*Ecco il nuovo capitolo. Il terzo. Abbiamo lasciato Rafa che si dichiarava nella finale di Melbourne di gennaio 2009, ora son passati alcuni mesi e Rafa chiaramente lo ha evitato, ma adesso è tempo di Terra Rossa, è tempo del masters mille di Madrid e siamo ad aprile. La finale si disputò proprio fra loro due e se cercate su youtube la premiazione finale troverete delle scenette fra loro due che semplicemente son la fine del mondo, le foto qua sotto derivano da lì. Attenzione, nel capitolo ho scritto che prima si fanno la doccia e poi c'è la premiazione, credo che in realtà sia il contrario, ma ormai le cose restano così perchè ai fini della trama mi serve così. Di solito sono più accurata ma stavolta non ci avevo pensato. Il prossimo capitolo sempre fra 4 giorni, se fanworld non funziona, lo pubblico sul mio sito e posto l'avviso, come sempre, con tanto di link al capitolo, nella mia pagina su facebook. Buona lettura. Baci Akane*

CAPITOLO III:

BOMBA EMOTIVA



Ovviamente ne soffrii, ovviamente implosi e per non impazzire mi gettai anima e corpo nel tennis, ma non ebbi un anno splendido e cominciò la nostra giostra. Più che altro la mia.
Un anno primo, un anno secondo. A volte il primo era Roger, nel 2011 fu Nole come anche ora, nel 2014...
Io e Roger non abbiamo fatto altro che superarci di continuo ed ormai in campo ci conoscevamo così bene che capivamo perfettamente i miglioramenti uno dell'altro, perchè di volta in volta c'erano sempre cose che ci venivano rispetto a prima.
L'angoscia più grande l'ebbi quando dovetti rivederlo dopo quella mia dichiarazione.
Mi ero subito pentito d'aver agito così d'istinto, ma ormai era fatta e non potevo rimangiarmela.
Nonostante partecipassimo agli stessi tornei, per quelli principali, ovvero i mille oltre che naturalmente gli slam, lo rividi solo a Madrid, cioè riuscii ad evitarlo bellamente per tutti gli altri tornei dove per un motivo o per l'altro non ci incontrammo sul campo ed io evadevo tutte le volte che lo vedevo nei paraggi.
Però a Madrid non ebbi scelta che parlargli, visto che finimmo in finale.
Madrid. Ci tenevo moltissimo a quel titolo, però naturalmente ero troppo distratto ed emozionato nel rivederlo dopo tanto tempo e sebbene fossi riuscito ad evitarlo prima del match, una volta in campo lo vidi e fu devastante.
Non avrei dovuto evitarlo con tutto me stesso, sapevo che l'avrei rivisto.
Gli avevo detto io di non cambiare nei miei confronti, ma l'essere stato rifiutato era inevitabilmente una cocente delusione e quando lo rividi così, improvvisamente, non riuscii a controllare le mie emozioni che mi divorarono letteralmente.
Di solito le buttavo tutte nel tennis e riuscivo ad avere una carica fantastica, ma di solito non mi dichiaravo a quello che avevo davanti, di solito non affrontavo quello che mi aveva respinto.
Giocai male, cioè feci comunque del mio meglio, ma avevo anche i primi problemi ai tendini del ginocchio, quindi non ero fisicamente al meglio ed in questi casi facevo leva sulla concentrazione e la voglia di vincere, ma lì avevo solo voglia di scappare ed alla fine vinse lui. Il 2009 fu tutt'altro che un anno perfetto anche se iniziò decisamente bene, tutto sommato. Da lì in poi fu un disastro, i dolori aumentarono fino a dovermi ritirare ed il peggio fu perdere il Roland senza nemmeno approdare in finale e dovermi ritirare da Wimbledon per i famosi problemi. Roger approfittò di entrambe le mie assenze e fu così che si riprese la prima posizione.
Ma prima di arrivare a quel punto, ero davanti a lui negli spogliatoi a Madrid, dopo la sconfitta. Con l'intenzione di lavarci e prepararci per poi potercene andare.
Volevo avere un altro spogliatoio, non capivo perchè a tennis si dovesse condividerlo con l'avversario. Insomma, il palazzetto dello sport di tennis non è uno stadio, la struttura è diversa, ma potevano separarci comunque.
Non avevo scelta, non avevo proprio scelta, ma volevo scappare e non sapevo come fare.
Decisi di far finta di nulla, anche se in certi casi ero un libro aperto e non riuscivo proprio a mascherare quel che provavo.
Ok, diciamo sempre.
Se ero furioso fumavo di rabbia e prendevo a calci tutto, avevo sviluppato i rituali in campo, durante le partite, proprio per controllare le emozioni ed evitare di spaccare racchette, come spesso avevo voglia di fare.
Sono sempre stato un tipo estremamente nervoso che lotta con sé stesso per non esserlo, ma ovviamente i risultati erano pessimi. O meglio, riuscivo a controllarmi un po' solo in pubblico, ma in privato era un disastro.
Entrato per primo negli spogliatoi visto che ero il perdente, mi cambiai in fretta e furia cercando di lavarmi prima che lui tornasse.
Corsi nelle docce imprecando in spagnolo come uno scaricatore, dando di continuo colpo col palmo contro il muro.
Ero così preso che la sua voce alle spalle mi fece saltare di spavento e per poco non scivolai.
- Così rompi il muro! - Simpatico!
- Di solito si rompe prima la mano! - Esclamai senza rifletterci, dicendo come sempre la prima cosa che mi veniva.
Roger rise raggiungendomi nella doccia vicina.
- Nel tuo caso penso sia in pericolo il muro! - Roger aveva sempre un gran senso dell'umorismo e quello che mi piaceva tanto di lui è che scherzava naturale e con tutti, non doveva sforzarsi, lui non faceva battute, a lui venivano ed era brillante.
Con questo mi ritrovai a rilassarmi un pochino, ovviamente solo lui poteva avere questo potere.
Dio Santo, l'aveva sempre avuto. Ogni volta che perdevo contro di lui, mi bastava vederlo e sentire qualche sua battuta o parola gentile per calmare la mia furia. Arrivava mentre buttavo tutto all'aria, sono irascibile, perdere è insopportabile ed i miei mi stanno sempre lontano in quei momenti.
Però ero sempre agitato e lo ero sia per la sconfitta proprio a Madrid sulla terra rossa, che per averlo rivisto. Per una serie di cose, insomma.
- Mi spiace per la tua sconfitta, ma sono contento per la mia vittoria. Sono troppo audace se lo dico? - Chiese ridacchiando con quell'aria da bambino che a volte aveva quando diceva o faceva cose che magari non andavano bene.
Lo guardai mordendomi le labbra, adoravo quella sua espressione. Andiamo, come avercela con lui?
- Scherzi? - Lui piegò la testa per rispondere ed io lo precedetti specificando: - E' legittimo dirlo! - Roger annuì e si strinse nelle spalle mentre si passava la saponetta sul corpo. Le sue mani su di lui non erano una grande cura per me ed il mio stato pietoso. Proprio pietoso.
Imprecai ancora a denti stretti e gli diedi le spalle sperando di non avere un'erezione.
Mi ero pure tagliato i capelli di recente per averli come lui.
Non è che l'avevo fatto apposta, ero andato dal parrucchiere e gli avevo detto di accorciare un po'. Alla fine ero risultato con lo stesso taglio di Roger. Peccato che prima di vedermi non mi ero accorto di cosa gli avevo chiesto. Insomma, il taglio glielo avevo indicato io!
Mostruosamente innamorato.
Ancora.
- Dai, hai visto come funziona fra noi, ci battiamo a vicenda di continuo. La prossima l'avrai meglio tu... - Era curioso che cercasse di consolarmi. Questa volta mi consolava davvero, le altre volte si limitava a sdrammatizzare.
Comunque, in qualche modo, riusciva sempre a dire la cosa giusta al momento giusto.
- Sì sì certo... non è questo... - Chiusi il rubinetto e mi avvolsi nel telo bianco sempre eludendo il suo sguardo. Fissavo per terra ed avevo un caldo bestiale. Speravo di non eccitarmi, pregavo di non eccitarmi.
- E allora... - Roger invece mi seguiva con lo sguardo, lo sentivo addosso mentre mi avviavo verso l'esterno.
Mi fermai sulla soglia, strinsi le labbra, scossi la testa e non la girai mai verso di lui. Guardò solo le mie spalle tese, la mia schiena dai muscoli che guizzarono.
- Nulla. Non importa. - Adesso non ero più furioso, ero proprio giù.
Non volevo reagire così. Non volevo parlargliene. Era lui la causa del mio stato. Mi sentivo a pezzi, volevo piangere come una ragazzina dal nervoso. Un nervoso strano.
La persona che amavo mi stava davanti, ma pochi mesi prima mi aveva rifiutato.
Mi sentivo in una tragedia.
Volevo scomparire.
Andai di là e mi asciugai, mi cadevano di continuo le cose e ripresi ad imprecare in spagnolo, quindi Roger mi arrivò di nuovo alle spalle e parlò facendomi cadere di nuovo quello che avevo in mano. L'asciugamano.
Eccomi nudo, pure!
- C'entra col fatto che hai fatto di tutto per evitarmi in questi mesi? - bene, ero nudo, teso e fuori di me e la testa vuota. Ero in tilt, ero completamente in tilt. Non riuscivo a capire cosa dovevo fare ora.
Coprirmi, vestirmi! Ma non riuscivo a pensarci, a farlo. Ero fermo, gli davo le spalle, le braccia lungo i fianchi ed il mondo che turbinava tutt'intorno.
- C'entra con te. - Lo dissi a denti stretti, perchè ormai ero lì nudo e crudo e più esposto di così non potevo essere. Ero stato sincero fino ad ora, non potevo che continuare.
- Hai... hai perso per colpa di quello che è successo a Melbourne? - Ed era così delicato nel dire le cose. Le diceva ma non era invadente, sapeva come parlare.
Delicata anche la sua voce.
Piano. Mi misi a respirare piano, profondamente, concentrandomi. Non mi mossi, così Roger piano aggirò la panca che ci divideva e mi raggiunse mettendosi davanti. Vedendomi male, teso, ansioso, perso, si chinò e mi prese l'asciugamano per me, mi ci avvolse con dolcezza e mi fece morire, poi evitò di toccarmi perchè sapeva che sarebbe stato peggio.
Però mi guardava in viso, mi guardava i capelli bagnati e tutti attaccati scomposti alla fronte, guardava i miei occhi bassi.
- Ho problemi ai tendini del ginocchio, si stanno infiammando e se continuo così dovrò fermarmi presto. - Dissi cercando di correggere un tiro ormai disastroso.
Lui colpito da questa verità se ne dispiacque.
- Davvero?! - Chiese preoccupato.
Annuii.
- Mi dispiace... - Sospirai e mi strinsi nelle spalle.
- Capita. Supererò anche questo. Mi fermerò quando non ce la farò più. -
- Dovevi valutare meglio il periodo migliore per guarire. A volte fermarsi all'inizio, in un periodo nella media, è meglio che fermarsi dopo quando la stagione è calda. Il Roland e Wimbledon sono la stagione calda... - Roger iniziò a darmi consigli ed io mi scossi trovando la forza per allontanarmi e vestirmi. Mi tolsi il telo e nervoso iniziai a vestirmi, era quello che mi dicevano tutti, ma loro non mi conoscevano come mi conoscevo io.
- E' peggio fermarmi all'inizio della stagione della terra rossa, è la mia stagione, Roger! Io conto di fare punti ora, perchè poi c'è l'erba ed il cemento e non sono il mio massimo! Se mi fermo ora quando di solito accumulo più punti, quando li recupero? - Roger sospirò iniziando ad asciugarsi, pensando d'aver capito male, prima, e che il problema fosse solo di tennis.
- Lo capisco, ma devi avere una visione più ampia. Ti fermi prima, perdi qualche torneo dove vinceresti di sicuro, ma poi sei in forma in quelli che contano di più, magari non saranno sicuri come quelli di ora, ma puoi gareggiare con più competitività... se vai avanti adesso peggiori, dovrai comunque fermarti e rischi di farlo per più tempo e... - Mi infilai gli slip e mi sedetti sempre più arrabbiato mettendomi i calzini.
- Non è così Roger! Io devo fare tutto quello che posso finchè posso, se mi fermo prima me ne pento! Sono fatto così! - Ero testardo, incosciente ed ottuso, non è cambiato di molto, ora, considerato che ho giocato dei tornei con l'appendicite.
Penso che a volte siamo solo dei perfetti idioti. Beh, io.
Roger sospirò e smise di parlare, capii che forse avevo usato un tono troppo aggressivo e mi pentii. Forse pensava che ce l'avessi con lui, non volevo. Mi infilai i pantaloncini puliti e mi girai verso di lui rimanendo a torso nudo. Lui aveva un'espressione pentita, aveva eretto un muro che non aveva mai avuto con me e fu lì che capii d'aver sbagliato tutto.
Non potevo allontanarlo, non sarei comunque stato bene.
Scappare da lui non era la cura.
Adesso potevo alimentare quel divario che si era creato per stargli più lontano possibile, non sarei stato meglio. Me ne resi conto lì.
Non potevo fare a meno di lui, della sua amicizia, dei suoi consigli, delle sue battute.
Erano la sola cosa che mi calmavano, che mi rilassavano, che mi facevano aprire. Aprire. Considerando quanto chiuso ero, il fatto che con lui parlavo tanto e di tutto ed addirittura di cose che nessuno sapeva, era indicativo.
Per me era un vero e proprio punto fermo.
- Scusa. - Dissi poi. Lui scosse la testa continuando a vestirsi, senza guardarmi.
- Sono io che devo scusarmi, ho sconfinato, non avrei dovuto... - Era formale, freddo e ferito ed io mi sentivo un verme. Di nuovo mi ritrovai ad agire d'impulso, sentendo un fuoco divorarmi. Non lo facevo di proposito, ero fatto così. Annullai la distanza, gli presi il polso per fermare la sua vestizione sbrigativa e lo obbligai a guardarmi. Quando alzò gli occhi sui miei, dissi deciso gettando la maschera.
- Sono stato uno stronzo, non era quello il punto! Ho deviato dalla vera questione perchè mi vergognavo a dire... - Esitai e lui inarcò le sopracciglia senza capire, così tossii e ripresi con coraggio. - Mi vergognavo a dire che rivederti dopo Melbourne è stato devastante. Pensavo di poterlo gestire ma ho sbagliato ad evitarti per tutto questo tempo. Se ti avessi rivisto prima, se ti avessi parlato ancora, non sarei arrivato con la bomba atomica dentro! Ho fatto un disastro e continuo a farlo, ma io non voglio rovinare tutto con te. Potevo rovinarlo, potevo allontanarti, forse sarebbe stato più facile superarlo, ma non voglio, non posso. Non è giusto. Scusami. - Ero un fiume in piena e sentendomi parlare tanto con impeto, mi guardò spaesato e sorpreso.
Io mi fermai rendendomi conto d'aver detto forse un po' troppo, mi morsi il labbro e lo lasciai alzando le mani in segno di scusa, lui non si mosse e continuò a guardarmi confuso e pensieroso. Il muro di nuovo abbattuto. Ora stavo meglio.
- Va bene. - Disse solo. - Immagino non sia facile... - Ma non riuscì a domare l'impulso di sistemarmi i capelli sulla fronte che non stavano proprio come dovevano. Me li scostò con un sorriso adulto, divertito. Penso si sentisse un fratello maggiore, per me.
Io potevo svenire. Mi immobilizzai.
- No, non lo è, ma farò del mio meglio per tornare come prima, come sempre. Non... non ti accorgerai di nulla, dimenticherai tutto e presto sarò come se Melbourne non fosse mai esistita... - Volevo cancellare tutto, volevo tornare ad approcciarmi a lui con facilità, ridere, parlare e scherzare con lui.
Sorrise ed annuì senza più toccarmi.
- E' tutto a posto. Per me non ci sono mai stati problemi, te li sei creato da solo evitandomi. Io davvero non ti avrei mai allontanato in alcun modo. Se non sei tu a volerlo, non lo farò io. - fu molto chiaro e naturale nel parlare e lo invidiai, io ero sempre un gran casino.
Abbassai lo sguardo imbarazzato.
- Grazie. - Non ero bravo in quelle cose, qualsiasi cosa presupponesse intrecci personali mi gettava nell'imbarazzo ed anche i contatti fisici per me erano faticosi da vivere, perchè ero timido e non era facile toccare o farmi toccare, in qualsiasi modo. Abbracciavo di rado e solo gente che conoscevo bene, amici, persone con cui avevo un certo rapporto. Con loro riuscivo ad essere molto fisico e a lasciarmi andare ridendo e scherzando, ma diversamente una stretta di mano era anche troppo.
Il problema subentrava con chi mi piaceva. Volevo perdermi in lui, ma non osavo e quando succedeva, quando capitava di toccarsi, abbracciarsi, salutarsi, morivo.
Di solito erano per impulsi indomabili oppure perchè eravamo lì e lo facevamo punto e basta ed io prima di accorgermene mi stavo aggrappando a lui come un koala.
Però se si trattava di me, di prendere io l'iniziativa a freddo, dovevo essere davvero pressato da voglie pazzesche o desideri impellenti. Come quando l'avevo abbracciato stretto consolandolo davanti a tutto lo stadio a Melbourne.
Manifestazioni simili, per me erano rare a prescindere, se non erano miei amici era quasi impossibile. Se era con la persona che amavo era da folli.
Questo per far capire il tipo che sono, per far capire che quando lo faccio, quando mi abbandono fra le braccia di qualcuno che non è uno della mia cerchia ristretta, è perchè mi piace al punto da non poter domare il mio istinto che mi butta fra le sue braccia.
Mi piace fino a quel punto.
Dopo finimmo di vestirci e iniziammo a parlare d'altro, qualunque cosa ci venisse in mente. Era come se i silenzi non fossero ammessi, come se fosse presto per quelli, ma la sua voce mi calmava, più parlavo con lui più stavo meglio.
Era come andare in bici dopo tanto che non si andava, quando l'ultima volta ci eri caduto. Risalire in sella è spaventoso ed inizialmente vai incerto ma poi vai spedito e va tutto bene.
Era vero, mi ero dichiarato e mi aveva respinto ed avevo avuto paura di rivederlo, quando era successo era un po' morto, ma in realtà ero sopravvissuto e stava andando tutto bene. Lui era sempre come prima, gentile, disponibile, a posto. Parlava, scherzava e rideva. Il farlo fu la cura migliore.
La sola cura.
Non gli sarei mai piaciuto a quel modo, non era del mio mondo, però gli piacevo come persona, non voleva allontanarmi, avrebbe continuato a trattarmi come al solito, non potevo chiedere di meglio.
Andava bene, andava tutto bene.
Parlavo e ridevo e mi ripetevo che ce la potevo fare, che era tutto ok.
Anche durante la premiazione andò bene, mi ritrovai a correre per mettermi vicino a lui, parlammo e ridemmo insieme tutto il tempo e lui dimostrò di non avere il minimo problema nei miei confronti, perchè addirittura mi tolse i coriandoli dai capelli con il mondo a guardarci.
Come per dire che non avrebbe mai cambiato atteggiamento nei miei confronti, che fra noi le cose non sarebbero mai cambiate.
Poi un giorno me lo disse, tempo dopo.
Non avrebbe mai permesso che le cose si rovinassero fra noi.
Specie in quel momento. Un momento in cui chiaramente io avevo bisogno di lui e questo perchè a Melbourne, dopo aver perso contro di me, era così devastato che la sola cosa che l'aveva aiutato a non crollare definitivamente, erano state le mie parole. Il fatto che venissero proprio da me, l'avversario che l'aveva battuto e superato. Ed il fatto che fossi sincero.
L'essermi dichiarato gli aveva fatto capire che lo ero, che non l'avevo detto tanto per dire. Quello l'aveva aiutato a rialzarsi e a riprendere a lavorare.
In qualche modo, mi disse, quello gli aveva dato la spinta. Il mio amore verso di lui, la mia adorazione, la mia convinzione che era lui il migliore di tutti i tempi, punto e basta.
Mi disse che nei momenti negativi, a tennis, ha sempre ripensato a quel momento, a quelle parole.
Perchè quando il tuo peggior/miglior rivale arriva a pensare seriamente che sei tu il migliore, anche se ti batte, significa che è vero e che sei tu il primo a pensarlo.
Ed è così che poi va tutto bene.
Roger ha passato momenti davvero difficili, come a tutti gli atleti capita. Però si è sempre rialzato e dopo anni di onoratissima carriera, a 33 anni di vita, lui è ancora lì a dare lezione di tennis a tutti, secondo in classifica.
Per me non è semplicemente la persona che ho amato in un periodo della mia vita, la mia guida od un punto fermo.
Per me è la miglior persona che io abbia mai conosciuto, migliore sotto ogni punto di vista. Non esiste un aspetto di lui che io non adori, non apprezzi e non rispetti.
Atleticamente, umanamente, caratterialmente... Roger è semplicemente fantastico, qualunque cosa io provi per lui. Punto.