CAPITOLO XXXIII:
LA FELICITA' E' TESTARDAGGINE
Nole a quel punto mi prese
il viso con entrambe le mani e mi rubò il fiato. Mi baciò ma rimase
fermo a premersi sulle mie labbra, poi piano piano mi rilassai e lui
infilò la lingua trovando la mia. Quel contatto mi elettrizzò, una
violentissima scarica elettrica mi fece fuori per un lungo momento.
Poi però appena ebbi il
suo sapore e cominciai a rivedere il mondo girare nella sua orbita
normale, calmo e pacifico, lo spinsi premendo le mani sul petto. Non
usai violenza, ma lo allontanai con fermezza abbassando la testa,
tenendo gli occhi chiusi.
- No Nole, no. Non basta
così. Non mi basta che tu dica che non hai capito e che hai sbagliato e
che mi baci. Non si risolve così, io voglio capire cosa diavolo ti è
successo, sono impazzito, sono diventato matto e tu continui a non
essere affidabile. Devi darmi una ragione per non andarmene ed il sesso
non è una risposta. -
Io volevo essere convinto, volevo che capisse. Che mi chiedesse, che la smettesse di fare tutto da solo, che mi coinvolgesse.
Volevo una storia a due, non a senso unico.
Non ero la sua fottuta bambola!
Ci separammo, ci fu un
momento di stallo in cui vedendo che non parlava e non mi diceva nulla,
il nervoso tornò a salire dentro di me.
Continuava a non farmi
domande, a non chiedermi chiarimenti, cosa pensavo. E non mi diceva
nemmeno perchè diavolo non era venuto da me quando era passato primo
come diceva di dover fare da settimane.
Non diceva nulla.
Se ne stava lì in piedi fermo e zitto a fissarmi mentre era il maledetto momento di parlare.
- Dì qualcosa dannazione! - Sbottai.
- Cosa dovrei dire? Hai
sempre detto che non vuoi parole ma fatti ed io non so più come
relazionarmi con te! Forse siamo incompatibili davvero! Troppo diversi,
troppo in comando! -
A quello mi fermai e lo
guardai di colpo mentre il mondo mi franava addosso. Ero lì furioso per
quel motivo, ma nonostante tutto avevo sperato che mi smentisse e mi
convincesse. Perchè ero quel coglione che alla fine ci sperava sempre e
che poi soffriva come un cane.
- Quindi ti stai davvero
tirando indietro? Per l'ennesima volta tu ti tiri indietro? È
definitiva, l'accendiamo? - Chiesi secco e concitato mentre forse avevo
un'aria da pazzo in viso. Non stavo più in me, come osava continuare a
prendermi in giro e cambiare versione?
- Rafa, non è colpa mia se
non riesco a capirti! - Il suo tono era difensivo e stufo, non sapeva
più dove sbattere la testa e come parlarmi, era anche polemico. Questo
mi fece infuriare e pestai un passo verso di lui puntandolo col dito
inferocito.
- No Novak! Tu non mi hai
mai chiesto niente, sei sempre stato sicuro di capire e sapere tutto!
Salvo poi che non capivi un cazzo in realtà! È questo il problema fra
noi! Che credi di sapere le cose quando non è così! -
Si mise in un angolo, seduto nel bracciolo del divano, dall'esterno. Allargò le braccia ancora polemico.
- Andiamo, capire te non è facile! - Gli andai ancora davanti con passi sempre più pesanti e continuai a puntarlo inferocito:
- Ma tu non mi chiedevi,
tu non mi hai mai chiesto cosa provassi, cosa volessi, perchè facevo
una cosa! E anche quando ti ho detto che non ero innamorato di Roger tu
hai pensato che lo dicessi tanto per dire! Sei tu che fai troppo di
testa tua, ma è con me che hai a che fare, non con te stesso! -
Appena lo dissi, vidi la
comprensione negli occhi di Nole. Come se capisse, come se finalmente
capisse cosa cercavo di gridargli contro. Come se realizzasse il suo
sbaglio principale.
Poi fu smarrito.
- E cosa dovrei fare, ora?
Dopo l'ennesimo errore io cosa... cosa dovrei fare? Non ho sbagliato
forse troppo? C'è davvero qualcosa che posso fare per poter stare con
te? - Era dilaniato lui stesso, mi amava ma aveva capito quanto e come
e dove aveva sbagliato ed era perso, non aveva più idea di che cosa
fare.
Ma dannazione, era ancora
lì a credere di dover essere lui a fare qualcosa. Di essere solo a
gestire la cosa. Di dover agire lui in qualche modo.
Abbassai allora il dito ed esasperato allargai le mani davanti a lui come se dovessi artigliarlo per le spalle e scuoterlo.
- Chiedimi come mi sento! Chiedimi cosa cazzo provo, cosa cazzo voglio, Nole! - Era facile. Era solo questo. Era così.
Doveva coinvolgermi in quella che doveva essere la nostra relazione.
- Cosa provi, cosa vuoi, Rafa? -
Fu come avere una spinta sul bordo del precipizio.
Gli afferrai la maglia, appoggiai la fronte alla sua e mormorai disperato con gli occhi socchiusi verso i suoi:
- Ti amo, voglio stare con
te, voglio che non mi lasci mai, che non cambi mai idea, voglio fidarmi
di te, voglio che tu non ti stufi mai. Voglio che mi ami anche tu
qualunque cosa succeda, qualunque cosa capiti intorno a noi. Voglio che
ci sia un noi! E voglio che mi ascolti, cazzo! Non che faccia sempre di
testa tua inventandoti cose che non esistono! Voglio te, voglio il tuo
amore, voglio tutto! -
Nole iniziò a piangere al
mio 'ti amo'. Lo sputai fuori dalla parte più profonda delle mie
viscere, lo ringhiai a denti stretti e quando lo vidi piangere, capii
che ci ero riuscito. Che ero arrivato a lui, ero fra le sue braccia.
Alla fine il treno si era fermato, improvvisamente, proprio quando avevo pensato si schiantasse.
Il treno si era fermato ed io ero saltato giù. Mi ero buttato fra le sue braccia e lui mi aveva preso.
La sua mano risalì il mio viso, mi toccò per capire se ero ancora lì, poi alla cieca trovò le mie labbra.
Ci fondemmo mescolando
respiri e sapori, mentre le lingue non volevano saperne di separarsi.
Intrecci crescenti, mille scariche elettriche ed il mondo intorno che
spariva.
Il prima, il dopo... tutto via come una folata di vento.
Solo noi due.
Solo io e lui.
Le mie mani sul suo corpo,
il mio bisogno di sentirlo, di toccarlo esplose ed in breve non mi
controllai, tanto che mi ritrovai ad alzarlo dal bracciolo del divano e
a prendergli i glutei fra le mani attirandolo a me.
Lo stavo divorando, non
aveva idea di tutto quello che volevo fargli. Per anni mi ero dovuto
accontentare di cose fatte a metà, fermate sul più bello perchè non
consenzienti, coscienti o senza dialoghi chiarificatori.
Adesso c'era stato tutto,
ci eravamo trovati, avevo detto ogni cosa e lui si era arreso a farsi
guidare invece che fissarsi a fare tutto lui di testa sua.
Gli baciavo le labbra e lo
spingevo verso il divano, nel mentre, camminando e muovendomi alla
cieca, mi toglievo le scarpe. Adesso niente, niente mi avrebbe fermato.
Con frenesia crescente sentii le sue mani infilarsi sotto ai miei jeans, sul mio sedere, proprio come io tenevo ancora il suo.
O per lo meno lui tentò di
andare sotto ai miei jeans. In realtà erano stretti e non li aveva
aperti, quindi si separò dalla mia bocca e corrucciato si lamentò:
- Se vuoi avere altro
dovrai staccarti dalla tua posizione tantrica preferita! - Disse
riferendosi al suo culo che ormai era una delle mie tante ossessioni.
Io risi per la trovata e ringraziai il suo talento per smorzare ogni
tensione. Non avevo mai voluto che cambiasse questo lato di sé, era
quello che amavo di più. Volevo solo che diventasse anche affidabile,
oltre che quel pagliaccio immancabile.
Fu così che mi decisi a
lasciargli il sedere, ma lo spinsi con poca gentilezza sul divano e gli
salii sopra a cavalcioni. Poi avvolsi le braccia intorno al suo collo e
lo baciai impedendogli movimenti e respiro.
Adesso niente mi avrebbe più fermato.
Sentivo le sue mani vagare
sul mio corpo mentre le lingue si intrecciavano nelle bocche aperte ed
unite, muovevamo le teste in sincronia per poterci fondere meglio, i
sapori si mescolavano.
Si infilò sotto la mia
maglia e mi toccò la schiena facendomi sospirare sulla sua bocca,
giocò coi miei muscoli che guizzavano al suo tocco sapiente e
disturbati dalla stoffa, mi tolse l'indumento. Feci altrettanto con lui
per poi andare ad occuparmi del suo orecchio. Lo delineai con la punta
della lingua scendendo sul collo, lo sentii gemere perchè sapevo molto
bene quel che stavo facendo, ma mentre io mangiavo la sua pelle, lui
riusciva ad aprirmi i jeans. Appena lo sentii mi alzai in fretta, mi
guardò torvo ma non mi feci impietosire o spaventare, anzi, mi eccitai
ancora di più e con un sorrisino sadico iniziai a spogliarmi davanti a
lui che invece era rimasto seduto.
Finii di togliermi i
vestiti per lui e penso che gradì molto la cosa, tanto che non poté
trattenersi dal liberarsi dal resto di quel che indossava anche lui.
Quando fu nudo, seduto sul divano, vidi quanto era diventato eccitato,
proprio come mi piaceva vederlo. Mi leccai le labbra affamato e lui
spinse il bacino in avanti tendendo i muscoli dell'addome, eccitato nel
guardare la mia espressione, le mie mani che si carezzavano come se mi
stessi preparando.
Eravamo entrambi in situazioni al limite, ci mancava poco, ci desideravamo tantissimo.
Finii per masturbarmi per lui che resistette poco fermo e buono seduto a guardarmi.
Si spostò in avanti, aprì
le gambe e mi afferrò infilandomi nel mezzo, poi tenendomi per i
fianchi aprì la bocca chiedendomi senza parlare di accontentarlo. Non
fece altro, aprì solo la bocca ed io, folle per l'eccitazione, glielo
misi nella bocca. Mi andò incontro con la lingua, giocammo insieme a
girarci intorno fino a che iniziò a fare il suo lavoro come si doveva,
leccando e succhiando, succhiando sempre più forte mentre le mie mani
sulla sua nuca ed il mio bacino spingeva verso di lui.
L'eccitazione fu acuta
fino a che cominciai a sentire le scariche elettriche proprio lì nel
bacino, partire dalle viscere. La sensazione familiare, presto sarei
venuto, quindi fermai tutto e lo staccai.
- Rafa sto per... - Non lo
feci nemmeno finire di parlare, una volta in piedi mi leccai la mano e
mi succhiai le dita, mi spostai piegandomi in avanti, appoggiandomi al
divano, piegai una gamba appoggiandola sopra per poi usare le mie
stesse dita bagnate di saliva per prepararmi da solo. Me le infilai
dentro davanti ai suoi occhi, con foga e bisogno, perchè avevo ancora
la sensazione dell'orgasmo nel mio inguine e volevo avere un orgasmo
deleterio, un orgasmo fantastico, quindi lui doveva entrarmi dentro
subito, senza aspettare. Ero pronto, la mia eccitazione, la mia voglia,
il calore, l'elettricità, la follia.
Ero pronto e lui me lo doveva dare.
Mi guardò in questa
posizione sconvolgente mentre mi infilavo le dita da solo, piegato in
avanti e penso che non si sarebbe comunque fatto pregare molto.
Mi diedi a lui nella
posizione che solitamente gli uomini preferivano e visto che non si
decideva, tornando a bagnarmi il dito e ad infilarlo dentro, dissi
seccato:
- Pensi di scoparmi o devo fare davvero tutto da solo? -
A quel punto, finalmente,
mi prese, si sistemò contro e dentro di me e poi con una spinta
possente e decisa entrò facendomi spezzare il fiato e questa frenetica
follia, questa giostra di sensazioni acute, l'esplosione dei sensi.
Tutto si fermò per un momento fino a che, coi suoi movimenti, tutto riprese a scorrere.
Lento, ritmato, fluido, sinuoso, sensuale.
Dettò il ritmo ed io lo
seguii, mi feci cullare dai suoi colpi sempre più forti fino a che non
mi mossi in sincronia con lui, i nostri gemiti, la mia voce sempre più
forte che chiedeva di più e più forte. Ancora quella follia, ancora
quel piacere esplosivo. Tutto riprese da dove si era interrotto, quelle
cariche elettriche ad altezza inguine, quelle scariche appena lui mi
toccò con la sua erezione dentro di me, là in fondo, quelle scariche
esplosero su tutto il corpo, fin nella testa che mi trasmise l'orgasmo
più sconvolgente e lungo della mia vita.
Perchè capendo che era lì
che mi piaceva, lui aumentò la forza dei colpi e la profondità e poco
dopo venne anche lui, mi inondò scaldandomi in una sensazione unica e
fu tutto così perfetto, così bello, così unico.
Quello che avevo voluto da anni e che avevo solo potuto assaggiare per poco.
Adesso sarebbe stato mio sempre.
Fu il sesso migliore mai fatto.
Si accasciò su di me
cingendomi, rimanemmo in quella posizione piegati uno davanti
all'altro, io appoggiato allo schienale del divano, lui a me. Mi baciò
il collo, i respiri alterati come i battiti impazziti dei nostri cuori,
la pelle sudata, lucida, scivolosa. L'odore del sesso consumato su di
noi che non sarebbe andato via né da noi, né da casa sua.
- Non sai quanto ti amo,
Rafa. Da una vita. Dal primo giorno che ti ho visto, credo. Sei sempre
stato la mia ossessione fino a che hai preso tutto di me. Non ho mai
voluto altri che te e lo vorrò per sempre. - Non ero convinto che quel
suo 'non ho mai voluto altri che te' significasse che però si fosse
consacrato a me. Credo che per lui il sesso extra fosse concesso in
certe circostanze, tipo quando ci si arrabbiava, ci si deludeva o ci si
doveva vendicare. Però erano aspetti che avremmo chiarito e limato col
tempo.
Io non ero tipo da tradimento, in nessun caso. Nemmeno da flirt per gioco.
Lui invece sì.
Ma avrei ampiamente
espresso il mio parere dicendogli che se voleva stare con me in modo
duraturo, avrebbe dovuto seguire almeno la regola di tenere il suo
giocattolo fra le gambe.
Avrei concesso solo il
sesso con sua moglie, perchè ormai il casino l'aveva fatto e non
c'erano alternative. Comunque anche io avevo una ragazza di copertura,
in quanto personaggi famosi e super seguiti da tutti, avere una moglie,
una ragazza, era vitale per la nostra pace privata.
Per cui quel discorso lo capivo.
Per il resto non gli avrei concesso nulla.
Mi strinse aspettando una
mia risposta, ma io ero perso nelle sensazioni che mi trasmetteva,
perchè sentivo il suo amore. Lo sentivo come non mai.
Non volevo parole, non volevo promesse, volevo solo fatti concreti e finalmente me ne aveva dati.
Quell'amore, ora, era più che concreto.
Era vero, reale e tangibile. Lo stavo sentendo. Lo stavo provando. Era il suo verso di me.
A quel punto misi le mani
sulle sue, mi raddrizzai e girai la testa verso di lui, rimanendo
appoggiato con la schiena contro il suo petto, fra le sue dolci
braccia.
Trovai le sue labbra e sorrisi sereno, luminoso, felice.
- Ti amo anche io, stupido
testone. - poi lo baciai con leggerezza e delicatezza, trasmettendogli
quel che ora stavo provando io.
Quella felicità completa,
piccola, delicata. Mi girai fra le sue braccia, ci abbracciammo l'un
l'altro, Nole nascose il viso contro il mio collo e questo gesto mi
sorprese molto.
- Certo che... - Iniziai
facendogli scostare il viso. - Hai proprio una bella casa, eh? - Dissi
come se questo c'entrasse qualcosa!
Lui scoppiò a ridere e non sapeva ancora quanto amavo il suo sorriso.
- E non hai visto la
camera! - Quando lo disse feci una risatina, poi mi prese per mano e mi
tirò accompagnandomi a vedere il resto di casa sua.
Ovviamente la parte migliore fu il letto.
Accoccolati sopra, abbracciati, intrecciati insieme, rilassati, le sue mani sui miei capelli, le mie sul suo petto.
Mi assicurai che non
potesse venire nessuno a rompere le palle, lui mi spiegò che era
l'usanza di non vedersi fra sposo e sposa per tutta la settimana e che
nessuno poteva entrare liberamente in casa sua.
Poi lo dissi, non so come ci riuscii, però fu una liberazione.
- Ho un po' paura da qui in poi... -
Gli consegnai piano la mia fragilità e le mie paure e lui le accolse con delicatezza:
- Non ti lascerò mai, con o senza famiglia, quel che provo per te non cambierà mai. -
- Lo so, mi fido. -
Cercò la mia mano ed intrecciò le dita, io glielo lasciai fare:
- Di cosa hai paura, allora? -
- Che le cose ci sfuggano
di mano, che qualcosa arrivi a rovinare tutto... che salti fuori in
qualche modo... non so, ho paura che qualcosa non vada... ho... - alzai
la testa fino a guardarlo, vidi il suo stupore perchè non avrebbe mai
immaginato niente del genere da parte mia, per questo dovevo aprirmi a
lui, perchè altrimenti non poteva capirmi: - Ho paura di perdere in
qualche modo quello che ho sempre desiderato, ora che finalmente ce
l'ho! -
La verità era che ero una persona piena di incertezze e fragilità ed ora lui lo stava vedendo, finalmente.
Mi carezzò dolcemente il viso e sorrise intenerito:
- Andrà tutto bene. Lo
faremo andare bene insieme. - Aprii la bocca per dire che non poteva
saperlo, così come non poteva dire che mi avrebbe amato per sempre,
come aveva fatto prima. Ma mi mise il dito sopra zittendomi e continuò
con fermezza: - Io lo so. Andrà tutto bene. - Io così insicuro, lui
così sicuro di tutto. Io pieno di dubbi, lui certo di ogni cosa, anche
quello che invece non sapeva. Come potevamo stare insieme? Come poteva
andare davvero bene?
Eravamo gli opposti, gli antipodi e questo mi terrorizzava.
Però la sua bocca mi calmò
ed il cuore si placò, la paura scemò nel suo bacio ed io, per quel
momento, decisi di provarci. Quanto meno di provarci.
Tentare.
Avrei sempre espresso
tutto, invece di tenerlo nascosto come mio solito. E lui avrebbe sempre
chiesto, invece di giungere da solo alle conclusioni.
Avremmo mescolato i nostri due mondi, io Mercurio e lui Urano. Che diversi, che lontani... ce la potevamo fare davvero?
Avevo le mie motivazioni, lui non capisce mai un cazzo come suo solito!
Lui pensa sempre di sapere tutto da solo, salvo poi che ovviamente non sa uno stracazzo!
Ma non mi ascolta!
Lui prende e parte!
'COME HAI OSATO NON DIRMI CHE AVEVI L'APPENDICITE? COME HAI POTUTO GIOCARE LO STESSO?'
Non dimentico questo litigio, da quando ci siamo messi insieme, ai primi di Luglio, è effettivamente il primo.
Ed è stato davvero tosto.
Sospiro sconfortato mentre rassegnato mi lascio preparare dall'infermiera per la sala operatoria.
Alla fine ho litigato con
lui che ha detto che non sarebbe venuto all'operazione visto che non lo
rendevo partecipe delle cose importanti e che dovevo arrangiarmi.
Io ovviamente gli ho detto che sarei sopravvissuto da solo.
Però poi il periodo
passato da solo in attesa del giorno fatidico mi ha fatto uscire di
testa e sono dovuto ricorrere al solito buon vecchio Roger che,
paziente, mi ha fatto ragionare dicendo che se volevo che Nole facesse
un passo verso di me, lo dovevo invitare io a farlo.
Che a volte l'orgoglio non pagava, ma pagava la mitezza.
Io mite... mi misi a ridere.
Però ho tenuto duro fino in ospedale, al ricovero.
Alla fine non ho potuto
farne a meno, la paura dell'intervento si era ingigantita, il momento
arrivava ed io ero qua senza di lui.
Io avevo bisogno di lui e lui non c'era.
Mi sono ritrovato a pensare solo a questo con terrore ed ossessione.
È stato l'anno tennistico
peggiore di sempre, ho vinto il mio nono Roland, ma poi non ho
combinato altro. Mi sono fatto male al polso, poi mi è venuta
l'appendicite ed in aggiunta diciamo che la schiena mi ha sempre
accompagnato.
All'ennesima ho detto basta. Basta sfighe.
Per questo ho provato ad ignorare l'appendicite e a curarla con antinfiammatori. Purtroppo non è stato sufficiente.
L'ho nascosto anche perchè
ho paura delle operazioni, è uno dei miei punti deboli e siccome mi
vergognavo, non l'ho detto a nessuno.
Nole ha creduto che l'avessi nascosto per una questione di tennis, ma ovviamente non ha capito un cazzo, non me ne stupisco.
Qua però non resisto, la
paura è troppa e prendo il cellulare prima di andare in sala operatoria
e, sapendo perfettamente che può perchè ho scelto l'unico giorno che ha
con certezza libero, fra il torneo finale di Parigi e le finali di
Londra, gli scrivo:
'Scusa se sono terrorizzato dagli interventi. Tu però vieni!'
Non sono stato dolce come
voleva Roger, non ne sono capace perchè sono impacciato in queste cose
sentimentali, però mi piace se qualcuno è dolce con me. Mi piace
ricevere dolcezza, solo che non so darla e mi innervosisco quando mi
ritrovo a provarci e vedo che non ci riesco.
Vado in sala operatoria
col patema d'animo, mi addormentano e mentre la mente si impasta da
sola, il film si riavvolge e torna a scorrere.
Scorre mentre dormo, scorre quando mi sveglio rincoglionito, scorre quando mi riaddormento.
E poi finisce con la sensazione della sua mano sulla mia e delle sue labbra sulla mia fronte.
Sono nel dormiveglia, ma
mi sveglio piano piano e piano piano sorrido ringraziando chiunque
l'abbia fatto rinsavire e venire da me.
Non credo in Dio, ma a volte c'è una forza invisibile che spinge in un senso od in un altro.
Non so cosa sarà di me a
tennis, se dopo praticamente sei mesi, possiamo dire, lontano dai campi
e con tutti questi problemi fisici che ho avuto, io tornerò ad avere
soddisfazioni a tennis o se sono finito.
E non so se con Nole andrà sempre tutto bene, quanti litigi avremo, come saranno e quanto dureremo.
Non so proprio niente di niente.
So solo che ci proverò.
Ci proverò a tornare al mio tennis, alle mie posizioni, alle mie vittorie, alle mie soddisfazioni.
E proverò a portare avanti
questa relazione che, in uno dei miei anni peggiori, è stata la cosa
più bella, se non l'unica, che mi sia capitata. Quello che ha fatto
andare avanti.
Proverò a fare questo e a fare quello e vedremo come vanno le cose.
Apro gli occhi e lo vedo nella penombra della camera, è notte e non c'è nessuno, prima ho mandato via tutti sperando venisse.
Sono sfinito e stanchissimo, ma sono felice di vederlo. Il sollievo che provo non ha paragoni con la paura dell'operazione.
- Ci hai messo un sacco! - Brontolo pensando che speravo di vederlo prima.
- Scusami se non ti sono stato vicino, ero arrabbiato. - Risponde sincero, senza essere polemico.
Così scuoto la testa e tutto va via.
- Avevi ragione. - Non volevo dirglielo, non volevo ammetterlo nemmeno a me stesso.
Mi faccio da parte e lui
sale sul letto, ci sistemiamo insieme ed io mi accoccolo stanco contro
di lui che mi cinge e mi culla con quella dolcezza di cui ho bisogno
perchè non sono in grado di darne.
- Basta che ci sei da ora.
- Avrò molto bisogno di lui, da ora. Perchè prima mi sentirò una merda
per l'operazione, poi quando dovrò tornare a giocare a tennis mi
renderò conto che non sono più come prima e starò come in croce. E so
che avrò bisogno di lui.
- Ovvio! Non esiste un
modo per liberarti di me! - Le sue mani sui miei capelli spettinati mi
rilassano tantissimo e lascio andare le palpebre che lente si
appesantiscono.
- Non ho mai avuto dubbi.
- Sapevo che sarebbe venuto anche se non glielo avessi chiesto, però
abbiamo fatto un patto, di aprirci a vicenda. Io dovevo parlare e lui
doveva ascoltarmi, perchè abbiamo sempre fatto il contrario
fraintendendoci.
Adesso dobbiamo fare così, sforzarci.
Sì, di passi in avanti ne
stiamo facendo, sono lontano dall'obiettivo prefissato, però non stiamo
andando male. Ci stiamo provando. Ci stiamo riuscendo, fra alti e
bassi, ma ci riusciamo.
- Vedrai che recupererai
tutto. - Dice poi baciandomi la tempia. Io muovo sonnolento le dita sul
suo petto, dove sono accoccolato.
- Non lo puoi sapere. -
Secondo me la mia carriera è alle battute finali, ma questo non glielo
dico perchè so che sa che lo sto pensando.
- Oh sì invece, lo so benissimo. Vedrai se non ho ragione! - Faccio un piccolo sorrisino e sospiro. Visto?
Sta imparando a conoscermi. Sa a cosa sto pensando. Piano piano non servirà nemmeno che gli spiego tutto.
Gli prendo la mano e col
calore più piacevole mai provato, mi lascio andare ad un sonno leggero,
uno di quei sonni dove faccio attenzione a cosa succede intorno a me.
Perchè voglio sempre essere consapevole che lui è ancora qua.
Perchè mi rende felice.
Mi fa incazzare, ma mi rende felice ed ora come ora è la cosa vitale.
Non conta quanto ci metti e cosa devi sacrificare per arrivarci, conta quanto ci provi ed insisti.
Alla fine ci arrivi, forse
dopo anni, sofferenze e cadute. Però se non molli mai, alla fine, ci
arrivi. Per cui la felicità è tutta una questione di resistenza e
testardaggine.
FINE