CAPITOLO XVIII:
UNA SPECIE DI FERMATA
A Toronto ci mettemmo vicini di proposito e ci concordammo sugli allenamenti, ovviamente più giocavamo insieme e meglio era.
Ci stavamo concordando per gli allenamenti quando Nole borbottò grattandosi la nuca corrucciato.
- Ma sai che non ricordo
proprio l'ultima notte con te? - Io in quel momento stavo scrivendo sul
foglio dei campi di tennis e mi partì la penna con un segno. Nole mi
guardò stupito. - Cosa è successo? - Io cercai di mettermi addosso la
mia espressione più normale, ma non uscì bene.
- Niente di che... - Io
ricordavo tutto, ma non avevo avuto il controllo di me. Ricordavo i
miei pensieri, le mie azioni e quel che avevo provato facendo tutto
quanto, solo che se fossi stato in me e lucido non avrei fatto nulla di
tutto quello.
Non potevo dire di
essermene pentito, sicuro che fosse la mia unica volta con lui...
mezza, in fondo... però parlarne era shockante.
- Dai Rafa, devi
raccontarmi cosa abbiamo fatto! Ricordo che abbiamo giocato a poker e
la vodka alla fragola, poi poco dopo ho il vuoto! Il primo ricordo che
ho è al mattino nel tuo letto, vestito, con un mal di testa micidiale.
E tu eri già in cucina a far disastri col tentativo di fare una
colazione! -
Il racconto dal suo punto
di vista era anche divertente se non fosse che poteva sentirci
qualcuno, quindi gli tappai la bocca rossissimo.
- Smettila di parlarne, piantala! -
Lui fece il broncio.
- Mi tratti sempre male!
Che è successo insomma? - Si lamentò parlando piano ed avvicinando per
questo il viso al mio. Io indietreggiai istintivo.
- Niente, smettila. - Lo
ammonii finendo di scrivere i nostri turni ed il mio, poi gli consegnai
la penna e cercai di scappare, ma lui mi afferrò la maglietta e mi tirò
obbligandomi a fermarmi. - Nole! - Mi lamentai. Lui scrisse degli orari
a caso che comunque coincisero con i miei allenamenti di singolo, solo
con la creanza di scegliere un altro campo, e mi accompagnò verso il
bar dell'albergo che ci ospitava. Io mi piantai per terra.
- Che fai? - Chiesi scandalizzato.
- Andiamo a parlarne al bar! - Disse lui ovvio, fissandomi come se fosse scontato.
- Parlare di questo? - Lui
annuì, io sbiancai. - Ma sei pazzo? - La risposta doveva essere 'non
c'è niente da dire, non è successo nulla' ma così gli diedi conferma
che qualcosa c'era.
- Ok, allora andiamo in camera! - Io volevo uccidermi, come ne uscivo da quella situazione? In camera?! Sul serio?!
Però non potevo oppormi e
tirarla per le lunghe, altrimenti sarebbe stato una conferma che era
sconvolgente. Non dovevo dirgli cosa era successo sul serio.
Assolutamente.
Alla fine mi rassegnai e andammo in camera. La mia. Così se volevo cacciarlo dovevo farlo a calci e non potevo scappare.
Nole si sedette nel letto
incrociando le gambe sul letto, si mise bello comodo, braccia
intrecciate sul petto e l'aria di chi gli mancava solo i pop corn. Io
in piedi messo a dir poco male in attesa di tirare fuori qualcosa.
- Ok, ti sei ubriacato. - Poteva essere sufficiente?
- L'avevo capito! Non
ricordo nulla, che ho fatto? Ci ho provato con te? Da sobrio sono
maniaco, credo che da ubriaco sono peggio... - Logica inoppugnabile.
Come gli dicevo che ero io quello che avevo approfittato di lui?
Poi me ne resi conto.
Anche io ero ubriaco, in
realtà. La mia sbronza era diversa dalla sua perchè avevo mantenuto più
lucidità, però non ero in me. Che ne sapeva lui insomma? Bastava
rifilargli qualche palla.
- Bene... - Mi sedetti
sullo stesso letto e ci rivolgemmo uno verso l’altro. - Ero andato
anche io, la verità è che non ricordo bene. Anche Roger e Stan erano
andati, nessuno di noi può fare chiarezza su quel che è capitato quella
notte... io... io credo che rimarrà un mistero per tutti... - Speravo
di averlo convinto.
- Ma eravamo vestiti al mattino! - Puntualizzò mezzo deluso e mezzo circospetto.
- Beh, significa che non è successo niente di che, suppongo. - Che bugiardo!
- Però avevo una bella
macchia di sperma sulle mie mutande! Per questo voglio sapere che
abbiamo fatto! - La mattina dopo non aveva voluto chiedere nulla per lo
stato confusionale in cui era ancora, ma poi ci aveva pensato e
ripensato fino a voler sapere. Ed ora eccolo lì ad indagare.
Io mi strofinai e spettinai i capelli sospirando insofferente.
- Beh, io non lo so... ti
sarai masturbato... non lo so, Nole... vorrei ricordare, ma non
ricordo... vagamente so che abbiamo provato a giocare a biliardo, ma
poi... -
- Biliardo? - Chiese attento. Annuii e lui fece una faccia strana. - Che c'è? -
- Sono bravo a biliardo!
Sicuramente ho vinto io! - Disse spontaneo. Io altrettanto spontaneo
sgranai gli occhi e mi dimenticai della mia linea di palle che stavo
rifilando!
- BRAVO!? MA SE MI HAI
CHIESTO COME SI GIOCAVA E TI SEI FATTO METTERE IN POSIZIONE! - E qua mi
misi la mano sulla bocca rendendomi conto di aver detto qualcosa di
troppo. Lui così mi indicò acceso come un fuoco d'artificio.
- A-HA! AVEVI DETTO CHE
NON RICORDAVI INVECE RICORDI BENE! LO SAPEVO! - Io mi alzai
immediatamente dal letto iniziando a camminare nevrotico per la camera.
- Senti, non ricordo tutto, solo a tratti. Ho dei flash, ma niente di più! -
- Andiamo, se ci ho provato con te te lo ricorderai! -
- Ci hai provato con me
per tutti e due i giorni che sei stato lì! - Risposi esasperato,
allargando le braccia ovvio. Lui si alzò e cominciò a venirmi incontro,
io ad indietreggiare fino ad arrivare contro la parete.
- Tu non me la racconti giusta! - Disse come un mastino, puntandomi col dito.
- Io sono sincero! Non-ricordo-tutto! -
- Allora cosa ricordi? -
Non avrebbe mollato, dovevo dirgli qualcosa. Scossi la testa guardando
da tutte le parti tranne che nei suoi occhi, lui invece non mollava e
non mi faceva respirare, le mani e le braccia appiattite contro il muro
dietro di me, lui non mi toccava ma non mi lasciava andare.
- Che mi hai chiesto come si giocava e come ci si metteva in posizione! - Annuii.
- Ecco, ora mi riconosco!
Quello era un provarci con te! Che altro? - Non capivo che senso avesse
per lui saperlo visto che già immaginava che ci aveva provato. Comunque
cercai di dargli qualcosa che non fosse compromettente per me.
- Ti ho messo in
posizione, a quel punto Stan ha cominciato a sbattere contro la porta
cercando di andarsene in soggiorno a dormire e Roger lo ha
accompagnato. - Nole annuì.
- E siamo rimasti soli. - Annuii anche io arrossendo molto più di prima. Nole assottigliò gli occhi.
- Cosa è successo dopo? - Io scossi il capo.
- Non lo so, da lì in poi è tutto confuso! - Lui sospirò. Si capiva che non era convinto.
- Come mi hai sistemato la
posizione? - Io volevo scappare, ma non me lo permetteva, così feci
l'errore di mettergli le mani sul petto per spingerlo, ma lui si
appoggiò al muro imprigionandomi e fece forza contro di me per non
permettermi di spingerlo via.
Ora era più vicino e potevo toccarlo con certe parti di me. Volevo morire, avevo paura di eccitarmi in poco.
Lo fissai negli occhi mentre dentro di me praticamente morivo.
- Come vuoi che te l'abbia
sistemata? Ti ho messo bene la mano sinistra e poi... - A questo punto
Nole improvvisamente si staccò ed io quasi caddi in avanti poco felice
della cosa. Il secondo dopo stavo porconando fra me e me anche se sono
ateo.
- Allora, ripetiamo la
scena, sai a volte ripetere i movimenti aiuta la memoria. Ero così,
giusto? - Nole si piegò appoggiandosi alla cassettiera con specchio, si
mise nella stessa posizione dell'altro giorno mimando una stecca che
non aveva. - Poi? - Sapevo che non avrebbe mollato fino a che non
sarebbe stato soddisfatto, dovevo rivelargli qualcosa a metà. Non
sapendo che altro fare, mi avvicinai mordendomi il labbro in seria
difficoltà mentre quella posizione scaturiva fin troppe cose.
Presi la sinistra e la misi sulla sua.
- Non ricordo, ma penso di
averti sistemato le dita così. - Mormorai piano abbassando
istintivamente la voce. Gli sistemai le dita alla stessa maniera. - Poi
avrai avuto la stecca ed io sicuramente ho messo la mano alla fine,
vicino alla tua, e l’avrò certamente direzionata verso la pallina
bianca. - Dissi evitando di mettere la mano su una stecca che non
c'era.
- Aspetta. - Disse Nole
alzandosi, per poco non mi diede una testata. Andò all'armadio, lo aprì
e prese l'asta appendiabiti, poi tornò alla posizione. - Ok. - Usò
l'asta come la stecca. - Rifai tutto uguale. -
Alla fine sospirai, non mi
dispiaceva e dopotutto volevo darmi speranza in merito, forse stava
testando quanto ero disposto nei suoi confronti, dopo quel dialogo
poteva essere rimasto confuso.
Decisi di tentare e
ripetei i movimenti, sistemai le sue dita della mano sinistra, poi
presi la stecca con la destra proprio vicino alla sua mano. Piegato
dietro di lui, cercai di non toccarlo mentre la posizione riapriva
ricordi deleteri ed eccitazioni ancor peggiori.
- Così? - Chiese.
- Non lo so, conoscendomi credo che ho fatto così. … -
Lui insistette:
- Sicuro che non mi hai messo la mano sulla mia? Io... io ho come la sensazione che... - mi morsi il labbro. Ci dovevo provare?
Così mi sforzai e misi la
destra sulla sua, mentre anche la sinistra rimaneva dove era. Poi
appoggiai il mio corpo al suo, aderendolo rimanendo piegati
praticamente a novanta. Il mio bacino contro il suo. Le labbra
all'orecchio.
- Pensi che eravamo così?
- Lo sentii succhiarsi il labbro e girò la testa a metà verso la mia,
le labbra quasi si toccavano, i visi si sfioravano.
- Mi sembra... mi sembra di ricordare qualcosa adesso... - Mormorò piano, lo sguardo a cercare il mio.
- E... e cosa ricordi? - Non ci alzammo, non ci muovemmo, rimanemmo così ed io sperai in qualcosa, non sapevo cosa. Qualcosa.
- Flash, istanti... dopo di questo? - Chiese. Io sussultai.
- Non... non so, non
ricordo bene nemmeno io. Ero andato, Nole... - Non potevo andare oltre,
non ce la facevo, era più forte di me. Però non mi alzai e rimasi così
su di lui, le mani che tenevano le sue che, improvvisamente, mi
agganciò a sua volta prendendomele coi pollici, le dita fra le sue,
come in una morsa. Io sussultai.
Silenzio.
Seri.
Così poco per incontrarci con le labbra, ce le guardavamo con ossessione, eccitati.
- I flash che ho sono tutti porno, non so se l'ho sognato o se è successo... - Fece poi, sempre quasi baciandoci.
- Tipo? - Me le cercavo, in effetti. Del resto io lo volevo, ma non volevo espormi.
- Tipo tu che mi tenevi piegato sul tavolo e scivolavi giù spogliandomi e leccandomi. - Ok, molto preciso. Io avvampai.
- Non... non saprei, non
ricord... - non mi fece finire la frase che si alzò, mi prese e veloce
mi spinse contro il muro bloccandomi.
- L'altro flash che mi
viene è questo. Io che ti blocco così e che ti masturbo. - La mano sul
mio inguine, attraverso i vestiti. Io aprii la bocca improvviso,
trattenendo il respiro, eccitato. Lui si leccò le labbra guardandomi
sensuale.
- Ma se non sei come me,
avresti reagito male, mi avresti respinto. Da ubriaco non credo che il
tuo orientamento sessuale cambi, no? Dopotutto ci siamo svegliati
vestiti, forse la realtà è che mi sono masturbato io da solo... sarebbe
più probabile. - Con questo indietreggiò lasciandomi andare, mentre io
completamente sbattuto fuori battevo le palpebre senza capire, senza
ricordare da dove gli venisse fuori e perchè non fosse andato avanti.
- Il mio... cosa? -
- Orientamento! Ricordo
quel dialogo, quando mi hai detto che non sei come me, che reagisci
spontaneamente a cose fisicamente piacevoli, ma che non sei così! -
Ripeté le mie parole e capii che per lui quello era un rifiuto netto.
In effetti lo era stato. Avevamo un po' chiarito e sistemato, ma gli
era rimasto sullo stomaco. Non penso mi credesse, penso fosse convinto
che erano le cose che mi ripetevo per giustificare cose che non ero
pronto ad accettare.
Potevo negare? Era il momento di chiarire?
Quel giorno gli avevo
risposto così perché avevo capito che per Nole o io o qualcun altro era
lo stesso, mentre per me no, per me era lui il punto, lui che volevo,
lui che mi stava facendo perdere la testa. Per cui per non essere solo
un usa e getta, solo uno dei tanti, avevo cercato di allontanarmi
usando quelle parole. Dovevo dirglielo? Chiarire? E perché? Cos’era
cambiato intanto? Io ero sempre uno dei tanti scopabili, per lui. Solo
un puntiglio. Un divertimento. Per me no.
Improvvisamente ebbi
paura. Venire allo scoperto con lui sulla mia omosessualità non era
facile, specie se poi lui non era davvero interessato a me. Non era una
persona seria ed affidabile, avrebbe potuto spiattellarlo al mondo per
scherzare, poteva dirlo ai suoi amici, poteva usarlo contro di me in
qualche modo, non ne avevo idea.
Sapevo solo che lui non
era serio, maturo ed affidabile e sicuramente non davvero interessato a
me. Forse solo per una scopata, per togliersi lo sfizio e basta, non
certo per una storia.
A quel punto no, non volevo scoprirmi troppo. Non ne valeva la pena.
- Comunque non ricordo bene, eravamo fuori e basta. Non importa più. - Tagliai corto e cambiammo presto discorso.
Giocammo il doppio e perdemmo alla prima partita.
Tutti fecero un gran
parlare di noi che giocavamo in coppia, l'uno ed il due, mai vista una
cosa simile. E soprattutto dove era finita la rivalità? Fummo felici di
dire che non era una rivalità astiosa ma positiva e serena, che
andavamo d'accordo e che il rapporto era buono. Non dicemmo molto in
merito, ma uscimmo subito, perchè non eravamo abbastanza preparati a
giocare insieme. Avremmo avuto bisogno di un po' di tempo in più, ma
avevamo preso la cosa sottogamba ed il risultato era stato quello.
Non facemmo pietà, ma era chiaro che sembravamo una coppia improvvisata per impressionare.
Così alla fine andò male, anche se in ultimo sfiorammo una rimonta clamorosa.
Lui ci rimase male, ci
rimase molto male e mentre giocavamo me ne rendevo conto, lo vedevo
innervosirsi, volevo aiutarlo e mi dispiaceva per lui, perchè un po'
era stata colpa mia, avrei dovuto insistere di più per allenarci invece
avevo fatto di tutto tranne che quello.
In realtà sapevo che
ognuno era responsabile per sé stesso, però vedere che ci teneva
davvero e vivere la sua delusione in prima fila, mi fece dispiacere
tantissimo per lui. Ad ogni punto sbagliato o perso ero il primo a
cercarlo per dargli una carezza o a prendere il cinque alla sua mano,
spesso ero io a dargli il buffetto sulla schiena, a volte glielo diedi
sul culo approfittando spudoratamente. Insomma, lo cercai molto più io
per tirarlo su.
Negli spogliatoi perse
molto tempo prima di essere pronto, intanto gli altri due che avevano
giocato contro di noi, finirono di prepararsi mentre parlavamo insieme
dell'incontro e dei momenti chiave. Quando se ne andarono, Nole si
decise ad alzarsi dalla panchina e a calciare le proprie scarpe
lasciate per terra. Il primo gesto di stizza che gli vidi fare. Lo
guardai stupito mentre lo aspettavo per andare a fare la doccia. Non so
perchè l'avevo aspettato, non ne avevo idea.
- Dai, non devi prenderla
così. Per noi non contano i doppi. Era una cosa divertente, no? -
Cercai le sue parole, ma non fu una grande mossa perchè a braccia
larghe mi fissò seccato.
- Doveva esserlo, sì! Ma
non mi sembra lo sia stato! Alla fine avevi ragione tu! Non eravamo
adatti! Non abbiamo trovato la nostra chiave! Abbiamo fatto una figura
di merda! - Io gli andai davanti senza paura, calmo, poi con dolcezza
innata gli misi una mano sulla spalla.
- Abbiamo avuto poco
tempo, le coppie di doppio trovano la chiave dopo molto che giocano
insieme. Considerando tutto, alla fine abbiamo fatto una rimonta
considerevole. -
- Ma non è stato
sufficiente! - Rispose ammosciandosi, lasciando cadere le braccia. Io
lasciai la mano, eravamo entrambi sudati e a torso nudo in attesa di
andare sotto la doccia.
- A me è piaciuto
comunque. - Non gli proposi di rifarlo, penso che per noi la parola
‘preparazione insieme’ era un tabù, finivamo sistematicamente per fare
altro e di conseguenza il torneo non poteva che ripetersi tale e quale
a questo. Volevo evitargli altre delusioni, ma ci tenevo a tirarlo su,
in quel momento fu la cosa più importante e lui alla fine adagiò la
fronte contro la mia e sorrise grato delle mie parole. Mi mise le mani
sui fianchi ed io persi me stesso per un momento.
- Anche a me. Volevo
prolungarlo di più, non mi importava niente di vincere. Volevo rifarlo.
Però va bene così. Come dici tu, siamo giocatori di singolo. - Lo disse
sempre con la fronte contro la mia, la mano scivolò dietro la sua nuca
e per un momento, un brevissimo momento, pensai che potevo baciarlo io.
Però lo fece lui, sulla guancia. Mi baciò sulla guancia ed io pensai che andava bene anche così.
Era un momento intimo e dolce, quello ci poteva stare.
E forse entrare nella sua testa sarebbe stata una cosa impossibile, ma non avrei mollato.
- Quando ti va di
riprovare, io sono disponibile. - Doppio senso, sperai che lo
cogliesse, lui sorrise e mi carezzò la schiena, dopo di che si staccò
ed andò verso la doccia.
Non ebbi il coraggio di
guardarlo, non so se lui lo fece con me, però poi parlammo di altro,
parlammo della partita, di tennis, di tutt'altro. Penso che anche per
lui fosse imbarazzante, era un po' teso e strano e forse solo ancora
deluso per la sconfitta.
Ci lasciammo senza che
succedesse più nulla se non che il nostro rapporto ormai era eccellente
sotto un punto di vista amicale. O per lo meno secondo me lo era, non
so se lo fosse anche per lui.
Non ne avevo idea, ma in
effetti da lì ci provò di meno rispetto a prima, credo che gli fosse
rimasto sullo stomaco la mia frase del 'non sono come te'.
Non riuscivo ancora a
capirlo, ma non potevo rischiare con uno che cambiava idea ogni secondo
e che comunque al massimo cercava divertimento.
Però ci speravo, speravo cambiasse e ci avrei sempre sperato.
Poi, ripeto, tutto questo
è solo dal mio punto di vista, perchè chiaramente io e lui siamo
diversi come il giorno e la notte, non potevamo avere le stesse
percezioni delle medesime cose che vivevamo.
Io avevo vissuto così quel momento ed anche quello successivo lo vissi così.
Noi due con una bella amicizia consolidata e con lui che, pensando io non fossi gay, non ci provava più per quello.
Me lo feci andare bene.
Non ne ero felicissimo e speravo sempre in qualcos'altro che, non
vedendolo arrivare, non forzavo. Non facevo il primo passo, non ero di
quel genere. Dovevo essere molto esasperato e lui ormai non lo faceva
più, non mi esasperava. Per cui le cose rimasero in una sorta di limbo
negli anni successivi.
Fino al 2013.