CAPITOLO II:
CURIOSITA'



- Ho sognato che vincevamo! - Esclama appena suona la sveglia. La sua voce risuona nella camera ed io fatico a capire che è nella realtà e rispondo di riflesso.
- Io ho sognato quella volta che ci siamo incontrati da piccoli. - L'aveva citato lui indirettamente prima di dormire. Mi giro a guardarlo assonnato e vedo che lui mi guarda facendo mente locale.
- Quando eri lì nella tua palla di miseria ed io mi sono chiesto perchè mai un così bel tipo fosse solo e nascosto? -
Arrossisco mentre l'adrenalina per la sua sparata mi fa svegliare immediatamente e lo guardo come se fosse pazzo.
- Palla di miseria? - Lui si alza sbadigliando, grattandosi la nuca.
- E' un modo di dire... quando intendi che uno si appallottola moralmente in sé stesso escludendo il mondo. - Una perfetta descrizione di me a quei tempi.
Mi metto a ridere.
- E' questo che hai pensato? Ti sei avvicinato per curiosare? - Lui sorride annuendo convinto.
- Sai che sono un ficcanaso! - Scuoto la testa alzandomi sbadigliando.
- Mi sono sempre chiesto cosa ti fosse passato per la testa. Perchè diavolo avvicinarmi e parlarmi come se fossi mio amico? Per me non era normale. -
- Lo so. Non ti ho mai visto parlare con nessuno! -
- Ma allora mi avevi già notato? -
- Qualche volta, ma non in campo. Fuori, quando aspettavi il tuo turno. Eri sempre così, nella tua palla di miseria. -
- E così un giorno ti sei detto 'andiamo a farci i cazzi suoi!' - Non ne avrei mai parlato di mia iniziativa, ma visto che ci siamo, mentre faccio i miei bisogni, lui si lava il viso come se non ci fossero confini da non passare.
- Proprio così! Non riuscivo più a farmi i miei! - Rido scuotendo la testa mentre, finito, lo raggiungo al lavandino e gli rubo il getto dell'acqua per lavarmi mani e viso insieme a lui che comunque ha finito e si asciuga rimanendo vicino a me.
- Cosa hai pensato tu? - Mi chiede incuriosito, a proposito di curiosità. La sua è leggendaria.
- Ma che vuole questo qua da me? - Lui scoppia a ridere.
- L'avevo immaginato! - Rido anche io prendendo l'asciugamano dalla sua mano ed usandolo.
- E tu? Che hai pensato dopo che mi hai parlato? - Chiedo visto che sono in argomento.
- Che eri interessante e sicuramente intelligente! - Io inarco le sopracciglia scettico.
- E' questo che pensa un bambino di... non ricordo nemmeno quanti anni avevamo? -
Roger alza le spalle precedendomi in camera.
- Io sì. Uno viene colpito da determinate cose, non sempre sono le stesse. A volte sono colpito dall'esplosività di qualcuno... - Rafa, penso subito. - O dalla sua simpatia... - Non di certo io, non penso di essere tanto simpatico anche se con lui ridiamo molto.
- E di me? -
- Di te è stato quello strano qualcosa. Qualcosa di interessante, appunto. Non ti ho inquadrato subito, questo mi ha incuriosito ancora di più. Però mi sei piaciuto. Eri intelligente, avevi notato una cosa acuta. Per cui volevo saperne di più e successivamente, avendo avuto occasioni, le ho sempre volute sfruttare. Fino a che non ti ho inquadrato. - questa mi lascia perplesso, lo fisso incredulo e per un momento sospeso nel nulla. Cosa pensa di me ora?
- E come mi hai inquadrato? - chiedo sedendomi sul letto mentre mi dimentico cosa dovevo fare per guardarlo togliersi la maglia con cui ha dormito.
Arrossisco e vado in confusione, prendo un respiro e mi chiedo se sono impazzito. Poi mi riconcentro su quel che dice, senza un minimo problema.
- Come una persona che tiene il suo bel mondo colorato chiuso in una serratura a doppia mandata. - Le sue descrizioni sono sempre molto fantasiose e particolari, sorrido colpito, senza fiato.
- Mi hai preso bene. - Lo ammetto. È vero. Sono così.
Lui, contento, si toglie anche gli shorts del pigiama mentre io rimango così.
- Ora tu. - Qua torno ad arrossire e ad andare nel panico, infatti prendo i vestiti da mettere e mi spoglio in fretta cercando di prendere tempo.
- Io cosa? - Ma Roger, in mutande e senza ritegno, mi insegue come se volessi scappare.
- Tu! Tu cosa hai pensato? Quella volta e poi nel tempo! Perchè mi sei diventato amico? Eri chiusissimo e timido, non è normale che uno come te faccia amicizia! - Ma che bravo! Dannatamente bravo!
Vorrei prenderlo a pugni, ma non ci riuscirei, il suo viso è troppo carino.
Merda, ma cosa mi metto a pensare?
Sono impazzito?
È un ragazzo, non si pensano queste cose!
- Tutte queste cose vuoi sapere? - Chiedo tremolante cercando di uscirne sapendo che non potrò.
Alla fine mi blocca contro la porta a vetri dove la saracinesca è ancora abbassata. Mi blocca davvero, una mano nella via di fuga che volevo intraprendere, potrei andare dall'altra parte, ma il suo dito indice puntato davanti alla mia faccia mi intimidisce. Il suo sguardo è risoluto.
- Cosa hai pensato? -
Sospiro esasperato, preso davvero male.
- Ok, ho pensato che tu fossi fuori di testa. - Spero di liquidarlo, ma non funziona.
- E? - Sospiro alzando gli occhi in alto, la sua vicinanza mi inquieta, mi imbarazza molto. Siamo molto vicini, lui mi blocca ed è in mutande. Dannazione, non poteva vestirsi? Io sono pure senza maglia.
Sto male.
Comincio a provare qualcosa che spesso blocco sul nascere scappando abilmente, ma ora non posso e forse non ho scelta.
E dopotutto mi piace stare così. Ma non credo se ne renda conto.
- Non so cosa sia stato, non faccio amicizia facilmente. Non so dirti cosa è successo. È successo e basta. Credo fossimo destinati ad essere amici e l'ho sentito, quando ti ho incontrato ho sentito una spinta invisibile verso di te. È stupido, visto? Non so spiegarlo in altro modo, ma non esiste al mondo che io, in quel periodo, potessi accettare l'amicizia e la conoscenza di qualcuno così estroverso e casinista come te. -
Alla fine l'ho sputata tutta fuori.
- Mi vedi come uno estroverso e casinista anche ora? - Chiede visto che lui mi ha detto come mi vede.
Mi mordo il labbro imbarazzato, lo fisso negli occhi mentre mi ci perdo e non voglio staccarmene. Cosa mi sta succedendo? Cosa mi sta facendo?
Sono tutto in subbuglio, sto tremando.
Il cuore è a trecentocinquantamila battiti al minuto.
- Ti vedo come il sole. - Ok, non volevo dirlo, ma mi è tornato in mente quella sensazione di quando si è girato per dirmi il suo nome ed aveva il sole dietro. È la sensazione che ho tutte le volte che lo vedo. Per me lui ormai è il sole.
Arrossisco ancora di più realizzando quel che ho detto e reagisco spingendolo di lato per andarmene a chiudermi in bagno, come se fosse successo chissà cosa.
Non è successo niente, niente, ma il cuore mi batte come non ha mai battuto e forse ho detto una cosa strana.
Roger lascia un po' di secondi, poi si mette a bussare e chiamare.
- Stan, cosa è successo? Ti ho infastidito? Non volevo, scusami... ero curioso, sai che sono curioso... non... non è niente di brutto. A me piace essere il sole! Preferisco il lago, ma anche il sole va bene! - La cosa che dice è così stupida e priva di sensibilità che apro subito la porta e invece che insultarlo perchè è fuori luogo, scoppio a ridere. Lui rimane perplesso alla mia reazione, ma poi sorride un po' spaesato. Quando finisco allarga le mani.
- E' tutto ok? - Io sospiro e mi stringo impacciato nelle spalle.
Non credo si sia accorto di nulla, non ha senso spiegarglielo. E poi cosa?
Mi stai facendo qualcosa?
E cosa?
Ci conosciamo da una vita, sono un ritardato ad accorgermene solo ora.
Solo ora?
È davvero solo ora?
Non è che magari lo so da sempre?
E cosa?
No, sto correndo troppo, sto proprio correndo troppo.
Io e lui abbiamo un rapporto speciale ma non è quello che penso.
Sono impazzito, ecco tutto.
Adesso basta pensarci.
- Comunque sei un mastino! Non molli mai! - Grugnisco andando a vestirmi senza il coraggio di guardarlo in viso. Di sottecchi lo vedo che si veste anche lui, mentre ride.
- Sì, lo so, non mollo mai. Scusa. Tu sei chiuso, ma il fatto che con me invece sei piuttosto aperto mi fa dimenticare che certe cose non le dici facilmente. Scusami. - La cosa mi fa pensare.
È vero. Sono chiuso, ma non con lui. Però molte cose ancora non le sa e se dovessi scoprire altre cose su di me, su quel che sono, che provo nel profondo... non so se glielo direi.
Lo guardo di nascosto mentre si infila la maglia e un'ondata di calore mi invade.
Forse non è niente o forse è qualcosa, ma prima di fasciarmi la testa è meglio fare una lastra per vedere se è rotta.
Insomma, magari sono solo un po' attratto dai ragazzi. Posso sempre essere un po' bisessuale, non c'è niente di male.
Capita.
Sono un ragazzo sensibile, il fatto che riesco ad allacciarmi all'emotività di chi ho davanti, e con Roger questa cosa è molto spiccata, mi fa cadere certe barriere morali.
Insomma, forse sono solo bisessuale.
Metti gay. Magari sono gay.
Magari.
Non significa che io sia innamorato di Roger.
No?
- Non preoccuparti, io devo imparare ad essere meno rigido. Dopotutto sei tu. - Volevo tranquillizzarlo e vederlo sorridere tranquillizza me.
È davvero dolce. Dolcissimo.
Ok, Stan, datti una calmata.
Sei vergognosamente vergine, forse semplicemente non sai un cazzo sulla tua sessualità ed hai bisogno di sfogare gli ormoni, tutto qua.
Ok, appena torno a casa vedo di risolvere anche questa cosa.
Vergine a 23 anni perchè sono troppo timido e chiuso.
Sono un disastro, ecco cosa sono!
E se lo fossi perchè in realtà non sono mai stato attratto da una donna proprio perchè sono gay?
Non sono cose facili da ammettere e capire, specie perchè sono cresciuto in una fattoria, insomma.
Le ipotesi viaggiano in me e non penso si fermeranno facilmente.
Oh dannazione. Come ne esco ora?

/Roger/
Che flash.
Ricordare quei momenti è stato strano, non ci pensavo da una vita. Beh, di tempo ne è trascorso... abbiamo iniziato entrambi a giocare che eravamo bambini ed abbiamo fatto diverse gare a livello nazionale, io ho solo tre anni in più di lui per cui io ho iniziato un po' prima, ma lui non poi così tanto tempo dopo.
Non so cosa mi abbia attirato di lui.
Se devo ripensare, come ogni tanto si fa, al nostro primissimo incontro, anzi meglio al primo momento in cui l'ho visto... non so bene.
Eravamo piccoli, lui era super timido, super isolato. Non l'ho mai visto parlare con qualcuno ed inizialmente non spiccava nemmeno sul campo o meglio, non che nei vari circuiti avessimo chissà quali rivali, dopo un primo momento di assestamento lui ha iniziato a migliorare e da lì ho capito che aveva talento.
Istintivamente.
Però la prima volta che l'ho visto... non so, non posso ricordarlo.
Era una di quelle gare.
Non vivevamo nello stesso cantone, nemmeno in città vicine. Cioè non ai poli opposti ma non proprio attaccati.
Io parlavo tedesco e lui francese.
È successo che una volta l'ho visto lì sotto quell'albero e non ci ho fatto molto caso.
Poi la volta dopo l'ho rivisto, sempre sotto ad un altro albero, sempre solo. Ed ho pensato 'Ma è quello dell'altra volta?'
La terza occasione, altro albero, allora lì mi sono fermato a guardarlo bene per capire cosa avesse.
È strano un bambino che sta sempre sotto ad un albero mentre gli altri giocano.
Non sapevo chi fosse e come giocasse a tennis. Non ne avevo idea.
Per cui sì, cosa ho notato di lui la primissima volta?
La sua solitudine, il suo isolamento, la sua timidezza.
Così ho deciso di avvicinarlo, mi veniva facile e volevo capire perchè stesse lì da solo.
Perchè l'ho fatto?
Ho seguito un indomabile impulso, all'epoca li seguivo spesso. Sono sempre stato molto curioso, poi crescendo lo sono rimasto, ma ho capito che a volte esplorare non va bene. Se ho l'occasione faccio domande dirette, altrimenti mi studio in silenzio e con attenzione la situazione.
Sono sempre stato curioso, è questo che mi ha differenziato dagli altri.
La curiosità e il divieto di ossessionare la gente con le mie domande, come facevo da bambino, mi ha spinto a soddisfarmi da solo con l'osservazione.
La mia capacità di osservazione mi ha aiutato.
Osservavo per capire da solo quello che volevo sapere.
Una volta trovate le risposte, immagazzinavo le informazioni fino a quando mi tornavano utili. A volte le integravo ad altri dati raccolti nel tempo che completavano piano piano un quadro di qualcosa o qualcuno.
Con Stan è stato così, ma non posso dire di conoscerlo ancora bene.
Ad esempio non sapevo bene di questo suo lato spirituale, o quel che è.
Non sapevo perchè studiarlo ed immagazzinare dati su di lui, ho iniziato a farlo da quella volta, piano piano tutte le volte che l'ho incontrato. Piano piano siamo diventati amici, piano piano siamo diventati gli svizzeri tennisti più forti. Piano piano siamo arrivati alle Olimpiadi di Pechino per il doppio, qua, ora.
Quando mi sono trovato a cercare un compagno non ho avuto molti dubbi, dopotutto dovendo partecipare con un connazionale lui era la sola scelta accettabile, è fra i primi dieci.
Però quando ho deciso di chiederglielo mi sono detto che sarebbe stato adatto per questo, questo e questo motivo.
Perchè è una persona calma e tranquilla, la sua timidezza può aiutarmi a stare coi piedi per terra e sicuramente è uno capace di seguire le indicazioni. So che ascolta, preferisce ascoltare che parlare, tutto il mio opposto.
Io preferisco parlare e mi viene spontaneo dirigere, insegnare. Lui assorbe, è una spugna, io sono un dispensatore, invece. La fontana che sputa acqua. Lui la spugna che la raccoglie e la fa sua.
A quel punto ho capito perchè 'raccogliere' dati su di lui per tutti questi anni, fra me e me. Non solo per essergli amico, ma perchè è perfetto per giocare i doppi con me.
Ovviamente la mia vita non è solo tennis, ma in questo periodo direi di sì.
Sono primo da un po' e con Rafa alle calcagna non so per quanto ci rimarrò, però per ora il mio primo pensiero è il tennis, non ho altro.
Penso che non mi sono avvicinato tanto a Stan solo per trovare il compagno ideale nei doppi di tennis, ci sarà anche una motivazione personale, privata, però quella emergerà in un altro momento.
È questo che credo.
Però sapere che c'è uno che gli ha insegnato cose filosofiche, spirituali o quel che sono, mi ha incuriosito molto. Vorrei saperne di più. Non di quel che gli ha insegnato, ma di chi è.
Un pensiero, un tarlo si insinua nella mia mente e già so che se non riuscirò a capirlo da solo, finirò per chiederglielo.
Stan mi concede tutto, credo che conceda tutto solo a me. Anzi. Credo che parli solo con me, che rida solo con me, che si confidi, che si mostri solo a me.
Lo conosco da anni e so che è così, vedo che non si apre a nessuno. Ha mezzi rapporti con qualche altro rivale con cui si trova abbastanza, ogni tanto si mette a fare dei doppi con qualcuno, o ad allenarsi con altri. Ma se c'è una cosa che so, è che con me è diverso.
La cosa mi piace, mi riempie di orgoglio, non sono ipocrita. Mi fa sentire speciale e tutti viviamo per essere speciali, diversi dagli altri, per spiccare.
Ma qua la cosa è particolare, perchè si tratta di essere speciale per una persona nello specifico e solo per lei.
Questo mi fa sorgere una domanda che penso risponderò fra molto tempo, perchè è una domanda che richiede tempo per trovare risposta.
Perchè sono così speciale per lui e perchè io sono così felice di essere così speciale per lui?
Solo un cieco non se ne renderebbe conto e non sono stupido.
Se non affronto determinate cose non è perchè sono ottuso, è perchè non ho tutti gli elementi necessari per affrontarla nel migliore dei modi. E gli elementi richiedono tempo per essere raccolti a dovere.
Sono uno metodico e paziente.
So che otterrò quello che voglio, in qualsiasi campo. Questo mi rende padrone di una calma vitale per arrivare a quei punti. Con l'ansia non arrivo lontano.
Stan è l'opposto, è molto ansioso e si chiude a tutti proprio per cercare di limitare l'ansia, ma così lui la soffoca e lavora come un cancro in metastasi.
Dovrebbe aprirsi, sputare fuori quel che ha dentro, le sue paure, le sue angosce, i suoi dubbi e se si arrabbia dovrebbe dimostrarlo. Questo lo aiuterebbe a scendere in campo libero, ad unica disposizione del tennis.
Spero di aiutarlo a farlo.

Il primo turno di torneo olimpico lo superiamo senza grossi problemi.
Ho giocato con lui molte altre volte, anche da ragazzini abbiamo avuto l'occasione di iscriverci a qualche torneo di doppio insieme perchè ho sempre voluto partecipare anche alle cose di squadra, della nazionale, e per questo un giocatore deve allenarsi a giocare i doppi.
Sono stato io a convincere Stan a giocare i doppi da ragazzino. Una volta gli ho chiesto di partecipare e lui ebete mi ha detto 'davvero vuoi me?'
Io ho risposto deciso.
'Certo che voglio te! Sei quello che migliorerà di più nel tempo e sei in grado di usare la testa! E poi mi piace che ti alleni molto!'
'Come fai a dirlo?'
'Perchè ogni torneo che ti vedo giochi sempre meglio, significa che passi le ore ad allenarti!'
Ricordo quel dialogo perchè lui aveva quella faccia incredula misto fra il shockato ed il felice. Credo d'averlo visto così felice poche volte, all'epoca. Da quando iniziammo a giocare insieme e ad allenarci per i doppi, lui lo è stato sempre più. Ho imparato che il suo sorriso è in realtà bellissimo.
Ricordo una volta che ho rotto tantissimo ai miei per portarmi da lui, ci eravamo scambiati il numero e messi d'accordo fra di noi per passare dei giorni insieme per allenarci a giocare i doppi, lui mi aveva invitato a casa sua perchè viveva in una fattoria, c'era spazio ed i suoi genitori erano i suoi allenatori e potevano aiutarci.
Allora ho rotto le scatole ai miei ed alla fine abbiamo fatto quei giorni insieme.
È stato bello. Ed avevo ragione.
Passava le ore, sotto il sole, ad allenarsi.
Io e Stan giochiamo i doppi da una vita, non abbiamo partecipato a tutti i tornei di doppi e non sempre insieme, comunque. Però ne abbiamo fatti molti, io ho sempre saputo che a livello di nazionale sarebbe stato lui il mio compagno.
Ed ora siamo qua al punto, alla resa dei conti.
Tutta quella preparazione per ottenere un grande risultato, un giorno.
Quel giorno è arrivato.
Non c'è una competizione nella stagione regolare di tennis che sia tanto prestigiosa da spingermi a volerla a tutti i costi, non a livello di doppio intendo.
Sì, c'è la coppa Davis, ma è di squadra.
È diverso.
Qua si parla di un torneo di doppio prestigioso che si vuole vincere a tutti i costi, perchè è importante.
Ed è questo.
Questo è quel torneo.
Quando ho iniziato a ragionare sul discorso dei doppi, da bambino, e a giocarne di tanto in tanto, quando ho iniziato a fare coppia con Stan qua e là, è sempre stato per un motivo specifico, per un momento particolare che non ho mai avuto chiaro nella testa se non quando ho deciso che sarei venuto alle Olimpiadi di Pechino 2008.
Allora ho capito per cosa avevo lavorato tanto sotto quell'aspetto, con pazienza certosina.
Ed ora siamo qua, io e lui, a giocare e vincere la prima partita delle Olimpiadi.
L'avventura inizia ed anche se partecipiamo a mille tornei all'anno, questo qua è diverso.
Queste sono le Olimpiadi. Lo fai per te stesso, ma ne trarrà gloria anche il tuo Paese, puoi renderlo fiero.
Ci penso molto e la cosa non aiuta, non pensavo che mi destabilizzasse. Credevo mi caricasse, ma dopo la prima vittoria tanto conclamata, vengo a sapere che in patria seguono le nostre partite come se fosse la rivelazione dello Spirito Santo.
E comincio a provare fifa.
Io.
Fifa.
Sono Roger Federer, numero uno al mondo dal 2004, da 4 anni. E prima comunque ero abituato a stare nelle prime posizioni.
Vinco molto, guadagno molto, vengo acclamato in ogni parte del mondo ed io, oggi, dopo le prime vittorie sia nel doppio che nel singolo, sono emozionato ed angosciato per non dire terrorizzato perchè la Svizzera si aspetta la mia vittoria alle Olimpiadi, la competizione sportiva più attesa e desiderata dagli atleti.