CAPITOLO XIII:
CARTELLI STRADALI

Fortunatamente per me non passò molto, era questione di giorni. Dal salutarci a Roma al rivederci a Parigi furono solo un paio di giorni. In quanto noi eravamo teste di serie non dovevamo disputare i soliti preliminari, ovvero le qualificazioni, che si tenevano i primi giorni del torneo. Quindi noi di solito si arrivava con calma, giusto in tempo per qualche allenamento di preparazione e poi si cominciava con le partite.
Sentivo il Roland come una specie di segno distintivo, dentro di me.
Ero sicuro che quello sarebbe stato fatale per provare a Rafa quanto serio fossi come persona, che se mi prefissavo un obiettivo, se dicevo una cosa, ero in grado di mantenere la mia parola.
Avevo sempre detto che sarei stato di nuovo primo e con costanza, che avrei superato il mio livello di sempre per superare il suo. Avevo sempre detto anche che un giorno avrei vinto almeno uno dei suoi Roland Garros.
Così ora c'eravamo.
Rafa, record di Roland vinti, re della Terra Rossa, era lì per vincere il suo nono mentre io il mio primo. Dovevo vincere io per dimostrargli che sapevo mantenere le parole date. Dovevo. Era importante, così avrebbe capito che poteva fidarsi.
Arrivato al solito hotel che ospitava i tennisti, mi sentii subito dilaniato da questa consapevolezza frenetica.
Potevo rivederlo di già e giorno dopo giorno il mio bisogno cresceva sempre più. Dopo che era successo tutto quanto, era come se io fossi incapace di stargli lontano, so che era la reazione al fatto che invece non potevo vederlo. Teoricamente ci eravamo lasciati, per quanto potevamo considerarci una coppia. Quindi non potevo vederlo, dovevo dimostrargli a distanza che ero degno di fiducia.
Però proprio per quel non poterlo vedere, non di proposito, io ne avevo la fissa, l'ossessione, il bisogno.
Ero tentato di aspettare nella hall, al solito bar, il suo arrivo e poi salire con lui e sistemarmi nella camera accanto, come sempre.
Però mi obbligai con gran forza di volontà a salire subito senza aspettarlo.
Anzi, forse avrei fatto meglio a cercare di non incrociarlo proprio. Era possibile perchè sapevo benissimo i suoi ritmi e rituali. Lui era uno che faceva sempre le stesse cose in ogni campo, non cambiava mai abitudini. Sapevo quando mangiava, cosa mangiava, quando si allenava, quanto tempo, cosa faceva dopo, come si rilassava. Sapevo tutto e sapevo cosa fare per non incontrarlo.
Però la voglia di vederlo era davvero grande e poi volevo assicurarmi che stesse bene.
Non mi fidavo delle sue parole. Il suo 'meglio' era molto personale. Per lui stare meglio significava riuscire ad alzarsi dal letto, il che non presupponeva anche il non aver mal di schiena.
Per me, stare meglio, significava non avere sempre male e, nel caso in cui a volte ci fosse, che non fosse comunque insopportabile.
Insomma, concetti diversi della stessa parola.
Per cui sicuramente Rafa ed il suo meglio significava che era sul limite di spaccarsi la schiena definitivamente!

Entrato in camera, sistemai le mie cose, poi con l'agenda elettronica sistemata nel mio i-phone mi misi ad organizzarmi le giornate in base allo scopo principale. Non incontrare Rafa.
Anche perchè se volevo vincere dovevo rimanere molto concentrato e lui di certo aveva quella magica capacità di distrarmi, innervosirmi, stressarmi.
Scesi giù e mi diressi al banco dell'organizzazione del torneo, chiesi di poter prenotare un campo per allenarmi e mi consegnarono il foglio delle prenotazioni.
Alcuni si erano già iscritti in certi orari ed in certi campi, ma notai con soddisfazione che Rafa non c'era ancora. Probabilmente non era arrivato o, nel caso in cui lo fosse, non era ancora venuto a prenotarsi.
Mi affrettai a segnare gli allenamenti per la prima settimana, posto che dalla seconda in poi, nel caso in cui l'avessi superata e non mi aspettavo altro, non sarebbero serviti sempre allenamenti perchè da un certo punto in poi si cominciava a giocare ogni giorno.
Segnati gli allenamenti della prima settimana, nell'altro foglio prenotai anche le sale massaggio. Ce n'erano un paio anche di quelle con due letti a testa. Andavano prenotati i letti per gli orari desiderati. Per il resto c'era a disposizione una piscina ed una palestra grande ed attrezzata, ma per queste non serviva prenotarsi, perchè si condivideva sul momento.
Per cui di sostanza i luoghi dove si doveva stare attenti erano i campi ed i massaggi.
I campi si potevano usare due atleti per volta, volendo. Ma dovevano essere d'accordo entrambi.
Per i massaggi, non si poteva rifiutare la presenza di un altro.
Ogni giocatore comunque aveva il suo staff che comprendeva anche massaggiatori, fisioterapisti, infermieri e preparatori atletici.
Mi iscrissi in tutto sicuro che Rafa avrebbe decisamente evitato i miei orari, anche perchè avevo scelto con cura i momenti in cui sapevo non si allenava mai, di solito.
Poi andai a distrarmi facendo un giro solitario per la città.
Quando tornai erano passate diverse ore, così mi fermai al banco dell'organizzazione a dare un'occhiata alle prenotazioni fatte, a quell'ora erano sempre tutte completate.
Quando vidi il nome di Rafa rimasi di stucco.
Non aveva mai scelto il mio stesso campo d'allenamento, ma aveva scelto spesso e volentieri i miei stessi orari e campi vicini ai miei.
Ci rimasi ancora peggio quando vidi che in alcune occasioni nella sala dei massaggi lui sarebbe stato con me.
O era arrivato tardi ed erano rimasti pochi posti fra cui scegliere, o voleva mettermi alla prova e studiarmi.
Ero sempre più convinto che volesse che io mi sbrigassi, voleva tornare con me anche lui e sperava che io facessi quel salto di qualità presto.
Non sapevo se andare da lui e dirgli qualcosa oppure no. Dovevo farlo?
Alla fine fu lui a prendere l'iniziativa e anche quello mi spiazzò.
Quando arrivai nel mio corridoio, ad aspettarmi davanti la mia porta, c'era proprio lui.
Mi fermai sgranando gli occhi e mi guardai intorno per vedere se c'era qualcun altro.
Vedendo il deserto, mi feci avanti piano e con un filo di voce lo chiamai.
- Ehi... - Non sapevo come comportarmi. Lui si girò e fece un cenno.
- Era ora, quanto ci hai messo? Ti ho visto arrivare da fuori e sono uscito per incrociarti, ma non venivi più! - Mi fermai davanti a lui che stava davanti la mia porta, le braccia aperte in segno difensivo.
- Ehi, hai il mio numero... se dovevi dirmi qualcosa e non venivo più potevi chiamarmi. E poi non sapevo mi aspettavi. -
Rafa stava per rispondere, sembrava agitato ma suppongo fosse normale; in quel momento però dall'ascensore uscì qualcuno e così chiuse la bocca aspettando che se ne andasse. Io scuotendo il capo mi feci avanti con la chiave magnetica e aperta la porta entrai. Rafa tornò a parlare solo quando l'uomo se ne fu andato, era ancora in corridoio e non mi stava seguendo in camera. Meglio.
- Ehi! - Fece seccato. Volevo appenderlo al muro, ma litigare con lui non era esattamente il modo migliore per dimostrargli che ero cresciuto o che ci stavo provando.
- Che c'è? - Chiesi cercando di apparire normale. Forse con scarsi risultati.
Rafa stava di nuovo per rispondere con la sua aria perennemente polemica, ma si fermò sospirando seccato nel notare ancora del via vai. Così all'ennesimo passaggio estraneo, si decise ad entrare in camera. Si chiuse veloce la porta alle spalle, ma rimase lì, le mani sulla maniglia dietro di sé e l'aria torva. Quanto mi piaceva. Mi sciolsi in un sorrisino che non sapevo trattenere. Lui rimaneva sempre lui.
- Insomma? - chiesi a mio agio, improvvisamente.
- Volevo solo dirti che non ti stalkero! - E come esordio fu a dir poco esilarante.
- Disse quello che mi aspettava davanti alla porta! - Esclamai piegandomi in avanti e ridendo.
Rafa rimase dritto e arricciò la bocca imbronciato.
- Hai finito? - Chiese seccato. Come sempre non sapeva ridere. Beh, mi corressi.
Rideva eccome. Ricordo le volte che l'aveva fatto con me, molte e spontanee. Ma solo ora capivo che erano sempre state spontanee.
Quanti film mentali che mi ero fatto... solo perchè poi quando perdeva contro di me spaccava tutto ed il più delle volte mi stringeva appena la mano, non significava che ce l'avesse avuta con me, ma io non avevo mai capito bene.
- Scusa. - Dissi con gli occhi lucidi dal riso. Era difficile smettere e lui capiva che volevo continuare, quindi sciolse le mani dalla maniglia per incrociarle sul petto.
- Avrai viste le prenotazioni che ho fatto! Sono arrivato tardi e molti posti erano occupati, gli orari che facevo di solito erano molto gettonati, per questo arrivavo presto e mi segnavo dove volevo. Però oggi ho fatto tardi e niente, ho dovuto prendere quel che c'era! Volevo dirti solo questo, che non ti seguo! Anzi... - Con questo, visto che non ridevo più perchè era come immaginavo, abbassò lo sguardo, si calmò dal fuoco che aveva preso e sciolse le braccia abbandonandole lungo i fianchi. - ho visto che hai cercato di prendere altri orari rispetto al tuo solito. Ho capito che cercavi di lasciarmi i miei spazi. E volevo ringraziarti. Non è da te, ecco! Mi hai stupito! - Che non fosse da me era vero visto che per tutti questi anni avevo sempre fatto in modo di finire con lui di proposito.
Sospirai e mi avvicinai. Forse non dovevo. Lui alzò di scatto la testa ma rimase immobile. Non uscì.
Mi fermai davanti a lui, ci guardavamo da vicino ma non ci sfioravamo.
- Stai dicendo che sto crescendo? Sto maturando? -
Rafa si sentì attaccare perchè era nella sua natura, ci si sentiva sempre. Così aggrottò la fronte e reagì impetuoso, aggressivo.
- Sto dicendo che hai fatto una cosa carina che non hai mai fatto e l'hai fatta quando serviva! Tutto qua! -
- E' carino starti lontano? Tutte le volte che ti stavo appresso non ti piacevano? Avevo capito che invece le aspettavi... - Ero diretto e sfacciato, ma dovevo capire un attimino meglio quell'enigma.
Rafa, sempre preso contro piede, si mise a gesticolare sempre più acceso.
- No, dico che di solito non fai una cosa per me se a te non va! Fai solo quello che pare a te! È la prima volta che cerchi di fare quello che preferisco io! Ed era solo un ringraziamento! Perchè devi rovinare sempre tutto? Devi sempre dire qualcosa, non sai stare zitto e basta! Ad un grazie si risponde con... - Ma non riuscii a farlo finire perchè non resistetti. Gli premetti le labbra sulle sue prendendogli il viso fra le mani, non feci altro.
Gli rubai il fiato e lui, totalmente in contropiede, smise di muoversi, respirare, pensare.
Staccò la spina e fu un momento incredibilmente bello.
Poi mi separai, non usai la lingua. Rimasi col viso fra le mani, pochi centimetri a separarci, occhi negli occhi così vicini come eravamo.
- Con un bacio. - Dissi piano riprendendo la frase che gli avevo interrotto. Lui era confuso e non capiva cosa dicevo. - Ad un grazie io rispondo con un bacio. -
Lui, confuso e con la testa fra le nuvole, disconnesso, parlò senza pensare.
- E lo fai con tutti? - Io feci un sorrisino ironico.
- Ovviamente è una tua prerogativa. - gli carezzai il viso con i pollici e assorbii quella sensazione. Il suo viso fra le mie dita.
La sua pelle sotto i miei polpastrelli.
Chiusi gli occhi e lui fece altrettanto. Potevo andare oltre, gli mancavo, ci sarebbe stato come sempre, ma non era il momento. Non gli avevo ancora dimostrato che potevo farcela.
- Devo sempre rovinare tutto. Ho questa brutta mania, ma ci sto lavorando su. - Sussurrai quasi sulle sue labbra che ora carezzavo col pollice.
- Sbrigati. - Si fece scappare. Questo era un cartello stradale grande come una casa. Lui voleva tornare con me, ma definitivamente e seriamente. Non solo per qualche divertimento ogni tanto.
Mosse le labbra per una piccola parola, ma poi le tenne schiuse ed il mio dito sopra si infilò dentro, lui era lì ad aspettare solo quello, perchè con la punta della lingua mi leccò ed io andai fuori di me. Sentii una violentissima scarica elettrica e penso morii per un momento. Sicuramente avevo un rigonfiamento considerevole. Non gli stavo proprio premuto addosso, sarebbe stata la fine, ma non gli lasciavo molto spazio per muoversi.
- Come sta la tua schiena? - Chiesi poi per prolungare quel momento magico ed erotico, riaprii gli occhi ed anche lui fece lo stesso. In quel momento lessi la confusione. La voglia di mentire, l'incapacità di farlo e il rifiuto di lasciare il mio dito che poi non stava davvero succhiando, ma solo leccato nella punta.
- E' stata meglio, ma tiro avanti. - Non dissi stupide parole al riguardo, sapevo quanto contava per lui il Roland e se dovevo imparare a fare seriamente bastava guardare lui.
Anche se Rafa rasentava il fanatismo e la follia, più che altro. Io dovevo essere la versione sana di lui.
Ce la potevo fare. Una via di mezzo fra il cauto Roger ed il pazzo Rafa. Quello che spingeva quando era necessario e si tirava indietro quando era il caso.
Ma soprattutto quello che otteneva quello che voleva, che manteneva la parola data.
Aveva parlato col mio dito appoggiato sul labbro inferiore, non ci sarebbe riuscito con quello dentro. Si capiva che stava lottando con sé stesso anche lui, era molto chiaro.
- Stai attento, tieniti da conto. - Dissi infine davvero preoccupato per lui proprio per quella sua vena di follia. Era capace di spaccarsi la schiena pur di giocare il Roland.
- Non sono al cento percento, ma farò del mio meglio, darò tutto quello che posso per vincerlo. - Sorrisi.
- Lo so. - Poi aggiunse sforandogli le labbra di nuovo, togliendo il dito. - Ed io sono qua per dimostrarti che faccio sul serio su ogni aspetto della mia vita. Sono una persona seria che quando fissa un obiettivo lo ottiene. Vita professionale e privata. - Era molto chiaro ed io risoluto. Lui si perse nei miei occhi ed io amavo i suoi, il suo taglio particolare.
- Ti sto aspettando. - Disse infine, ammettendolo ancor più apertamente.
- Taglierò i miei traguardi. E poi verrò da te. - Ripetei. Lui annuì.
Ce l'avrei fatta proprio perchè era lui ad aspettarmi dall'altra parte.

Il torneo per me andava bene, ero concentrato e risoluto ed in perfetta forma. Vedevo al contrario che Rafa faceva fatica, come immaginavo... mi dispiaceva molto, ma d'altro canto sapevo che se volevo vincere proprio quel titolo, contro di lui sarebbe stato difficile.
Però forse sarebbe stato anche più significativo.
Per concentrarmi e non perdere di vista l'obiettivo, mi isolavo molto, più del solito e passavo il tempo a pensare a lui e ad episodi che avevo sempre male interpretato.
C'erano spesso state volte in cui avrebbe potuto sbilanciarsi, come facevamo io e Roger. Magari durante match di beneficenza o eventi di varia natura. Ma lui nonostante si divertisse e partecipasse anche piuttosto attivamente con me, avevo sempre avuto la sensazione che fosse un po' frenato, a volte anche forzato.
Avevo capito male.
Avevo sempre capito male.