*Mi
ero orrendamente confusa, non mi ero resa conto che l'ultimo capitolo è
proprio questo! La fic finisce definitivamente e percorriamo gli eventi
che vanno dalla fine del 2014, quando Rafa è stato operato di
appendicite, a metà 2015, quando Rafa è tornato a giocare ma male e
senza essere combattivo. Partiamo dall'appendicite: coincideva davvero
con la nascita del figlio di Nole e Rafa non voleva operarsi, ha
giocato alcune partite curandosi con medicinali, ma ovviamente alla
fine ha dovuto arrendersi. E' vero che il corpo espelle molto molto
lentamente l'anestesia generale, ci impiega un anno intero almeno e nel
caso di sportivi, si sente fisicamente la differenza. Rafa nella prima
parte del 2015 a parte il proprio arrendersi facilmente ed il giocare
male e senza testa, fisicamente non ce la faceva, sudava tanto e si
stancava subito. Rafa ha rivelato in seguito che ventilava seriamente
l'idea di lasciare il tennis in quel periodo, si era perso, ma poi dopo
l'US Open ha iniziato lentamente a ritrovarsi e a giocare competitivo.
Quel che mi ha sempre colpito è che sia lui che Nole indicano proprio
quel torneo come punto di svolta per il ritorno di Rafa, quando invece
in realtà lui quel torneo non l'ha portato molto avanti, è uscito
abbastanza presto. Eppure secondo i due da lì in poi lui è risalito
piano piano. Proprio dopo quello slam, i due andranno in Thailandia a
fare i 3 giorni ospiti conclusi poi con una partita d'esibizione.
Ufficialmente dopo di questo Rafa torna ad ottenere buoni risultati a
tennis. Adesso però concludiamo la fic e vediamo come io ho
interpretato tutti questi fatti accaduti in quel periodo e come l'ho
rigirata in chiave rafole. Ringrazio tutti quelli che hanno letto la
fic e spero che sia piaciuta. Per seguire le altre fic e sapere se e
quando scrivo, ho la pagina facebook:
https://www.facebook.com/akanethefirst/ E con questo è tutto. Buona
lettura. Baci Akane*
38. IO SALVO TE TU SALVI ME
/Nole/
“Se continuo a chiederglielo, nega.
Così lavoro di furbizia e mentre
ci accingiamo a scopare, lo blocco contro il muro perché al momento
siamo in uno spogliatoio, e spingo con decisione all’altezza
dell’appendice.
Rafa strilla sul mio orecchio come una ragazzina, assordandomi, fra l’altro!
Dopo mi rifila un pugno volante che per fortuna schivo in tempo.
- Che cazzo fai, brutto
deficiente?! - Grugnisce tirandomi anche la ciabatta che mi colpisce
sul sedere. Dopo le bombe, posso raddrizzarmi e puntarlo col dito,
deciso:
- Visto che hai l’appendice infiammata? -
Rafa mi tira anche l’altra ciabatta che mando contro la porta con una manata. Chissà se passa qualcuno cosa pensa.
- E ti sembra il modo di giocare
al dottore? Me l’hai spostata fino al buco del culo! - Grugnisce
ancora, rivestendosi in fretta. Ovviamente mi paro davanti alla porta
per impedirgli di andarsene.
Braccia conserte:
- Rafa, fatti controllare. -
- Va al diavolo! - Alzo gli occhi al cielo esasperato.
- Solo se tu vai da un dottore!
- Rafa prende il suo borsone, ma quando se lo issa fa un movimento
particolare e finisce con una smorfia di dolore, la mano corre
all’altezza dell’appendice.
- Cazzo. -
- Lo vedi? - Mi avvicino
chinandomi come lui, lo prendo per le braccia, afferro il borsone e lo
metto giù, poi conduco Rafa a sedere, dolcemente ma deciso.
- Non ho nulla, non posso avere nulla, quest’anno ne ho già avute troppe! -
Sospiro e chiudo gli occhi, poi
mi abbasso davanti a lui piegato sulle ginocchia e gli prendo le mani,
con una pazienza infinita continuo:
- Lo so, ma nascondere la testa
non fa sparire il problema. Devi affrontarlo e basta. Prima lo
affronti, prima guarisci! - Fa il broncio.
- Non è detto che sia appendicite. - Alzo un sopracciglio.
- E che ne dici di scoprirlo? -
Sospira spazientito, alza gli occhi in alto e appoggia la testa
indietro, così mi alzo e mi siedo vicino a lui, lo circondo con un
braccio e lo stringo a me.
- Rafa, anche se avrò un figlio
non cambierà niente fra noi. Non l’ha cambiato il matrimonio, perché
dovrebbe un figlio? - Rafa alza la spalla per allontanarmi, ma alla
fine rimane lì.
- Non c’entri tu, sei sempre
convinto che somatizzo, ma… - Inarco un sopracciglio scettico e sempre
senza mollarlo, inizio l’elenco.
- Allora, vediamo… i tuoi si
separano e a te vengono problemi ai tendini delle ginocchia. Noi due ci
lasciamo e a te viene l’infiammazione al ginocchio. Io mi sposo e tu ti
rompi il polso. Ora mi nasce un figlio e a te viene un’appendicite. Non
pensi che somatizzi i problemi personali? - è una teoria che avrò
sempre, ma lui da bravo testardo continuerà sempre a negare. Alla fine
fa solo il broncio ma non risponde e non mi guarda, così lo lascio un
attimo mentre si ammoscia e sposto la mano sulla sua testa, attirandola
alla mia. Appoggiamo le fronti e chiudo gli occhi come fa anche lui.
- Ognuno assimila i problemi a
modo proprio, non importa. Basta che ti curi. Sono preoccupato per te,
se è davvero appendicite rischi di andare in peritonite se la trascuri,
ti prego, non scherzare come fai sempre con la tua salute. Non importa
perché ti viene, ma curati. Ok? - Così forse va meglio, lo sento più
rilassato sotto le dita.
A questo punto alza la testa dalla mia e ci guardiamo.
- Ho paura delle operazioni.
L’appendicite è in anestesia generale, sai quanto sta un corpo adulto a
smaltirla del tutto? E sai quante conseguenze comporta al fisico di un
atleta? - Comincia con queste cose che immaginavo benissimo da solo,
allora gli prendo la mano con l’altra libera, mentre quella fra i
capelli continua a carezzarlo dolcemente.
- Fai un passo per volta, vedi
cos’è, che opzioni ci sono, scegli quella più congeniale. E se proprio
dovessi arrivare all’operazione beh, sappi che lo fai per salvarti la
vita. Sarà meglio stare vivo anche senza tennis per un paio di mesi,
piuttosto che morto e comunque senza tennis? - Io sono il solito logico
e razionale, ma a forza di fatica riesco ad inculcargli un po’ di
ragionevolezza.
Alla fine deve rassegnarsi.
- Ok, hai ragione. Facciamo un
passo per volta. Ma se mi opero quando nasce tuo figlio e tu non puoi
venire nemmeno di nascosto? Sai che quando si fa un’anestesia generale
è meglio essere in uno stato mentale sereno, vero? - Così a questo
scoppio a ridere gettando la testa all’indietro.
- Ti dispiace non correre così
tanto e andare per gradi? Tu ti vedi già sottoterra! - Rafa però si
scioglie dal mio abbraccio e incrocia le braccia al petto.
- Senti, se queste cose
succedono io dovrò scegliere in fretta cosa fare e devo sapere, in
quell’eventualità, cosa fare. - Sospiro paziente. Mi faranno santo. È
un martello pneumatico.
- Allora scegli un giorno lontano dalla nascita di Stefan. - Sappiamo che sarà maschio e che nome gli daremo.
Lui fa una smorfia.
- E come faccio a sapere quando diavolo nasce? - Mi sa che odierà mio figlio per sempre.
Mi copro il viso.
- È programmato per questo mese.
Metà ottobre. La gravidanza è stata regolare, penso che non tarderà e
non anticiperà. Se ti fai visitare ora ci vuole tempo per accertarsi di
cosa si tratta e poi, cocciuto come sei, farai di sicuro delle terapie
alternative. Prima che tu ti decida ad operarti mio figlio è già nato!
Così puoi scegliere il giorno che vuoi! - Rafa rimane col broncio, come
un bambino piccolo.
- Non dirlo come se fosse colpa
mia, non devi mica venire se non vuoi, è solo che io ho paura delle
operazioni e sapere che poi al mio risveglio ci sarai, anche se di
nascosto al mondo, mi aiuterebbe. Nel caso in cui io debba operarmi! -
Sorrido scuotendo la testa.
- Sei unico. - Con questo mi
guarda torvo, ma io gli prendo il viso fra le mani e lo rivolto verso
di me, infine lo bacio di forza e lui sembra calmarsi.
- Ti amo, scalerei l’Everest
nudo per te. Ci sarò quando e se dovrai operarti, qualunque giorno sia!
- Rafa sembra convincersene. - Così come ci sarò sempre tutte le altre
volte, nonostante la mia famiglia ed i miei impegni. Perché per me tu
sei la mia priorità. Farò sempre di tutto per esserci con te. Perché
senza di te, io mi spengo. Per me sei tu quello vitale. Tu, capito? E
sai che regalerei un rene ed un polmone se servisse a farmi vivere la
mia vita con te alla luce del sole. - Forse sono abbastanza
convincente, perché questo pazzo sorride e mi abbraccia forte di
slancio, stringendomi forte.
Rafa, un uomo, una calamità!
Però se fosse diverso forse non
me ne sarei nemmeno innamorato. Non vive completamente alla luce del
sole, ma è comunque meno ‘nascosto’ di me. Amo la sua vita privata dove
tutti sanno già molte cose di lui e non lo obbligano ad andare contro
la sua volontà.
Lui è quello che io non ho mai
avuto il coraggio e la possibilità di essere e so che se un giorno
dovesse fare coming out, avrebbe la forza di affrontare tutto.
Le nostre labbra si sigillano, le mani si ritrovano e la pace ci avvolge.
Mi prenderò cura io di lui e lui di me.
Lui, le sue fragilità in mezzo alla sua forza.
Lo amerò per sempre e di questo non avrò mai dubbi.”
/Rafa/
“Nessuno è completamente forte o completamente debole.
Tutti abbiamo una percentuale di forza e di fragilità ed in certi casi prevale una o l’altra, dipende dai periodi.
La gente mi vede forte e forse lo sono, ma dentro di me mi sento insicuro.
L’unico momento in cui so di essere forte è quando sono con Nole.
È così che mi sento, quando apro gli occhi dopo l’operazione e l’anestesia.
Massacrato nel corpo, ma forte
nell’animo. Perché apro gli occhi di notte e lui è qua, seduto nella
poltroncina accanto al mio letto che mi tiene la mano.
Avevo lasciato detto che la notte non serviva si fermasse nessuno, volevo stare da solo tranquillo.
Così mi hanno accontentato e Nole è potuto venire.
Mi ha convinto lui ad operarmi, ma alla fine è venuto.
Stanco morto sorrido vedendolo, sento la sua mano sulla mia e ricambio la stretta, svegliandolo.
Quando i suoi occhi velati come
i miei si aprono e mi vede, si illumina anche lui. Il suo bel sorriso
mi riscalda, così come il suo stendersi nel letto accanto a me ed
avvolgermi di lato con il braccio che mi attira a sé. Mi coccola e,
senza dire molto, mi bacia la fronte.
- Bentornato, amore. - Con
questo mi sento meglio. - Come ti senti? - Chiede delicatamente,
carezzandomi la testa. Mi rilasso su di lui e il sollievo arriva poco
dopo.
- Come una merda. Ma almeno sono una merda amata! - Con questo lui ride e scuote la testa.
- La merda più adorabile del mondo! - Commento scherzando a mia volta.
- Mi amerai anche quando farò
schifo a tennis? Perché è impensabile che recuperi e torni ai miei
livelli, il grande Rafa Nadal è finito! - Comincio con quella che sarà
la canzone di tutto il 2015, anzi, di gran parte.
Nole sospira e mi dà un pizzicotto.
- Ti senti meglio dopo aver
detto la stronzata del secolo? - chiudo gli occhi e sistemo meglio la
testa nell’incavo del suo collo.
- Un po’. Ma potrei stare meglio
se mi facessi i grattini! - è una delle cose che adoro. Così alza la
manica della camicia da notte ed inizia a farmeli, mentre io faccio le
fusa e mi rilasso meglio.
Non importa, sia come sia, la
mia carriera e le mie soddisfazioni le ho avute. Come ha detto Nole si
trattava di conservare la mia vita, non la mia carriera. Non è che non
operandomi potevo continuare col tennis come prima. Sarei morto. Perciò
amen. Si vede che doveva andare così. Ho preso tutto quello che dovevo,
adesso tocca a Nole, è così che doveva essere, ma mi sta bene se ora a
vincere sarà lui. Va bene così. Almeno ho lui.
Nole ha un bel da fare con me, lo riconosco, ma non ci posso fare nulla.
Da quando torno in campo, nella stagione del 2015, a più di metà, sono una lagna.
Pessimismo e negativismo sono le mie nuove parole d’ordine.
Il Rafa combattivo e vincente, quello positivo, testardo, pieno di voglia di vincere, che lottava su ogni palla, è un ricordo.
Gran parte è perché il fisico non risponde, cosa che sapevo.
L’anestesia generale per una
atleta non è uno scherzo, io giocavo con tante forze, spingendo molto,
lottando su ogni palla. Ora non riesco, pur provandoci non ci arrivo e
questo mi impedisce di muovermi, di provarci.
Sudo molto, moltissimo, e sono sfinito dopo un solo set, spesso deludente. Non ho la mia combattività e penso ok, adesso perdo.
E lo faccio.
Perdo contro gente con cui avrei vinto in ogni condizione e più questo succede, più mi convinco che la mia carriera sia finita.
Lo ripeto spesso ai microfoni.
Si tratta di accettare le cose, che quel Rafa Nadal non tornerà più.
Sono contento della mia carriera, di quello che ho ottenuto, adesso le
cose sono così.
È come sprofondare lentamente nelle sabbie mobili, non vedo più la cima.
Nole mi sta molto vicino, nonostante la famiglia e gli impegni da numero uno invincibile.
Tanto io perdo, tanto lui vince.
È inarrestabile e sono felice di vederlo lì in cima che divora tutti, se lo merita.
Mi sta molto accanto, mi sostiene, mi sprona, mi fa da motivatore, ma non funziona, non funziona mai, niente funziona.
Non è un problema personale che
somatizzo con sintomi fisici come dice lui, è che semplicemente il
corpo non risponde più, le mie forze non ci sono ed io non mi vedo più
a vincere. Tutto lì.
Demotivato, finito.
A volte carezzo l’idea di lasciare il tennis.
Dopotutto che senso ha continuare così?
Arrivo decimo ad un certo punto, poi con una fatica immane risalgo alla settima posizione. Si può essere messi peggio?
Arrivo così in questo stato di lotta contro me stesso, all’US Open.
Il torneo si apre con me
convinto che comunque sono finito e la cosa che stanco di sentirmi così
ad ogni competizione, mi sfugge con Nole. So come la pensa e cerco di
non dirlo di solito, ma alla fine esasperato io stesso, lo faccio.
Forse perché dopotutto speravo in questo.
Speravo in quello che succede.
- Non so nemmeno che senso abbia continuare sapendo che andrà sempre male. -
Ci stiamo preparando dopo aver
fatto l’amore, in America Jelena non è venuta, siccome Stefan è piccolo
ha saltato molti tornei, ad alcuni è venuta immagino lasciandolo dai
suoi.
Questa volta lei non c’è, per cui possiamo stare insieme anche di più.
Sono gli unici momenti belli della mia vita, ora.
Quando lui è con me.
Nole, seduto dall’altra parte del letto, si alza infilandosi gli slip e si gira.
- Cosa? - Ha un tono da ‘non osare sai’.
Ma io ormai l’ho detto e
sospirando spazientito all’idea di affrontare un’altra giornata di
tennis probabilmente umiliante, continuo:
- Tu non sai come ci si sente a venir battuti da giocatori che a momenti non hai nemmeno mai sentito nominare! - Dico acido.
- È perché ti senti umiliato? Usa questa rabbia in campo, vedrai che ti aiuterà! -
Scuoto la testa e mi alzo infilandomi l’intimo, lo guardo scontento.
- Non è l’umiliazione, non è la
rabbia. È che non ho più la mia combattività, Nole. Mi manca quella. Io
ho costruito la mia carriera sulla mia combattività, tutto quello che
ho vinto è stato grazie alla mia voglia di vincere. Ora… non ne ho più
semplicemente. Perché dovrei continuare? Roger anche se non è più
quello di prima perché chiaramente ha l’età e tutto, continua
dignitosamente a dare lezioni di tennis, è comunque migliore della
stragrande maggioranza di tutti i tennisti. Io no. Io non sono più
niente. - Nole sospira spazientito, davvero spazientito, come non lo è
stato da molto.
- Sai che non mi piace sentire
queste cazzate! - Tuona secco infilandosi i pantaloni, come faccio
anche io. Ci guardiamo separati dal letto, torvi.
- Tu non sai come ci si sente, Nole! Non hai mai perso te stesso! Sei sempre tornato! Io ora non… -
- ANCHE TU PUOI TORNARE! - Grida. Nole che grida.
Mi gelo.
Nole piange solo con me e di
rado. Alza la voce e si arrabbia, sempre solo con me oppure in campo
quando deve scaricare il nervoso. Ma che gridi così furioso… beh, me lo
ricordo poche volte.
Nole si mette la maglia con gesti secchi e sbrigativi, poi gira intorno al letto e mi viene davanti, io con la maglia in mano.
Mi punta col dito, a voce più controllata.
- Ascoltami bene, Rafa. Finora
sono stato paziente ed incoraggiante. Adesso mi sono stancato! Tu non
hai niente che non va! Il tuo corpo ha rigettato la maggior parte
dell’anestesia perché facendo sport e sudando il corpo espelle prima.
Per cui scientificamente tu non hai scuse per non giocare bene! È tutto
nella tua testa, perciò adesso ci sediamo e parliamo di quello che ti
impedisce di combattere e correre in campo, o giuro che non esci da
questa camera! -
Nole è davvero arrabbiato, sul serio non ha mai mostrato impazienza, con me, anzi. È sempre stato dolcissimo.
Ora che è arrabbiato mi lascia perplesso. Mi siedo automaticamente e lui lo fa sulla sedia. Mi guarda.
- Io non so cosa dirti, è così è basta. Sento di non riuscire! - Nole si rialza e riprende a camminare.
- Sono tutte scuse, dannazione!
Scuse! Non hai niente che non va! Ce la fai! Se non corri è perché non
vuoi farlo! Se non lotti, è perché non vuoi! Perché diavolo non vuoi
farlo, Rafa? Odi il tennis perché se non fossimo tennisti potremmo
vivere insieme? Ti sbagli, io non posso vivere con te perché sono un
serbo, ho delle responsabilità verso la mia famiglia, le mie origini. È
così che si fa. Non sarebbe diversa senza il tennis! - In agitazione,
mi copro il viso, senza quella capacità di urlare come facevo un tempo.
Dio, da quanto non urlo?
- Non so cosa dirti, Nole… non
siamo noi, io… io non so… - Nole si ferma, respira adirato, è furioso e
mi fa impressione. Alzo lo sguardo dispiaciuto e a quel punto un lampo
l’attraversa, un lampo di cui ho paura.
- Bene, visto che hai perso la
tua combattività prova a ritrovarla nel riconquistarmi. Perché mi hai
appena perso. Io voglio il Rafa che lotta. Se non sai più lottare, non
voglio stare con te. Avevi detto che avresti lottato per noi, fallo ora
se ne sei capace! -
Con questo, Nole sbatte la porta e se ne va.
Il mondo si ferma, si raggela, io smetto di vivere per un istante, mentre capisco cosa sia successo e se sia vero.
Nole mi ha lasciato?
Nole mi ha lasciato davvero o era solo arrabbiato, ma poi torna?
Rimango immobile per non so nemmeno quanto tempo, mentre nella mente risuonano le sue parole.
Lotta. Devi lottare. Torna a lottare. Non hai problemi fisici, sei solo tu che non vuoi più farlo.
Lotta ora, Rafa.
Guardo la porta.
Non può averlo fatto. Non l’ha fatto sul serio.
Sicuramente è un momento, ma poi stasera torna e si scusa.
Sospirando finisco di vestirmi e prendo la chiave, il telefono ed esco per fare colazione.
A colazione non lo vedo, così come non lo vedo per tutto il giorno, anche negli allenamenti non lo incontro.
Non mi scrive.
Lo lascerò sbollire.
Fino a sera non si fa vivo ed io provo a scrivergli.
‘Sei ancora arrabbiato?’
Ma lui non risponde e lo prendo per un sì.
Sospiro.
Abbiamo pochi tornei senza quella rogna di sua moglie che si mette in mezzo e lui decide di arrabbiarsi ora.
Vado a dormire infastidito.
Il giorno dopo guardo il telefono. Ancora niente. Sbuffo.
‘Quanto andrà avanti?’
Silenzio.
“Va al diavolo!”
Penso.
Poi vado a colazione. Ancora non lo trovo. Allenamenti. Ancora niente.
Domani inizierà il primo turno per noi.
Deve farmi giocare con questa litigata?
Aspetto ancora fino a sera e visto che insiste nello starmi lontano, lo chiamo.
Mette giù.
Quando lo fa, è come se mi sventolasse un drappo rosso davanti alla faccia.
‘Nole rispondi, sai che odio quando mi metti giù’
È una delle cose che odio di più.
Torno a chiamare. Torna a mettermi giù.
Lo odio. Sa che lo odio. Lo fa apposta.
Al terzo tentativo mi risponde, ma lui è gelido ed arrabbiato.
- Cosa c’è del concetto che non
ti voglio più vedere e sentire, che non capisci? Pensavi scherzassi?
Lasciami in pace, Rafa! - Sembra che faccia sul serio e, meravigliato,
rispondo:
- Ma sei serio? Mi lasci perché
ho perso me stesso a tennis? È così che mi ami? Tutte le parole e le
promesse e poi alla prima difficoltà molli tu? Bravo! - La cosa mi esce
acida, perché non ne ho più, però dopo che l’ho detto mi rendo conto
che non ero acido da molto tempo. Dall’inizio di tutto questo disastro.
Così mi aggrotto e aspetto una sua risposta.
- Non basta, Rafa. Non è
abbastanza! Tu sei molto di più! Sei tu che mi hai promesso di lottare
per questa relazione difficile! Sei tu che ora stai mollando, non io!
Io ho fatto quello che potevo! Arrangiati! - E di nuovo mette giù.
Altra cosa che mi fa salire la vena alla tempia.
Contraggo la mascella, riascolto nella testa le sue parole.
Mi vuole lasciare sul serio, ne ha abbastanza di me. Io sto male e lui mi lascia perché non sono più quello forte di prima.
Oh, ma se pensa di cavarsela così facilmente si sbaglia.
Come osa? Come diavolo osa abbandonarmi nel momento peggiore della mia vita?
Io penso di lasciare il tennis e lui mi lascia perché non gli piaccio più?
E poi sarei io quello che ha qualcosa che non va?
No, eh?
No!
Così prendo ed esco precipitandomi come un toro impazzito nella sua camera.
Comincio a bussare come un pazzo sapendo di farmi sentire dai vicini di camera.
Nole apre subito per questo.
- Sei impazzito? - Chiede
sibilando. Io lo spingo dentro con forza e sbatto la porta dietro di
me, poi visto che è ancora in piedi, lo spingo di nuovo.
- Tu, tu! Tu come osi lasciarmi
ora, nel momento peggiore della mia vita? Io sto male, penso di
lasciare il tennis e tu mi lasci perché non ti piaccio più? Proprio
ora? E poi sono io quello coi problemi? Ma ti senti? Dov’è l’amore
Nole? Dov’è quell’amore eterno ed assoluto che mi avevi giurato? Dove
diavolo è quell’amore ad ogni costo contro tutto e tutti? Io ho bisogno
di te ora, non puoi lasciarmi, non te lo permetterò mai, dannazione! -
Nole rimane immobile in mezzo alla stanza, braccia conserte e scuote la
testa.
- Invece è questo che voglio
fare, perché non sei più il Rafa di cui mi sono innamorato! Questo Rafa
non è capace di lottare per niente, non lo voglio! Se ti stanno bene i
problemi invece di risolverli, ok. Io non sono così! - Ma è come se
impazzissi del tutto, non mi ritrovo più e prima che lo realizzi, vedo
la mia mano partire contro la sua faccia e lo schiaffeggio.
Poi mi fermo e me la metto sulla bocca realizzandolo.
- Oh mio Dio! Oh mio dio, Nole… scusa io non… - Ma è solo ora che si raddrizza e sorride.
- È questo il Rafa che amo!
Allora sai lottare ancora… pensa un po’, credevo che te ne fossi
dimenticato… - Mi schernisce per alleggerire un’atmosfera tragica.
Tragica è dire poco in effetto.
Io, shoccato e senza parole, lo guardo sconvolto trattenendo il fiato.
- Tu… tu l’hai fatto apposta per farmi uscire di testa? - Nole apre le braccia e si avvicina cauto.
- Volevo farti reagire, non
sapevo più come fare. Tu non hai problemi fisici che ti impediscono di
giocare bene a tennis, Rafa. Tu non avevi più voglia di combattere. Ma
tu sei Rafa, tu lotti! Hai visto che sei ancora capace? - torna a
sorridere, davanti a me, senza ancora toccarmi.
Mi mordo il labbro sconvolto, scuoto la testa e lascio che le lacrime escano.
Poi mi appendo al suo collo lasciando andare tutta la paura che lui potesse davvero non amarmi più.
- Brutto coglione, non farlo più! - Lui mi abbraccia a sua volta e ride baciandomi la testa.
- Ti amo al punto da non poterti
permettere di rovinarti. Non sapevo più cosa fare. Ma del Rafa c’è
ancora, lo sapevo che c’era. Tornerai ad esserlo. Non importa cosa
vincerai e che posizioni avrai. Importa che tu torni a combattere per
le cose che vuoi. Vuoi una vittoria? Combatti! Ma veramente! Così come
combatti per noi. - Singhiozzo mentre lo stringo, mentre lui sorride,
mentre mi tiene forte a sé ed io lo stritolo.
- Ce la farò. Tornerò. Non so
quando, non so come, ma tornerò a giocare così. Tornerò a perdere solo
perché il giocatore ha giocato meglio di me ed era più forte, non
perché io mi sono arreso. Tornerò a vincere. Tornerò. E lo farò per te.
Ogni vittoria, sarà per te. Sempre. -
Mi prende il viso fra le mani e ci guardiamo, anche lui ha gli occhi lucidi, sorride fiero.
- So che lo farai. Ti aspetterò per la lotta del primo posto, un’altra volta. - Sorrido anche io fra le lacrime.
- Mi basta tornare a divertirmi
giocando a tennis. Mi basta essere quello che lotta in campo e non si
arrende mai. Mi basta questo. - Nole mi bacia dolcemente.
- Tornerai. Vedrai che sarai di nuovo là. -
- E lo farò per te. - Rispondo baciandolo io a mia volta. - Ti amo. - Nole sorride fra un bacio e l’altro.
- Ti amo anche io. Ti amerò sempre. - Ed oggi una volta di più me l’ha dimostrato.
Io salvo te e tu salvi me. Il
miracolo che continueremo a ripetere ogni giorno delle nostre vite, non
importa in che condizioni, ma noi lo faremo.
Sempre.”