NOTE: ecco un altro seguito. Questa volta seguiamo Roger dopo il fattaccio, come la sta elaborando tutto solo in questi giorni di vacanze? Roger ci ha fatto sapere che ha passato molto tempo da solo in questo periodo, gli piace fare escursioni in montagna. Quanto avrà pensato? Vorrei specificare che i fatti raccontati e romanzati sono veri di base. La finale del 2009 in Australia, è stata fra Roger e Rafa, oltre 4 ore. Ad un certo punto Roger ha avuto un crollo psicologico, nel senso che si è inspiegabilmente bloccato senza aver problemi fisici. Qua Rafa ha approfittato ed ha vinto. Precedentemente, Rafa l'aveva già superato, per cui quella finale lì era essenziale per Roger per riprendersi il primato. Ma avendo perso, si è confermato secondo. Roger era distrutto, durante la premiazione si è interrotto nel discorso due volte, piangeva copiosamente. Rafael prendendo il premio era quasi dispiaciuto. La prima cosa che ha fatto è stato abbracciarlo forte e appoggiare la testa contro la sua in quel modo dolcissimo che si vede in foto, è stato un bel po', non è stato un momento veloce, gli ha detto alcune frasi che sanno solo loro, probabilmente è all'incirca quello che poi ho scritto io. E Roger è tornato a sorridere.
Dopo di quello, Roger è riuscito a superare di nuovo Rafa e a tornare in testa per un altro periodo. Poi però Rafa tornerà comunque primo e Roger lentamente scenderà fino alle terze/quarte posizioni... per l'entrata in scena di un certo Novak Djokovic.
Lunga spiegazione per dire che quel che ho raccontato nella fic, è storia e non invenzione.
Rafael ha affibbiato a Roger un soprannome, Rogelio, che immagino sia la versione spagnola di Roger. In un incontro di beneficenza che facevano insieme, credo. Però secondo me, in intimità ne usa un altro...
La fic presente è necessaria per approfondire i sentimenti di Roger verso Rafael e per spiegare ulteriormente meglio il loro rapporto.
Seguiranno altre fic ovviamente perchè è tutto in sospeso.
Buona lettura.
Baci Akane


CHALLENGE

Challenge - Nel tennis, richiesta da parte di un giocatore della verifica del punto di impatto della palla con il terreno.




"Abbiamo condiviso tante partite, tanti momenti importanti. Abbiamo vissuto tante cose insieme ed è così che si finisce per amare il tuo più grande rivale"
Rafael su Roger

Roger baciò sua moglie, un gesto che faceva mille volte in una giornata, un gesto che gli era sempre venuto spontaneo.
Anche ora era così, ma solo dal di fuori.
Era diverso adesso.
Sentiva una tensione personale dentro quando si avvicinava a lei, quando la guardava, quando le parlava, quando passava del tempo con lei.
Cominciava ad essere agitato anche coi figli, però alla lunga gli davano un po' di tranquillità. Quando la propria isteria interiore saliva e si sentiva sul punto di esplodere, giocava con le gemelle o si coccolava i gemelli.
Roger non poteva certo ignorare quello che era successo con Rafael.
Le vacanze lo avevano portato a staccare la spina da tutto il mondo del tennis, era in giro con la famiglia e la parola d'ordine era svago e divertimento, ma non era raro vederlo isolato a riflettere.
La moglie si dava facili risposte, dopo la sconfitta a Wimbledon doveva ancora riprendersi e di sicuro stava pensando a quando dare un freno alla propria carriera.
A Roger venivano quei pensieri ad ogni anno altalenante.
Non poteva immaginare che invece i suoi pensieri erano incentrati su tutt'altro genere di cose.
Aveva trascorso gli anni, e doveva proprio sottolineare ANNI, ad ignorare quello che provava per Rafael. Aveva nascosto bene la testa sotto la sabbia, egregiamente.
Ora doveva affrontare la verità ignorata troppo a lungo.
Ma quanto complicato poteva essere l'idea di essere attratto da un altro ragazzo?
L'idea che un altro del tuo stesso sesso ti piacesse...
Roger non aveva mai voluto vedere di proposito ed anche quando Rafael si era dichiarato nell'onda dell'entusiasmo, lui l'aveva rifiutato con fermezza. L'aveva sempre guardato come un ragazzino, avevano cinque anni di differenza, erano sufficienti per frenare qualcuno.
Eppure ora la verità gli si era prepotentemente parata davanti.
Del resto non è più un ragazzino, ormai. Non lo vedo come tale da quando ha cominciato a scalzarmi dal primo posto con continuità.”
Era impossibile per lui non ripercorrere a ritroso la sua relazione con Rafael, quando erano cominciate le cose, quando si era instaurato qualcosa, quando aveva evitato di vedere una realtà scomoda?
Quando in effetti Rafael l'aveva davvero conquistato?
Roger passava sempre più le notti da solo a pensarci.
Al posto di dormire, gli occhi sbarrati verso il soffitto, il buio tutt'intorno, sua moglie stesa accanto.
Non è stato dal primo momento che l'ho visto. All'inizio sono riuscito a detestarlo, penso sia inevitabile. Sconosciuto, sfrontato ragazzino. Chi era? Nessuno! Eppure è arrivato e mi ha battuto! Capisco la sua reazione contro quello che l'ha battuto ora. Però ha ragione nel dire che lui l'ha resa meno pesante. Una sorpresa sconvolgente ma meno pesante, perchè mi adorava, mi idolatrava. Alla fine mi ha anche chiesto l'autografo, di nascosto. Non l'ha mai saputo nessuno. Questo mi ha fatto sorridere e mi ha sciolto. Lì l'ho visto come un ragazzino, quello che poi era. Non l'ho più odiato. Però non l'ho ritenuto un caso isolato, ho capito che era qualcuno, che lo sarebbe stato. Solo che non pensavo a quei livelli. Per cui sì, poi sono stato attento ed ho sistemato le cose. Però lentamente è salito sempre più, sempre più. Ha ripreso a battermi, ha ripreso a darmi molto filo da torcere. Volta dopo volta me ne rendevo conto, anche se non volevo ammetterlo. Dicevo che per la sua giovane età non potevo ritenerlo un mio diretto rivale, ma lo era. Lo sapevo. Quando me lo sono detto, quando l'ho ammesso che era il mio vero rivale, che era quello che mi avrebbe scalzato dal mio posto, quello che me l'avrebbe rubato, che sarebbe stato la mia fine... quando l'ho capito, mi sono sentito schiacciato. Ho avuto un crollo psicologico da paura, storico, leggendario. Peccato che è successo durante una partita.
Una finale.
Una finale del grande slam.
Una finale davvero importante.
E peccato che questo mi abbia portato alla sconfitta.
Come dimenticare quello che ho provato quel giorno? In effetti credo che quello... è stato quello il vero momento di svolta nel nostro rapporto, nel mio modo di vederlo, nei miei sentimenti.
Dio quanto ho pianto quel giorno...”

La mente scivolò rapida ed inevitabile a quel lontano giorno del 2009.
a Melbourne, in Australia, si giocava la finale di un torneo del Grande Slam.
I precedenti erano importanti, Rafael e Roger avevano passato gli anni a superarsi a vicenda nei tornei diretti e Roger aveva molto faticosamente tenuto il proprio primato. Faticosamente. Infatti, non ci era molto riuscito.
Rafael l'aveva scalzato dalla prima posizione l'anno precedente, in quell'occasione Roger aveva ammesso che Rafael era il suo vero rivale ed in seguito a questo Rafael gli si era dichiarato.
I due fino a quel momento erano stati amici, avevano instaurato un bel rapporto. Difficile il contrario con Roger, sorprendente con Rafael il quale invece non era famoso per la sua socievolezza. Non era maleducato, ma tendeva ad essere chiuso e concentrato sul tennis, che si concedesse aperture, risate e quant'altro era raro, così raro che era capitato solo con Roger.
Rafael gli si era dichiarato, Roger l'aveva fermamente respinto, ma con gentilezza.
Successivamente Roger aveva pensato con calma a riprendersi il suo primato, non era finito, lo sapeva. Capitavano sorpassi con i rivali, Rafael era il suo primo vero rivale, per cui faceva parte del gioco, un bel gioco.
Era combattivo, sicuro di sé, ce l'avrebbe fatta. Si sarebbe ripreso il suo primo posto.
Era essenziale conquistare principalmente i grandi slam, l'Australia era uno di questi.
Quando si erano ritrovati in finale, Roger inizialmente si era sentito contento, poi aveva vacillato vedendo quanto forte era.
Non che l'avesse sottovalutato, ma si era sopravvalutato lui.
Roger si era sentito così, giocando con lui quella lunghissima finale di oltre quattro ore.
Schiacciato.
Sopraffatto.
E, ad un certo punto, addirittura finito.
Se non avesse vinto ora, Rafael avrebbe spiccato il volo e per lui sarebbe stata la fine.
Questo divenne il suo agitatissimo pensiero fisso; era finito, finito. Non sarebbe mai tornato primo. Ormai lui ed il suo tennis erano superati.
Rafael era il futuro, lui era il passato.
Doveva capirlo ed accettarlo.
Finito, finito, finito.
Arrivò a ripeterselo ad ogni game perso, ogni punto ceduto. Con ossessione. Panico. Paura.
Il crollo fu totale, inevitabile, sconvolgente, inatteso.
Fu così che Rafael vinse la finale confermandosi primo sopra di lui.
A quel punto a Roger non rimase che guardarsi in faccia da perdente quale era e prendere atto. Ma come prendere atto di una fine che per lui era tanto dolorosa?
Non avrebbe mai immaginato di essere già a quel punto, non era pronto per accettarlo, eppure era ovvio, era proprio così. Non c'era spazio per altro.
Rafael aveva vinto di nuovo, lui aveva perso.
Stop.
Non c'era altro.
Le lacrime quindi iniziarono a scendere copiose nel vederlo prendersi il suo trofeo, quello su cui aveva disperatamente sperato con tutte le sue forze, su cui aveva riversato ogni briciolo di speranza.
Un pianto che spezzò il cuore a tutti i molti presenti che l'applaudirono emozionandolo ulteriormente. Interruppe due volte il proprio discorso, incapace di parlare.
Era una persona emotiva, incapace di trattenere sul serio quel che provava, ed ora i suoi sentimenti che erano sempre stati la sua forza, l'avevano demolito del tutto.
Non poteva nasconderlo, non ne aveva la forza.
La delusione, il dolore.
Roger, ne era certo, non era mai stato tanto male in vita sua, non se ne capacitava fino in fondo, non si vedeva con altre possibilità future. Si vedeva in declino, forse ce l'avrebbe potuta fare ancora a vincere titoli importanti, magari sarebbe tornato primo, ma la sola ed unica verità era che quel ragazzino, Rafael, era il futuro, era il futuro e basta. Non se ne usciva da lì.
Lui ormai sarebbe andato verso la fine. Magari non era quella, ma sicuramente era l'inizio. L'inizio della sua fine.
Più lo pensava, più piangeva.
Solo quando, con i rispettivi trofei in mano, fra gli applausi generali di tutti quanti e i flash dei fotografi che li vedevano affiancati, il numero uno ed il numero due del mondo, sentì poi il suo braccio cingerlo con sicurezza e forza, lui si sentì sospendere.
Sospendere dal proprio disperato dolore interiore.
Rafael, davanti a tutti, ignorando completamente i ruoli, la gente, le convenzioni e qualunque altra cosa potesse bloccare certi comportamenti, gli mise quel braccio intorno al collo con sicurezza, appoggiò la fronte alla sua tempia e premendosi con abbandono e senza la minima paura, gli sussurrò all'orecchio:
- Tornerai primo. - Roger sorrise ma di circostanza, senza convincersene. Chiaramente erano cose che si dicevano, anche se sentirle da un rivale che cercava di scalzarti era strano.
Rafael, che stava separandosi, capì che Roger non ne era convinto, per cui lo riprese, rafforzò la presa intorno al suo collo e tornò ad appoggiare il capo al suo. A quel punto lo ridisse con maggior forza ed arrivò a chiudere gli occhi.
- Ricorda, sei un grande campione, sei uno dei migliori della storia. Farai ancora meglio alla prossima. - Roger a queste parole ripetute con forte convinzione, sorrise di più, si rilassò contro di lui e lo lasciò fare. Non oppose resistenza, non cercò di togliersi, sperò che rimanesse per sempre. Si sentì meglio e poi bene e poi lentamente rinato solo col suo braccio intorno al collo e la sua fronte sulla propria tempia.
Si sentì bene solo lì.
Solo così.
Solo con lui.
Fu allora che dentro di sé qualcosa cambiò, qualcosa nel suo modo di vedere, sentire, vivere Rafael.
Tale cambiamento venne rinforzato dopo, quando in albergo per radunare le proprie cose ed andare via, Rafael fece capolino con aria abbattuta e colpevole.
Anche prima mentre prendeva il premio si era sentito come un ladro, l'idea che aveva dato la sua espressione era stata quella.
Rafael si era meritato quel trofeo, però c'era stato qualcosa di stonato in tutto quello che era successo.
Roger non si sorprese molto di vederlo, si vedevano per fare delle lunghe chiacchierate ad ogni occasione e se non ce n'erano se le creavano.
Lo fece entrare e gli sorrise, gli occhi ancora lucidi e rossi di pianto.
Il giovane era imbarazzato, non sapeva bene come porsi e cosa dire e Roger, capendolo, volle sistemare un po' le cose che per colpa sua si erano complicate.
- Devi goderti la tua vittoria, sei stato grande! - Disse subito riprendendo comunque nervoso a mettere via le cose in valigia.
Rafael non si era sentito comunque meglio, lo vedeva nervoso, tremante. Sicuramente stava ancora molto male.
- Sei stato tu. Ti è successo qualcosa mentre giocavamo. Non so cosa sia stato, ma ad un certo punto era come se non fossi più tu. Mi sono accorto mentre ti affrontavo, conosco molto bene il tuo gioco, ed è cambiato radicalmente! Si è proprio spento! - Rafael era sempre molto sincero e questo gli piaceva. Roger sospirò e rimase a capo chino verso la propria valigia aperta, le mani ferme, rigido.
Rafael si avvicinò guardando il suo profilo basso. Un profilo che non doveva essere così basso, così sconfitto, così cupo.
Non poteva permetterlo.
Gli mise una mano sulla spalla per girarlo verso di sé.
Roger si vide il suo viso davanti, quel contatto sulla spalla lo bruciò così come aveva bruciato prima.
Un benessere lo invase ancora e con stupore evidente nello sguardo, si perse in lui e nel suo viso così giovane ma al contempo maturo. I lineamenti affilati.
Bello.
Roger lo guardò e lo vide bello per la prima volta.
Lì il cambiamento nel modo di percepirlo e vederlo divenne più consistente.
- Cosa ti è successo, Rori? -
Era la prima volta che lo chiamava così, gli era uscito fuori dal suo controllo ed era un modo molto intimo e dolce, affettuoso. Roger si sentì riscaldato anche da quello, oltre che dalla sua mano, dal suo sguardo e dalla sua vicinanza. La sua sola presenza.
Lo stava vedendo come un aiuto, un'ancora, un sostegno.
Lo stava vedendo come un uomo.
Come una persona importante.
Abbassò lo sguardo incapace di sostenerlo ancora, si sentì più piccolo di lui per la prima volta, si vergognò di sé stesso ma rimase immobile, come poteva opporsi?
- Non... non lo so... mano a mano che andavamo avanti mi dicevo che era finita. Che ero finito. Che era la fine. - Lo disse in tutti i modi affinchè fosse chiaro e Rafael ebbe un moto di fastidio e ribellione, alzò le mani sul suo viso, glielo prese con decisione e si fece guardare di nuovo.
Roger trattenne il fiato, era davvero molto vicino e di nuovo quella strana volontà che non se ne andasse. Che non si staccasse.
Stare così per sempre.
Cosa significava tutto quello?
Così improvvisamente.
- Ascoltami bene. Non sei finito, hai capito? Non era la fine e non lo sarà per molto ancora. Perchè tu sei il più grande di tutti i tempi e continuerai ad esserlo, sei il Re, sei unico. Io gioco a tennis per te. Incontrarti per me è stato un sogno che si realizzava, gareggiare con te. Se sono quel che sono, se ho possibilità di essere il prossimo te, è solo perchè sei tu il migliore, sei tu l'intramontabile. Non importa quando succederà, non è ora. E comunque, anche quando sarà... Rori, ricorda chi sei stato. Quello che sei stato non verrà cancellato da... dalla fine. Qualunque essa sia, in qualunque momento arriverà. Non importa. Non sarai mai cancellato. Ormai tu sei leggendario. Quello che hai fatto sarà sempre un capolavoro. - Parole sentite, pensate, provate davvero. Un amore, un sentimento, un'emozione.
Rafael e la sua adorazione autentica e vera sconvolsero di nuovo Roger e l'aiutarono a capirlo, a crederci, ad accettarlo.
Rafael era il nuovo futuro, lui era il passato. Ma, come stava dicendo lui, un passato glorioso che nessuno avrebbe dimenticato.
A questi pensieri Roger si arrese e si arrese abbracciando Rafael, nascondendo il viso contro il suo collo. Era lui il più grande eppure si stava nascondendo contro di lui, si faceva sostenere, coccolare.
E stava così bene in quel momento. Così bene.
Stava rinascendo. Si stava rigenerando.
Scariche elettriche l'attraversarono in quell'abbraccio ricambiato, le sue mani fra i capelli, sulla nuca. E poi le labbra che lo baciavano fugacemente sull'orecchio. Solo questo e niente altro.
Un indimenticabile istante in cui Roger era inspiegabilmente morto.
Non era successo niente, non sarebbe mai successo niente, ma tutte le volte che successivamente si sarebbero rivisti, il toccarsi, l'abbracciarsi, lo stare insieme sarebbe stato un dovere frenetico, un abbandono, una rinascita ogni volta.
Quel sostenersi a vicenda alla sconfitta di uno o dell'altro, quel superarsi, quel calare. Quel ridere insieme. Quell'adorarsi. Quel confidarsi. Quell'aiutarsi.
Per Roger, Rafael era stato davvero una salvezza. Contro chiunque altro sarebbe stato solo un trauma. Se Roger in seguito a quello riuscì a tornare primo per un altro periodo prima di scendere inevitabilmente alle altre posizioni, lo aveva dovuto solo a Rafael e a quel suo essere prima di tutto un amico, un fan e poi, solo poi, un rivale.
Il suo modo di curarlo e avere attenzione di lui, era stata la sua salvezza.
Per Roger ammetterlo non era stato un problema. Lo era stato dare un nome completo a quel che provava per lui.
Definirla amicizia era stato facile, senza dei veri contatti intimi.
Stare con lui, abbracciarlo, parlarci, ridere insieme era fattibile.
Evitare il resto, un resto che li avrebbe spinti troppo uno sull'altro, l'aveva aiutato a non guardare cosa provava sul serio, cosa stava sopprimendo con abilità.
Del resto era così che si faceva.
Lui aveva una relazione seria con una donna da molto tempo, nel tempo si era sposato con lei, aveva messo su famiglia. Che scelta c'era?
E poi Rafael era un ragazzo.
C'erano regole, valori da seguire, c'era una morale, c'era l'etica.
C'erano molte cose che avevano inciso in più modi diversi.
Per cui senza dei contatti davvero intimi ed erotici, aveva potuto tenere tutto su un piano accettabile.
Ma essere con Rafael fuori controllo, essere lui stesso senza controllo per la sconvolgente sconfitta in quel momento chiave della sua vita e della sua carriera, era stata poi la fine di Roger e delle sue intenzioni di non vedere la realtà.
E la realtà a quel punto l'aveva schiaffeggiato senza pietà.
Provava molte cose per Rafael ed in quelle c'era praticamente tutto.
Attrazione, sentimento, desiderio.
Togliere un coperchio a lungo schiacciato sopra, aveva fatto esplodere l'intera scatola. Il contenuto non si sarebbe più potuto rimettere via.
Ormai erano così le cose.
La verità è che Rafa è ormai troppo prezioso per me. Così prezioso che non potrei in ogni caso mai rinunciare a lui. Ed il sentimento che provo per lui è talmente forte e completo da sconvolgere. Una forma d'amore, dopotutto. Ormai non lo posso più ignorare. Ma è inutile, perchè sono sposato, ho famiglia, non ferirei mai nessuno di loro, li amo. Amo anche loro. Per cui le cose ormai stanno così e non cambieranno mai. Essere consapevoli di ciò che si prova, non porta necessariamente a dei cambiamenti. Non potrei mai fare una cosa simile a mia moglie. Non sono quel tipo di uomo. È successo, non ero davvero in me, dovevo capire una volta per tutte cosa provavo seriamente per Rafa. Ma è finito lì. Non andrà oltre. Anche se è così.
È proprio così.
Ne sono innamorato.”
Una conclusione che in ogni caso non l'avrebbe fatto dormire lo stesso.

FINE