CAPITOLO XXI:
CONFIDENZIALMENTE
Il mattino arrivò con una
certa fatica in quanto mi svegliai spesso e non era mai l'ora. Ad un
certo punto decisi di scivolare via dal letto ed andare a guardare la
città che si svegliava, così mi detti una sistemata ed uscii a fare due
passi.
Era praticamente l'alba ed era bello camminare così, da solo, in pace.
Mi fermai a prendere delle
brioche e dei caffè, poi quando ormai la città era sveglia e caotica e
l'ora di attivarsi era giunta, tornai in albergo, in camera.
Arrivai che le sveglie non
avevano ancora cominciato a suonare e gli misi il caffè sul comodino,
mentre la sua brioche nel letto, al mio posto. Io andai a fare la mia
colazione in terrazzo, mentre facevo un giro su internet tramite il
cellulare.
Non sapevo cosa pensare su
Nole e non sapevo cosa fare con lui, per cui avevo elaborato la
strategia del niente. O meglio niente di programmato. Comunque non ne
ero capace, ero uno troppo impulsivo ed anche se dicevo di fare una
cosa poi era facile che non riuscissi a farla.
Persi la cognizione del
tempo, non so quanto rimasi lì a trafficare col telefonino, comunque
dopo un po' la porta vetri della camera si aprì e sbucò un insonnolito
Nole in boxer che decise di salutarmi con un bacio sulla guancia ed un
rauco grazie per la colazione. Il cuore iniziò subito a galoppare.
- Avevi mica qualcosa di
cui scusarti? - Chiese sedendosi nella sdraia vicino alla mia,
appoggiando il bicchiere del caffè per terra mentre si mangiava la
brioche.
Io sorrisi.
- Anche se fosse non lo farei nemmeno morto. - Così lui annuì ridendo sempre insonnolito.
Cercavo di non guardarlo
molto perchè era troppo sexy per me. E poi era coi boxer. Poteva una
persona dormire coi boxer? Sì, era normale, ma mi metteva in subbuglio.
- Quando abbiamo il primo impegno oggi? - Chiese sbadigliando.
- Alle 9. -
- E a che ora ti sei
svegliato? - Chiese vedendo che erano le otto e che ero già pronto e
con la colazione prelevata. Io ridacchiai appoggiando la schiena alla
sdraia ed allungando le gambe davanti, poi chiusi gli occhi
rilassandomi al sole che colpiva il nostro terrazzo e che mi baciava
dolcemente la pelle.
- Ho visto l'alba. - Lo sentii rivolgersi verso di me sorpreso nell'esclamazione.
- Cosa?! - Io rimasi beato nella mia posizione comoda. - Ma soffri d'insonnia o cosa? - Io alzai le spalle.
- Più o meno. Non mi piace
dormire, lo sai. Ci sono così tante cose da fare da sveglio, dormire è
una perdita di tempo. Solo che in vacanza non ho praticamente nulla
delle cose che farei di norma, per cui anche se mi sveglio presto mi
annoio... -
- E perchè ti svegli presto? -
- Perchè ormai ho l'orario
incorporato. - Glielo avevo già detto e mi girai a guardarlo
pigramente, lui era nella mia stessa posizione, con il caffè in mano,
che sorrideva con aria strana. Ci perdemmo a guardarci, poi con una
dolcezza insolita mi scostò i capelli dalla fronte, i miei soliti
ciuffi ribelli.
- Potevi tornare a letto e
coccolarti contro di me. Anche se dormo, nel sonno tendo ad abbracciare
chi ho vicino... - Non riuscii a trattenere la risposta divertita.
- Lo so bene! - E lui aprì bene gli occhi guardandomi stupito.
- Davvero? - Io risi. - L'ho fatto? - Annuii divertito e lui scosse il capo girando la testa. Io rimasi a guardarlo.
- Non devi sopportarmi se
ti schiaccio contro di me... - Io però alzai le spalle continuando ad
osservare il suo profilo arricciato.
- Non sei poi così
fastidioso... - E lui tornò ad osservarmi per l’ennesima volta, ci
sorridemmo con una tenerezza nuova e ci piacque l'atmosfera che
riuscimmo ad instaurare in quel momento.
Non fece il maniaco, non ci provò, però rimase con me con una semplicità che mi piacque molto.
Non sparava stronzate, non flirtava, ma era lì dolce in qualche modo, normale, calmo.
Si creò una connessione speciale, molto speciale. In quel momento sentii il desiderio di dirglielo.
'Sai sono gay e mi piaci da un sacco di tempo!'
Ma alla fine non trovai il coraggio di farlo e controllando l'ora lo mandai a cambiarsi perchè era quasi ora di andare.
Quel giorno avevamo il
giro promozionale dei ghiacciai dove avremmo dovuto fare una specie di
partitella su un mini campo da tennis su una nave davanti, appunto, a
questi fantomatici ghiacciai.
Arrivammo senza far capire che venivamo insieme, camminammo separati e tutto andò bene.
Fu bello e divertente perchè chiedevano proprio di mostrarci amichevoli e non ci venne difficile.
Fu una mattinata freddolosa, ma divertente, piacevole comunque.
Poi dopo di quello avemmo un paio d'ore libere per pranzare e riposarci in vista del prossimo impegno.
In auto chiedemmo
consiglio al nostro autista su un posto adatto dove mangiare, un posto
che non fosse troppo affollato, ma che si mangiasse bene, così lui ci
portò in un ristorante di pesce eccellente dove effettivamente
riuscimmo a stare tranquilli.
- Sembriamo una coppia. -
Disse lui una volta scesi dall'auto, io per poco non misi male il
piede, poi lo fulminai con uno sguardo infuocato. In risposta lui rise.
Pranzammo tranquilli e
sereni, ridemmo molto, lui non esagerò mai e fu come gli anni passati
durante i quali, dopo il doppio insieme del 2010, non ci provò con me
nonostante prima d’allora avesse passato periodi a farlo ferocemente.
Era bello stare con lui,
si parlava di tutto e si rideva un sacco, anche io riuscivo a scherzare
rilassato e mi trovavo a conversare. Gli insegnai un po' di spagnolo e
mi divertii a fargli la fonetica dove se non mettevi la lingua in un
certo modo non ti uscivano le parole giuste.
Con questo certo suono si
protese verso di me, fissando inquietante la mia bocca per vedere bene
come mettevo la lingua, ovviamente finii per ridere così tanto che non
riuscii a parlare e lui rimase con il mento sulla mano ad aspettare che
gliela mostrassi.
Alla fine non ci riuscii e decidemmo di rimandare la lezione ad un'altra volta.
- Ok, però stasera mi insegni ancora! - Io così risi allontanandolo da me, mettendogli la mano sulla faccia.
Mi piaceva immensamente stare con lui, ridere così tanto, parlare fluido.
Le ore passavano, anzi
volavano, e finì sempre più che non mi importò mai di chi ci poteva
riconoscere. Si inventò un paio di scenette divertentissime per deviare
l'attenzione e mentre lui distraeva la gente, camerieri compresi, io
scappavo senza farmi vedere. Era rischioso farci vedere insieme, anche
se teoricamente non ci avevano riconosciuto.
Ero sul punto di lasciarmi andare definitivamente.
Ero davvero su quel punto. Sentivo di poterlo fare, che non era niente di male.
Nel pomeriggio si iniziò
col tennis e poi la sera ci ritrovammo in camera, non troppo stanchi
visto che erano stati incontri leggeri.
Era solo un piccolo torneo d'esibizione per salutare un nostro amico tennista argentino.
Quella sera fu come se
l'atmosfera intima e rilassata non si fosse mai interrotta. Forse ci
piaceva troppo uscire dalla camera insieme e tornarci sempre insieme. E
ci piaceva fare praticamente tutto in coppia.
Gustarlo era diverso dall'immaginarlo, almeno per me.
Magari anche a lui stava piacendo passare questo tempo con me. Non ci provava però mi sembrava che stesse bene con me.
Eravamo stesi nel letto mentre discutevamo su cosa guardare in tv.
- Tanto tu dormi subito! Ho diritto io di decidere! -
Dissi come un tiranno
mentre gli tiravo su le lenzuola fin sopra la faccia. Lui se le tolse
mettendole su di me, prendendomi il telecomando di mano. A quel punto
cercai di riprenderlo, ma lui girò e se lo infilò sotto ai boxer.
Io a quel punto mi fermai.
Ok, mi dissi. Avevo
cantato vittoria troppo presto. Ma dopotutto adoravo anche quella
versione e quando non usciva spesso mi preoccupavo.
Rimasi seduto sul letto a
guardare il telecomando sotto ai suoi boxer e lui si mise le mani
dietro la nuca con aria provocatoria.
- Se vuoi girare devi
prenderlo! Sappi però che l'ho sistemato bene! - E con sistemato bene
immagino intendesse ben incastrato col suo gioiello che, se ricordavo
bene, era anche lungo.
Arrossii violentemente,
stavo contemplando l'idea di lasciarglielo quando in televisione
cominciò il programma che voleva vedere.
Realizzato che si trattava di un musical, ovvero Mamma Mia, dissi agguerrito con il cervello in pappa come mio solito.
- Col cazzo che mi guardo
sta merda! - E detto questo gli abbassai i boxer e prima di bloccarmi
imbarazzato gli presi velocissimo il pene, lo spostai e mi ripresi il
telecomando, poi non lo rimisi certo apposto. Girai canale e solo
allora realizzai cosa avevo fatto e continuai a girare come un pazzo
senza saper dove fermarmi.
La risata di Nole risuonò nella camera mentre rimaneva fermo senza toccarsi.
All'ennesima giro di risa, lo guardai torvo ed isterico urlai.
- Vuoi sistemarti o cosa?! - Lui continuava a ridere, ma faceva anche la faccia del 'che c'è di male?' che odiavo.
- Io non ho problemi a stare nudo, tu hai problemi a vedermi nudo? - Che domande, certo che sì!
Mi fermai sul dirglielo e capii che poi mi avrebbe chiesto perchè e non sapevo cosa dire.
In realtà mi piaceva guardarlo. Troppo.
Così spaventato all'idea
che si vedesse QUANTO mi piacesse, mi stesi e mi misi il lenzuolo
addosso trovando una partita da guardare.
- Oh, fa quel che ti pare!
- Nole smise di ridere e si girò verso di me, sempre continuando a
stare con le gioie al vento. Quel bastardo. Mi stava ancora mettendo
alla prova.
- Allora in questo caso
penso che rimarrò così. Mi piace stare nudo, se posso lo faccio. E
trovo che faccia caldo! - Io sospirai insofferente concentrandomi sul
non guardarlo anche se lui guardava me come se fossi più interessante.
- Ripeto. Fa quel che ti pare! - Ma lui fece un sorrisino sbieco e percepii i suoi occhi brillare in modo preoccupante.
- Oh, non dovresti
dirmelo. È un rischio darmi il via libera, hai visto ieri sera, no? -
Trattenni il fiato realizzando a cosa alludeva e quindi a cosa stava
per fare, mi girai di scatto con la testa per guardarlo, ma era tardi
perchè si stava masturbando vicino a me.
Guardandomi. Come se fosse normale, se andasse bene.
- N-Nole? - Chiesi imbarazzato guardando la sua mano muoversi sul suo membro.
- Mmm? - Stava lì beato a
godere via via sempre più ed il suo viso abbandonato divenne ben presto
il ritratto dell'erotismo. Strinsi le gambe imprecando, mentre rigido
pregavo che non si notasse niente della mia eccitazione. Ma non
riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, né dal suo viso né dal suo
inguine. Alternavo impazzito mentre mi sforzavo di non respirare, cosa
impossibile visto che altrimenti morivo. Ma se respiravo, ansimavo. Non
sapevo come fare, non mi stavo toccando ma stavo messo davvero male ed
ormai bastava abbassare lo sguardo per notare la montagnetta fra le mie
gambe. Così infatti lui fece e sorridendo malizioso lo disse con voce
roca.
- Forse non sono una
visione così spiacevole... - Disse. La sua voce mi diede il colpo di
grazia e mordendomi le labbra aggrottai la fronte mentre venivo senza
toccarmi. Senza toccarmi! Come potevo? Capii d’aver toccato il fondo
del mio desiderarlo, perché a quei livelli non ero ancora arrivato.
Fino a quel momento mi era bastata la sua voce od il vederlo in certe
vesti, però io mi ero sempre toccato.
In quel momento, la mia mano era stata superflua.
Lui fece altrettanto, toccandosi come io non avevo avuto il coraggio di fare.
Chiuse gli occhi, si mise sulla schiena, si inarcò e gemette più forte.
Lo vidi sporcarsi la sua stessa mano e sapevo che qua sotto avevo fatto un disastro anche io.
Volevo chinarmi e pulirlo
con la bocca, volevo risalire con la lingua sul suo corpo e baciarlo,
volevo fargli tante di quelle cose che non immaginava e volevo sedermi
su di lui e farmelo mettere dentro. Ero impazzito dall'eccitazione
nonostante l'orgasmo.
Non ce la facevo proprio e
lui comunque non staccava gli occhi dai miei, non riuscivamo a smettere
di guardarci, ansimanti, eccitati.
- Scusami io... mi dico di
non esagerare, ma alla fine non riesco proprio a trattenermi... non ci
ragiono, succede e basta... - Disse alla fine. Se non avesse parlato ma
si fosse sporto per baciarmi avrei ricambiato. Però il fatto che non
l'avesse fatto, mi fece capire che non voleva me o non voleva me in
modo particolare. Forse se avessi preso l'iniziativa ci sarebbe stato,
ma non volevo farlo solo per il gusto di farlo, ormai era così e basta.
Le mie idee erano chiare, in effetti. Solo che non erano chiare riguardo quel che voleva lui.
- Non importa. - Feci piano.
Non sapevo che altro dire,
così mi alzai e andai in bagno senza avere la minima idea se lui avesse
capito che mi ero eccitato fino a venire anche io.
Mi rinfrescai e mi schiaffeggiai. Quando tornai ci andò lui in bagno, in silenzio, senza più parlare.
Io tolsi le lenzuola
perchè dalla mia parte si erano sporcate, solo quelle di sopra. Ma
tanto faceva caldo e non sarebbero servite.
Per il resto non parlammo
più, passavamo la giornata insieme a divertirci, poi potevamo rovinare
tutto la sera con qualcosa di eccessivo e non parlarci più. Sicuramente
il giorno dopo sarebbe tornato tutto a posto.
Quando si addormentò, mi dimenticai della partita che comunque non avevo guardato per nulla e mi girai verso di lui sospirando.
Perchè doveva essere così complicato?
Perchè non poteva essere chiaro?
Gli piacevo o no?
Quando chiusi la
televisione e mi accostai a lui, gli baciai la spalla e mi addormentai
faticosamente. Non pensavo di potercela fare.
Come previsto, il giorno
dopo le cose andarono lisce e normali, come se la sera non fosse
successo nulla. Credevo fosse schizofrenico, ma probabilmente lui
pensava lo stesso di me.
La giornata andò bene fra
tennis e impegni vari, ridemmo, scherzammo, mangiammo, ci incontrammo
con altri nostri amici fra altri giocatori che partecipavano al piccolo
torneo d'addio, come il mio amico Pico, e altri amici che comunque
erano lì in Argentina.
In generale le giornate lì
andarono tutte così, noi ci muovemmo praticamente in tandem, non ci fu
un effettivo momento in cui ci separammo per fare una cosa diversa uno
dall'altro e potemmo approfondire la nostra conoscenza ulteriormente,
capire quanto bene insieme potevamo stare, quanto bella era la nostra
compagnia.
Poi la sera tornava quella
strana atmosfera, quella in cui due che si piacevano si ritrovavano a
stare insieme e a non saper che fare per sembrare normali.
Ero ancora combattuto su cosa fare per fargli capire che mi piaceva, ma non sapevo comunque se ne sarebbe valsa la pena.
Così quella sera, mentre
ci preparavamo per andare a dormire, con la mente agitata perchè ero
convinto si sarebbe inventato qualcosa che mi avrebbe fatto morire di
imbarazzo, si ritrovò a rispondere alla chiamata della sua ragazza.
Lo sentii parlare in serbo
con lei per la prima volta, non andò fuori in terrazza, per cui ci
andai io. Ero infastidito dal sentirlo parlare con lei, non aveva un
tono dolce o cosa, anche se era amichevole. E non capivo cosa si
dicevano, forse era questo. Però non volevo sentirlo. Io guardai il mio
telefono chiedendomi se avessi dovuto chiamare Xisca, ma non lo feci.
Non eravamo una coppa sempre al telefono. Non eravamo una vera coppia,
se non di amici.
Era ormai sera inoltrata e
dalla nostra camera si vedeva un bel paesaggio argentino, si
respiravano mille profumi diversi e c'erano tante luci ad allietare la
sera.
Una brezza fresca
schiaffeggiava la mia pelle, mi stavo appena rilassando cercando di
scacciare quel fastidio provocato dalla telefonata con la sua ragazza,
che la porta si aprì e lui uscì. Si sedette nella sedia accanto alla
mia, la sdraia, e rimase un po' in silenzio prima di parlare. Assaporò
anche lui il momento piacevole e pacifico.
- Non mi davi fastidio, potevi restare... - Alzai le spalle. Aveva un tono confidenziale.
- Non sono uscito per questo... -
- Ti davo fastidio io
allora? - Chiese inaspettatamente. Trattenni il fiato. Era così. -
Scusa... - Fece allora. Io mi morsi il labbro, non sapevo cosa dire.
- E di cosa? È tuo diritto
parlare con la tua ragazza... - Ero nervoso ed inquieto, mi tormentavo
le mani, sulla sinistra i soliti cerotti per le vesciche e me li
grattavo per toglierli, lui notandolo me la prese per farmi smettere e
la tenne fra le sue.
- Non devi, non guarisci più... - Io, preso in contropiede, lo guardai.
- In realtà se non gioco
posso toglierli perchè così la pelle respira e si rimargina... -
Spiegai. - Mi ero dimenticato di toglierli. - Lui sorrise dolcemente,
annuì e me li tolse lentamente uno per uno, con calma, come se fosse un
compito che spettava a lui. Io allora mi rilassai, mi rilassai piano
piano perchè era una sensazione bellissima le sue mani nelle mie, non
volevo smettesse, volevo che quel momento si fermasse e fosse eterno.
Mi appoggiai allo schienale e rimasi a guardare le nostre mani, incatenato, ipnotizzato.
Poi, piano e calmo, riprese a parlare senza guardarmi.
- Mi dici perchè ti ha
dato fastidio? - Non era un tono accusatorio. Non era invadente od
aggressivo. Era dolce. Non so spiegarlo. Spingeva a rispondere. Sarei
stato stronzo a non farlo. Forse era colpa delle nostre mani unite.
Allora, come se mi avesse fatto un incantesimo, risposi senza sapere
cosa avrei detto.
E dissi la verità che nemmeno io sapevo.
- Ti invidio, per me non è così con Xisca, la mia ragazza... - Lui, stupito, si girò verso di me.
- Cioè? - Io mi strinsi nelle spalle accavallando una gamba e girandomi anche col corpo verso di lui, vicino a me.
- Non ci chiamiamo anche
se siamo lontani. Poteva venire, faceva un po' di vacanza con me, ma le
ho detto che avevo molti impegni e lei non ha insistito. Non è gelosa.
Non ci chiamiamo spesso. Viene a vedere i tornei importanti di tennis,
abbiamo un bel rapporto ma... - Non sapevo come spiegare. Lui, preso
dalla mia confidenza e colpito da quel che stavo dicendo, e forse più
dal fatto che lo stavo facendo, disse piano togliendo il cerotto e
guardando il dito e la vescica con una piccola smorfia.
- Non andate d'accordo? -
- No, andiamo d'accordo. E
non si litiga nemmeno. Mi confido con lei, è mia complice. Sa che non
voglio essere soffocato e mi lascia i miei spazi. È perfetta... -
- Ma? - Tornò a guardarmi senza smettere di trafficare coi miei cerotti.
- Ma a volte la sento più un'amica che altro. -
- Non la ami? - Chiese delicato quanto le sue dita che mi toglievano un altro cerotto.
Io strinsi le spalle.
- Non lo so. Però non so
perchè la dovrei lasciare. Sto bene con lei, le voglio bene, mi
capisce, sa come stare con me, come fare... e mi sono messo con lei per
questo, perchè non mi irritava, mi dava serenità, non mi rompeva,
capisci? - Lui annuì pensieroso, assorbito dalla mia confidenza. Non
riuscivo a smettere. - Così non la chiamo quando siamo lontani, è lei
che decide quando raggiungermi nei tornei ma sa che non voglio che stia
con me perchè altrimenti mi distrae, la vedo dopo le partite, ma poi
ognuno per conto suo. Insomma, ho le regole e lei non le sgarra e non
tenta nemmeno, non se ne risente. -
- E' perfetta... - Ripeté capendo cosa intendevo. Io annuii.
- E mi sta bene così. Ma se non so perchè dovrei lasciarla... beh è anche vero che... -
- Perchè dovresti
sposarla, giusto? - Sentendo che mi capiva, rimasi in silenzio
annuendo, non distolsi lo sguardo da lui che invece guardava le mie
mani ora libere. Le guardò e passò serio le dita sulla vesciche, alcune
aperte altre gonfie e doloranti. Sussultai al dolore che scaturì e lui
smise, ma non mi lasciò, si girò verso di me tenendomi la mani fra le
sue con delicatezza, mentre dentro di me morivo di gioia e stavo
benissimo.
Si appoggiò al bracciolo in una posizione analoga alla mia e si protese verso di me.
- Non hai desiderio di
fare una famiglia, fare dei figli? Una famiglia diventa la tua casa,
quando viaggi tanto e loro ti raggiungono ti senti a casa e quando
invece non ti seguono e tu torni da loro, dev'essere bello. - Disse
calmo.
Io alzai le spalle.
- Non provo questo
desiderio. Voglio solo andare bene a tennis finchè il corpo regge, dopo
il tennis ci penserò. Non ho questa voglia. Sto bene con lei, ma non
voglio cambiare la cosa, non voglio scioglierla ma nemmeno rafforzarla.
- Poi aggiunsi timidamente. - Per te è così? Vuoi una famiglia? - Lui
annuì.
- Io un giorno la voglio. Un giorno penso che la sposerò, farò dei figli. Sto bene con lei. -
- Ma... ma la ami? -
Chiesi titubante, arrossendo. Sapevo che era una domanda un po' oltre
il mio ruolo, ma volevo saperlo e lui fece una strana espressione.
- Amare? Si ama in tanti
modi. In un certo modo la amo, ma non penso che sia il modo più
classico che intende la maggior parte delle persone. La amo in qualche
modo. Se devo fare una famiglia la voglio con lei. Però... - Sospese la
frase ed io mi protesi involontariamente per sentire il resto.
- Però? - E lui, tornando
a guardarmi, avvicinò ulteriormente il viso al mio per parlare piano,
come si fa coi segreti innominabili.
- Però amo anche qualcun
altro e non credo questo sia facilmente comprensibile per nessuno... -
Io, totalmente preso da lui e da quel che stava dicendo, risposi.
- Ami due persone insieme? -
- In modo diverso. Lei la
amo come amo la casa, come un giorno amerò la mia famiglia, come amo la
persona con cui passo la maggior parte del mio tempo libero. - Che non
era molto, pensai. - Ma quest'altra persona l'amo totalmente,
incondizionatamente. La amo come parte integrante di me, come fosse la
mia stessa anima. -
Così dimenticai di respirare e soprattutto dimenticai che certe cose non si potevano dire.
- E' una persona
fortunata... - Lui sorrise dolcemente e mi carezzò la guancia, mentre
l'altra mano teneva ancora delicatamente la mia.
- Non ne ha idea di cosa
provo. Non sono bravo a dimostrarlo, vengo facilmente frainteso. - Ma
nella sua carezza mi persi. Volevo baciarlo, volevo disperatamente
baciarlo, ma l'idea di poter essermi sbagliato e di aver frainteso, era
pressante. Amava qualcuno, ma se ero io perchè non dirmelo? Perchè non
farmelo capire?
Perchè comportarsi così?
Amava e ci provava con tutti?
Ero sempre confuso e così mi persi nelle domande, nelle sue mani, nei suoi occhi e nella bellezza del momento.
Fu lui a spezzarlo, si protese per quel poco che rimaneva, mi baciò l'angolo della bocca e con dolcezza mormorò.
- Vado a dormire.
Buonanotte... - Poi mi lasciò scivolando via da me, rimasi ebete a
guardare la sua sdraia vuota e non so quanto ci rimasi.
Ripensai alle sue parole e non feci altro per molti e molti giorni.
Amava qualcuno in un modo
sconvolgente e non me ne ero accorto, mi ero sempre accorto del suo
lato maniaco che ci provava con tutti e non gli avevo nemmeno chiesto
perchè stava con una donna se gli piaceva fare il maiale con gli
uomini.
Amava qualcuno e di lui
avevo notato mille cose tranne che quello. Quante altre cose non avevo
notato o capito? Quanto ancora, di lui, mi mancava da sapere?
Dovevo arrivare, dovevo arrivare a lui, dovevo riuscirci. Mi ci sarebbe voluta una vita, ma ci sarei arrivato.