CAPITOLO IV:
TOGLIENDOSI LE CATENE



Non lo chiamo Stanimal nella vita reale, è Stanley per me.”
-Roger su Stan -

Arrivarono in albergo insieme e scaricarono felicemente i loro autisti pignoli. Salirono insieme in ascensore e senza bisogno di mettersi d'accordo, Stan seguì Roger nella sua camera.
C'era ancora della nebbia nelle loro menti, nebbia dovuta alla serata a base di champagne e anche alla strana situazione in cui erano.
Non si erano più toccati dopo la Coppa Davis, non si erano incontrati di proposito e non avevano detto una parola, però erano sempre a pensarci costantemente, come incapaci di smettere di farsi domande e darsi miliardi di risposte diverse.
Non arrivavano mai a quella definitiva, ma quella sera la spinta era stata data dalla presenza di Rafa e Nole, Roger per evitarli aveva fatto di tutto e quel di tutto comprendeva attaccarsi morbosamente a Stan. Non importava cosa e come, bastava stare con lui.
Un po' l'aiutava a non pensare a loro, un po' lo proteggeva inconsapevolmente da loro.
Era tutta la sera che non ci pensava, era felice per questo. Si sentiva leggero ed euforico senza sapere precisamente perchè.
Stan lo liberava da Rafa ed anche se non voleva ammetterlo, anche se non voleva dire che aveva sofferto molto per il rifiuto di Rafa, alla fine era così. Era quello che stava vivendo.
Stan ne era consapevole e non forzava le cose, accettava passivo, consapevole che non aveva la forza di rifiutarlo.
Così quando si ritrovarono in camera insieme di nuovo dopo la Coppa Davis, fu come tornare a quella sera. Sembrava appena il giorno dopo. Come se non fosse passato molto tempo.
Entrarono ridendo per qualcosa che avevano detto in ascensore e continuarono anche dentro, mentre lasciavano entrambi le rispettive cose sul comodino.
- E quando hanno detto 'signore, anche io ho l'ordine di portarla ovunque desideri!' - Fece Roger scimmiottando uno degli autisti. - Bene, desidero stare in macchina con Stan, problemi? - Stan si mise a ridere buttandosi giù sul letto, si stese e si coprì il viso con le mani.
- Chissà di cosa avevano paura! Perchè tanta rigidità? - Roger però era seccato da quel diniego e ancora ci pensava col broncio, appoggiato alla finestra con le braccia conserte. La luce era accesa, ma dietro di lui si intravedeva la città notturna e Stan, attratto da esse, si alzò e chiuse l'interruttore. Roger lo guardò stranito senza capire.
- Che fai? - Chiese vedendolo venire verso di lui. Stan gli si mise accanto a guardare fuori, le spalle e le braccia si sfiorarono. Sempre quell'euforia, quel modo facile e felice di fare le cose, quel modo di vedere il mondo circostante come se fosse bellissimo ed anche divertente. I residui della cena, o forse una scusa.
- Guardo Shangai di notte... volevo fare un giro in macchina, ma forse non sarebbe stato così bello... - Roger allora si girò a guardare e si mise nella sua stessa direzione, verso l'esterno. Guardò e vide ciò che si era perso. Era veramente molto bello. Roger prese il suo telefono e fece una foto al paesaggio notturno illuminato che si vedeva, erano in alto ed era ancora più bello. Lo pubblicò sul suo profilo e mise giù il telefono di nuovo, spegnendolo. Stan non notò minimamente il gesto, ancora immerso e completamente assorbito da quel che vedeva che gli toglieva il fiato.
Roger, dopo aver guardato ciò che ormai conosceva bene, spostò lo sguardo su Stan e rimase colpito dal modo in cui era assorbito dalla città. Era completamente preso e ne rimase affascinato, catturato. Gli occhi gli brillavano ed il suo profilo era illuminato dalle luci sottostanti della città, c'era penombra in camera anche con la luce spenta, non serviva riaccenderla per vedersi. Ci fu subito atmosfera.
Un'atmosfera particolare, intima.
L'euforia scemò per lasciare il posto a qualcos'altro... qualcosa più frenetico, eccitante in ogni caso.
Stan non se ne rendeva minimamente conto di quel che stava vivendo Roger, ma lì in quel momento, guardandolo in quell'istante d'intimità, mentre si chiedeva cosa l'avesse tenuto lontano da lui dopo la Coppa Davis e gli avesse impedito di raggiungerlo, mentre non ricordava quale psicopatia l'avesse preso, quale fobia, quale paura atroce l'avesse obbligato a stargli alla larga. Lì, in quel momento, volle averlo per sé, volle perdersi in lui. Gli era mancato. Gli era mancato averlo davanti, poterlo toccare senza il minimo problema, potergli fare qualunque cosa che tanto lui non si sarebbe ribellato.
Gli era mancato anche solo... anche solo qualcosa che non aveva fatto...
Seguendo quel fortissimo desiderio, Roger alzò la mano e col dorso del dito, gli carezzò la guancia leggero. Stan trattenne il fiato quasi preso di sorpresa, girò il capo verso di lui e Roger proseguì carezzandolo con tutta la mano sulla sua fronte, scendendo dietro sulla nuca e poi sul collo. Lì vi rimase e Stan, col cuore impazzito nel petto e la speranza negli occhi che brillavano, rimase senza fiatare, immobile, emozionato come un ragazzino.
Tutto di lui lo faceva impazzire. Sempre.
Ogni cosa.
Stan l'amava perdutamente con tutto sé stesso e non era mai stato in grado di tenere una posizione ferma per proteggersi. Gli si era sempre dato totalmente ed incondizionatamente pur sapendo i rischi che correva.
Adesso una piccola parte di sé gli ripeteva che Roger non era ancora in sé, che stava ancora reagendo alla delusione di Rafa... ma non poteva opporsi. Non ne era capace da lucido, figurarsi ora che aveva quei piccoli residui di champagne bevuti un'ora prima...
Roger non disse nulla, così come Stan, ed in perfetto silenzio l'attirò a sé, gli andò incontro e lo baciò.
Senza aggiungere una sola parola, senza una spiegazione, senza un permesso.
Lo fece e basta e Stan gli si diede immediatamente, come se fosse normale, come se si baciassero sempre in camera e da soli.
Come se fossero una coppia.
Schiusero le labbra e si vennero incontro con le lingue, Roger gestì il bacio mantenendo la calma, ma l'intensità crebbe insieme ai battiti del cuore. L'eccitazione salì e gli si portò davanti appoggiandolo con le spalle alla finestra, gli prese il viso con entrambe le mani e approfondì il bacio togliendogli il respiro.
Stan e la sua emozione, Stan e quella preghiera.
Fa che non si fermi, fa che vada oltre...”
In quel momento non importava più nulla, non c'era il giusto e lo sbagliato. C'era solo quel che si voleva fare e al diavolo, lui voleva rifare l'amore con Roger.
Lo prese per i fianchi e l'attirò a sé, si appoggiarono uno all'altro trovandosi presto attaccati coi corpi, i bacini a contatto, separati solo dai vestiti che ora stringevano e davano molto fastidio.
Si presero il fiato ancora, quasi incapaci di smettere e staccare le lingue. Quando il ritmo fu incandescente, Roger febbrile mosse le mani infilandole sotto la giacca che ancora indossava, la fece cadere a terra mentre la sua se l'era tolta quando era entrato prima in camera.
I primi bottoni della camicia bianca erano già aperti, arrivò a quel punto e continuò a slacciarli senza mai staccargli la bocca dalla sua. Stan capì che lo stava spogliando ed andò in tilt, stava per succedere ancora, non poteva nemmeno crederci. Si ritrovò un ragazzino imbranato che non osa fare una sola mossa mentre sa che sta per fare sesso.
Non fu capace di fare nulla, rimase appoggiato alla finestra, bloccato da Roger che lo stava spogliando e baciando febbrile.
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi mentre l'altro le percorreva per sfilargli anche la camicia. Quando la fece arrivare ai polsi, l'indumento cadde leggero a terra insieme alla giacca e lui rimase sulle sue mani, gliele prese, le intrecciò per un istante mentre ancora le lingue non volevano saperne di staccarsi, le menti di attivarsi, i ragionamenti di partire.
Solo istinto, solo voglie, solo loro.
Solo i brividi.
Roger lasciò così le mani di Stan per slacciarsi da solo la camicia e sfilarsela sempre febbrile, perchè non poteva smettere di baciarlo. Il giovane ancora immobile, incapace di muovere un muscolo, le braccia ancora giù.
Eccitava Roger in qualche modo questo suo passivismo.
Lo trovava erotico. Lì a darglisi in quella maniera.
Seguendo la scia del momento, con l'intensità che saliva inesorabilmente, Roger gli aprì i pantaloni che, lisci come la stoffa della giacca, caddero subito ai piedi. Si tolse i jeans insieme agli slip, gli piaceva fare tutto lui, dettare modi e tempi. Con la stessa calma con cui aveva fatto tutto, gli tolse anche i suoi boxer, non lo toccò in quel momento, gli prese di nuovo le mani, intrecciò le dita e smise di baciarlo, lo guardò. Gli occhi erano liquidi, pieni di voglie e desideri. Nessuno dei due provava la minima vergogna nell'essere nudi in quel modo. Parve quasi naturale.
Roger pensò che gli faceva venire voglia di fargli di tutto, sorrise dolcemente e lo tirò indietreggiando, se lo portò sul letto e lo stese sotto di sé, poi gli si mise sopra ricoprendolo col suo corpo nudo. I brividi li attraversarono entrambi, Stan chiuse gli occhi e si abbandonò a quella splendida sensazione.
Roger ed il suo corpo addosso.
Si allacciò le gambe attorno alla vita e si mosse su di lui carezzandolo con tutto sé stesso, voleva sentirlo con ogni parte del proprio corpo. Continuò a muoversi sinuoso su di lui con il bisogno di averlo sul serio addosso, il desiderio di prenderlo, possederlo, farlo suo, averlo.
Le lingue giocarono mentre le bocche tornavano a chiudersi insieme ed unirsi, poi Roger scivolò sul suo collo e lento iniziò ad assaggiarlo ovunque, prendendosi ogni centimetro. Sembrava che si stesse prendendo cura di lui, che lo stese scoprendo per la prima volta. Sembrava che si stesse occupando della cosa più preziosa del mondo.
Era Roger, era la sua dolcezza e fare l'amore con lui al di fuori di un festeggiamento dove era su di giri, significava quello.
Capirono entrambi, mentre erano uno sull'altro a godersi a vicenda, che ormai gli effetti dello champagne erano finiti e lì c'erano solo loro due e le voglie di farlo, di prendersi, aversi, proteggersi, fondersi.
Stan non voleva pensare ancora a nulla, niente domande, niente risposte.
Era solo il presente che contava.
Roger era su di lui, lo stava prendendo, lo stava cullando, lo stava teneramente baciando e stringendo a sé.
Non fu sesso fine a sé stesso, come le volte precedenti.
Quello fu un seguire l'istinto e delle voglie impressionanti senza fine.
Ora semplicemente volevano farlo, lo volevano e basta. Stavano seguendo ciò che desideravano profondamente.
Roger lo trovava sempre più sconvolgente.
Stan così abbandonato a lui, ai suoi tocchi, alla sua bocca. Così suo, così unicamente suo nella sua eterna dolcezza, teneramente alla sua portata, teneramente desideroso di essere preso.
Non era mai stato così le altre volte e nemmeno quando Rafa gli aveva fatto avere quegli orgasmi... nemmeno in quei casi era così sconvolgente. Rafa non era mai stato dolce, l'aveva scombussolato e shockato, l'aveva bruciato e fatto a pezzi. L'aveva fatto impazzire letteralmente.
Ma Stan era lontano da lui anni luce. Come il giorno e la notte.
Stan era come la sua piccola perla che non chiedeva nulla, non pretendeva, non si imponeva nella maniera più assoluta.
Stan era semplicemente lì con lui, lì per lui, a darsi senza riserve, senza pretese, senza parole. Solo lì e basta.
Dopo essersi perso in ogni centimetro del suo corpo, dopo averlo marchiato ed essersene preso cura con tutto l'amore di cui fu capace, scivolò altrettanto dolcemente in lui. Piano, lento, delicato. E mentre entrava e lo faceva suo, si sentiva sempre più sconvolto da quanto bello fosse. Lo guardò febbrile e lo vide steso abbandonato sotto di lui, le mani sopra la testa, tutto il suo corpo a sua disposizione, immerso in un piacere assoluto che non aveva nemmeno nome. Stan era nel paradiso e non chiedeva altro, voleva solo rimanere lì.
Roger si eccitò ancora a quella visione, capendo quanto Stan lo volesse e quanto gli piacesse. Il ritmo e l'intensità crebbe e tutto venne spazzato via, mentre ancora Rafa, Nole ed ogni altra paranoia rimaneva lontana da lui.
Stan si perse e pregò solo di non ritrovarsi più. Stava bene ovunque fosse. Stava benissimo. Non voleva tornare.
Era così perfetta quella volta, così diversa dalle altre. Così bella. Così meravigliosa.
Lo sentiva, lo sentiva in profondità, nell'anima, nel cuore, nella mente. Era completamente dentro di lui, non solo fisicamente. C'era tutto, c'era ogni cosa. Era presente, era presente sul serio.
Stan aveva fatto sesso diverse volte, in diversi modi. Non era mai stato così, ne era certo.
Nel culmine del piacere, Roger rallentò per permettergli di venire a sua volta, cercando di stimolare il punto in grado di farlo godere di più. Quando capì che ce l'aveva fatta, gli accarezzò il viso e sempre con un'espressione dolce, riprese a spingere intensamente per sé stesso, ma sempre guardandolo. Così venne.
Il calore fu lava pura, raggiunse ogni particella del loro essere e si espanse in mille scariche elettriche.
Non avrebbero mai potuto fare paragoni con niente altro e mai avrebbero potuto dimenticare quella notte, quel momento, quel sentimento così forte, così sconvolgente, così puro, così bello.
Roger scivolò di lato, si stese sulla schiena e si portò sopra Stan, ansimanti rimasero ad ascoltarsi mentre i battiti ed i respiri tornavano normali, poi Roger gli prese il mento fra le dita, l'alzò dolcemente e lo baciò dopo averlo guardato con premura.
Stan non poteva sbagliarsi.
C'era qualcosa che era solo per lui.
C'era un sentimento vero e non era un desiderio di dimenticare qualcuno. Era la voglia di ricordarsi di lui per sempre. Di non dimenticare mai quell'istante.
Stan si emozionò e gli vennero gli occhi lucidi, ma ancora non dissero nulla. Nessuno dei due osò e capendo che avevano fatto l'amore in silenzio senza dirsi nulla né prima né dopo, rimasero così per il resto della notte. Senza dire una sola parola, consci che qualunque cosa sarebbe stata fuori luogo e niente all'altezza.

Il giorno dopo un lieve mal di testa, lo champagne avrebbe potuto fare più danni, ma essendosi dati un limite alla fine non erano poi così male.
Si svegliarono nello stesso letto, nudi, sotto le lenzuola.
Dormendo si erano girati e separati, ma aprire gli occhi e vedersi fu bello, Roger fu il primo a svegliarsi e quando mise a fuoco Stan a pancia in giù che dormiva della grossa con la mano sotto la guancia e quell'aria da bambino innocente, sorrise intenerito e si allungò verso di lui avvicinando il viso al suo, imitando la sua posizione a pancia in giù. Gli baciò la fronte con la mente sgombra da qualsiasi pensiero e problema, non gli sembrava nemmeno di dover parlare di quel che era successo e di ciò che provava.
Gli pareva che andasse bene così, che non servissero chiarimenti e definizioni, che comunque andava alla perfezione.
Si sentiva leggero e felice, sicuro di poter affrontare il mondo e qualsiasi situazione.
Stan sul secondo, terzo e quarto bacio sul resto del viso, si svegliò faticosamente. Non capì subito cosa lo stava richiamando alla realtà, aveva il risveglio molto difficile.
Roger rimase a guardarlo divertito trovandolo dolce e da mangiare. Gli occhi piccoli, il viso stropicciato, i capelli spettinati che sparavano ciocche bionde da tutte le parti.
Stan dopo diversi secondi passati ad aprire e chiudere gli occhi come fosse ancora in coma, riuscì ad intravedere gli occhioni dolci di Roger e la luce gli tornò lentamente. Finalmente era sveglio!
Non riuscì a mettere insieme due sillabe per parlare, la mente davvero ancora spenta, in generale era molto più di là che di qua. Roger era ancora molto divertito. Sapeva che aveva il risveglio lento e difficile, gli piaceva un sacco. Attese che riuscisse a fare qualcosa, ma non ci riuscì, così fu lui il primo a dargli il buongiorno col suo tono vellutato.
- Buongiorno Stanley... - Stanley era il modo in cui Roger lo chiamava, il soprannome pubblico di Stan era Stanimal anche se poi era una persona dolce, educata e deliziosa.
Solo Roger lo chiamava Stanley, che non aveva molto a che fare con Stanislas.
Stan sospirò e sorrise appena, anche se nelle sue intenzioni voleva illuminarsi a giorno e parlare. Annuì senza riuscire a parlare ancora e allungò la testa verso di lui nascondendo il viso contro il suo collo, in un gesto di abbandono e di ricerca di protezione. Roger si sciolse ancora di più e lo avvolse col braccio attirandolo a sé, lo inglobò e gli baciò la testa trovandolo la cosa più bella mai incontrata.
Sarebbero rimasti così per sempre, senza bisogno di parlarsi e dire nulla, assolutamente nulla.
Ma alla fine i loro doveri giornalieri li richiamarono c'erano allenamenti ed incontri da disputare, un calendario fitto che non permetteva di poltrire per molto tempo.
Stan così andò a farsi la doccia senza dire ancora nulla, non si erano nemmeno baciati. Roger rimase in camera per due minuti a chiedersi cosa dovesse fare ora.
Avevano fatto l'amore dopo averlo accuratamente evitato per un po' di tempo.
Si erano comportati come due che si prendevano una pausa, ma che dovevano vedersi per lavoro e quindi, in quello, convivevano. E poi improvvisamente avevano rifatto l'amore senza parlarne prima. Era semplicemente successo e basta. Ora non sapevano cosa dirsi a proposito.
Il punto è che non ne abbiamo nemmeno mai parlato sul serio... durante la Coppa Davis ne abbiamo dette un paio. Secondo Stan io cercavo di distrarmi dal pensiero di Rafa, secondo me stavo solo scoprendo ed esplorando me stesso. In ogni caso poi non ne abbiamo più parlato, come se non fosse successo nulla, come se non si potesse, se fosse vietato dirlo. Un argomento tabù. Ed ora che ci siamo rivisti abbiamo continuato a far finta di nulla. Poi, sempre senza parlarne per nulla, abbiamo rifatto l'amore... come se invece fosse normale! Io non ci capisco più niente! Lo volevamo entrambi ed è successo, ma non stiamo insieme... non so nemmeno cosa provo effettivamente per lui. Lo adoro, gli voglio un gran bene... però non è che faccio l'amore con tutti quelli che adoro. Voglio un gran bene ad un sacco di gente, ma non ci vado a letto. Stan è decisamente diverso... “ A quel punto Stan uscì dal bagno e mentre succedeva, lui pensava che aveva bisogno di parlarne con qualcuno. Esattamente in quel momento, con Stan avvolto in un asciugamano e tutto bagnato e gocciolante, Roger pensò a Rafa.
Di solito ne parlava con lui, ma ora per parlarne con lui avrebbe dovuto vederlo di persona. Parlare attraverso un telefono era un conto, vederlo era un altro. Non sapeva perchè l'aveva evitato con tanta cura da quando erano lì, ma la verità era che doveva affrontarlo.
Ne aveva bisogno.
Sia di affrontarlo che di confidarsi.
Aveva paura di scoprire che dopotutto Stan aveva ragione, che per Rafa era scaturita la delusione più cocente della sua vita ed aveva paura che ammetterlo davvero e sul serio l'avrebbe fatto soffrire indicibilmente, molto di più di quanto, inconsciamente, aveva fatto fino a quel momento.
Cosa farei in quel caso?”
Si chiese spaventato osservando Stan rubargli della biancheria intima ed una tuta. Scelse la più comune. I vestiti di Roger avevano quasi tutto il suo marchio perchè glieli personalizzavano: RF. Voleva mettere uno di quelli, ma trovò qualcosa senza lettere e mise quello, senza bisogno di chiederlo. Roger rimase ad osservarlo pensieroso e sull'orlo del terrore, solo dopo che fu vestito Stan riuscì a muovere la sua faccia in un sorriso e a salutarlo.
Rimase incerto su come approcciarsi. Baciarlo? Fare di nuovo finta di nulla?
Forse era il caso di parlarne...
Provò così a tirare fuori due parole sensate per iniziare quel discorso, ma l'idea di farlo prima di un buon caffè, lo bloccò di nuovo, così si sedette sul letto stanco e gli sorrise con aria di scuse.
- Ne parliamo dopo due caffè? - Stan ne beveva uno per svegliarsi ed il secondo dopo una mezz'ora per attivarsi.
Roger sorrise intenerito, adorava tutto di lui. Ogni suo modo che ormai conosceva a memoria, ogni tipico comportamento, ogni angolazione. Lo divertiva, lo adorava.
- Va bene. - Disse poi realizzando che era giusto, anche se non aveva idea di cosa dirgli.
Roger andò a farsi la doccia pensandoci ancora con insistenza, ma non trovò proprio nulla da rispondere alla probabile domanda 'perchè?'
Perchè volevo.”
'Cosa provi per me?'
Ti adoro. “
Ma che risposta era? Non ne aveva idea.
Rafa era convinto che Stan fosse l'uomo della sua vita, quello che era destinato a lui. Per qualche ragione ne era sicuro.
Lui passava momenti in cui lo credeva ed altri in cui invece era sicuro che fosse altro. Cosa fosse quel 'altro' non ne aveva idea.
Stan gli piaceva enormemente, lo faceva stare bene, era il suo cielo sereno. Ma perchè?
Fu l'uscire dalla camera che lo tolse da ogni impiccio.
Da solo forse non avrebbe mai trovato delle risposte soddisfacenti ed avrebbe ingiustamente tenuto Stan sulle spine. Ma così fu meglio, per quanto brutto.
Roger e Stan si imbatterono proprio in Rafa e Nole e tutto divenne un terremoto incontrollato.
Roger passò dal sorriso alla cupezza in un battito di ciglia.
Stan vide prima Rafa e Nole e sorrise salutandoli, i due lo ricambiarono felici di vederlo, entrambi erano in splendidi rapporti con lui, lo trovavano una delle persone più piacevoli che conoscevano. Poi si girò a guardare Roger:
- Guarda chi c'è! - Ma la voce gli morì in gola quando vide Roger cupo, serio, teso e pallido. Vide lo shock nei suoi occhi e capì quali erano le sue risposte. Quelle che dopotutto aveva sempre saputo.
Se questo non fosse stato sufficiente, a dargli il colpo di grazia fu Rafa che si fece avanti come il tornado che era e parlando con Roger gesticolando, iniziò il suo monologo in inglese misto a spagnolo.
- E' da settimane che ti dico di vederci e tu sei sempre impegnato! Ora sapevo che eri qua e ti chiedevo mille volte dove diavolo sei cosa diavolo fai e non mi rispondevi mai! Eri come sparito! Ho avuto paura che non fossi venuto proprio! Come hai potuto sparire così proprio ora che eri qua anche tu? Rogelio, insomma! - Rogelio era uno dei soprannomi che Rafa aveva dato a Roger. Rori era nel privato e nell'intimo.
Nole rimase indietro, stranamente in disparte, ad osservare la scena con attenzione. Come se sapesse la risposta e cosa ne sarebbe conseguito.
Stan si sentì morire.
Roger, sempre più pallido, si mise a scuotere la testa e balbettare cercando di sorridere gentile e tirare fuori delle scuse una più pietosa dell'altra.
- Io... ecco, sai... a volte quel telefono mi fa impazzire e non capisco proprio come mi perda certi messaggi... e poi mi perde la rete! Sai, viaggiando di continuo dà di matto... sapevo che eri qua, ma sapevo anche che eri con Nole e non sono diventato matto nel cercarti. - Rafa, Stan e Nole pensarono tutti e tre la stessa cosa, ma se Stan e Nole non dissero nulla sapendo che era giusto rispettare la scelta di Roger di non parlarne, Rafa ovviamente non era dello stesso avviso e delicato come un elefante in una cristalleria, non gliela fece passare liscia mettendo dito, piede e mazza sulla piaga.
- Non dire cazzate! Lo so bene che lo sai usare quel telefono! Chiami sempre i tuoi figli da ovunque ti trovi e gli rispondi in ogni caso! E poi non ti sei mai fatto problemi ad incontrarmi nei tornei che partecipavamo insieme anche se c'era Nole! Cos'hai, si può sapere? Volevo vederti, abbiamo parlato al telefono ma non vedevo l'ora di dirti delle cose a tu per tu... - Insistette come un treno in corsa, senza dargli tregua e Roger, con le spalle al muro e la pressione alle stelle, quasi spaventato, scoppiò dopo un paio di 'Rafa' andati a vuoto.
Alla fine non c'erano scuse che tenessero con lui, lo aveva saputo da subito. Per questo aveva cercato di evitarlo.
- Senti, non volevo vederti, ok? Non ero pronto ad averti davanti, a vedere la tua faccia... specie perchè sapevo che saresti stato con lui! Non volevo rovinarti il torneo, non volevo rovinarlo a lui e nemmeno a me! Per questo volevo evitare di vedervi... È questo che volevi sentirti dire? Non ci potevi arrivare da solo? Sei davvero così ritardato o lo fai di proposito perchè sei sadico e godi quando te lo dicono in faccia? Avevo paura di incontrarti! Parlare con te è un conto, ma vederti è un altro! Specie con Nole! - Il cuore batteva ancora impazzito nel petto e si ritrovò ad ansimare come quando giocava una partita lunga e faticosa.
Tutto si fece silenzio, Rafa rimase sconvolto coi suoi occhioni sgranati, Nole strinse le labbra in un'aria di scuse e Stan... beh, a lui gli si riempirono gli occhi di lacrime. Rimase di ghiaccio per poi, sulla discesa cristallina di una lacrima, evadere silenzioso e velocissimo verso la propria camera, poco più in là di dove erano ora.
Roger si accorse che lui se ne era andato senza dire nulla e fu anche peggio, perchè capì in un istante cosa era successo e si sentì un verme.
Un istante di follia, si disse.
Per poi rendersi conto, in quel caos apocalittico, che aveva ferito a morte Stan, proprio Stan.
La sua bocca parlò da sola chiamandolo 'Stanley', ma non riuscì a dire altro. Rimase piantato lì per poi tornare a girarsi verso Rafa e Nole. Rafa si mordeva la bocca ancora sotto shock, incredulo di quello che aveva sentito, mentre Nole, consapevole, sospirò.
Roger nel caos più totale, incapace di capire cosa fare.
Fu Nole a prendere le cose nelle sue mani e a decidere per loro il da farsi.
- Voi due avete chiaramente bisogno di parlare... ci penso io a Stan... - Con questo in poche falcate fu davanti alla sua camera. Lo sentirono chiamarlo e dire che era lui. Due secondi dopo era dentro.