*Ecco
un altro capitolo, ormai siamo quasi agli sgoccioli, la fic sta quasi
per finire, mancano ancora pochi capitoli. Questo è dalla parte di
Nole. LA prima parte siamo ancora in Argentina con Rafa a fare la loro
bella luna di miele. Sono alla festa di addio di David Nalbandian, una
festa tipica argentina fra pochi intimi... la questione che Rafa in
privato e lontano dai tornei sia un festaiolo irriconoscibile è
piuttosto vera, dalle interviste e dai video anche di festeggiamenti
con la Davis Cup si vede Rafa che ama ballare in modo poco mascolino i
tormentoni, ama divertirsi e se c'è l'occasione e appunto non si gioca
più a tennis, alza il gomito. Insomma, mi sono ispirata guardando video
qua e là. La seconda parte è inerente a Nole e al suo piccolo
'problemino' con Jelena incinta. Vediamo i retroscena, come è successo
e come ha vissuto tutta la questione. La cosa sulla cultura serba è
vera, non è inventata da me, chiaramente poi dipende sempre dalle
generazioni e dalle persone, magari ora i tempi cambiano e sono più
elastici. Buona lettura. Baci Akane*
35. FRA LA FAVOLA E LA DURA REALTA’
/Nole/
“Quando l’ho visto per
video e quando l’ho visto tutte le volte in privato, sapevo cosa
aspettarmi quando poi mi ha detto di tenerlo d’occhio.
Ma non pensavo che potesse essere tanto difficile alla pratica riuscirci.
Quando io e Rafa arriviamo alla
festa, dopo la cosa del calcio dove ci siamo divertiti ed abbiamo un
po’ smaltito, l’atmosfera è già molto goliardica e su di giri.
Poi arriva Rafa.
E peggiora di gran lunga!
Credo di capire finalmente perché si dice che gli spagnoli e gli argentini sono cugini. Perché lo sono!
Rimango spaesato vicino a lui che viene accolto da abbracci, grida e applausi. Poi di riflesso abbracciano e baciano anche me.
Oh cazzo, qua si baciano tutti!
Poi mi guardo intorno cercando di capire.
Cristo Santo, dov’era la festa fra pochi intimi fidati?
- Non mi dire che questi sono
solo gli amici fidati di David! - Così Rafa, che è più che altro molto
amico di Pico, si gira ridendo e mi circonda la schiena con un braccio,
cosa che non farebbe mai nemmeno morto in qualunque altra situazione, e
che ovviamente mi fa raddrizzare i peli del corpo, come se fossi un
gatto e lui mi avesse appena pestato la coda.
- Benvenuto in una tipica festa argentina fra pochi intimi! - Io lo guardo sbalordito.
- Ma sono tutti fidati sul serio? Non è che finiremo sputtanati in qualche giornale di gossip? -
Rafa ride e mi dà uno schiaffo sul sedere.
- Divertiti! - è come se staccassero una spina.
L’istante dopo Pico arriva, lo
bacia come se non lo vedesse da secoli e se lo trascina via, mentre
Rafa si gira a guardarmi poco convinto di separarsi da me. Io ridendo
lo saluto dicendo che vado a cercare del cibo commestibile.
La musica impazza, c’è un DJ in
un angolo che mette tutta la musica più dance, movimentata, allegra ma
soprattutto latina dell’anno e del secolo.
Ricky Martin viene passato un
bel po’ di volte, ma non solo lui, fa un mix anche degli artisti
occidentali, come Lady Gaga, Rihanna e compagnia bella.
In generale preferisco la musica
delicata e romantica, ma mi piace anche questa, perciò mi lascio
facilmente trascinare, mentre evito diligentemente qualunque cosa sia
alcolico.
In compenso mangio.
Poi penso a Rafa che l’ho un po’ perso di vista.
È bello perché qua c’è tanta
gente, ma nessuno mi nota, nessuno mi riconosce e penso che sia lo
stesso con Rafa, per questo è tanto rilassato e tranquillo.
Credo che, dopotutto, posso
stare relativamente tranquillo. Nessuno ha un telefono in mano che
filma o che fotografa, ho passato la prima mezz’ora a farci caso, ma
poi mi sono rassegnato.
Sembra davvero un posto sicuro.
Chissà se Rafa pensa anche a
mangiare? Lo cerco con lo sguardo senza trovarlo, così nel dubbio
riempio un po’ di più il mio piatto con la famigerata splendida buona
carne argentina.
Poi, con un bicchiere di
qualcosa di non alcolico ma zuccherato in mano, che mi fa pensare che
dovrò fare una bella dieta strong quando torno a casa, mi giro a
cercarlo.
Ok essere non cagati da nessuno, ma che festa è se stai solo come un cane?
Mi muovo fra la folla alla ricerca di Rafa e vengo attirato da un po’ di casino in più rispetto a quello che è già molto.
Così lo seguo incuriosito. Devo ricordarmi anche di fargli da baby sitter. Non è facile.
Sto bevendo quando, al centro
del casino, me lo ritrovo lì che balla Blurred Lines. Tormentone
dell’anno. Classico che lui lo conosca e lo balli. Rimango a fissarlo
in mezzo agli altri, mordendomi il labbro divertito. Rafa è lì in mezzo
a tutti che balla con qualcun altro… e fa il gay. Cioè voglio dire.
Anche il video ha questi ragazzi che anche se devono scegliere fra
tante belle ragazze, sembrano lo stesso gay.
Il balletto è così, ha queste
movenze per nulla virili. Se uno ha un po’ di dignità le evita, Rafa in
questo momento non pensa con la testa, pensa con, probabilmente, le
parti basse. Non saprei bene quale organo usa. Però è lì, sé stesso al
cento percento, che si limita a fare esattamente quello che gli piace.
Eh mio Dio, non dimenticherò mai questo momento. Vederlo in video era una cosa, vederlo di persona è un’altra.
Poi comincia a strofinarsi sui
suoi amici, gli prende le mani, le spalle, si strofina su di loro, loro
lo fanno con lui… anche questa è una cosa maledettamente da gay
ed il sorrisino divertito si trasforma in broncio. A metà canzone mi
nota e si accende tutto, così mentre io scuoto la testa ridendo, lui fa
di sì e mi prende bicchiere e piatto di mano, li appoggia su un tavolo,
mi afferra per le mani e muovendo le braccia a ritmo di musica,
saltella verso la gente che balla.
- No, non posso! -
- No non è che puoi, tu devi. Sei Novak Djokovic, ricordi? - Scuoto la testa.
- No, qua non sono nessuno! - Che è proprio vero.
Ma lui non sembra
preoccuparsene, infatti mi afferra i fianchi e mi si appiccica
saltellando, muovendo il bacino. Visto che sto rigido, comincia a
ballarmi intorno usandomi come un palo.
Ok, deve avere bevuto. Non si spiega in altro modo.
Però si sta divertendo troppo ed
è maledettamente bello averlo così addosso che mi fa di tutto. Essere
desiderato da lui è come il regalo che hai sempre voluto.
Alla fine non ballo, la mia
dignità me lo impedisce, però non lo mando via. Anzi. Mi giro verso di
lui e gli metto le mani sulla vita accompagnandolo. Rafa mi appoggia le
braccia sulle spalle e quando sta per finire la canzone, lo vedo che si
avvicina col viso.
Sta per baciarmi, realizzo che lo farebbe e così devo ricordarmi io che non è comunque il caso di rischiare tanto.
Alla fine gli prendo il viso fra le mani sorridendo e gli do un paio di pizzicotti.
- Rafa torna in te! - Ma Rafa
non sembra volerlo fare. Comunque la canzone cambia e forse non è una
che gli piace, infatti con un sospiro divertito si separa e ridendo mi
chiede se mi sto divertendo, mentre va al tavolo a cercare il suo
bicchiere.
- Sì che mi diverto… ancora di
più a guardarti in questo stato! - Rafa ride di più. È completamente
rilassato, non lo turberò mai.
Bevo anche io il mio.
- Che bevi? -
Alzo le spalle.
- Qualcosa di analcolico, non
so… è dolce… - Rafa fa una smorfia, me lo toglie di mano e mi mette il
suo che è quasi pieno e me lo fa bere. Allora faccio io la smorfia
perché è alcolico e tento di metterlo giù, ma lui me lo impedisce, così
sospirando lo tengo. Poi guardo il piatto di carne.
- Hai mangiato? - Lui scuote la testa. - Devi mangiare, se bevi e basta poi ti ubriachi davvero. - Lui alza le spalle.
- Non ho fame ora… - Ma in risposta prendo una salsiccia e gliela ficco in bocca.
- Io bevo questa schifezza se tu mangi! - E così lo scambio ci piace.
Infatti Rafa prende la salsiccia
che gli ho messo in bocca e comincia a succhiarla con aria allusiva.
Così poco prima di morire, lo ricambio con la stessa moneta e con lo
stesso sguardo allusivo, mi metto a succhiare la cannuccia.
Come se avessi altro in bocca.
Lo facciamo per un po’ come due
indecenti scemi, dopo arriva un’altra canzone che gli piace, tale Ricky
Martin ovviamente, e ingoia la salsiccia in una volta, mi mette giù il
bicchiere, mi afferra le mani e mi porta in mezzo al caos per ballare
con me. Ricky lo balla davvero bene, ha un movimento di bacino che mi
fa morire. Dopo un po’ che me lo spiattella davanti agli occhi e me lo
strofina contro il pacco che diventa bello duro, lo ricambio e faccio
la stessa cosa. Non bene come lui, ma mi difendo abbastanza.
Non è male.
Non è affatto male.
Ed in un istante, in un maledetto istante, tutto sparisce, tutto svanisce.
Siamo solo io e lui che ci
divertiamo, balliamo insieme come due fidanzati o come due che ci
provano uno con l’altro e non importa più nulla.
Non siamo due tennisti, non siamo due uomini, non sono un maledetto serbo che deve rendere onore al padre sposandosi.
Non sono nessuno. E nemmeno lui.
Siamo solo due che si piacciono. Due che, di canzone in canzone, finiscono sempre più l’autonomia di sopportazione.
Me ne rendo conto quando,
ballando insieme, le sue braccia intorno al mio collo, le mie intorno
alla sua vita, sta di nuovo per baciarmi. Così tiro indietro la testa
all’ultimo, ma faccio davvero molta fatica perché sono eccitatissimo.
- Rafa? Credo che sia arrivato
il momento in cui ti impedisco di perdere la dignità… - Cerco di
ricordare il discorso che mi aveva fatto, lui sembra ricordarlo, così
ride ma non si scioglie da me.
- E come pensi di fare? - Chiede invitante. Mi mordo il labbro. Vorrei mordere il suo.
- Questa sembra una casa grande.
Avrà un paio di camere libere per gli ospiti, no? - All’idea Rafa si
illumina e sorride, poi mi prende per mano e mi tira in giro.
Ok, l’idea gli piace.
Finiamo in una camera dove ci
chiudiamo dentro a chiave. Apriamo un po’ le finestre, tirando le
tende, da fuori arriva la musica a tutto volume, sempre quella che gli
piace tanto. Continua a muoversi e ancheggiare mentre mi si appiccica
addosso ed io finalmente posso afferrargli i glutei e stringerli,
aderendo il bacino al mio. Lo posso fare bene come avrei voluto farlo
prima e sento un maledetto sollievo, momentaneo.
- Era ora, non ne potevo più! -
Dico mentre mi infila le mani sotto la camicia, alzandomela.
- Hai un desiderio particolare, ora che siamo finalmente soli? - Chiede malizioso. Io, divertito, rispondo con le idee chiare.
- Per prima cosa, voglio la tua
bocca. - A questo mi accontenta, mi dà subito la lingua che io succhio,
poi la infila nella mia bocca, mi unisco a lui e ci baciamo dando vita
a qualcosa di davvero erotico, mentre continua a muoversi su di me,
sensuale, meno frenetico di prima.
Non posso staccare le mani dal suo sedere, per me sono una droga.
- Ed hai un altro desiderio? - Mi chiede scivolando sul mio orecchio che inizia a leccare.
- In effetti l’avrei… - Rispondo allo stesso modo.
- E sarebbe? - Chiede.
- Soddisfare la tua voglia. -
Rafa continua ad alzarmi la camicia e ad accarezzarmi la schiena
scendendo fino alla cintola dei jeans che indosso ancora.
- La mia voglia è molto specifica… - Mormora sul mio collo, facendomi impazzire.
- Fammi indovinare… - Con
questo, con una certa fatica, riesco a staccare le mie mani dal suo
fondoschiena, faccio un passo indietro e mi apro i jeans, tirandomi
fuori l’erezione dura. Mi sembrava di scoppiare. - La tua voglia si
riassume in questo? - A Rafa brillano gli occhi. In risposta si toglie
la camicia come se fosse una maglia, poi si mette sulle ginocchia e
gattona sinuoso verso di me. Oh mio Dio, cosa fai?
Sto per dirlo, ma non ho tempo,
perché da sotto tira i jeans e me li toglie senza complimenti, poi
risale con le mani che striscia sulle gambe, sulle cosce e poi arriva
al mio inguine. Me lo prende, lo stringe, lo carezza, lo preme e poi
arriva la lingua a farmi morire.
Dio Santo Rafa, così mi serve un defibrillatore!
Non ci penso più, l’accompagno
con le mani sulla nuca, gli stringo i capelli senza fargli male, ma
quando mi sento vicino all’orgasmo devo tirare e fargli male. Lui però
non si lamenta di dolore. Rafa e la sua voglia di essere dominato.
Vediamo di accontentarlo.
Lo alzo e dato che io sono tutto
nudo, ma lui no, lo allontano da me e rimanendo appoggiato alla parete,
con la penombra che ci avvolge intima e la musica che va ancora su di
giri, faccio quello che piace tanto a lui.
- Spogliati. - Rafa si lecca le
labbra e mi accontenta. Lo fa muovendo sempre il bacino a ritmo di
musica, non so nemmeno cosa sia. So solo che lo ispira molto. Ed io
sono felice se lui è ispirato.
Così mi masturbo guardandolo, facendo attenzione a non venire.
Si mette di schiena, senza
pantaloni. Infila i pollici dentro l’elastico dei boxer aderenti, gira
il capo per guardarmi, l’aria di chi sa che mi piace cosa guardo. E
dannazione se mi piace.
Sa quanto amo il suo sedere.
Lo sa. Lento spinge giù i boxer, sposta il bacino a destra e a sinistra, poi ecco che mi dà la gioia di vederlo libero.
Infine si china in avanti,
tenendo dritte le gambe e mi dà esattamente quello che volevo. Mi mordo
il labbro, sto per impazzire.
- Va sul letto. - Ordino roco.
Rafa ci va, sa come deve fare,
si mette a carponi, abbassa tutta la parte superiore del busto, tiene
le gambe piegate e larghe e rimanendo sulle ginocchia infila la mano in
mezzo. Dopo che si è succhiato il dito, se lo mette dentro. In quella
zona che è mia, e sarà solo mia. Quella parte di lui che mi toglie il
sonno e che ho sognato così tanto quando non potevo averla.
Quella posizione è mia fine e lui lo sa.
Gira la testa, la guancia sul lenzuolo, gli occhi lascivi. Si lecca la bocca.
- Quanto pensi di farti desiderare ancora? - Così sorrido divertito.
- Vuoi qualcosa? - Il nostro solito gioco. Finché non lo dice. Amo quando lo dice.
- Voglio il tuo cazzo. - Oh,
ripetilo… mi avvicino al letto ma mi fermo, così lui continua. - Voglio
sentirlo dentro… - Salgo con le ginocchia dietro di lui. - Voglio che
mi scopi e mi fai tuo. - E così lo prendo con le mani, lo stringo, lo
allargo e sparisco con la bocca e la lingua dentro di lui, infilo le
dita e continuo quello che stava facendo da solo. A questo si mette a
gemere.
Da qui in poi c’è solo un ‘non ce la faccio più’.
Poi sono io che mi raddrizzo dietro di lui, lo prendo per i fianchi ed entro.
Rafa si aggrappa al lenzuolo e
lascia andare un lungo gemito di sollievo. Non ce la faceva più.
L’espressione abbandonata, come la mia. La schiena inarcata, la sua
adorata schiena, potrei passare ore a guardarlo nudo, per dietro.
Scivolo con le mani sulla vita,
sulla schiena, mentre mi muovo in lui, entro ed esco ed affondo ad ogni
spinta più forte, coi gemiti che si uniscono, accompagnati da una
musica che ci incita invece che calmarci.
Quando l’eccitazione sale
vertiginosamente, cerco ancora più contatto. Aderisco a lui, chinandomi
sulla sua schiena, l’avvolgo con le braccia, lo tengo a me e continuo a
muovermi forte, sempre più forte.
Fino a che lui mi dice ‘oh, sì, così, proprio così’ e viene.
Dopo che viene, mi raddrizzo e ricomincio per me, ma non mi ci vuole molto.
Rafa accende ogni parte più
intima di me. Mi fa impazzire, mi fa perdere il controllo. Mi tendo
tutto come un unico nervo e libero un lungo gemito, la bocca aperta, il
fiato sospeso, gli occhi chiusi, la testa all’indietro.
L’orgasmo è arrivato.
Ed il mondo sbiadisce, perde ogni senso, significato.
La musica si ovatta, così come gli odori di cibo che vengono dal giardino.
Poco dopo mi lascio cadere sul
letto, di schiena, e Rafa mi gattona sopra baciandomi ansimante. Infine
si adagia sul mio petto e lo tengo stretto. I corpi sudati fremono
ancora, ci ascoltiamo, ci godiamo in questa pace totale dei sensi.
- Degna conclusione? - Chiede malizioso.
- Molto degna! - Sorride e mi bacia il petto, poi cerca la mia mano. Al polso il suo braccialetto, lui ha il mio orologio.
- Ti amo. - Dice mentre intrecciamo le dita.
- Ti amo anche io. Voglio che non lo dimentichi mai. - Scuote la testa.
- Ormai non posso più. - Così,
felice e realizzato, mi godo l’ultima notte con lui, me lo coccolo, me
lo bacio, me lo stringo, parliamo ancora un po’ di cose serie, un po’
di cose divertenti. E quando ne abbiamo abbastanza, ci ripuliamo, ci
vestiamo e torniamo alla festa a finire di mangiare e non certo più a
bere.
Luna di miele? Direi di sì, perché no. Mi piace come suona.
Luna di miele.
Guardo il braccialetto che brilla sotto le luci artificiali colorate.
Come due sposi.
Dio, come sono felice.
Conosco Jelena da molti anni, è
stato il mio primo amore o per lo meno il primo che pensavo fosse tale.
Sto con lei da sempre ed è ancor più strano che non l’abbia sposata
prima.
Nonostante le insistenze pesanti di mio padre, avrei continuato così a tirarla avanti ancora un po’, se non fosse successo.
Appunto perché sto con lei da
sempre e fingo tanto bene di amarla, il fatto che da quando sono
tornato con Rafa fatico ad andare a letto con lei non facilita la cosa.
Tutte le volte è una specie di dramma interiore, mi sembra di tradirlo.
E così lei lo sente, vede che stiamo di più del solito, e comincia a riempirmi di domande.
Poi dall’altro lato c’è mio
padre che mi chiede cos’ha lei che non va, perché sto con lei da tanto
e ancora non la sposo, cosa aspetto, se devo diventare lo zimbello del
paese. Se vuole che il mondo intero lo derida.
Non sono mai riuscito a fargli capire che al mondo interessa se batto Rafa o Roger, non se sono sposato o fidanzato.
Ho provato a fargli l’esempio di
Rafa, ma lui ha detto che l’altro campione è sposato, così come molti
altri, e vince un sacco anche da sposato.
Ha tutti gli argomenti.
Così Jelena mi fa una scenata
che la metà basta, convinta che io non la ami più come prima e non so
come fare, l’essere me stesso con Rafa, mi impedisce di essere un altro
con Jelena. È difficile mentire dopo che hai smesso di farlo.
Per cui arriva l’ultimatum ed è
così che mi do da fare come fidanzato, in tutti i modi. Sto tanto con
lei, la faccio venire a tutti i tornei con la regola che però deve
stare in un appartamento o albergo suo, non può stare con me nel
circuito.
Faccio quello che devo fare
anche a letto, mi impegno seriamente perché altrimenti è finita,
purtroppo una donna lo sente, sembra una sciocchezza ma è vero.
Pensare a Rafa mi aiuta. Al suo bel culo, al suo corpo, alla sua schiena, al suo viso.
A come mi si dà.
E così le notti con lei passano.
Forse torno ad essere sufficientemente convincente o forse è perché rimane incinta, che si convince che la amo.
Comunque una volta che me lo
dice, mio padre arriva a spada tratta minacciandomi che non sopporterà
il disonore di avere un figlio, per di più così famoso, che lascia la
ragazza incinta e non la sposa.
Così alla fine devo farlo.
Non l’ho mai visto così felice e fiero di me, nemmeno quando sono passato primo nel ranking.
Sono dilaniato mentre piange
commosso, così come fa mia madre. Felici che mi sposo con una donna che
non amo e che ho messo incinta solo per convincerla che la amo.
E sono dilaniato nel sapere che
se solo gli dicessi che sono gay, che sono innamorato di un ragazzo e
che quel ragazzo è Rafa, il mio più grande rivale di tennis, mi
ucciderebbe di botte.
Purtroppo le tradizioni serbe non le sradichi. Ti pieghi, le raggiri.
Spero che Rafa lo capisca.
Gliel’ho detto quando siamo tornati insieme.
Che non potevo garantirgli una
vita consacrata a lui, che prima o poi mi sarei dovuto sposare. Ma
forse, a volte, in certi casi, prendi solo quello che preferisci e
metti da parte quello più scomodo.
Sospiro mentre mi guardo
l’anello di fidanzamento che contrasta col suo braccialetto. Un nodo mi
sale agli occhi che alzo al cielo e cerco di ricacciare indietro le
lacrime, ma non è facile.
Dopo aver assaggiato la pura libertà con Rafa, è difficile tornare il Novak che ero abituato ad essere.
Quello che non piange, quello
che non è debole e non si lamenta, quello che se è nervoso od in
difficoltà ride e scherza o al massimo grida e picchia. Spaccare
racchette non è un segno di debolezza, è un segno di forza, così si
affrontano gli ostacoli. Me l’ha insegnato mio padre quando mi veniva a
vedere alle partite difficili, quando mi vedeva sotto pressione e
nervoso. E mi diceva ‘ehi, spacca qualche racchetta, grida, ma
non tenertelo dentro’. Perché tornavo a casa in lacrime quando perdevo
perché non gestivo la pressione e lui mi sgridava perché piangevo, che
non ero una donna, che dovevo affrontarlo diversamente.
Così mi ha forgiato.
Adesso sono stato me stesso con
Rafa ed è stato così bello e l’idea di ferirlo di nuovo dopo che le
cose sono andate così bene, mi dilania.
Spero solo che capisca. Che devo, ma non voglio.
I nostri mondi sono così
diversi, per me c’è sempre stato un dovere in ogni cosa, persino nel
privato, anzi soprattutto lì. Per lui c’è sempre stata la massima
libertà. È lui che si è auto imposto tutte le regole del caso per
riuscire a tennis. Suo zio ci è andato a nozze, ma ha trovato terreno
fertile in Rafa.
Per il resto i suoi, separati
dopo tanti anni di matrimonio, si guardano bene dal pretendere cose da
lui. Lo sostengono in ogni scelta e basta. L’ho sempre invidiato per
questo.
Perciò non so se capirà quando gli dirò che devo sposarmi, lei è incinta e mio padre vuole che la sposi.
Ma era di questo che parlavo quando mi sono allontanato da Rafa. Che le cose non vanno come devono.
Le cose non sono andate come dovevano.
Ed io non potrò mai farlo davvero felice.
Wimbledon si avvicina, farò l’annuncio alla fine del torneo. Se lo vinco e passo primo ancora meglio.
Sarebbe fantastico dopotutto.
Perfetto, no?
Così posso sfruttare la commozione per la vittoria per piangere mentre dirò che sposo Jelena e che sarò padre.
Essere padre è una cosa che mi
confonde un po’, ne sono felice, ho sempre voluto essere padre. Però da
quando amo Rafa la cosa è passata in secondo piano, perché essere padre
non collida con l’amare Rafa.
Eppure ora dovrò capire cosa significa.
Devo dirlo a Rafa prima che lo sappia da solo, se la voce si sparge prima sono guai.
Abbiamo conoscenze in comune, amici nel circuito che possono fargli avere la voce.
E, prima di realizzarlo, lo dico a Stan chiedendogli un consiglio su come fare, come dirglielo e quando.
Stan dice che devo farlo immediatamente, senza aspettare. Non importa come, la tempestività è tutto.
- Ma vedrai che capirà. Glielo
hai già detto quando vi siete rimessi insieme che sarebbe arrivato
questo momento. - Per lui è facile, ci ragiona su e capisce la cosa con
razionalità, ma Rafa è un toro, è istinto allo stato puro. Non ci
pensa, non ci avrà mai pensato che dovrò sposarmi.
Sospiro indeciso, spaventato che
questa favola, questa nostra splendida favola, debba finire così. Non
avrei dovuto tornare sui miei passi, non dovevo, non dovevo proprio. “