CAPITOLO II:
PAURA DI PERDERLO



In un anno arrivai da cinquantesimo a terzo. In un anno esatto.
In un anno, Roger vinse 3 Slam e un sacco di tornei, spezzando record impressionanti e facendo la migliore stagione di tennis della storia.
Da Marzo 2004 a Maggio 2005 io ero passato dal cinquantesimo posto al terzo e a luglio ero secondo.
Ricordo molto bene quell'anno perchè Roger splendeva, ma io ero dietro di lui.
Io. Ero. Dietro. Di. Lui.
Avevo 19 anni.
Quella stagione disputai 12 finali e ne vinsi 11, fra cui il mio primo Slam che, nemmeno a dirlo, fu il Roland.
A 19 anni.
Il tennis era nelle mie vene, Roger nella mia anima, nella mia mente, nei miei occhi, nel mio orizzonte.
Vivevo a pane, tennis e Roger. Qualunque cosa facesse io la sapevo, guardavo tutto quello che potevo di suo e ad ogni scontro mi sentivo al settimo cielo, ero sempre più felice e di volta in volta vederlo mi rendeva sempre meno nervoso.
Lentamente, stare con lui, con la persona che più di tutte contava per me, riuscì a rilassarmi.
Non so che potere avesse, forse era così bravo a capirmi e a conoscermi che si approcciava nel modo giusto, non ne ho proprio idea, ma io ero me stesso, con lui. Ovviamente evitavo di sbavargli dietro, ma non ero più l'eterno imbarazzato o timido, avevo superato quella fase perchè ero troppo felice di stare con lui tutte le volte che ne avevo l'occasione.
Per me esisteva solo lui, la mia vita era incentrata su di lui perchè dire lui era come dire tennis.
Io non ho dubbi, tutt'ora, che se sono ciò che sono, se ho ottenuto tutto quel che volevo e molto di più, è solo grazie a lui, alla rivalità positiva con lui ed al fatto che l'amassi così tanto da vivere di lui.
Avere lui come punto di riferimento, il più grande di tutti i tempi, è stato determinante. Se non l'avessi avuto forse sarei diventato primo, un giorno, ma non in così poco tempo.
Prima di riuscire ad essere primo dovetti aspettare un po', non fu facile strappargli la prima posizione, ma quando ci riuscii... Dio mio, la gioia e l'angoscia insieme.
Avevo superato Roger, ce l'avevo fatta. Per me non esisteva altro. Però l'avevo detronizzato.
Avevo detronizzato il mio idolo, avevo spezzato il suo record di settimane consecutive in prima posizione, ero uno straccio, ero dispiaciuto da morire anche se comunque felice.

Per quanto rilassato, quando ero con lui durante le partite o incrociandolo nei tornei vari a cui partecipavamo, non riuscivo ad essere sfacciato e a provarci con lui. Non avrei mai potuto prendere l'iniziativa in tal senso e poi ero sicuro che per lui io fossi solo un rivale.
Nemmeno.
Cioè una volta superato lo dovette ammettere, ma il fatto che avessi 5 anni meno di lui lo spinse a rifiutare la rivalità con me, anche se poi di fatto diventando così presto il numero due e rimanendolo fino al momento in cui non lo superai, stabilì volente o dolente che ero davvero il suo rivale.
Quando fui primo lo ammise, ma non si perse d'animo. Lo sentii nelle interviste essere diplomatico nei miei confronti, farmi i complimenti di rito, dire cose oggettive e tecniche nei miei confronti e poi affermare che comunque avrebbe fatto di tutto per riprendersi la prima posizione.
Io e lui poi siamo andati avanti a superarci di anno in anno fino a che lui non ebbe problemi fisici che lo videro scendere fino alla sesta posizione, da cui poi è risalito l'anno scorso tornando secondo e sfiorando la prima di poco.
Quando lui ha cominciato ad avere di questi problemi, che comunque capitarono anche prima del 2013, Nole ha iniziato la sua scalata approfittando attivamente.
Nole ha un pregio, fra tutti.
Può avere doti tecniche più o meno elevate rispetto a noi, può essere più o meno migliorato, può tutto quello che vuoi.
Ma la sua vera dote è la tenacia e la costanza.
Nole ha il grande talento di non aver mai mollato, una volta raggiunti i primi tre posti.
Non ha mai mollato, è sempre rimasto lì attaccato a noi aspettando il momento di poter approfittare per superarci.
E nel 2011 prima e 2014 poi ci è riuscito.
Ma io e Roger ci siamo superati a vicenda diversi anni ed ogni volta è stata speciale.
Ma una di queste determinante nell'ottica del nostro rapporto.
Il nostro rapporto personale.

Io ero gay, ormai ne ero consapevole e l'ammettevo a me stesso tanto da confidarmi con la mia migliore amica e chiederle di fare la parte della mia ragazza.
Ci tenevo ad avere un'immagine normale, più che altro per essere lasciato in pace dai media che aumentavano a vista d'occhio.
E poi per essere sicuro che, nel caso mi fosse scappato qualche comportamento equivoco, essendo gay poteva succedere, non si può tenere sempre tutto sotto controllo, io avessi avuto una specie di copertina di Lynus.
Francisca era l'unica di cui mi potevo fidare.
Ma per sfogare i miei lati gay avevo alcuni 'amici' speciali, trombamici in pratica. Non ho mai provato sentimenti per nessun altro che non fosse Roger, parlando di quel periodo, ma ovviamente avevo bisogno di sfogare gli ormoni.
Diciamo che a fregarmi è stato il provare la prima volta, dovevo assicurarmi di esserlo e non so perchè mi trovai a confidarmi col mio amico Pico, ovvero Juan. Juan giocava a tennis con me ed in una delle occasioni in cui capitammo insieme, mi confidai e gli dissi che pensavo di essere gay. Lui disse che per esserne certi si poteva solo provare e stavo lamentandomi del suo consiglio del cavolo quando mi trovai la sua lingua in bocca.
In un attimo mi fece capire attivamente quanto lo fossi.
La volta dopo mi aprì le gioie del sesso.
Rimase sempre tutto in amicizia, ma tutt'ora il rapporto fra noi è splendido.
Dopo di lui, nei momenti strategici, di particolare tensione o quando ne avevo semplicemente voglia, cercavo qualche amico di cui mi fidavo, disposto a farlo con me senza impegno.
Non che lo facessi poi così tanto, ma ero umano, ne avevo bisogno e Xisca la mia amica fidanzata non funzionava per nulla, in quel senso.
Così la mia vita personale era composta da me che mi masturbavo pensando a Roger, me che lo amavo perdutamente e sempre più e poi sempre me che scopavo con chi poteva aiutarmi a tenere a bada gli ormoni che sfogavo già abbondantemente con il tennis.

Questo era lo scenario quando lo sconfissi in finale degli Australian Open del 2009, dopo che ero diventato il numero uno.
Roger sicuramente puntava tutto su quel torneo per riprendersi la prima posizione, ma durante la partita ebbe un crollo emotivo storico da cui proprio non riuscì ad uscirne. Pur rendendomene conto non potevo farci nulla, giocai al mio meglio e vinsi confermandomi primo su di lui.
Nella premiazione pianse così tanto che mi sentii un verme, mi sentii così male che non riuscii ad esultare per quel primo Slam australiano. Era il primo su cemento, l'ultima superficie che mi era rimasta da conquistare dopo la terra rossa e l'erba.
Dovevo essere al settimo cielo ed invece volevo piangere per Roger che piangeva.
Penso d'averlo fatto, ma forse non se ne sono accorti.
Passai più tempo a consolare lui che ad esultare o godermi la coppa.
Non me ne fregava un cazzo di aver vinto, dell'obiettivo raggiunto dopo molto e di cosa significava e non me ne fregava nemmeno di essere in uno stadio in mezzo a millemila persone che ci guardavano. E i flash dei fotografi che ci immortalavano.
E le videocamere che ci riprendevano.
Fanculo, mi dissi.
Roger è distrutto per colpa mia, l'uomo che amo è distrutto per colpa mia. Non potevo, non potevo permetterlo.
Era Gennaio del 2009 quando agganciai il suo collo col mio braccio, l'attirai a me e appoggiai la fronte alla sua tempia. Poi con gli occhi chiusi gli dissi premendo sulle parole per fargli capire quanto lo stessi pensando:
- Sei il più grande di tutti i tempi. - Lui sorrise ma io dovevo convincerlo per cui sentendolo che cercava di evadere, lo tenni a me ancora, sempre fregandomi di quel che stava sembrando, che pareva lo volessi baciare, che ci mancava poco che lo facessi.
Non dimentico quel che provai in quel momento, non ci sono paragoni.
- Sei sempre il più grande. - E continuando a trattenerlo, premendomi su di lui, ripetei con decisione: - Lo sarai sempre. -
Sentii Roger rilassarsi, i muscoli stendersi e quando ci guardammo sorrideva ringraziandomi, gli occhi brillavano, il viso rosso non piangeva più.
L'avevo convinto, stava meglio.
Ecco, in quel momento mi sentii felice. Lì potei godermi la mia vittoria.
Solo lì.
Ma la prima cosa a cui avevo pensato era aiutare lui.
Il fuoco che avevo dentro ormai era acceso, l'avevo alimentato in qualche modo, era come se dopo di quello non ero più in grado di spegnermi.
Avevo stabilito un contatto speciale con Roger, non potevo staccarmene, chiudere e tornare alla mia vita normale come sempre. Una volta assaggiato un pezzo di lui, non potevo.
E quell'abbraccio, quel consolarlo, quell'essere il suo salvagente in un momento per lui tragico, fu determinante.
Una volta tornati negli spogliatoi per raccogliere le nostre cose, guardando la sua schiena che sistemava i suoi borsoni, sentendo il suo silenzio pesante, un silenzio che fra noi non c'era mai stato perchè era sempre stato un chiacchierone che diceva qualunque cosa in ogni situazione, capendo che una volta andati via forse non mi avrebbe più parlato e considerato come prima, che forse mi avrebbe odiato, mi dissi che dovevo fare qualcosa, che non potevo permetterlo, non potevo proprio.
E non lo permisi.
Per prima cosa provai a parole.
- Roger, devo dirti una cosa importante... -
Non so se era per quello che era successo durante la premiazione o per la paura che potesse odiarmi davvero, ma non avevo scelta, sentivo di non averne. Sentivo che era necessario. Ora o mai più. E non volevo si rovinasse tutto.
Roger continuava a sistemare le sue cose e a non guardarmi.
- Dimmi. - La mia coppa dimenticata per terra, come le mie cose che non erano ancora a posto.
- Devi... devi guardarmi... - Ero imbarazzato, era faticoso dirlo, non mi ero mai dichiarato e non sapevo nemmeno cosa dire di preciso, volevo solo che capisse, che sapesse che io lo amavo, che lo avevo battuto e superato, ma lo amavo. Era vitale lo sapesse.
Ricordo quello che provavo, il pugno allo stomaco, la sensazione di nausea e quella voglia di sotterrarmi.
Ma dovevo farlo.
Lui non si fermò, voleva solo scappare ed andarsene. Non osava guardarmi, non ci riusciva.
- Sì, un attimo... - Disse sbrigativo continuando a trafficare senza fermarsi. Non l'avrebbe fatto, non voleva. Lo vidi mettersi in spalla un borsone e quando capii che forse non avrei nemmeno trovato le parole, andai in tilt e mi mandai a quel paese.
Annullai la distanza con pochi passi e veloce lo girai prendendolo per la cinghia del borsone issato in spalla, l'altra mano sulla sua guancia e senza dire nulla, assolutamente nulla, lo baciai.
Gli presi il fiato, i cuori si fermarono ed il mondo sparì.
Non dimentico quel momento, non dimentico l'istante in cui le nostre labbra si sono incontrate, non dimentico la mia lingua che si è fatta strada fra le sue schiuse e sorprese. Io che gliele leccavo, io che gliele succhiavo, io che cercavo la sua e che la trovavo immobile e shockato.
Non rispose, quando capii che non stava rispondendo mi separai e mi allontanai violentemente rosso.
- S-scusa, non sapevo come dirtelo ma dovevo... v-volevo che sapessi quello che provo. Io sono innamorato di te. Ecco qua. - Con questo provai a scappare, ma non potevo, mi resi conto che avevo tutta la mia roba all'aria, quindi imprecando iniziai a rassettarla cercando di fare in fretta. Buttavo tutto alla rinfusa e molte cose non riuscivano a starci, spinsi qualcosa a forza per poi, nel sentirlo immobile ed in silenzio, fermarmi mettendomi le mani nei capelli e dando un calcio al borsone poco collaborante.
- Fanculo! - Dissi.
- Non devi sentirti in colpa. È tennis, Rafa. Succede. Le generazioni cambiano, i campioni cambiano. Io devo solo prenderne atto ed accettarlo. Avevo puntato tutto su questo torneo e vedendo che invece non stava andando come pensavo ho capito che eri tu quello che mi avrebbe davvero scalzato dalla mia posizione. Cioè sul serio. Ma non preoccuparti, sul serio. Non devi... - Finalmente disse qualcosa. Ovviamente la cosa più sbagliata. Mi voltai come un indemoniato e fissandolo contrariato dissi acceso:
- Non hai capito! Non è un senso di colpa! Sono sempre felice di battere tutti, anche se sono dei grandi avversari! E ok, mi dispiace averti battuto. Ma non volevo che mi odiassi! Volevo che sapessi cosa provo per te. Perchè ci tenevo. È vero che sono innamorato! - Adesso che l'avevo detto doveva credermi, che senso aveva essere venuto allo scoperto, allora?
Roger rimase senza parole e non più imbarazzato, ma non sapeva come reagire, cosa dire.
Si morse il labbro, una borsa ancora sulla spalla, l'altra a terra, ma il manico in mano.
Io in uno stato pietoso davvero.
- Io... io non so cosa dire... mi hai preso alla sprovvista... - Disse poi dopo un po'. Io sospirai guardando in basso, storsi la bocca e colpii ancora la borsa col piede.
- Nulla, non serve che dici nulla... se non provi lo stesso per me... - Roger rimase zitto e fu peggio. Ora volevo morire. Penso che fu uno dei momenti peggiori nonostante la mia vittoria. Non disse nulla. - Solo non cambiare nei miei confronti. Ci tengo alla tua amicizia. Ti prego. - Lo dissi disperato e così piano che stavo per scoppiare a piangere. Mi sentivo uno straccio.
Secondi, secondi infiniti e poi i suoi passi. Strinsi gli occhi, se ne stava andando senza dire nulla, avevo fatto un disastro! Non so cosa mi fosse preso.
Stavo per disperarmi e prendermi il viso fra le mani, quando la sua sulla mia spalla mia fermò. Io trattenni il fiato e lo guardai sorpreso.
- Scusa. - Sgranai gli occhi senza capire e lui sorrise dolcemente. Si era ripreso, quello era il Roger di cui mi ero perdutamente innamorato. - Non ti potrei mai odiare, tanto meno non esserti amico e non parlarti più. Se per te va bene, continuerei come ho sempre fatto... - Non mi stava dicendo che mi ricambiava o che mi avrebbe ricambiato. Non mi stava dicendo nulla, ma almeno quello era una conquista. Annuì con un sorriso forzato, mentre era chiaro che stavo male e volevo morire. Strinse la presa sulla mia spalla mentre io non osavo nemmeno parlare. Ma poi mi sforzai.
- Scusa per averti imbarazzato. - Lui accentuò il suo sorriso che mi aveva conquistato dal primo momento e con la gentilezza che lo contraddistingueva, disse calmo:
- Mi hai preso alla sprovvista, non avrei mai pensato ad una cosa del genere e non sapevo cosa pensare. Ma ti ringrazio per la tua sincerità... non... - Tossicchiò imbarazzato. - Non mi è mai capitata una cosa simile, non contemplo questo aspetto nell'amicizia con qualcuno. Non credo di essere gay e mi sto per sposare, ormai è programmato per quest'anno. - La cosa mi dilaniò ma mi sforzai di non scoppiare a piangere. Sospirai, annuii e sorrisi facendomi forza. -
- Dimentica tutto. Solo non cambiare verso di me, solo questo... - Roger continuò a sorridere e annuii.
- Era quello che volevo fare. - Volevo poterlo baciare ancora, ma mi sarebbe dovuto bastare quello che c'era stato. Uno, unico e solo.
Eterno.
Il mio coraggio uscito tutto in una volta, coraggio che di solito concentravo solo nel tennis. Non l'avrei mai dimenticato.
Quando se ne andò mi toccai la spalla dove era stata la sua mano fino a quel momento, chiusi gli occhi e sospirai mordendomi il labbro, cercando di non piangere. Feci di tutto, ci provai davvero, ma ovviamente non ci riuscii.
Le lacrime scesero. Dal nervoso, dalla tensione, dalla delusione, dall'emozione.
Ero venuto allo scoperto e non ero ricambiato, forse non c'era speranza di poterlo essere mai in alcun modo e magari non sarebbe riuscito a guardarmi più come prima, ma almeno mi ero tolto un peso.
Solo che ora mi sentivo più pesante di prima. Il dolore era davvero sordo.