frega niente di lei.
È sempre e solo te che voglio. Stanotte sono stato così male che ad un
certo punto sono impazzito e credendo di averti con me stavo per fare
sesso con un altro. Ma quando ho capito che non eri tu ho detto che
volevo solo te. E sono stato solo per il resto della notte a pensarti.
Così ora che so quanto è importante anche per te vivere questa cosa con
me, so che questo regalo va bene per noi. Perché abbiamo bisogno di un
mondo che sia solo nostro, dove nessuno ci rompa i coglioni. Dove
possiamo fare quel cazzo che vogliamo senza la minima preoccupazione
che qualche rompipalle ci capiti in casa. Dove possiamo essere noi
stessi punto e basta. Dove nessuno entri mai. Dove solo noi due
sappiamo di noi e quando non potremo stare insieme, essere qua sarà un
po’ come avere l’altro. Perché non potremo stare insieme sempre, ma
almeno così sarà tutto più sopportabile. - Così riuscì a rendere il suo
regalo anche estremamente romantico, pur nei suoi piani iniziali fosse
invece molto più semplice. Voleva solo un posto dove poter fare
liberamente le sue porcate col suo amore. Tutto lì. Poi le foto erano
stato un tocco di megalomania, ma ora come ora, dopo la nottataccia
passata, aveva capito perché l’aveva veramente fatto e dal pianto
convulso che Ricardo stava avendo, non poté che complimentarsi con sé
stesso.
-
Ti amo. - Alla fine rimaneva solo quello e nel momento in cui lo disse
tutto andò definitivamente a posto. Però fu coi suoi occhi colmi di
lacrime che vide il cielo rischiararsi del tutto e sembrò tornare a
respirare dopo giorni di apnea, lo baciò come avesse la cosa più
delicata e leggera del mondo fra le mani.
Ricardo
si sentì così, sulle sue labbra, fra le sue braccia. Sentì quanto
contasse per lui e quanto lo considerasse prezioso e capì che senza non
sarebbe andato lontano.
In
quell’appartamento aveva trovato tutte le risposte ai suoi dubbi,
identici a quelli di Cristiano.
Nel
baciarlo e sentire il proprio stesso sapore salato mescolarsi nelle
loro bocche unite, cominciò lentamente a sentirsi meglio ed il pianto
si placò pian piano. Con le sue mani che gli stringevano il viso come
per non farlo scappare, coi pollici che gli asciugavano le lacrime ed
il corpo forte e caldo a sostenerlo.
La
gioia per sua figlia era stata meravigliosa ed impareggiabile, ma
quella era diversa e altrettanto importante.
Avere
la persona che amava e che lo ricambiava.
Avere
un ritorno.
Tutto
ciò di cui ora come ora aveva bisogno.
Un
rifugio dove poter essere sé stesso e viversi per ciò che era, senza
nascondersi e vergognarsene.
Perché
lì anche il suo compagno era uguale e c’era per sostenerlo e dargli ciò
di cui aveva bisogno.
Quando
si separarono, Ricardo aveva smesso di piangere e si sentiva meglio, di
una leggerezza inaudita. Quindi con un sorriso carico di emozione,
disse senza paura di essere respinto:
-
Ti amo anche io. E questo è il regalo più bello che abbia mai ricevuto.
Così… così pieno di te. Te in tutti i modi. - In quello appoggiò il
mento sulla sua spalla guardando oltre, sul muro dietro di loro, mentre
Cris faceva altrettanto continuando a stringerselo per impedirgli di
scappare. - esagerato, in quanto un appartamento intero tutto per me è
proprio esagerato. Megalomane perché ci sono un sacco di foto tue.
Maniaco perché alcune tue sono davvero da porno star. Folle, perché è
un appartamento interamente tappezzato di foto che hai scaricato,
stampato, ingrandito ed attaccato da solo. Utile perché così sappiamo
dove andare. Romantico perché ha un significato bellissimo, così come
la storia che c’è dietro questa scelta. Ed è un posto che parla di
continuo. Di noi, della nostra storia, del nostro legame ma anche di te
e di come sei fatto. Perché uno entrando e sapendo che tutto ciò è un
regalo per me, non può che dire ‘solo tu potevi fare una cosa del
genere!’. Grazie, tesoro. È bellissimo! - E quel ‘tesoro’ fu il
ringraziamento più bello -nonché assurdamente appropriato- dopo le
lacrime appena versate.
Quel
‘tesoro’ che non si sarebbe sentito dire spesso perché Riky sapeva
quanto fastidio gli dessero certi modi di chiamarsi, Cris non se lo
sarebbe mai dimenticato.
Così
come Riky, ogni volta che l’altro lo chiamava ‘piccolo’ finiva per
lievitare per tutta la giornata.
-
Sono contento. - Rispose Cris non specificando altro, con gli occhi che
brillavano colmi di gioia autentica.
Era
contento di essere lì, che il regalo gli piacesse, che ci avesse
pensato, che l’avesse fatto, che se lo stessero godendo insieme, che
fosse felice per una cosa che gli aveva fatto lui, che tutto fosse
tornato a posto e che le cose, dopotutto, andassero comunque bene.
Coi
soliti alti e bassi ma sempre bene, tutto sommato.
-
Sei proprio matto. - Concluse poi ripensando a tutto il lavoro che
aveva dovuto farsi pur di regalargli qualcosa di esclusivo e ‘suo’. A
quella uscita spontanea aggiunse una risata allegra che fu quanto mai
liberatoria per entrambi e pensando alla storia completa, anche
Cristiano finì per ridere contagiato.
-
In effetti… ma mi sono sforzato tanto per esserlo… - Rispose fra le
risa incontenibili, mentre si stringeva il compagno più che mai,
entrambi scossi da quel momento di forte ilarità.
-
Ribadisco. Sei proprio matto! -
“Sì,
di te! Cazzo, è tutta colpa tua!”
Pensò
infine il portoghese guardandosi bene dal dirglielo… quello sarebbe
stato troppo. Un appartamento pieno di foto loro poteva essere più che
sufficiente per dimostrarlo.
FINE