CAPITOLO
XI:
FACENDO SUL
SERIO
Non ce la
potevo fare, ma nasconderglielo era peggio.
Così aspettai
che fuori i rumori si calmassero e con la testa appoggiata sul muro
che separava le nostre due camere, attesi che tutto si facesse
silenzio.
Poi uscii dalla
camera e lo raggiunsi.
Quando bussai
alla sua porta non c'era anima viva in giro e lui sapeva, oh se lo
sapeva... che quello sguardo che avevo era serio come non lo era mai
stato e c'era un motivo particolare.
Sapeva che ero
lì per mettere la parola fine a tutti i nostri mille tira e molla.
Tira e molla
che, dopotutto, andavano avanti da una vita, quasi.
E lui nel mio
sguardo capì che ero lì per quello ed invece di fare una delle sue
solite parti per difendersi da chissà cosa, mi fece entrare e rimase
serio senza dire o fare nulla.
Era quasi
impressionato e quando per caso vidi la mia immagine riflessa allo
specchio, capii perchè lo era.
Sembrava
dovessi scoppiare a piangere da un momento all'altro.
Ero lì per
essere lasciato, perchè sapevo che sarebbe successo quello.
Il male che
provavo non so descriverlo. Per me quello era l'autentico e
definitivo capolinea. Da lì si scendeva dal treno, un treno che non
sarebbe più passato. Ed avevo fatto tutto da solo. Lui era sempre
stato lì ad aspettare che io lo capissi, ma io non ero mai riuscito
a capirlo.
Adesso il mio
mondo sarebbe finito.
- Cosa succede?
- Chiese Rafa con un tono teso, non gli lasciavo molto spazio
all'immaginazione, del resto!
Mi sedetti su
una sedia evitando accuratamente il letto, lui rimase in piedi con le
mani ai fianchi e l'aria torva tipica sua, poi alzò un sopracciglio
incalzante.
Abbassai lo
sguardo, sospirai serio, poi alzai la testa e solenne lo dissi.
Solenne perchè sapevo che per lui era una cosa seria, non l'avrebbe
presa come l'avrei presa io, ridendo e scherzando.
- Mi sposo,
Rafa. Lei è incinta, è successo così dopo anni di relazione ho
deciso di sposarla, avremo un bambino, del resto... -
In teoria
stavamo insieme?
Cos'eravamo,
insomma, secondo lui, in quel momento?
Rafa si
irrigidì, aggrottò ulteriormente la fronte, lo sguardo buio, gli
occhi spalancati, un'aria di puro shock, di chi rifiuta una realtà
impossibile da accettare. Rafa fece quel genere di sguardo ed io,
onestamente, non ebbi la capacità di fare nulla, assolutamente
nulla.
Ci mise un po'
a capire cosa significava, anzi non a capire, ma a dire qualcosa, a
fare qualcosa.
- Quindi è
questo il tuo fare seriamente con me? La metti incinta e la sposi?
Sei proprio grande, sai? - Appariva freddo e distaccato anche se duro
e velenoso, e mi preoccupavo perchè un Rafa che non fa fuoco e
fiamme non sta bene.
Mi strofinai le
labbra colpevole e mi alzai avanzando verso di lui cauto.
- Non l'ho
fatto apposta, è successo... -
- Di metterla
incinta? - Disse sempre più duro rimanendo piantato lì, le braccia
incrociate sul petto, i muscoli tesi, si vedevano anche le vene
infuori in certi punti.
Stava
impazzendo di rabbia, ma perchè si tratteneva fino allo stremo a
quel modo?
- Ero
arrabbiato con te, sicuro di non avere speranze, che non mi avresti
più voluto vedere... e poi pensavo che non ti saresti mai deciso,
con me, che non volessi davvero. Tira e molla, più tira che molla...
mille errori, poche cose giuste... non sapevo più cosa fare con te,
ho creduto di essere al capolinea e mi son detto fanculo, mi faccio
una vita e lui si fotta! Però... - E fu lì, esattamente lì che
Rafa ebbe la sua reazione. Mi spinse improvvisamente e così forte da
farmi di nuovo sedere sulla sedia. Non era mai stato così violento
con me... cioè violento in generale, ma non verso di me. Oddio, non
in quel modo.
Era furioso, il
fuoco negli occhi castano scuri, il volto deformato dalla rabbia e
nell'aria quella sensazione che mi avrebbe dato calci e pugni perchè
era esattamente quello che voleva fare.
Rimasi fermo a
fissarlo shockato, occhi spalancati, la mani strette sui braccioli
della sedia, le gambe aperte pronte a rialzarmi.
Preso
completamente alla sprovvista.
- Cosa stai...
-
- Come... come
hai potuto? Come hai potuto non capire che aspettavo solo ti facessi
avanti seriamente? Come hai potuto non capire che ti stavo
aspettando? Che ti decidessi a fare sul serio? Che le tue parole
diventassero realtà! Che i tuoi 'faccio sul serio' fossero seri,
fossero fatti e non solo parole! Ma sono state sempre e solo parole e
poi vendette e poi sesso e poi rese. Io ti aspetto da moltissimo,
Nole! -
Rafa stava
ruggendo a denti stretti, gli occhi lucidi carichi di lacrime proprio
lì pronte ad uscire. Eppure la rabbia era tale che non gli
permetteva di piangere.
Una rabbia, una
delusione palpabili.
Mi sentii...
Dio, come mi sentii... non so nemmeno descriverlo.
Fu come se un
camion mi investisse in piena velocità e mi uccidesse facendomi
all'istante in mille pezzi e lì mentre morivo rivedevo flash di noi
due, di lui, dei suoi sorrisi, degli scherzi con me, quegli scambi di
battute allegri che faceva con pochi eletti. Quel suo essere
rilassato mentre l'abbracciavo. Quel permettermi di farlo. Stringerlo
a sé. Parlarci all'orecchio.
E poi le volte
in cui l'avevo visto con l'erezione dura mentre mi guardava, quando
lo palpeggiavo e lui non mi faceva saltare un dente, quando avevamo
momenti particolari, erotici, sul filo del sesso, sul filo del
crollo, tutte le mie interpretazioni sbagliate, quel mio metterlo
alla prova e nel vederlo bloccato pensare che non avesse le idee
chiare...
Vidi tutte
quelle volte che avevamo avuto a che fare uno con l'altro. Anche gli
incoraggiamenti negli spogliatoi dopo le mie sconfitte nelle varie
semifinali e finali.
I momenti
caldi, i momenti spinti, i momenti equivoci, i momenti dolci, i
momenti confidenziali, i momenti divertenti.
Avevo sempre
pensato fossero cose forzate, ma che in realtà mi odiasse perchè
lui era uno così, competitivo... e doveva odiare per forza i suoi
rivali, a meno che non fossero Roger.
Ma poi
lentamente era diventato sempre più aperto con me, più disposto.
Ed in uno
scenario dove gli eventi di beneficenza ed esibizione durante i quali
noi avevamo dovuto presenziare o fare cose insieme, scenari in cui ci
divertivamo un mondo insieme, ridendo ed interagendo spesso e
volentieri anche se non serviva a quel modo, scenari che arrivavano
anche fino allo scorso anno, in quella partita di doppio, quando mi
erano venuti i crampi alle cosce e lui mi aveva massaggiato, io
realizzai che per non illudermi avevo sempre tradotto male i suoi
comportamenti che erano proprio alla Rafa.
Ovvero veri e
spontanei e non ipocrisie cortesi, non buon visi a cattivi giochi.
Perchè per paura di ritrovarmi una cocente delusione, mi ero sempre
dato altre spiegazioni dandogli comportamenti contorti che poi non
erano da lui.
Rafa rideva con
me perchè gli piacevo, non per evitare brutte voci sul nostro conto
o rovinare la sua immagine pubblica.
E gli ero
sempre piaciuto, in realtà.
E quando si
eccitava guardandomi non c'entrava che stava scoprendo la sua
sessualità repressa, ma che non fosse una cosa rivolta a me nello
specifico. Era proprio perchè lo guardavo io, perchè lo toccavo io
fra un gioco e l'altro. Era personale, non generale! E le idee le
aveva chiare, chiarissime!
Quando lo capii
mi ripresi e doveva essere passato un nano secondo o forse qualche
minuto, lui era rimasto lì fermo com'era, in piedi, i pugni stretti
lungo i fianchi dopo avermi spinto, lo sguardo furente. Gli occhi
sull'orlo delle lacrime, in attesa che io facessi qualcosa.
E così feci,
mi alzai con una preghiera nella mente.
Ti prego, fa
che non sia tardi, fa che non sia tardi, ti prego.
Ma non potevo
sperarlo sul serio, perchè lui stava malissimo ed era chiaro che
l'avevo ferito troppo.
- Non ha
importanza che mi sposo e faccio un figlio. È successo, succederà
ma non ha importanza, perchè... - Forse, come mio solito, scelsi le
parole sbagliate perchè tornò a spingermi, ma questa volta ero
pronto e rimasi in piedi, solo indietreggiai. Tornai subito verso di
lui, lo presi per i polsi veloce, ma lui si dimenava furiosamente
dicendo insulti in spagnolo che non capivo. Così per calmarlo lo
abbracciai forte, obbligandolo. Non poteva respingermi, lo tenevo
troppo forte.
Continuò a
darmi sberle sulla schiena mentre gridava contro di me come un pazzo,
come era sempre lui. E tirò la maglia fin quasi a strapparla, ma non
mollai.
- Come puoi
risolvere tutto così? Fai tutto facile e non prendi niente sul serio
e quando fai stronzate alzi le spalle e dici che non è la fine del
mondo! Come posso fidarmi? È questo il tuo modo di amare? Devo
aspettare che ti stufi, che mi scarichi? Devo accontentarmi delle
briciole che ti va di darmi in attesa che tu cresca e che accompagni
azioni vere a parole? -
Non sapevo come
fermarlo, era un fiume in piena che diceva cosa sensate, aveva
ragione ed io dannazione non avevo le parole per dimostrargli il
contrario. Sapevo che non ci sarei riuscito, non potevo solo con le
parole fargli capire che volevo fare sul serio. E non sapevo come
fare per non perderlo ora che l'avevo trovato.
- Pensavo
amassi Roger, che ci fosse solo lui per te, che non ci fosse spazio
per nessuno, per questo non ho capito cosa provavi per me, credevo
non mi sopportassi, che ti sforzassi di andare d'accordo perchè
eravamo troppo in vista per non sopportarci e che quelle volte che ti
eccitavi era per la tua sessualità, perchè ero bravo a stuzzicarti,
ma non perchè ero io! - Riuscii a dire mentre credo si mise a
piangere e con rabbia si asciugava invano le lacrime.
- Certo che lo
amavo e tu me l'hai tolto dalla testa! Sei tu che me l'hai estirpato
perchè lentamente pensavo più a te che a lui, alle nostre partite,
alla volte che ti avrei incrociato in albergo o nei campi o in
piscina... a cosa avresti fatto... se fosse successo qualcosa... mi
sono trovato a fantasticare su di te sperando ti decidessi davvero e
non così per modo di dire... perchè in quel momento ti andava di
scherzare e la volta dopo lo facevi con un altro allo stesso modo...
prima ci provavi con me e poi con un altro! Ho avuto orgasmi con te,
te lo sei dimenticato? Ma per te era tutto normale, era il tuo modo
di fare! -
Vedermi dai
suoi occhi fu sconvolgente e nel panico, non sapendo cosa dire, come
aggiustare tutto, continuando a stringerlo a me, iniziai a mormorare
disperato, con voce rotta come la sua.
- Perdonami,
perdonami, perdonami... non avevo capito, non volevo illudermi di
vedere male... non sapevo gestirla... non ho mai saputo gestirla...
mi facevo piani per vincere, ma non ho capito quanto semplice
fosse... perdonami... - Lui scuoteva la testa, tirava su col naso e
si strofinava il viso.
- Perchè non
ti andava davvero, Nole. Non ti andava di capire. Era più facile
pensare che non volevo perchè così non dovevi sforzarti di fare sul
serio. Tu non sei capace. Hai paura del serio. - Lo disse in modo
strano ma eloquente e vedendomi ancora dai suoi occhi, non potevo
dargli torto. Era così, dopotutto, no?
In cosa
sbagliava?
In nulla!
Ed io non avevo
più parole. Avevo sempre parole, lì non le avevo più. Solo la
paura, paura che fosse troppo tardi, paura di averlo perso proprio
dopo averlo trovato.
Paura.
Così mormorai
l'ultima cosa che mi rimaneva da dire.
- Ma io ti amo,
Rafa... -
Rafa, però, a
quel punto spostò le mani, lasciò la mia maglia sulla schiena, coi
pugni chiusi mi spinse sulla pancia e scivolò con la testa sotto le
mie braccia. Poi con gli occhi gonfi e rossi di lacrime sospese e
l'espressione più terribile mai vista, disse piano, senza più
urlare come un pazzo.
- Non è
sufficiente. Queste sono solo parole. E a me non bastano. - Poi andò
alla porta aprendola, non la spalancò ma fissandomi duro e severo,
attese me ne andassi.
Mi fermai
guardandolo sconvolto, cercando di capire se davvero non potevo fare
altro per convincerlo.
Cosa? Cosa
potevo fare?
- Rafa... ti
prego, cosa posso... - Rafa scosse il capo, io mi avvicinai, lui girò
la testa, io gliela presi fra le mani. La porta ancora socchiusa. La
consapevolezza di poter essere sentiti.
- Nulla. -
Disse duro, non piangeva nemmeno più, congelato.
Rimasi a
guardarlo sperando che mi permettesse di guardarlo negli occhi, ma
non lo forzai e appoggiai la fronte alla sua guancia in un ultimo
disperato tentativo.
- Permettimi di
dimostrarti quanto lo voglio, quanto sul serio faccio... che non ti
avevo mai capito, ma ora sì ed anche se mi sposerò e sarò padre,
sarai sempre tu la persona che amo. Ti prego. - Rafa allora si girò
verso di me, alzai la testa, i visi vicinissimi, il suo così duro,
gonfio del pianto di prima ora gelato. Vuoto in quegli occhi opachi,
neri e bellissimi.
- Allora torna
quando l'avrai dimostrato. - In quel momento capii che era una
finestra che lasciava socchiusa per un domani. Speravo prossimo.
Mi avrebbe
aspettato.
Non stava
chiudendo definitivamente. Lui voleva essere convinto.
Voleva stare
con me.
Lo voleva
quanto me.
L'avevo ferito,
ma ci sperava.
Ed io lì mi
ripresi e con risoluzione giurai a me stesso che non avrei sprecato
quell'unica piccolissima occasione.
Che in un modo
o nell'altro glielo avrei dimostrato.
Lo giurai.
Gli tenevo
ancora il viso con le mani, quindi fissando i suoi occhi duri e
vuoti, pieni di sofferenza e delusione, dissi piano e sicuro.
- Te lo
dimostrerò. Lo giuro. Non ti perderò. -
Con questo gli
sfiorai le labbra con le mie, le sue salate e piene di lacrime,
morbide e calde. Mi impressi bene quel sapore, non feci altro. Lo
lasciai e scivolai silenzioso fuori dalla sua camera, pregando fra me
e me di trovare quel sistema. Il sistema per fargli capire che lo
amavo davvero.
Che ero serio
con lui.
Passai i giorni
a chiedermi come potevo fare e rischiai seriamente di uscire dal
torneo.
Era il Masters
1000 di Roma, era molto importante e non potevo uscire subito.
Dopo la seconda
giocata malissimo e vinta per il rotto della cuffia, capii che la
soluzione era proprio lì.
Rafa giocava
furiosamente bene mandando all'obitorio un sacco di avversari e
dentro di me la vivevo come una specie di lezione.
Lui aveva
sempre fatto sul serio col tennis tanto da giocare sempre in
condizioni da pazzi... vesciche gravi alle mani, strappi muscolari,
slogature, problemi di schiena. Tutti lo definivano fanatico, ma non
era questo.
Lui faceva sul
serio a tennis, ci teneva ad arrivare al punto in cui era, essere il
numero uno, battere Roger.
Lui e le sue
manie di fare sul serio, mi dissi. Lui era una persona seria non in
senso che non scherzava mai e senza senso dell'umorismo... anche se
confrontato a me magari poteva sembrarlo... ma più che altro uno che
faceva sul serio con ciò che contava per lui.
Se volevo
capire come fare dovevo prendere esempio proprio da lui.
Non potevo
dimostrargli personalmente che facevo sul serio con lui senza starci
insieme, ma non me lo avrebbe permesso. Per cui dovevo dimostrargli
che sapevo fare sul serio se lo volevo. Che potevo essere una persona
di parola, affidabile.
Per cui visto
che dicevo che sarei diventato il migliore di tutti i tempi, sarei
tornato primo.
Dovevo fargli
vedere che facevo sul serio nella vita.
Sarei diventato
il numero uno a tennis, di nuovo, mi sarei sposato perchè lei era
incinta, sarei stato un buon padre.
Avrei preso
tutto seriamente, specie il mio ruolo.
Gli avrei
dimostrato che ce la potevo fare, che potevo fare quel salto di
qualità.
Quello che lui
voleva vedere.
Fino a quel
momento ero stato uno in grado di approfittare dei brutti momenti dei
miei diretti avversari, lui e Roger, e grazie a questo ero salito in
prima posizione nel 2011 vincendo molto. Ma poi quando lui era
tornato in forma, mi aveva superato, perchè Rafa in forma era ancora
pazzesco.
Ecco, dovevo
fargli vedere che comunque io potevo salire di livello, superare me
stesso, lui, Roger e chiunque altro migliorando.
Così non lo
tormentai, non cercai di parlargli e vederlo, non lo incrociai mai
per tutta la durata del torneo.
Lo vedevo
sfogare tutta la sua rabbia a tennis e già di norma giocava un
tennis passionale, così sembrava un vero toro, come lo
soprannominavano.
Arrivammo così
ognuno per la propria strada in finale.