UNA CLASSICA STORIA

1. UNA PICCOLA SPERANZA 



/Rafa/
“L’accolgo con un gran sorriso che al tempo stesso è teso e penso che si noti, mi strofino di continuo le labbra e mi sento così imbarazzato da essere rossissimo, sicuramente lo sono.
Roger mi porge la bottiglia di vino ed io la prendo alzando un sopracciglio.
- So che non possiamo bere, ma non potremmo nemmeno incontrarci al di fuori del tennis! - Con questo lo guardo male.
- E perché mai? - Chiedo indispettito. Roger ride e si infila le mani in tasca.
- Non so, forse perché siamo diretti rivali? - Continuo a non capire.
- Ma non c’è un regolamento che vieta di fare amicizia! - Roger così scoppia a ridere ed il sole torna immediatamente.
- Lo so, stavo scherzando! Cercavo di giustificare il vino! - Allora rido anche io e lo colpisco con la spalla amichevolmente.
- Non devi, tu sei Roger Federer, puoi portare quello che vuoi! Faremo uno strappo alla dieta! -
La nostra dieta non prevede alcolici e determinati alimenti, ma per questa volta non sarà un problema.
Roger mi circonda la schiena con un braccio e continua a ridere.
- Troppo ospitale, adesso! Ti voglio più informale altrimenti mi imbarazzo! - Così lo guardo sorpreso.
- Tu imbarazzato? - Ovviamente non può essere, non me lo immagino, non è nel suo carattere.
- Perché, ogni tanto capita anche a me, sai? -
Stringo le spalle perplesso facendomi avanti per casa.
- Lo nascondi molto bene. - E così annuisce.
- E’ il mio talento! - A pensarci è così, è bravo a gestire le emozioni, sembra quasi un inglese in questo. Chissà cosa prova in realtà.
- Ti capita mai di arrabbiarti? - Roger mi segue ridendo, riesce a rilassare tutti con una facilità incredibile, è davvero pazzesco.
- Spesso, ma sono bravo a nascondere anche questo! - Scuoto la testa appoggiando il vino sul piano della cucina e cercando il cavatappi, lo riprendo:
- Sì, ok, ma dovresti anche lasciarti andare, ogni tanto. Spero che tu lo faccia con qualcuno, altrimenti poi scoppierai, un giorno. - Così Roger si stringe nelle spalle e si appoggia al tavolo, incrociando le braccia al petto.
- Beh, lo faccio… - Vorrei chiedere con chi, visto che con me non l’ho mai visto completamente sé stesso, però io non l’ho mai visto molto fuori dai campi e dalle strutture di tennis prima di ora. Però se non me lo dice è fuori luogo chiederglielo.
Chiudo il discorso aprendo la bottiglia e versandone un po’ in due bicchieri, gliene do uno e lo avverto.
- Sono astemio, per cui l’assaggio, ma niente di più altrimenti parto e non rispondo di me… non offenderti! - Roger ride ancora e tutte le volte che lo fa, ho un tuffo dentro di me, mi sento proprio morire in qualche modo.
E’ un bel modo di morire guardarlo ridere.
Tintinniamo i bicchieri e con un ‘ a noi  ‘ classico, beviamo.
Ovviamente non tarda a darmi una pericolosa sensazione d’euforia, quindi lo metto subito giù.
- Per quel che ne so, è buono. -
- Mi sa che il tuo saperne è scarso se sei astemio! - E la sua sincerità è spontanea e non dà per niente fastidio, infatti mi trovo a ridere.
- Beccato! - Continuiamo a scherzare e viene fuori che la cena è pronta, ma cucinata da mia madre, con la quale vivo visto che sto più fuori che dentro per via della stagione di tennis…
- E poi odio avere estranei per casa che mi puliscono, sistemano e cucinano… così alla fine la soluzione era vivere con lei! Altrimenti sarebbe sola, mi è sempre dispiaciuto. Anche mia sorella vive con noi, ma è più per conto suo che qua… comunque sono cambiamenti di residenza fatti da poco… - 
Gli spiego mentre sistemo le pentole piene di cibo da riscaldare, su indicazioni di mamma. Penso che sappia che i mie si sono separati da poco, spero non ne voglia parlare perché cerco di evitare l’argomento con molta furbizia. Odio pensarci.
- Sorvolando sulla tua comica diffidenza per gli estranei e sul perché non potresti badare da solo a casa tua… ma perché non ci sono anche loro stasera? - Stringo le spalle e preparo la tavola, lui si offre di aiutarmi, ma io rifiuto categoricamente.
- Perché non sapevo se avresti gradito… invitarti a cena è un conto, sciorinarti la famiglia è un altro. -
- Ma almeno sanno che sono qua? - Mettendo giù le posate mi giro e lo fisso shoccato.
- Scherzi? Vuoi che il bollettino parli di noi a cena nel giro di un’ora? E poi mio zio mi ucciderebbe! A cena col nemico? Lui è severo su queste cose… - Ridendo ancora insieme, continuiamo a parlare ancora un po’ di queste cose finché non mi fa la sua domanda:
- E insomma, me lo dici perché questo invito? -
Dopo la notizia shoccante dei miei separati, proprio dopo Melbourne, avevo bisogno di distrarmi, di qualcosa che mi facesse di nuovo sentire bene, vivo. E lui è l’unico con questo pregio naturale. Ma non posso dirglielo così arrossisco e mi stringo nelle spalle, prendo il calice col vino e la bottiglia e li metto a tavola, istintivamente sorseggio un po’ per darmi coraggio, ma lui si fa avanti, me lo prende e lo rovescia nel lavandino.
- Non ti voglio ubriaco fra dieci minuti! Voglio godermi il vero Rafa al cento percento! - Ha un tono quasi suadente, gli esce così. O forse lo percepisco io tale. Mi mordo il labbro in difficoltà, accaldato.
- Perché ho la sensazione che mi odiavi dopo Melbourne… - Da cui siamo tornati da pochissimo. Io vincente, lui perdente.
Ha avuto un crollo leggendario in finale, contro di me, e poi nella premiazione piangeva un sacco. Non sapevo più come consolarlo. Mi ha assicurato che stava bene, ma non ne ero convinto.
- Stai scherzando? - Chiede colpito da quello che ho detto.
- Voglio essere sicuro che fra noi vada tutto bene. E che tu sia ok. Io… non ne abbiamo parlato, volevo aspettare che ti passasse… ma mi sono preoccupato per quel che ti è successo in finale. Ti seguo dai tuoi inizi e non ti ho mai visto crollare così. Non so se è il caso, ma volevo solo essere sicuro che tu stessi di nuovo bene, che andasse tutto ok… anche se insomma, perdere quando si vuole vincere non lo rende tanto ok, però voglio dire… - Inizio a parlare a macchinetta imbarazzato e continuerei per tutta la vita, se non mi interrompesse venendomi davanti e prendendomi per le braccia, poco sotto le spalle.
- Sto bene, grazie. E’ stato molto carino invitarmi a cena per assicurarti sulle mie condizioni. E’ bello e nessuno l’ha mai fatto. Grazie davvero. - Sospiro, anche se mi sento morire nel guardarlo così vicino, nel sentire le sue mani addosso. Tutte le volte che lo faccio in campo ho appena finito di giocare, ho l’adrenalina a mille, è diverso. Ho il coraggio di fare molte cose, in quei momenti. Di appiccicarmi a lui, appoggiare la testa alla sua… ora è diverso, è un’altra cosa. Sono calmo, sobrio, lucido… e sto per svenire!
- Non è che dobbiamo parlarne, volevo solo dirti in santa pace e senza orecchi indiscreti… stai bene? Ecco tutto. - Roger sorride con quella dolcezza naturale che mi fa perdere in lui, i brividi mi percorrono.
- Sì, sto bene, grazie. E a questo proposito ti do il mio numero privato di telefono… immagino che hai faticato a trovare il cellulare di lavoro! - Sgrano gli occhi ricordandolo e ci separiamo mentre gli racconto le peripezie e lo shock nel sentire una voce sconosciuta che parlava al posto suo.
- Stavo per riattaccare, quando mi ha detto ‘ma sei Nadal?’ E a quel punto non sapevo se dire di sì o se dire ‘magari lo fossi!’ Avevo paura che poi mi tenesse per dirmi chissà cosa… -
- Poi lui si è identificato come il mio assistente e tu hai tirato mezzo respiro di sollievo. - Finisce per me, perché immagina come sia andata.
- Io non ho un assistente che gestisce le mie comunicazione con l’esterno, per cui non immaginavo di imbattermi in questa figura… -
- Ho dovuto assumerne uno, è un amico fidato che cercava lavoro, laureato in… - Mi parla di lui e del perché ha un assistente, fa da filtro fra lui ed il resto del mondo e gli permette di vivere in pace.
- Mi fido al cento percento di lui. - Conclude rasserenandomi, mentre gli metto il piatto in tavola ed uno lo poso al mio posto.
- Penso che ti ruberò l’idea. - Dico poi. - Comunque gli ho tirato su una scusa del tipo ‘volevo proporgli una partita di beneficenza che hanno proposto a me, posso parlargli?’ Per fortuna mi ha passato te… -
- Eri tu, se Rafa Nadal chiede di parlare con il tuo cliente, tu glielo passi! - Arrossisco mentre mi mette su un piano troppo alto per me.
- Dai, che esagerato. Sei tu quello famoso con l’assistente! - Roger ride.
- Non me la farai mai passare liscia, eh? - Io lo guardo con aria innocente.
- Io?! Non ti prenderei mai in giro per averne uno! Dopotutto io vivo con mia madre perché sono disordinato cronico! - E poi perché non potevo saperla sola dopo la separazione. Mia sorella ha avuto la stessa idea. Così eccoci qua.
Continuiamo a ridere e scherzare molto bene. è così facile, ci viene spontaneo, naturale. Sembra che non siamo affatto rivali a tennis.
E poi ce l’ho a casa mia, mi sembra un sogno impensabile.
- Ma quindi ci ritroveremo tua madre e tua sorella qua da un momento all’altro? - Chiede poi dopo cena. Io lo guardo stupito.
- Cosa? No! Gli ho detto di stare fuori dalle palle per tutta la notte! - Roger mi guarda sconvolto.
- Sei serio?! -
- Certo! Scusa, va bene abitare insieme e tutto, ma se voglio la privacy la devo avere! Mia sorella sta dal ragazzo e mia madre da sua sorella. Ci sono volte che chiedo se possono lasciarmi casa, non sono un problema. Anche perché non ci sono mai, perciò le poche volte che ci sono e mi serve, non discutono di certo… - Roger si copre il viso mortificato, scuotendo la testa.
- Sei insensibile! - Arrossendo mi alzo in piedi e lasciando tutto così mi avvio al salone.
- Dai, andiamo che ti faccio vedere la casa. -
- E lasciamo tutto così? - Roger si alza incredulo.
- Sì certo! - Come se fosse ovvio.
- Ma dai, stiamo poco a… - Comincia a sistemare ed io lo afferro per il braccio e lo trascino fuori. La mano scivola dall’avambraccio alla sua mano e così gliela prendo senza pensarci, lui non la toglie ed in un attimo perdo il momento giusto per lasciarlo.
è che una volta che l’ho avuto, è difficile rinunciare.
- Guarda che non scappo a riordinare… - Dice dopo che siamo in corridoio. Arrossisco e lo lascio.
- Non si sa mai! - Borbotto.
Poi mi butto sul mostrargli la casa bella grande e lui mi segue interessato, fino a che arriviamo in camera e si perde a guardare le foto che ho appeso ai muri, i poster ed il mio disordine che ho cercato di mitigare.
Mi sento a disagio perché esita proprio qua dentro e non lo forzo ad uscire, rimango sulla porta, appoggiato allo stipite con una spalla e mi imprimo la sua immagine nella mente.
Roger nella mia camera, forse non tornerà a succedere più.
Sospiro.
Mi sono sempre chiesto quale sia di preciso la natura dei miei sentimenti per lui, se questo grande piacermi, quest’adorazione, sfoci in altro. Mi sento rimbecillito ogni volta che sono con lui.
- Quindi non ce l’hai con me? - Chiedo dopo un po’, ricordandomi l’altro punto da discutere. Roger tarsale da una foto mia da ragazzino, col primissimo trofeo vinto a tennis che mordevo.
- Come? No! Perché dovrei? - Mi stringo nelle spalle arrossendo, mi metto i capelli dietro le orecchie a disagio.
- Non lo so, la finale di Melbourne è stata intensa, tu hai pianto tanto per colpa mia ed io non vorrei mai che tu mi odiassi, tengo troppo a te, ad avere un bel rapporto e a… - Roger alza le mani, rimanendo in piedi vicino al mio letto.
- Va tutto bene, fra noi! Anche a me piace il nostro rapporto, specie dopo che mi hai fatto vedere casa tua. Da piccolo eri così carino! - Devia subito, come se non volesse parlarne, allora mi agito e mi faccio avanti.
- Perché non vuoi parlarne? In realtà hai dei problemi con me? Dici che sei bravo a nascondere. Voglio che tu sia sincero! - Insisto agitandomi, mentre un’esplosione tipica delle mie sta per investirci.
- Rafa… - Cerca di placarmi rimanendo sempre in piedi vicino al letto.
- No, perché se stai facendo il cortese ma dentro di te mi odi, me lo devi dire, io non lo sopporterei! - Sono sempre più allucinato, non riesco a placarmi, non ce la faccio. è più forte di me.
Le cose mi stanno sfuggendo di mano, la passione, il fuoco mi scorrono dentro e lui è shoccato da questa mia reazione, infatti lascia giù le mani e mi chiede perplesso.
- Perché fai così? - è una domanda che mi spiazza, perché forse sarebbe stato logico convincermi che sono visionario, invece mi chiede perché mi sto agitando tanto. Ed io non riesco a frenare la lingua, non ce la faccio per la paura che le mie paranoie siano vere.
- Perché mi piaci da morire e se tu mi odiassi io non giocherei più serenamente contro di te, non mi perdonerei, non lo sopporterei proprio! - Solo dopo che l’ho detto lo realizzo. Forse prima ero confuso, ma appena l’ho buttato fuori mi è sembrato più chiaro.
Roger invece è shoccato.
I suoi occhi spalancati.
Cosa cazzo ho detto?
Mi metto la mano sulla bocca ed indietreggio, lui non si muove, per uscire deve passarmi davanti e non ne ha il coraggio ed io ora voglio solo buttarmi dalla finestra.
Come ho potuto?
Nel panico, nel panico più totale io non so cosa dire.
- Scusa, non dovevo, mi è scappato, ma credo sia vero e… -
- Rafa, non devi sentirti in obbligo di alleggerirmi il momento così. Adoro la tua ammirazione, ma se c’è una cosa che un atleta non sopporta è la pietà! Tu hai vinto, io ho perso. Ho giocato male, ho avuto un crollo perché ti ho guardato ed ho capito che mi avresti tolto tutto quello che avevo conquistato… Ecco cosa è successo. Ma non ti odio! Sono cose che succedono, è lo sport. Adesso calmati e rilassati. Va tutto bene. Non devi fare così! - A questo punto in effetti torno in me, ma non del tutto.
Lo guardo torvo e capisco cosa sta pensando.
- Non credi che io sia innamorato di te? E perché dovrei inventarmi una cosa simile? -
- Mi ammiri, hai detto una volta che ero il tuo modello di giocatore, che volevi emularmi… non devi confondere l’ammirazione con l’amore… sei giovane, sei passionale… ma capirai crescendo che le cose vanno come devono andare, bisogna accettarle… - Cerca di essere ragionevole e farmi fare retromarcia, rimane ad una distanza accettabile, gesticola per calmarmi, il tono sicuro, ma conciliante ed io arrabbiato perché non mi crede, parto di nuovo.
- No senti, sei tu che non capisci! - E così mi tolgo la maglia. Roger si zittisce e torna all’aria shoccata di prima. Mi apro i jeans e me li abbasso dopo essermi tolto le scarpe. - Io sono davvero perso per te! - E via anche i boxer, con lui che diventa di mille colori. - Ti desidero, adoro stare con te, parlare con te, vederti ridere… e sogno di poterti avere. - E con questo, accompagno azioni a parole.
In modo che sia convincente.
Roger è immobile e mi fissa sconvolto, io, nudo, mi avvicino, gli prendo il viso fra le mani e lo bacio.
Adesso che mi sono sputtanato, tanto vale andare fino in fondo.
Quando tornerò in me mi suiciderò, ma intanto avrò realizzato qualcuno dei miei desideri.
Sono gay, lo so da quando ero poco più che adolescente, ho avuto delle esperienze e appena mi sono trovato davanti Roger sono andato in confusione, ho subito capito che mi piaceva. Poi ho iniziato ad idolatrarlo. Poi è nato questo rapporto di stima e rispetto. E abbiamo iniziato a stare così bene insieme. Questo sentimento si è alimentato. Quello che chiunque può provare per il suo idolo, è andato ben oltre perché è stato alimentato. Ed ora sono qua fra una domanda e l’altra a buttarmi anche se non sono sicuro della reale natura dei miei sentimenti per lui. è amore, ma che tipo di amore?
Spesso lo capisci solo se sperimenti e così mi è venuto il chiodo fisso di provarci.
Adesso finalmente ci sono riuscito.
Se non risponde non si parla di bacio vero e proprio, gli appoggio le labbra sulle sue e le intreccio, poi lo spingo sedendolo sul letto, lui per la sorpresa si lascia fare, ma poi quando mi siedo sopra, mi prende per i fianchi e cerca di respingermi.
- Rafa, no… - Ma rimango insistente seduto su di lui cavalcioni e gli apro i pantaloni infilando la mano dentro al suo intimo.
Appena glielo prendo in mano, smette di respingermi ed il suo ‘no’ diventa un ‘aaahhh’ che successivamente finisce con ‘oh mio Dio!’
Così sorrido vittorioso, poso le labbra sul suo collo e risalgo sull’orecchio, glielo avvolgo e lo lecco e lui piega la testa di lato, per darsi meglio.
Continuo a masturbarlo con una mano, mentre con l’altra lo faccio a me e lui non cerca più di respingermi. Mi tiene a sé. Fino a che si appoggia all’indietro e mi lascia fare tutto quello che voglio.
Scendo dalle sue gambe, vado in ginocchio davanti a lui, lo apro e lo prendo in bocca.
Lo lecco e lo succhio senza esitare, prima che torni in sé e mi picchi.
anche se è una cosa che vorrei vedere.
Lo faccio mio fino in fondo alla gola, succhio e tiro e stringo e il suo cresce nella mia bocca.
Si eccita, geme, spinge il bacino e si stende del tutto sul materasso, di schiena. Quando sento che sta per venire, mi separo e non perdo tempo. Prendo il preservativo dal cassetto, glielo metto, salgo sul letto a mia volta e mi metto a carponi, sporgendomi verso di lui, da dietro.
Mi succhio il dito medio che mi infilo fra le gambe e poi dentro di me. A questo lui va a fuoco.
- Scopami… - Mormoro senza perdere tempo.
E’ tutto veloce, ma quando parte la voglia, quando parte l’ormone, non puoi stare lì a gestirlo per far sì che sia lento e duraturo. Si cavalca l’onda, si coglie l’attimo, si fa il match point.
E Roger si alza, sale in ginocchio sul letto dietro di me, si tocca per un po’, poi me lo infila dentro.
Io non sono certo vergine, lo dimostrano i preservativi.
La cosa è facile.
Molto facile.
Roger mi penetra facilmente e se ne stupisce, così lo incito a muoversi e lui non perde tempo.
Credo che l’ondata che lo coglie sia sconvolgente, si perde nel piacere assoluto che gli procuro e gli vado incontro. Presto muoviamo i nostri corpi uno incontro all’altro, all’unisono, col ritmo perfetto che cresce, in perfetta sincronia.
L’eccitazione sale, i gemiti anche e tutto sfuma, tutto diventa incandescente. Il mondo è un paradiso meraviglioso.
Vengo sporcando il letto, poi lo sento venire anche lui, si tende tutto e si perde in me.
Sorrido girando la testa, lo guardo oltre la mia spalla e lo vedo con quell’aria abbandonata al godimento e mi alzo con la schiena, gli cerco le labbra e me le dà automatico.
Le apre e mi viene incontro con la lingua.
Ci baciamo davvero e non posso essere più felice di quanto lo sono ora. Non lo sono mai stato.
Esce da me, si toglie il preservativo, si alza e lo butta nel cestino, poi va in bagno e si sciacqua il viso guardandosi allo specchio sconvolto.
Io lo guardo dal letto, steso tutto torto, come una sirena.
Sfinito, contento, un po’ preoccupato per la sua reazione, ancora un po’ confuso sulla natura effettiva dei miei sentimenti. Era un’ossessione da saziare od una cosa meravigliosa da rifare?
C’è un momento in cui non respiro, un momento in cui sono terrorizzato.
Poi Roger sospira, scuote la testa, e qualunque cosa gli sia capitata dentro di sé, si toglie la maglia che ancora indossava, si leva del tutto i pantaloni e gli slip e torna in camera.
Io apro le lenzuola togliendo così la macchia che ho procurato, lui si stende con me e prendo il piumino, ci ricopro entrambi e chiudo la luce, mentre lo accolgo nel mio petto, lo circondo col braccio e gli bacio la fronte.
- Tutto bene? - Roger ride ironico.
- Te lo dirò domani… - Poi sparisce col viso contro il mio collo e la mia mano gli carezza i capelli morbidi e mossi ed io tengo stretto a me questa gioia, questa piccola speranza di non aver rovinato tutto.
L’amore è una cosa troppo grande e sconosciuta per riconoscerlo al primo colpo, però lo adoro ed è stato bellissimo farlo.
Non se ne è andato. Si è guardato, ha capito cosa ha fatto ed è venuto nel letto con me a cercare le coccole post scopata.
E’ qua, non è scappato.
Forse posso sperare… "