*Ecco il nuovo capitolo, in
super ritardo. Giornate piene. Comunque eccoci qua col capitolo più
importante, Roger decide di seguire il consiglio di Rafa e giocarsi il
tutto per tutto obbligando Stan al confronto con lui, Stan, da bravo
emotivo e spontaneo quale è, ha un mancamento. Vediamo come procedono
le cose e se Roger riesce a fare breccia e a risolvere tutto. Il
prossimo è l'ultimo capitolo e impegni permettendo, lo metto martedì.
Buona lettura. Baci Akane*
CAPITOLO
VI:
DECISIONI
IRREMOVIBILI
“Se
Stan vuole che io lo spinga per spronarlo, lo farò. Se vuole che io
dorma sul pavimento della sua camera da letto per tenerlo acceso,
come due bambini mancati... Qualsiasi cosa vuole che io faccia. Sarò
qui domani - a meno che lui non mi voglia e mi dica 'Vai a Bondi
Beach e rilassati, mi occuperò io di tutto il resto!”
-Roger
su Stan -
Roger
uscì ai quarti di finale contro Raonic, nell'ultimo torneo ufficiale
dell'ATP World Tour Masters 1000. Questa volta non riuscì a
rifugiarsi nel tennis, la testa ormai catalizzata su Stan più che
mai. Aveva un colpo per riaggiustare le cose, non lo poteva
sbagliare.
Se
avesse vinto Parigi e le finali di Londra, avrebbe potuto finire
primo in posizione l'anno di tennis, però alla fine perdendo Parigi,
la possibilità venne praticamente spazzata via.
Non
parve importargliene molto.
Ormai
Stan occupava ogni minuto del suo tempo.
Decise
di affrontarlo appena arrivato a Londra, avevano dei giorni per
allenarsi, durante quelli lui si sarebbe occupato di Stan.
Stan
stava sempre peggio, si sentiva un vero straccio. Era sicuro che non
sarebbe mai più riuscito a vincere un'altra partita.
L'idea
di giocare ancora a tennis lo torturava, lo faceva stare proprio
male. Non gli importava più, non gli piaceva nemmeno. Lo faceva
pensare troppo a Roger e sapere di doverlo rivedere, prima come
probabile rivale in campo e poi in Coppa Davis, lo torturava
moltissimo.
Non
voleva saperne, ma non poteva ritirarsi senza valide motivazioni.
“Non
posso giocare con o contro Roger!”
Si
immaginò ad annunciare la famosa motivazione e rise amaro scuotendo
il capo.
Ormai
era ora di alzare la testa ed affrontare i fantasmi.
Con
un po' di fortuna sarebbe finito nel girone di Nole, poteva perdere
tutte le partite ed evitare la semifinale dove, con tutta
probabilità, avrebbe potuto affrontare Roger. In questo caso poteva
evitarlo.
Però
serviva quella famosa fortuna di cui non era convinto d'essere
provvisto.
“Che
poi potrei anche incontrarlo in albergo per caso... o in
allenamento... “ I due erano abituali allenarsi insieme anche
durante i tornei personali.
Gli
mancava moltissimo farlo, parlare con lui. Gli mancava lui, gli
mancava Roger come l'aria.
Voleva
poterlo rivedere, stare con lui, parlargli di tutto, allenarsi,
giocare con lui.
Rivoleva
Roger, il suo Roger. Ma al tempo stesso l'angosciava, lo stomaco
serrato in una morsa tanto che poteva vomitare. Rivederlo davvero era
fuori discussione.
“Sono
troppo emotivo! Non andrò lontano così!”
Sospirando,
entrò in albergo guardandosi intorno terrorizzato all'idea di
beccarlo. Per i tornei ATP gli organizzatori davano a disposizione
gli stessi hotel ai partecipanti, per cui erano sempre tutti insieme
per questo motivo. Erano hotel del circuito tennistico che gli
permetteva di allenarsi liberamente quando ne avevano necessità.
Con
sollievo notò che non c'era Roger in vista e affrettandosi, andò a
recuperare la propria camera.
Di
norma ormai l'organizzazione sapeva che loro due occupavano camere
confinanti e usavano i campi da tennis d'allenamento nello stesso
orario. Per cui sapeva il rischio che stava correndo. Del resto era
un uomo, non poteva nemmeno continuare a scappare per sempre.
Sarebbe
stata una bella prova rivederlo. Era certo che sarebbe successo lì a
Londra.
“E
comunque ci dovrò giocare insieme...”
Si
ricordò in ascensore.
Con
l'ennesimo sospiro funereo, alzò lo sguardo per uscire e raggiungere
la camera, quando il viso davanti a lui gli fece venire un colpo.
Rimase impalato fra le porte che aspettavano il suo passaggio, rimase
immobile mentre il fiato veniva totalmente rubato ed il cuore si mise
a scoppiare nel petto. Sentiva la giugulare pompare sangue a folle
velocità, si sentì avvampare. Le gambe molli, la sensazione che, se
avesse mosso un passo, sarebbe andato giù. Non poteva. Era
impossibile.
Camminare,
andare oltre. Salutarlo. La voce. La voce non c'era. Non esisteva.
Roger
era lì davanti a lui e per un momento pensò che si fosse appostato
per obbligarlo a vederlo.
Non
riuscì a parlare e a muoversi, così le porte si chiusero su Stan
bloccandosi. Non si mosse e Roger, capendo il suo shock, gli prese il
borsone e la valigia da viaggio, prese il suo braccio e lo tirò
facendolo uscire di peso dall'ascensore.
Stan
mosse a forza un passo ma come immaginato le ginocchia gli si
piegarono e Roger, che in quel momento si era girato per trascinarlo
lungo il corridoio, se lo sentì peso morto. Si girò e lo vide sulle
ginocchia, pallido e con gli occhi sgranati nel panico più totale.
Roger
allora mise giù la borsa e lasciò il troll, si accucciò davanti a
lui e preoccupato gli prese le spalle stringendo e scuotendolo, occhi
negli occhi, ora così vicini. Lo stava anche toccando, lo faceva sul
serio.
-
Stanley! Stanley, riprenditi! Sei troppo emotivo, non puoi fare così!
Dai, alzati! - In effetti se fosse venuto qualcuno proprio in quel
momento, sarebbe stato complicato spiegare la situazione.
Quando
lo vide sbattere gli occhi un paio di volte e tornare a respirare, lo
alzò di peso, si ricaricò tutto sopra e riprese Stan per il braccio
come prima, stringendo forte la presa. Gli rubò la chiave di mano e
lesse il numero della camera, attaccata alla propria.
In
poco tempo erano dentro, una volta lì Roger scaricò tutto di lato e
si girò verso Stan lasciandolo andare. Lui si appoggiò alla porta
con le mani che aderivano alla superficie dura dietro di sé.
Respirava
a fondo e lentamente per riprendersi.
Aveva
davvero avuto un cedimento fisico.
L'ansia
di incontrarlo era stata tale che quando l'aveva visto sul serio, non
aveva tenuto botto.
Non
avrebbe mai immaginato una cosa simile.
Roger
non sapeva come iniziare e cosa fare, in effetti aveva passato le
settimane a chiedersi cosa dirgli e come chiarire, senza mai arrivare
ad una decisione.
Solo
ora che l'aveva davanti si rendeva conto che non c'era niente di
preciso da dire.
Niente
se non una semplice cosa.
-
Stanley, devi perdonarmi. Credimi, non volevo... - A quelle parole,
Stan si rese conto di cosa parlava, ricordò in un istante
quell'orribile mattina, ricordò quella splendida notte. Ricordò
tutto.
E fu
la fine, perchè gli occhi gli si riempirono di nuovo di lacrime che
non trattenne. Roger si sentì anche peggio, non aveva idea di come
sistemare le cose, forse non poteva. Sapeva che aveva pianto per lui,
ma vederlo era peggio e non aveva proprio idea di come rimediare. Non
sapeva.
Era
nel panico più totale.
-
Stanley, io non volevo farti sentire usato e calpestato... ero
incasinato con Rafa, è vero... e avevo paura a rivederlo... e tu mi
aiutavi a stare così bene... eri il mio cielo sereno, non pensavo a
niente e nessuno con te, stavo bene. Quella notte per me... - Stava
per dire 'è stata speciale' e Stan lo capì, in quello ebbe uno
scatto indefinibile, un misto fra la rabbia e il dolore.
- NON
DIRLO! NON AZZARDARTI A DIRLO! - Era la prima volta che lo sentiva
gridare, Roger rimase paralizzato a vederlo in quelle condizioni,
così fuori di sé.
Si
fermò e si zittì e Stan allora, sempre rimanendo sulla porta, si
protese e lo puntò rabbioso col dito, mentre le lacrime continuavano
a scendere.
- Io
lo sapevo che tu mi stavi usando per dimenticare Rafa, ma pensavo che
dopo la Coppa Davis, visto che non ne avevamo più parlato e che non
era più successo nulla, tu l'avessi superata, che fosse andata e
finita e che quella notte... tu quella notte eri lì per me, volevi
me! Mi è sembrato questo! Ed io ho pensato che forse non tutto il
male veniva per nuocere, che dalla delusione con Rafa era nata la
spinta per accorgerti di me, di quel che provavi. Che questo ti
poteva aver avvicinato a me fino a quel punto! Quella notte io l'ho
pensato davvero! Me l'hai fatto pensare! Invece per te era solo un
modo per scappare da Rafa! Era sempre lui! Sempre e solo lui! - La
voce gli si spezzò, le lacrime scendevano copiose ed i singhiozzi
convulsi gli impedirono di parlare ancora. Si girò dandogli la
schiena, appoggiò la fronte e le mani alla porta e diede dei colpi
secchi nel disperato tentativo di riprendersi. Aveva la sensazione di
morire.
Aveva
buttato fuori tutto quello che aveva macinato per settimane ed ora
stava così male da svenire.
Si
sentiva bruciare, impazzire. Sicuramente non sarebbe più tornato
come prima. Voleva andarsene, voleva sparire. Cancellarsi.
Roger,
paralizzato dallo scoppio e dal fiume in piena di parole che gli
aveva sparato contro, dalla rabbia e dal dolore, attese qualche
istante. Non sapeva come aiutarlo, come prenderlo. Aveva provato un
approccio spontaneo e normale ma era stato peggio. Cosa fare?
“Dannazione,
non c'è un meglio od un peggio! A questo punto è tutto un gran
male! Posso solo fare quello che mi sento, che voglio da dentro...”
Pensando
questo, gli si appoggiò contro, mise le mani sulle sue e lo premette
nella stessa posizione in cui si era messo. Lo bloccò fra sé e la
porta aderendo con decisione ed alla perfezione per impedirgli di
scappare. Mise le labbra sul suo collo ed iniziò a baciarlo fra uno
scusa e l'altro. Sommesso, piano, sentito.
Stan
cercò di respingerlo, ma non ne aveva la forza.
Sentirlo
a quel modo, averlo addosso era un prosciugamento totale di energie.
Voleva
stare lì, voleva lasciarsi fare anche se sapeva che poi sarebbe
stato peggio.
- Tu
amerai sempre e solo Rafa. Cosa vuoi da me? Che ti dica che ti
perdono, che sto bene? Tornare come prima? Amici come prima? NON
ERAVAMO AMICI, DANNAZIONE! TI AMAVO! TI AMO ANCORA! - Riprese
tornando a gridare per cercare disperato la forza di respingerlo.
Impossibile
davvero.
Roger
non si sarebbe mosso da lì.
- Non
è così... forse dovevamo arrivare a questo... a togliermi il
saluto, ad allontanarmi, a perderti... l'ho capito ora che mi hai
tagliato fuori dalla tua vita. L'idea di averti ferito tanto mi ha
dilaniato, non riuscivo a darmi pace. Per me ci sei stato solo tu. Tu
ed aggiustare con te, aiutarti, scusarmi, tornare a posto. Tu e tu e
tu e solo tu. Sempre tu. Non sono riuscito più ad avere altri
pensieri per la testa, non ce la facevo proprio... ed ora io
dovevo... dovevo obbligarti a vedermi, non potevo permettere di
continuare così... - Continuò mormorando sul suo collo senza mai
staccarsi da lui. Stan tentò debolmente, ma alla fine si arrese
rimanendo lì in quella posizione, gli occhi stretti e nemmeno più
le lacrime a scendere perchè dopotutto era la tortura migliore mai
esistita.
- Non
prendermi più in giro Roger. Tu hai avuto per la testa solo Rafa. Io
ero un ripiego e lo sarò sempre. Per te non sono la stessa cosa che
sei per me. Devi lasciarmi andare, devi permettermi di riprendermi...
- Roger scosse il capo testardamente senza staccarsi da lui.
-
Voglio bene a Rafa, è importantissimo e sempre lo sarà. C'è stato
un momento in cui l'ho amato nel modo in cui tu ami me. Volevo che
scegliesse me e non Nole. Ma poi è andata così e l'ho digerita. Le
cose fra noi sono tornate come prima e sai come è stato possibile? -
- Hai
scopato con qualcun'altro? - Disse con rabbia.
- Sei
stato tu! Quanto mi mancavi, quanto ti rivolevo per me. Sono stato
malissimo all'idea di averti ferito. Non ho pensato che a te. Tu hai
scalzato Rafa dalla mia testa, dalla mia anima. Volevo tornare a
ridere con te, a parlare con te... ad accarezzarti... a baciarti come
quella notte... quella notte che è stata spontanea e voluta. Volevo
te, volevo davvero solo te quella notte. Ti ho guardato su quella
finestra ed ho pensato che ti desideravo e ti ho fatto mio. È andata
così... - Continuò mormorando mentre lente le sue mani lasciavano
quelle di Stan per scivolare sul petto, fra lui e la porta. Scese
ancora sul ventre e poi sull'inguine, cingendolo e aderendo. Stan non
voleva cedere, ma non aveva la forza di opporsi, le sue mani, quei
brividi. E l'idea che fosse vero. Non ci poteva credere, ma come non
morire a quei tocchi, a quelle labbra sul suo collo, quella voce così
presa e penetrante?
Spinse
il necessario per permettergli di avere lo spazio per muovere le mani
addosso a sé e Roger capì che era fatta. Doveva fargli sentire che
era autentico quello che diceva.
Che
lentamente Rafa era tornato alla sua dimensione e Stan si era preso
tutto.
- Non
posso rinunciare a te. Posso rinunciare e superare tutto, ma non
posso rinunciare a te. Ti desidero, ti amo. Non lo senti? Non senti
quello che provo? - Stan sconvolto da quelle parole, ricordò come un
treno quelle di Nole.
'E'
andata che mi sono aggrappato a quella volta che abbiamo fatto
l'amore insieme, io avevo sentito i suoi sentimenti, io sapevo che li
provava.'
“E'
così? Lo posso sentire? Posso capire se mente o no?”
Lentamente
Stan si girò con la testa rimanendo in quella posizione contro la
porta con le sue mani che l'accarezzavano sotto i vestiti, una sul
torace e l'altra nell'inguine, semplici carezze profonde e sentite.
Roger
staccò il volto dal suo collo sentendo che stava girando la testa e
quando fu alla portata della sua bocca, quando poté vedere i suoi
occhi ancora gonfi di lacrime, il dispiacere e le scuse furono
sincere.
Tremò
nell'aderire le labbra alle sue. Tremò e Stan lo sentì ed incredulo
che succedesse davvero in quel modo, schiuse la bocca lasciandolo
entrare.
Un
bacio per capire, un bacio per morire.
Stan
si perse e Roger lo ritrovò, lo prese, l'accolse, lo strinse ed una
volta avuto, non lo lasciò più andare.
Le
lingue ritrovarono casa, si intrecciarono con quell'emozionante
sensazione d'appartenenza.
Non
aveva davvero più avuto alcun desiderio per nessun altro, dopo
quella notte con Stan. Conscio che nessuno gli avrebbe potuto dare
quella stessa emozione precisa. Ed ora era lì, era lì di nuovo,
quella sensazione. Fra le sue braccia, nella sua bocca.
Gli
abbassò i pantaloni della tuta fino alle cosce, lasciando che poi
lenti scivolassero giù da soli e mentre lui si toglieva le scarpe,
Stan faceva altrettanto. Cominciò a muoversi addosso, come se
l'accarezzasse col suo corpo.
Di
nuovo quella notte nella mente, quel sapore nella bocca.
Mossero
le teste, aderirono meglio, si allacciarono ancora mentre con
sensualità non potevano farne a meno di smettere.
L'intensità
crebbe e Roger risalì con le mani sulla sua maglia, trovò la
cerniera e l'abbassò, prese i lembi alti e gliela sfilò dalle
braccia facendo cadere a terra l'indumento. Come quella notte.
Stan
si emozionò tornando a quelle emozioni pure e bellissime.
Catapultato
a quella notte e a quello che aveva provato mentre Roger l'aveva
spogliato in quel modo. Non smise di baciarlo finchè non gli prese
anche la maglietta sotto e alzata, dovette separarsi dal suo viso. Si
staccarono anche dalla porta, Stan si voltò verso di lui e lo guardò
carico di desiderio ed emozione, con la speranza che fosse tutto
vero, di catturare ancora quel sentimento.
“Si
può sentire davvero, non è solo un'illusione di un momento...”
Pensò Stan tornando al discorso con Nole sul sentire l'amore di
qualcuno in certi momenti.
Così
stavano per tornare a baciarsi, quando Stan si ritrasse e gli tolse
la maglia che indossava alzandola sopra la testa. Roger sollevò le
braccia e le mani del compagno ridiscesero lungo di esse, piano,
raggiungendo il suo viso e prendendoglielo. Iniziò a spingerlo verso
il letto, sempre tenendolo a quel modo. Roger le mani sui suoi
fianchi per non farlo scappare.
Occhi
negli occhi, lucidi, emozionati.
Il
momento così importante.
Così
perfetto.
Raggiunto
il letto, Stan sfiorò le sue labbra per poi aprirgli i jeans e
spingerli verso il basso. Invertì le posizioni e si sedette per
primo sul letto lasciandolo in piedi davanti a sé, senza staccargli
gli occhi di dosso lo guardò dal basso continuando a togliergli i
pantaloni, portando con sé anche gli slip.
- Io
ti amo, lo sai. - Disse con un'affermazione ed un tono particolare.
Roger
annuì.
- Lo
so. -
- E'
una grande responsabilità quella che ti stai prendendo. Perchè se
io mi fido di te ora, tu sai che io ti amo sul serio e non puoi
permetterti di deludermi ancora, perchè la prossima volta io mollo
tutta la mia vita, qualunque cosa io faccia, qualunque cosa io sono.
E sparisco. Non mi vedrà più nessuno. Perchè non potrò mai
superarla per una seconda volta. Capisci? È questo il mio modo di
vivere i sentimenti. Prendono ogni particella di me. Non rimane
nulla, dopo. Quando amo sono solo questo. Mi do completamente. E se
sto male non resta più niente di me. - Con questo lo lasciò nudo in
piedi davanti al letto per scivolare indietro in mezzo al letto.
Roger lo guardò con ancora addosso i boxer e pensò che fosse
padrone di una sensualità senza precedenti. Era ingenua,
inconsapevole. Lo trovava bellissimo.
Capì
quello che gli aveva detto e mentre realizzava quanto importante
fosse quello che gli stava dicendo, comprese che lo stava perdonando
e gli stava dando una seconda occasione.
E
mentre pensava quello, la gioia che lo invase fu totale ed
incontaminata, imparagonabile a niente altro.
Il
calore lo investì eccitandolo in un istante e si vide subito.
Fu
una sensazione senza precedenti, si commosse e con le lacrime che si
affacciavano agli occhi, con l'emozione viva addosso, salì sul letto
a carponi, prese i boxer di Stan e mentre lui alzava il bacino
aiutandolo a toglierglieli, li sfilò via. Si stese sopra, fra le sue
gambe aperte che avvolse intorno ai suoi fianchi, lo vide stendersi
col busto e abbandonare la testa all'indietro, mentre alzava le
braccia in alto. Lo vide darglisi in quel modo che adorava, si eccitò
ancora di più e prendendosi le sue labbra, le leccò per poi
infilarsi dentro con la lingua ed unirsi alla sua. Si baciarono a
lungo, intrecciando bocche e corpi, carezzandosi e prendendosi in
quel modo. Le emozioni esplodevano ricordando ad entrambi niente
altro che loro.
Loro
e quella notte che si stava ripetendo più bella perchè ora entrambi
consapevoli.
Dopo
il bacio, scivolò sull'orecchio, Stan lo circondò con le braccia
rimanendo allacciato a lui anche con le gambe. E la sua voce gli
mormorò piano la risposta.
- Ti
amo come non ho amato nessuno mai. Voglio proteggerti da tutto,
Stanley. Non voglio più farti soffrire. Ti ho aspettato da una vita,
ti ho confuso con mille altre persone e sensazioni ed invece eri lì,
sei sempre stato lì con me. Unico e grande e mio. Per questo non ero
mai convinto, perchè ti avevo già lì, non erano loro, eri tu! -
Stan tornò a commuoversi e sempre con le famose lacrime che
scendevano, chiese sommesso:
-
Entra subito, entra, ti prego... voglio essere tuo... credo di
morire... - La sensazione era così grande da non saperla più
gestire, per Roger fu la stessa cosa e dopo essere sceso a
prepararlo, con Stan di nuovo con le braccia alzate oltre la testa,
abbandonato a lui, in attesa che gli facesse tutto quello che voleva.
Il
bisogno fu assoluto, non aveva mai necessitato tanto di fondersi a
qualcuno come ora e dopo averlo bagnato e preparato, gli alzò le
gambe, le tenne da sotto le cosce e dopo essere entrato, con la testa
all'indietro e gli occhi chiusi, gliele lasciò e gli si stese
addosso, coprendolo col proprio corpo mentre si adagiava meglio in
lui. Mentre usciva e rientrava e ad ogni spinta era più dentro.
Fu
meglio di tutte le altre volte, forse perchè erano più pratici o
perchè non lo facevano da un po' e lo desideravano un sacco.
O
forse per quel che ora provavano.
Il
calore fu assoluto ed improvviso, quando si schiacciò su Stan,
questi tornò ad abbracciarlo, lo cinse con le braccia al collo e lo
baciò lasciando le labbra aperte, le lingue si fusero e gli ansimi
si unirono irregolari coi gemiti. Gli occhi chiusi ed i movimenti
sincroni, perfetti. Dopo essersi allacciati e trovati, non si
lasciarono più e proseguirono crescendo su quella strada.
Una
spinta, un'altra e sempre più dentro, le lacrime tornarono a
scendere nel sentire quel senso di perfezione e grandezza. Nel
realizzare che l'avevano trovato, che l'avevano raggiunto. Quello che
avevano sempre cercato ed aspettato.
Il
destino, lo chiamava Rafa. Qualunque nome avesse, era così. Era così
che ci si sentiva e lo capiva solo ora.
Era
bellissimo e perfetto.
Si
mossero insieme, andandosi incontro, entrando più in profondità. Le
voci ed i gemiti sempre più forti, sempre più stretti insieme. Il
sentimento fortissimo, le spinte più decise, più vigorose.
E
finalmente loro. Finalmente quell'orgasmo, aspettarsi per venire,
muoversi e aspettarsi fino ad aiutarsi a raggiungerlo insieme.
Vennero a poca distanza uno dall'altro e Roger lo guardò inarcandosi
e separandosi un po', prendendosi quel culmine splendido e perfetto
che non poteva avere paragoni.
Se lo
prese e se lo godette. Il mondo scivolò via mentre lui si stendeva
sulla schiena tirandosi su Stan, questi si accoccolò su di lui,
ansimante allo stesso modo, i corpi sudati e palpitanti, bollenti. Le
menti sgombere, i sensi confusi ed offuscati. Il piacere vivo, così
vivo.
Rimasero
qualche secondo senza dire nulla, poi Roger parlò piano stringendo
Stan a sé protettivo.
- Ti
amo sul serio. Ti amo davvero, Stanley. Ti proteggerò, mi prenderò
cura di te. E se dovessi capire che la fonte del tuo male sono io, ti
proteggerò anche da me. Ti amo, Stanley! E perdonami per tutto
quello che ti ho fatto e per non aver capito prima. Perdonami per
tutto. -
Stan
sorrise asciugandosi ancora l'ennesima lacrima d'emozione. Alzò la
testa e lo guardò incredulo che fosse successo davvero, dopo una
vita passata a sperarlo.
- Ti
amo da sempre, non sei ancora riuscito a farti odiare. Nemmeno
adesso. La mia vita ora è completa. - Un anno da incorniciare, un
anno perfetto.
L'avrebbe
ripetuto fino alla nausea in tutte le interviste.
Uno
Slam vinto, un Masters e poi una serie di altri tornei e buone
posizioni che gli avevano permesso di arrivare in quarta posizione. E
poi l'amore di sempre, quell'amore coltivato e mai aperto.
Quell'amore ora raggiunto.
Roger.
Quell'anno
non l'avrebbe mai dimenticato.
Le
dita intrecciate, le mani unite, l'orecchio sul petto ad ascoltare i
battiti regolari e confortevoli, la pelle che emanava calore, i corpi
ancora fusi.
La
luce del giorno entrava a pieno nella camera, era mattina inoltrata
ed erano tardi sulla tabella di marcia che li voleva ad allenarsi.
-
Dovremo muoverci... - Disse pigramente Stan, ancora nella pace più
beata dei sensi. Roger non sembrava intenzionato a farlo.
- Sei
sicuro? - Chiese infatti mentre con la mano libera dalla sua
carezzava leggero, coi polpastrelli, la sua schiena inarcata, la
gamba piegata avvolta sulla sua.
-
Sono le undici, siamo qua da più di un'ora... in programma avevamo
il primo allenamento proprio adesso... - Ricordò Stan che aveva
faticosamente memorizzato il famoso programma.
'Arrivo
in albergo alle ore nove, sistemazione e allenamento alle undici nel
campo A. Pranzo nella mensa alle 13. Giornata libera. '
-
Tanto noi ci possiamo allenare anche insieme, occupiamo comunque un
orario unico, possiamo scambiarci con Nole... - Rafa purtroppo non
c'era, convalescente dopo l'operazione avvenuta pochi giorni prima.
Stan
a nominare Nole, sorrise intenerito e pensò ad alta voce.
-
Dovrò ringraziarlo... - Roger, pensando che si riferisse al cambio
di allenamento, disse:
-
Beh, glielo dobbiamo ancora chiedere... -
Stan
scosse il capo.
- Non
per il cambio di orario. Perchè settimane fa, quella notte a
Shangai, mi ha detto una cosa che mi è tornata in mente prima ed è
grazie a quella che ti ho dato una seconda possibilità. - Roger,
incuriosito dalla rivelazione del secolo, fece alzare la testa di
Stan che fu obbligato a guardarlo e a cambiare posizione. Appoggiò
quindi il gomito e la testa alla mano e così lo guardò.
-
Cosa ti ha detto? - Stan rise. - Dai, lui di solito dà consigli
assurdi! Che sia stato d'aiuto in un'occasione simile è un evento! -
Pensò che l'avrebbe detto a Rafa visto che era sensazionale, ma non
lo disse ad alta voce sapendo che probabilmente sarebbe sempre stato
geloso di lui.
- Mi
ha detto che lui ha tenuto duro e non si è arreso con Rafa
nonostante lui poi fosse andato con te e sembrava finita, perchè a
Wimbledon hanno fatto l'amore. C'è stata un'unica occasione in cui
l'hanno fatto e lui era sicuro che quello fosse amore. Lui ha sentito
distintamente i sentimenti di Rafa, per questo non ha mai mollato e
si è sempre aggrappato a quello, ha sempre lottato per quello. E ne
è valsa la pena, alla fine aveva ragione. - Roger sorrise sorpreso e
compiaciuto.
Nole
sapeva sempre rivoluzionare tutti.
- E'
stato grazie a questo che ora mi hai dato una seconda occasione? -
Chiese piano, sempre carezzandogli la schiena. Le mani ancora
intrecciate.
- Sì.
Volevo sapere se aveva ragione. Se i sentimenti si potevano sentire.
Se io quella notte a Shangai avevo davvero sentito il tuo amore od
era stata un'illusione. - Roger si ritrovò emozionato, gli occhi gli
brillarono e Stan lo vide.
- E
l'hai sentito? - Stan sorrise dolcemente nel suo tipico modo. La sua
dolcezza era naturale e spontanea, non era una delle sue tante
espressioni come nel caso di Roger che poteva anche essere serio,
concentrato, allegro o mille altre cose. Stan aveva solo quella
tipologia di espressione. Dolce. I suoi lineamenti lo erano e lui lo
era come persona. A volte era una dolcezza piane d'amore, come quando
era con Roger, altre era una dolcezza naturale e spontanea, generica.
Era anche una persona semplice, diretta e spontanea, non diceva mai
bugie, ma sempre e solo quel che pensava. A volte se era su di giri o
veniva da qualche festeggiamento, le sparava grosse ed era anche
piuttosto divertente perchè aveva quelle uscite che uno non potrebbe
mai immaginare di sentirgli dire, ma in quei casi diceva quel che
pensava senza usare la parte docile di sé, bensì quella che
sbottava sotto pressione. Quello era il massimo che si poteva vedere
di lui, altrimenti era sempre al suo posto e tranquillissimo.
-
Appena ci siamo baciati. Mi sono arrivati tutti i tuoi sentimenti.
Tu... tu tremavi... - Disse esitando perchè l'emozione era tornata
di nuovo anche in lui. I suoi occhi divennero lucidi come quelli di
Roger, non piansero ma si strinsero le mani convulsamente,
avvicinarono i visi e prima di unire le labbra, Roger aggiunse:
-
Pregavo affinchè li sentissi... -
Con
questo si baciarono di nuovo con calma e pacatezza, assaporandosi, le
loro labbra morbide, le lingue che giocavano insieme.
-
Allora dovremo ringraziare Nole... - Concluse Roger lasciando che
Stan tornasse ad appoggiarsi come prima sul suo petto.
-
Aveva ragione, i sentimenti si sentono. - Roger non poteva essere più
contento che avesse avuto ragione e che si fosse intromesso quella
mattina.
“Gli
devo un favore enorme... certo mi ha rubato Rafa, ma se non l'avesse
fatto mi sarei perso Stan. Stan che era sempre stato lì davanti ai
miei occhi, ma che io non guardavo con gli occhi che meritava. Rafa
mi ha offuscato e confuso, ma per fortuna, in un certo modo proprio
grazie a Nole, le cose si sono messe come dovevano essere già da
tempo. Potrei fargli vincere le finali in cambio, dovremmo essere
pari!”
Non
lo pensava sul serio. Cioè di fargli vincere le finali. Ma alla fine
sarebbe comunque successo per un insieme di cose e quando si sarebbe
ritrovato a dare forfait per colpa dell'eccessiva stanchezza, avrebbe
sorriso con furbizia pensando che dopotutto era meglio così. Si
sarebbe detto che adesso erano pari.