CAPITOLO XXXII:
CAPOLINEA
Non fu di per sé un
periodo facile, fra il Roland e Wimbledon ci imponemmo di non sentirci
e vederci, ci concentrammo entrambi solo sul tennis mentre cercavo di
non asfissiare troppo Roger con le mie paturnie.
Non sapevo bene come
gestire la cosa, per me la 'prova' era superata, ma ero consapevole del
fatto che a Nole facesse bene andare fino in fondo a questa cosa.
Aveva promesso che sarebbe
tornato in cima professionalmente, per cui che avrebbe vinto dei titoli
importanti tornando primo e che a quel punto sarebbe venuto da me
perchè si sarebbe sentito di nuovo degno di me.
Insomma, per me lo era già
perchè avevo capito che aveva perso a Parigi perchè mi amava troppo per
dimenticare che stavo giocando con sofferenza, solo se ami in modo
serio e assoluto combini un casino simile. Insomma, eravamo in finale
di slam.
Ma tornare primo era un modo per maturare. Ho promesso e lo faccio. Non ci sono scuse.
Non volevo deconcentrarlo, non lo cercai e mi buttai sul tennis.
Purtroppo il mio livello
fisico non era dei migliori, sebbene la schiena fosse migliorata, non
ero proprio come prima. Certe cose non potevo farle, certi movimenti,
certi scatti.
Per cui sebbene mi fossi
impegnato a fondo per non vedere Nole nemmeno a Wimbledon, impresa
quasi impossibile, alla fine persi rovinosamente.
Rovinosamente fu un eufemismo.
Quel ragazzino
australiano, Kyrgios, mi aveva umiliato credendosi già in cima al mondo
solo per aver beccato una mia brutta giornata ed averla saputa
sfruttare.
Ero furioso, ma mi sforzai di non darlo a vedere, dissi che non ero sconvolto e che avrei fatto un po' di mare per rilassarmi.
Ovviamente volevo andare a torcergli quel collo che si ritrovava.
Non ero una persona
cattiva, ma ero competitivo e se qualcuno mi strappava via i miei
obiettivi, cioè le vittorie, doveva per lo meno avere la decenza di non
essere spaccone ed irritante.
Non dico che doveva consolarmi e dirmi che ero stato bravo e cose così. Però non essere un esaltato starnazzante.
Insomma, questo venne
segnato nel libro nero. Non gli rivolsi la parola, non dissi nulla. Mi
lavai, mi cambiai e lui che non smetteva di fare esultanze e parlare
con tutti quelli che poteva per telefono.
Capivo che era bello battere il numero uno del mondo. Beh, per poco probabilmente.
Però si chiamava sportività. Non si infieriva sull'avversario, in nessun caso.
Non volevo dargli la
soddisfazione di vedermi mentre spaccavo tutto, per cui non dimostrai
nulla. Però appena fui in camera ruppi una racchetta, cosa che di norma
non facevo perchè ritenevo le racchette sacre. Poi cominciai a prendere
a calci le palline e le mie stesse scarpe. Insomma, ridussi tutto in
casino mentre le palline da me calciate facevano tum tum tum continui
contro pareti e porte. Evitai le finestre che comunque erano aperte ed
una finì fuori. Questo mi calmò, andai a vedere se avevo beccato
qualcuno, ma non la vidi.
Sospirai sedendomi sul letto.
Realizzai che oltre ad
aver perso a Wimbledon, se Nole fosse arrivato in finale e magari
l'avrebbe anche vinta, mi avrebbe superato nel punteggio e sarebbe
tornato primo.
La cosa mi fece sentire strano ed improvvisamente capii che a volte da un male poteva nascere qualcosa di bello.
Se ce l'avesse fatta almeno avrei riavuto lui.
L'aspettavo anche in quel
momento, ma da una parte sapevo che era sbagliato. Non poteva venire e
deconcentrarsi, doveva rimanere focalizzato sul torneo, doveva
vincerlo. Vedermi sarebbe stato un errore.
Per cui egoisticamente lo volevo con me, ma razionalmente non volevo venisse.
Alla fine rimasi ad
aspettarlo, ma non venne e con un po' di delusione scrissi a Roger e
gli chiesi se quando poteva veniva da me.
Quando mi raggiunse, aprii senza chiedere chi fosse. Lui entrò e mi abbracciò subito.
A volte pensavo di non poter fare a meno di lui.
Appena fui fra le sue braccia provai subito sollievo.
Era sempre rimasto
importante, per me, ma nella mia testa, nel mio cuore ed in ogni altra
particella di me c'era solo Nole. Specie nel desiderio di farci sesso
sfrenato.
Avevo astinenza.
Quando ci sciogliemmo ci guardammo, era davvero dispiaciuto, ma a quel punto io sorrisi dandogli un buffetto sulla guancia.
- Almeno non dovrò cercare di toglierti il tuo ottavo Wimbledon! - Roger capì che non stavo più tanto male e si mise a ridere.
- Ti sei risparmiato
un'altra delusione! - Fece con aria di sufficienza andando verso
l'interno della camera ancora in casino. - Rafa, quante volte te lo
devo dire di non prendertela con le cose? - Poi si avvicinò al muro. -
E questo è il segno di una pallina? - Al mio silenzio si girò verso di
me come un segugio ed io alzai le spalle sedendomi su una sedia
svogliato. - Rafa, ma l'organizzazione prima o poi ti metterà in una
cella d'amianto! - La sua sparata mi fece ridere di nuovo e lui
scuotendo la testa si mise a raccogliere tutto. Era più forte di lui.
- Andiamo, non serve... -
Tentai inutilmente, ma lui continuò come se niente fosse ed io
sospirando scossi la testa calciando alcune cose che avevo fra i piedi,
lui le raccolse e le mise via nelle mie valige aperte sul letto. Avevo
cercato di farle senza successo.
- Va meglio? - Chiese dopo un po' vedendo che non stavo inveendo. Io annuii.
- Sai, ho realizzato che
se Nole vince mi supera. - Lo dissi con un certo entusiasmo e lui mi
guardò come se fossi completamente scemo!
- Rafa, ma sei contento d'aver perso? - Alzai le mani in segno di stop mentre la mia espressione diventava schifata.
- Ehi calma! Non correre
troppo! No caro! Io ODIO aver perso. Specie contro quello stronzo. Ma
so che domani perderà perchè è così che funziona! - Roger scosse il
capo. Era la mia maledizione. Se vincevi contro di me, a meno che non
fossi Roger o Nole, poi il turno dopo perdevi. È sempre successo e
continua a succedere. Faccio paura.
- Però non sei dispiaciuto... - Continuò mentre piegava le mie maglie.
- Nole potrebbe passare
primo ed il fatto che non sia venuto da me ora mi fa capire che è
concentrato su quello che deve fare. Se veniva si deconcentrava. Ha
fatto bene. Penso che questa volta abbia buone possibilità. Tu
permettendo, chiaramente. -
Iniziai a parlare a ruota libera mentre capivo di stare davvero meglio.
Mi ero sfogato e davvero il pensiero che Nole potesse farcela, mi aiutava. Perchè sarebbe tornato con me.
- Non sa bene cosa deve
fare. Voleva venire. Però gli ho detto che se vuole fare qualcosa per
te, allora deve raggiungere in fretta i suoi obiettivi. - Lo disse come
niente fosse, senza nemmeno fermarsi, io mi bloccai a guardarlo stupito
mentre il cuore iniziava a battere veloce.
- Davvero voleva venire? - Roger mi lanciò uno sguardo serio annuendo.
- Penso che ogni giorno di
questo torneo lui sia venuto qua davanti con la tentazione di bussare
ed entrare. - Trattenni il fiato mentre gli occhi mi diventavano
lucidi, un'ondata di caldo improvvisamente mi invase da dentro. Dovevo
gestirla. Come? Mi morsi il labbro poi alzai gli occhi e guardai di
lato mentre sentivo Roger sorridere intenerito. - Ce la farete. Sia lui
che tu. Tornerete insieme. Lui farà quello che deve fare, si sentirà
degno di te e tornerà a bussare alla tua porta. - Lo speravo, lo
speravo tanto e con un'intensità da morire.
Non riuscivo a pensare ad altro che al momento in cui avrei sentito bussare ed aprendo avrei visto il suo viso.
Non potevo farcela ancora,
ma era lui. Era lui che doveva farlo, che doveva decidere quando
venire, quando si sentiva degno, realizzato.
- Spero che vada tutto bene. - Dissi piano accasciandomi sulla sedia, fissando in basso.
- Sarà così. - Rispose Roger sorridendo sicuro, fraterno.
Mi sentii meglio, per lui era cristallino. Per me no, ma mi fidavo.
Nole alla fine vinse
davvero Wimbledon e passò primo. Mi dispiacque molto per Roger, non
riuscii ad abbracciarlo perchè ero già a casa, ma sapevo che Stan non
l'avrebbe mollato.
Lo chiamai e lo consolai ed alla fine dell'interminabile telefonata, mi disse come se cercasse di distrarsi.
- Te l'avevo detto che
sarebbe andato tutto bene per voi. - A quel punto, solo a quel punto,
realizzai cosa significava tutto quello.
Roger aveva perso la finale di Wimbledon contro Nole che era passato primo.
Aveva realizzato il suo scopo, aveva raggiunto il suo obiettivo, era arrivato dove aveva voluto.
Dove si era prefissato da mesi.
Era stato di parola. Aveva mantenuto la promessa.
Aveva detto che sarebbe tornato primo e c'era.
Era un uomo di parola, degno di fiducia, una persona seria quando decideva di esserlo.
Io lo sapevo che lo era, solo che aveva bisogno di un incentivo per dimostrarlo, per esserlo davvero, per averne il coraggio.
Adesso aveva capito che essere seri, a volte, premiava, che non era solo controproducente.
Non c'erano solo debolezze nell'essere seri ogni tanto. Non si era forti solo se si rideva sempre nascondendo i veri sé stessi.
Nole ora aveva capito che
tirare fuori certi lati nascosti di sé, quei lati affidabili, andava
bene comunque. Che nessuno ti feriva o ti prendeva in giro.
Purtroppo sentii il suo discorso e lo vidi piangere mentre dedicava la vittoria alla sua futura moglie ed al suo futuro figlio.
La cosa mi infastidì, ma capivo che aveva dei doveri ed anche questo faceva parte dell'uomo nuovo che era diventato.
Si era preso un impegno serio con lei, in quanto avrebbe fatto una famiglia, per cui si trattava di aspettare.
Aspettare e vedere quando
e se sarebbe venuto anche da me. Se mi amava ancora, se aveva fatto
tutto quello per me, come aveva detto da mesi, oppure solo per sé
stesso.
Rimasi ad aspettare sempre
più impaziente di sentire il campanello di casa mia, durante le
vacanze. Di vedere il suo viso al di là della porta.
Mentre sapevo che era alle prese coi preparativi.
Nole non venne subito dopo
Wimbledon, ma immaginavo che non fosse facile come pensavo. Perchè
adesso aveva obblighi e doveri, finito un torneo importante doveva
correre a casa dalla futura moglie e c'erano cose da fare.
Insomma, sapevo che non potevo pretendere che corresse da me.
Però i giorni passavano e
mentre mi chiedevo quante cose doveva fare ancora prima di trovare un
momento per me, la paura aumentava.
La paura di non rivederlo.
La paura che forse dopo
aver assaggiato il successo agognato, si fosse reso conto che non mi
amava più tanto, che non mi voleva più tanto, che poteva fare a meno di
me, che aveva comunque una donna che gli avrebbe dato un figlio.
Forse diventare uomo per
lui significava eliminare l'amante, che sarei stato io. Anche se io mi
consideravo quello importante, quello in prima posizione e lei quella
in ultima.
Forse ero presuntuoso.
E le ore passavano. I
giorni passavano. Ed il mio telefono non suonava, la mia porta non
suonava. Ed io non sapevo più cosa fare.
Mi dissi che forse dovevo chiamare Roger e chiedergli consiglio.
Poi mi dissi che dovevo lasciarlo in pace e decidere da solo.
Infine mi dissi che se
quella era davvero la realizzazione delle mie paure, ovvero se quello
che avevo temuto da sempre si stava realizzando davvero, allora me lo
avrebbe detto in faccia. Avrebbe affrontato anche la ruota di scorta da
uomo.
Voleva scaricarmi, ci aveva ripensato? Doveva dirmelo e doveva dirmelo in faccia.
Perchè questo significava essere uomini.
Alla fine capii che avevo
sempre avuto ragione su di lui, che se avessi ceduto prima come avevo
voluto fare, me ne sarei pentito perchè mi avrebbe tradito, scaricato e
fatto sentire una merda molto presto. Perchè forse non c'era stato un
vero momento in cui mi aveva voluto solennemente. Mi aveva usato per
fare il passo che gli mancava a tennis, capendo che ero il veicolo
migliore per riuscirci.
E poi in realtà non sapevo
che pensare di preciso. Non sapevo i dettagli della sua testa di merda.
Sapevo solo che ci avevo visto giusto e prima di starci male fino ad
impazzire, ero furioso. Ero furioso come poche volte lo ero stato. Così
tanto che andai da lui.
Sì, proprio così. Andai da lui.
A casa sua, incurante degli altri incontri che potevo fare. Incapace di evitarlo, di trattenermi. Incapace.
La sua faccia stupita, gli
occhi spalancati, grandi, il sole che rifletteva nelle sue iridi color
verde nocciola che ho sempre adorato.
Poco abbronzato per essere nella pausa estiva.
Credo che se fosse stato un cartone animato la mascella sarebbe finita sul pavimento e gli occhi fuori dalle orbite.
Dire che non mi aspettava era riduttivo.
Secondo lui non ci saremmo più visti e parlati?
Davvero poteva finire senza nemmeno un confronto?
Una folata di vento alle
mie spalle mi scompose i capelli, non ho idea dell'espressione che
dovevo avere, ma quando lo vidi mi si annodò violentemente lo stomaco e
l'emozione fu tale che mi insultai. Dovevo essere arrabbiato, non
emozionato.
Così cercai di riprendermi alla sua maniera, grugnendo cose ironiche.
- Posso entrare o facciamo un barbecue fuori? -
Non avevo idea se fosse solo, lo speravo. Non potevo che scommetterci.
Lui era senza parole e shockato, ma si riscosse e disse:
- Prego... siamo soli... - si spostò di lato ed io entrai chiudendo la porta.
Ricordo la sensazione elettrizzante di essere in casa sua.
Mi persi un attimo a guardarla.
Era molto grande e sembrava davvero bella.
Ero da lui, aveva un che di intimo. Lui era stato da me, io non ero mai stato da lui.
- Ti... ti faccio vedere
casa? - Chiese stupidamente come se mi importasse qualcosa. Coi nostri
precedenti cosa me ne poteva importare?
- Non sono qua a farti una
visita di cortesia, né a farti le congratulazioni per il matrimonio o a
darti il regalo di nozze! Sono qua per parlare, perchè pare che tu ti
sia scordato della mia esistenza! Aspettavo che ti facessi sentire, che
venissi da me, ma non mi hai nemmeno chiamato! Cosa diavolo dovevo
fare, secondo te? - Non aveva idea di quanto fosse stato difficile per
me, perchè non ero tipo e dentro di me avevo sempre gridato 'che si
fotta, si arrangia! Non sono io quello che lo deve rincorrere, che ha
promesso di riconquistarmi, che mi ha implorato di aspettarlo!'
Però alla fine ero lì ed era complicato dire tutto quello che stavo pensando.
Nole mi guardò confuso
mentre ci ritrovammo nel suo enorme e bellissimo salotto pieno di
divani, poltrone e non so più cos'altro.
Mi ci aveva portato lui
per parlare, ma non avevo la concezione di quel che facevo, perchè ero
fuori di me per il fatto stesso di essere andato io da lui. Mi sentivo
come se le budella mi venissero strappate fuori con le mani.
Stavo malissimo e reagivo con rabbia ed impazienza. Stavo bruciando, dentro di me stavo bruciando come non mai.
Come aveva potuto umiliarmi per l'ennesima volta?
Fare di tutto per convincermi ad aspettarlo ed amarlo e poi piantarmi in asso senza una parola?
Non ci aveva mai provato seriamente, proprio come avevo sempre sospettato.
Le mie paure si erano infine realizzate.
Avevo sempre avuto ragione.
Ma adesso gliene avrei dette di tutti i colori, fino in fondo. Mi sarei tolto tutta la montagna dalle scarpe.
Era ora di darci un taglio.
Nole stava guardando il
suo divano probabilmente con l'intenzione di sedercisi sopra, ma io al
limite lo presi per il braccio, lo girai verso di me di scatto e
cominciai a sbraitargli furioso in faccia:
- Si può sapere cosa ti
passa per la cazzo di testa? Capisco il non farti vivo durante
Wimbledon per non distrarti, è stata la mossa migliore per rimanere
focalizzato, però poi quando hai vinto? Perchè dopo non mi hai cercato,
dannazione? Hai passato settimane a dirmi che ce l'avresti fatta, che
non mi avresti deluso, che avresti realizzato i tuoi sogni, i tuoi
obiettivi, che saresti stato di parola e quando finalmente ce la fai,
non ti fai vivo? Allora non contavo? Avevo ragione a non fidarmi?
Vincere Wimbledon e salire in prima posizione ti ha già fatto cambiare
idea? Non ti interesso più? Perchè io le ho pensate tutte mentre
aspettavo la tua chiamata od il tuo arrivo, ma non ho risposte ed ora
le pretendo! Dimmelo in faccia se è così! Ti sei accorto che non mi
amavi davvero e mentre ti concentravi sul tennis ti è passata la cotta
per me? Perchè lo devo sapere, ho il diritto! Io ho aspettato solo che
tu realizzassi quella maledetta promessa, che diventassi un uomo di
parola ed ora che lo sei... - ero un treno, non potevo fermarmi, non ci
riuscivo più, stavo buttando fuori tutto e forse ci infilavo parole in
spagnolo ogni tanto. Ma lui ormai lo capiva. Non lo sapeva parlare, ma
lo capiva.
- No Rafa... - Tentò debolmente osando interrompermi. Io tuonai ancor più furibondo:
- COME NO RAFA! TU NON TI
SEI FATTO VIVO! SEI PASSATO PRIMO COME AVEVI PROMESSO E NON TI SEI
FATTO VIVO! DOV'E' ORA IL 'SONO UN UOMO DI PAROLA, FIDATI DI ME NON TI
LASCERO', FACCIO SUL SERIO CON TE'? DOV'E'? - gridavo e gesticolavo e
non sapevo proprio fermarmi e calmarmi, sapevo che sarei finito per
prenderlo a pugni, non riuscivo a darmi una regolata, la testa mi
esplodeva e il sangue pompava come un matto ovunque nel mio corpo.
Forse mi sarebbe venuto un ictus e capendolo, Nole alzò a sua volta la
voce, cosa che comunque non faceva praticamente mai.
- RAFA ASCOLTAMI! - Questo ebbe il potere di sorprendermi e quindi di zittirmi di schianto.
Mi aveva preso per i polsi per sovrastarmi ed appena ci era riuscito, mi carezzò il viso cambiando immediatamente tono e modo.
Io non so come fece, ma
staccò una spina e mi ritrovai vuoto. In quel momento mi ritrovai
vuoto, sospeso in un nulla enorme, ampio e spazioso, in bilico fra il
tornare a galla od il precipitare in un burrone senza fine.
Ma i suoi occhi erano
dolci, in quel momento, e al suo tocco gentile mi sentii lentamente
rilassare. I muscoli del viso lasciarono piano piano andare. E lui
cominciò coi suoi sussurri.
- Perdonami, come sempre
rovino tutto perchè penso troppo e lo faccio coi miei ragionamenti.
Non... non riesco a capirti, ad entrarti in testa. Mai. - ma appena lo
disse mi riattivai, però non più con rabbia e furia. Era più come
pestare i piedi, infilare dei coltelli nella carne in silenzio.
- Tu non mi chiedi mai
nulla! Rispondi a tutto da solo, non lo chiedi a me! Come fai a capire
se non mi chiedi? - Finalmente lo dissi, finalmente nei suoi occhi la
scoperta, la comprensione, le domande insolute che ottenevano soluzione.
Porca miseria, ma ci voleva tanto?
Dovevo davvero dirgli che
quando aveva dei dubbi su di me, invece di rispondersi da solo coi suoi
modi contorti, doveva chiedere a me i chiarimenti?
Faceva così da sempre, cazzo!
Penso che il primo momento che mi ha visto abbia fatto la stessa cosa, mentre si chiedeva cosa avessi mai pensato di lui.
Poi si è convinto, chissà
perchè, che lo odiassi. Anni a crederlo. E poi che fingessi di andarci
d'accordo. Che i miei sorrisi con lui fossero falsi. E poi che mi
piacesse avere quei contatti erotici con lui perchè ero gay e non per
lui in particolare. E poi che me la facessi con Roger. E poi che
volessi solo scopare con lui, ma non l'amassi.
Ma quando, quando gli avevo detto tutto questo?
Mai!
Lui aveva sempre creduto di sapere tutto, era sempre stato convinto così.
Ed ora erano anni che la
tiravamo lunga senza esserci mai incontrati davvero, perchè lui faceva
e disfaceva e rovinava tutto da solo!
Da solo!
E non mi interpellava!
Ma potevamo essere una coppia da anni!
Come pensava di costruire qualcosa con qualcuno se non gli chiedeva un solo parere che fosse uno?
Ero esasperato, ne avevo abbastanza, non ce la facevo più.
Mi vedevo su un treno e vedevo a pochi chilometri il capolinea finale.
E vedevo che il treno non accennava a frenare.
Mi sarei schiantato o si sarebbe fermato in tempo?
Ce l'avremmo fatta o avremmo distrutto definitivamente tutto?
Non ne avevo proprio idea.