*Il
nuovo capitolo è dalla parte di Rafa, continuiamo i meravigliosi giorni
in Argentina, a novembre 2013. Ho notato che Rafa ha sempre lo stesso
orologio con lo stesso cinturino (che immagino rinnoverà di tanto in
tanto), ma tale orologio compare proprio agli inizi del 2014, mentre
prima non aveva quello. Ora so che lui è pieno di sponsor e
probabilmente è un orologio che 'deve' tenere, però il fatto che
compaia proprio dopo l'Argentina 2013 e che Rafa lo indossi sempre,
persino nelle partite, mi ha spinto ad approfittarne spudoratamente.
Anche la questione della guerra di Nole è vera, ma i dettagli li ho
inventati, non ho letto nulla di quel che lui ha detto dell'argomento,
so però che l'ha vissuta sulla sua pelle. Quei 5 giorni a Buenos Aires
sono stati pieni di impegni per entrambi e loro erano a tutti sempre
adorabilmente insieme e super sorridenti! Buona lettura. Baci Akane https://www.facebook.com/akanethefirst/ *
34. SENZA LA MASCHERA
/Rafa/
“Resta sconvolgente vederlo piangere.
Ma non è solo questo.
È sconvolgente come si apre. Quello che dice. Quando lo dice. E la tranquillità con cui lo fa.
Ogni tanto ha l’istinto di scherzare per nascondere lo stato d’animo, però poi si ricorda che è con me e mostra come si sente.
È sconvolgente.
Le labbra sigillano un momento
magico, qualcosa di solenne che ci rimarrà per sempre in mente. Quando
guarderemo i nostri regali che indosseremo tutte le volte che potremo.
Li guarderemo e ricorderemo questa promessa.
E li guarderemo quando le cose si metteranno male fra noi, quando qualche difficoltà sorgerà.
Lo guarderò.
E troverò la forza di andare avanti.
Mi separo dalla sua bocca e il cuore mi sembra stia per esplodere.
La gioia, l’amore e tutto quello che stiamo vivendo. Noi insieme ogni giorno, ogni ora. Sempre.
È così bello che smettere e tornare alle nostre vite sarà difficile, ma ci basterà guardare i nostri regali.
Mi sfilo la maglietta da dietro
il collo e mi apro i jeans, mi alzo sulle ginocchia e mi abbasso
pantaloni e boxer insieme, in un messaggio molto chiaro. Senza mai
staccargli gli occhi di dosso. Lui si toglie a sua volta la maglietta,
poi si adagia con la schiena e infila le mani sotto l’elastico degli
shorts che indossa in camera.
Io, nudo, lo guardo e mi lecco le labbra.
Siamo seri mentre ci accingiamo a spogliarci, mentre sappiamo cosa stiamo per fare.
Non siamo famelici e vogliosi. Non abbiamo pensieri volgari in testa.
Siamo incredibilmente seri.
Glieli prendo e li tiro al suo posto.
Nole alza il bacino e mi aiuta,
poi una volta che siamo entrambi nudi, gli salgo sopra a cavalcioni,
rimango dritto su di lui e spingo il bacino sul suo, facendo aderire
per bene le nostre erezioni che si premono le une sulle altre.
Nole apre la bocca soffocando un
gemito che non gli esce. Poi chiudo gli occhi e getto la testa
all’indietro, mentre inarco la schiena e mi godo questa meravigliosa
sensazione della sua erezione sulla mia.
Lascia che ti mostri quanto sono serio oggi.
Lascia che te lo faccia vivere.
Scendo col busto, prendo le sue
mani e le intreccio ai lati della sua testa, poi inizio a strofinarmi
su di lui, sempre i bacini che fanno festa insieme.
Gli succhio il mento, risalgo
sul labbro che tiro coi denti e poco dopo succhio la sua lingua. Non
smetto di muovermi su di lui, che mi prende per i fianchi e mi
indirizza su di sé.
Non smettiamo di giocare con le
nostre lingue e le sue mani vanno a prendere possesso dei miei glutei.
Mi stringe, mi carezza, si fa strada nel mezzo e poco dopo si infila
dentro.
Gemo sulla sua bocca, così esco
e vado sul suo orecchio, lo prendo fra i denti e nel piacere che sale
sempre più, mormoro languido, in spagnolo.
- Fammi tuo. - Non serve un interprete e poi queste parole lui le capisce.
Lo sento come accendersi.
Infatti appena glielo dico, mi prende per i fianchi e mi spinge di
lato, stendendomi sulla schiena. Scende fra le mie gambe che mi alza e
striscia con le mani sulla mia pelle calda, mi tocca con impeto e si
accompagna con la lingua.
Lingua che mi fa suo, fra le
natiche che allarga facilitato dalla posizione. Mi stringo le ginocchia
contro il petto, le allargo e lui mi fa di tutto con la bocca in me e
poi le dita.
Lo sento mentre mi lecca ed
entra giocando con il mio ingresso. Mentre gemo sempre più forte.
Risalendo contemporaneamente al mio membro che si indurisce subito.
Mi stuzzica avanti e dietro insieme e l’estasi mi assale, tanto che mi sembra di impazzire.
- Nole, non ce la faccio più. - Anche questo in spagnolo chiaramente.
E lui mi accontenta. Risale su di me, mi si preme addosso col suo corpo e con un colpo forte mi entra dentro.
Per un momento sento come uno strappo, uno strappo che si fa dolce e caldo e tutto intorno a me si mescola, come le sensazioni.
Il suo corpo caldo e possente si adagia sul mio, schiaccia le mie gambe aperte fra di noi e mi fa suo.
Ad ogni spinta va sempre più a
fondo e quando è del tutto dentro, trova le mie labbra. Ci respiriamo a
vicenda, mentre gemiamo insieme sempre più forte.
Fino a che, dolcemente,
l’orgasmo ci invade e ci fa sparire per un paio di secondi, secondi in
cui non siamo qua su questo letto, ma siamo chissà dove.
Secondi indefiniti.
Poi solo noi, i nostri corpi ansimanti, abbracciati, adagiati uno sull’altro, sciolti ed in un’altra posizione.
I cuori battono impazziti, i respiri ancora alterati.
La pelle calda.
Alziamo le teste, ci cerchiamo e
ci baciamo con una delicatezza che ci riporta alla realtà. Perché ormai
sono momenti sempre belli da vivere.
- Ero piccolo che è cominciata
la guerra. Belgrado era continuamente bombardata ed i miei, serbi fino
alle ossa, si sono intestarditi con il rimanere lì. Un po’ perché non
c’era la possibilità di andare da nessuna parte, un po’ perché quella è
casa nostra e non si lascia. Poi, casa nostra, è stata distrutta. Ci
spostavamo di continuo in posti nuovi, rifugi vari, poi si tornava, si
cercava di ricostruire. Giravamo sempre con il necessario, avevamo
tutti uno zaino con dentro le cose essenziali. Mentre giocavo a tennis
nei campi agibili, quelli lontani dai bombardamenti, o quelli già
colpiti, quelli dove si poteva più o meno stare, c’era la
consapevolezza che dovevi essere pronto a scappare e metterti al riparo
da un momento all’altro. Perciò qualunque cosa facevi, avevi sempre
l’occhio attento al tuo zaino ed all’eventuale rifugio dalla bomba che
poteva arrivare.
Sai, ti abituavi dopo un po’.
All’inizio la paura era da uscirne pazzi. È quella che sogno ora. La
paura delle prime volte. Poi ho capito che sarebbe stata la
quotidianità chissà per quanto.
Anche se non vuoi ti ci abitui. E penso che sia la cosa più incredibile. Abituarsi alle bombe, alla guerra.
Sai… un volta che ti abitui a
vivere e fare le tue cose con le bombe che ti volano sopra la testa…
beh, puoi superare ogni cosa. È così che ho affrontato il resto della
mia vita. Nei momenti difficili, di tennis in particolare, mi siedo e
ripenso a com’era da bambino. E mi dico ok, se ce la facevo quelle
volte, non c’è ragione perché io non riesca ora. - Fa una pausa dove io
trattengo il fiato, shockato. Pensavo mi sarei messo a piangere nel
sentire la sua storia, la sua apertura. Ma è così incredibile che lo
faccia che non ho tempo di produrre delle lacrime, il riassunto di
quello che mi fa provare.
- Ora in quello zaino porterei questo braccialetto. - è questa conclusione, poi, ad ammazzarmi definitivamente.
Giro il volto contro il suo collo e piango. Lui sorride e mi abbraccia forte, baciandomi la fronte.
Già sapere quel che ha passato,
come l’ha superato, è una cosa incredibile. Sentire che questo
bracciale, noi due, è diventata la cosa più importante… beh, addio.
Non posso competere con questa esperienza sconvolgente.
Ma sono felice che l’abbia condivisa con me.
- Non potevi mostrare la paura,
il tuo stato d’animo. Non potevi piangere e gridare che volevi
andartene, altrimenti mi arrivava un ceffone da mio padre che mi diceva
di essere uomo perché nessuno poteva portarmi via da qua. Che quella
era la nostra vita, ora, e facevo meglio ad accettarlo e a diventare
forte in fretta, altrimenti sarei morto. Era questo che volevo fare?
Morire? In qualche modo mi ha instillato in me questa equazione. Se
vuoi sopravvivere, devi essere forte. E per essere forte, non puoi
mostrare paura. E per non mostrare paura, non devi mostrare nemmeno
nessun altro sentimento. E così sono diventato quest’essere
insensibile, pieno di maschere. Ho imparato che non posso fare quello
glaciale per nascondere la paura. Però era più facile se ci ridevo su o
se ridicolizzavo quello che mi spaventava. Così ho cominciato a
scherzare su tutto. Purtroppo si è rivelata un’arma a doppio taglio. -
silenzio. - È grazie a te se ora riesco a tirare fuori me stesso. È una
sensazione meravigliosa. In qualche modo mi hai salvato da me stesso,
hai fatto una specie di miracolo. E ti amo per questo. -
Vorrei dirgli che lo amo io
perché è riuscito ad aprirsi e che io non ho fatto nulla, ma riesco
solo a stare abbracciato a lui, col viso nascosto e a bagnargli il
collo. Ma lui sta bene, è sereno e rilassato. E serio. E così aperto,
così meravigliosamente aperto.
- Sei una persona meravigliosa,
Nole. Sono contento d’aver visto sotto la maschera. Grazie per avermi
mostrato come sei. Ti amo. - Con questo, con voce rotta, lo bacio.
Non voglio più niente, sono felice così. Sono davvero felice così.
Al risveglio mi ritrovo le sue
labbra sulla guancia, ripetutamente, fino a che non apro gli occhi. La
prima cosa che vedo è un sacchetto di brioche calde e da qualche parte
mi raggiunge un profumo di caffè.
- Mmm… - Mugolo compiaciuto mentre mi giro a pancia in su, alla ricerca della prima colazione.
Le labbra di Nole mi baciano dolcemente, poi mi dà il buongiorno con la sua voce calda che amo tanto.
- Ben svegliato, amore. - Al modo in cui mi chiama, un sorriso si apre ebete. Forse sto ancora sognando.
Lo circondo con le braccia e lo
tiro su di me con la mia solita grazia. Nole si tiene con le mani, ma
alla fine si arrende e si stende su di me. Io sono ancora tutto nudo e
lui è già vestito. Deve essere uscito silenzioso per andare a prendere
la colazione.
Mi bacia la guancia venticinque
volte e poi lo lascio andare. Si siede e mi tiro su anche io, apre il
sacchetto di brioche e me ne dà una.
Ne mangiamo insieme mentre parliamo degli impegni della giornata odierna.
- Poi dopo la partita ci sarà
una festa privata da David. Ci sarà solo gente fidata, non è aperta a
tutta l’Argentina. - Specifico perché so cosa potrebbe pensare.
Nole annuisce ridacchiando.
- Insomma possiamo lasciarci
andare ai nostri amati balletti? - Arrossisco pensandoci, quando annuso
un po’ di alcool e mi mettono su le canzoni che mi piacciono sono
inarrestabile.
- Se vedi che divento
irrecuperabile, devi fermarmi e chiudermi in una camera contro la mia
volontà. Per la mia dignità. So che in certi casi mi perdo proprio. -
Sembra che sappia di cosa parlo e poi ricordo che l’ho chiamato
all’ultima festa che ho fatto per la Davis Cup.
Dopo la risata annuisce.
- E se parto io per primo? - Lo guardo corrucciato.
- Tu che ti lasceresti andare davanti a gente che comunque conosci poco e nulla? - Sembra pensarci, poi annuisce.
- Ok, ti tengo d’occhio io! -
Ridendo ci scambiamo i pugni in segno d’accordo, poi torniamo al resto della giornata.
Sarà l’ultima, però rimaniamo fino a domani per partire con calma.
- È stato bello, no? - Chiedo dopo un po’, quando sto per finire il caffè.
Nole annuisce sorridendo con dolcezza.
- Stupendo. Spero che troveremo
altre scuse per rifare cose del genere. Anche più tranquille, dove non
viene richiesto il mio lato scemo! - Sorrido. Ne abbiamo parlato. Non è
che Nole non sia un buffone, ma lo fa. A volte gli piacerebbe essere sé
stesso, tranquillo insomma. È una persona molto profonda e seria, solo
che con la cosa dell’essere forte, non si è mai lasciato andare.
Adesso il mondo lo conosce come il buffone e non può essere serio, perchè altrimenti sembra arrabbiato ed arrogante e non può.
Lo capisco.
- Ci arrivano sempre molte
richieste per eventi, basta scegliere quella che fa al caso nostro… -
Con questa scusa possiamo farci una vacanza a due, intima e bella.
Una volta l’anno, senza tornei di torno, squadre e famiglia. Solo io e lui.
Sorridiamo felici all’idea.
- Sarà bello! -
La partita finale dell’evento
organizzato per salutare David, è una partita fra me e Nole. Ci
divertiamo molto, c’è anche Willy Smith fra il pubblico che ci aiuta a
fare spettacolo. Beh, più che altro è Nole.
A vederlo sembra sempre così, sembra incapace di essere diverso. Però è incredibile come invece sia un altro.
Fa ridere ed intrattiene ed io mi limito a ridere e a starci dietro e il pubblico si diverte, che è quello che conta.
Anche quando paragona i nostri culi è esilarante, io mi imbarazzo, ma ci rido su. Lui sembra disinvolto. Non so come faccia.
Per me è un mistero. Io so
raccogliere i giochi, so assecondare, ma non mi vengono su così come a
lui. Lui se li inventa proprio. La cosa incredibile è che non è così,
non del tutto almeno.
Anche quando è in quelle cene in
pubblico e ci sono gli spettacoli caraibici che lo chiamano a ballare,
lui lo fa sempre, ma in realtà vorrebbe solo essere lasciato in pace,
solo che non lo dimostra. Nessuno ci crederebbe.
È bravo a controllare ogni cosa di sé. Davvero incredibile.
La sua mano plana nel mio sedere e stringe, poi mi morde il collo.
Beh, questo è lui al cento percento.
- Quando hai stappato quella
bottiglia gigantesca ed hai fatto uscire lo spumante non sai quante
cose mi sono venute in mente… - Così mi giro subito e gli tocco di
rimando il pacco.
- E non sai cosa mi hai fatto
venire in mente tu quando ti sei fatto versare il suddetto spumante
nella bocca… - Effettivamente sono stati momenti particolarmente
difficili da superare senza saltarci addosso.
Ed ora finalmente abbiamo un
micro momento, ci giriamo uno verso l’altro, alzo le braccia e gli
circondo il collo, sto aderendo bocca e bacino quando bussano alla
porta insistentemente.
Ci separiamo in fretta e furia e
facciamo finta di niente, sfilandoci le magliette fradice di alcolico
che ci dà già alla testa perché ce ne siamo concesso un po’ entrambi, e
poi perché ne siamo strafondi.
L’assistente che ci hanno affidato, che ci ha fatto anche da guida ed autista, entra ricordandoci il nostro prossimo impegno.
Dopo la prima giornata passata a
rispondere al telefono, ho assunto lui per questi giorni affinché
faccia l’assistente, un factotum.
- C’è la partita di calcio e poi… -
- Sì, sì, arriviamo. Ci laviamo
velocemente. - Rispondo in spagnolo. Lui annuisce ed esce chiudendo la
porta. Sospiro e guardo l’orologio.
- Che palle. Abbiamo davvero poco tempo… - Ma Nole non sembra sentire questa frase.
- Sarò veloce. - Dice attaccandosi alle mie parti basse con le mani, ma a malincuore lo devo fermare.
- Avremo tempo dopo… - Nole mi morde il collo e mi fa sussultare.
- Ma questo è l’antipasto! - Sto per arrendermi, ma alla fine ha la meglio il mio strano senso del dovere, che supera l’alcool.
- Odio fermarmi dopo
l’antipasto! - Commento scappando da lui. Nole mi insegue ridendo,
mentre mi si piazza dietro di me, nell’angolo, dove ancora vestiti con
la parte inferiore, ci bagniamo con la doccia. L’acqua scende su di noi
mentre io cerco di tenerlo fermo con le mani che vanno ovunque e lui
invece cerca di divorarmi lo stesso.
Così lo fermo usando la forza,
lo blocco contro la parete e finisce che sto per approfittare io di
lui, che lo tengo per i polsi, ma la porta torna ad aprirsi e
imprecando mi stacco togliendomi in fretta short e slip, cosa che fa
anche lui, gettandoli in un angolo. La doccia vestiti sarebbe un po’
strano per chiunque.
Poco dopo Pico entra saltellando. Fortuna che è lui, quando lo vedo sbucare sospiro di sollievo.
- C’è un energumeno che mi ha
detto di ricordarvi che avete tempi stretti! - Ormai finisce che ci
laviamo, anche se le nostre erezioni sono un capolavoro fra le gambe. -
Oh, ma venite alla festa di David, no? - annuisco mentre Nole ha il
broncio perché io e Pico parliamo in spagnolo, tanto lo capisce, non è
per quello che è arrabbiato. Ma mi piace che lo sia.
- Certo che veniamo, che domande. Abbiamo da fare una cosa ad una partita di calcio, poi veniamo! - Pico annuisce.
- Vi aspettiamo, eh? - Così sorridendo se ne va.
Alla fine guardo Nole tutto insaponato e sospiro.
- Potremo anche scappare in
un’isoletta sperduta e far perdere le nostre tracce per sempre… -
Propongo frustrato quanto lui del tempo che tutti vogliono rubarci.
Nole torna a sorridere e sembra riprendersi.
- Sei sicuro di poter fare a
meno delle vittorie, dei titoli e del primo posto del ranking? - Ci
penso un po’ e soppeso le due cose. Una vita serena con lui od una vita
frustrata, ma con vittorie e soldi, a tennis?
Nole vede che ci penso un po’
troppo, così mi tira il sapone che evito ridendo e lo abbraccio
schiacciandolo di nuovo contro le piastrelle, sotto l’acqua che ci
lava.
- Dai, non sono nemmeno domande da fare… - A questo Nole circonda il mio corpo e mi stringe a sé parlandomi sulla bocca.
- Ah ecco. No perché sarebbe motivo di litigio se preferissi il tennis a me! - Scuoto la testa.
- Saresti disposto a farlo? - Gli rigiro la domanda, a parole siamo tutti bravi, ma sappiamo che ci sono troppe cose in mezzo.
- Un giorno, quando ne avremo
abbastanza di far contenti tutti, insceneremo la nostra morte come
hanno fatto Marylin Monroe, Jeans Dean ed Elvis Presley e ce ne andremo
in un’isoletta sperduta a vivere il resto della nostra vita insieme, in
pace! -
A questa proposta rido e lo bacio.
- Promesso? - Chiedo ritirando la lingua per farlo rispondere.
- Promesso! - E così le lingue
si trovano. Così come il terzo rompi coglioni che ci interrompe per
ricordarci che non c’è tempo.
Tristemente rinunciamo alla nostra pomiciata sotto la doccia. Che però è solo rimandata a dopo.”