NOTE:
non potevo evitarlo. Scrivendo Saluti mi son detta che quella era la
fine ebbene mi sbagliavo. Ho visto la partita dell’Udinese contro
l’Arsenal da buona Udinese che sono e alla fine (con mio zio che quasi
piangeva dalla disperazione per l’eliminazione) in camera ho
aperto il pc ed è venuta come da sola… si perché la delusione c’è stata
ed è stata enorme e a questo punto chiunque si consola a modo suo. Ma a
volte il prevedibile diventa imprevedibile… che posso dire? Io sono io
e la tentazione di fare ciò nonostante tutto è stata troppo grande…
così mi sono impantanata da sola ( e dire che mi ero ‘spantanata’ con
tanta fatica ed abilità!! Ora come ne esco? Mah… ). Spero che comunque
vi piaccia.
Come
sempre niente di pretenzioso, comunque. Solo una specie di sfogo a modo
mio.
Grazie
a chi legge e commenta.
Buona
lettura. Baci Akane
PS: cliccate sul titolo della canzone per ascoltarla leggendo...
DELUSIONI
Ci
aveva creduto.
Ci
aveva creduto davvero e così come non mai.
Forse
proprio per questo ora gli bruciava, ma era più un nodo enorme alla
bocca dello stomaco, un nodo che prendeva tutto l’esofago fino in gola
e gli impediva di parlare, respirare a stento e di fare espressioni.
Era
una pietra e lo era stato anche per tutto il tempo successivo alla
partita persa e alla conseguente squalifica.
Era
stato come una statua di marmo, rigido, duro, inscalfibile.
Chiunque
lo guardasse rabbrividiva capendo che non stava bene ma soprattutto che
era sull’orlo di uno scoppio e quando uno così scoppiava erano guai per
chi gli stava accanto.
Dopo
aver capito che non avrebbe parlato, lo lasciarono in pace e sopportato
le conseguenti interviste del post partita rispondendo a stento alle
solite domande di rito che gli erano parse torture, sgusciò via dallo
stadio e dalla squadra, via da tutto e da tutti, anche dalla famiglia
che lo aspettava a casa pronta per tirarlo su e consolarlo.
Non
era facile per lui quel momento, non lo era perché quando erano passati
ai preliminari, a giugno, ci aveva creduto così tanto di potercela fare
che ora affrontare quella squalifica era per lui impossibile. Specie
perché si ostinava a sforzarsi come un matto di bloccare tutto. Non
voleva far uscire alcuno sfogo. Molti dei suoi compagni avevano pianto,
quelli che avevano combattuto con lui l’anno precedente per arrivare
fino a quel punto. Molti si erano arrabbiati. Tutti avevano fatto
qualcosa tranne lui, il capitano.
Persino
le parole del mister non gli erano state d’aiuto.
Quello
che sapeva era che non voleva vedere nessuno, stare con nessuno ma
soprattutto sentire nessuno.
Specie
uno in particolare.
O
forse era per assurdo l’unico che avrebbe voluto accanto in
quell’istante.
E
lo era davvero visto che non si trattava di sua moglie, come sarebbe
dovuto essere, ma di un ormai ex compagno con cui aveva lottato
enormemente per arrivare a quei preliminari di Champions.
Sospirò
frustrato dopo mezz’ora di guida a vuoto per la città, ormai era buio e
il caldo nonostante la notte gli dava la sensazione di soffocamento.
L’umidità
di Udine era quasi leggendaria in tutta Italia, ma sembrava non sentire
nulla. Di fatto non aveva nemmeno acceso il condizionatore in macchina.
Continuò
a guidare a vuoto per le vie che circondavano la città, quelle più
deserte, fino a che il cellulare gli squillò.
“Strano
che suoni solo ora…” Si disse ironico prendendolo in mano. Prima di
vedere chi fosse pensò che sua moglie ormai sapeva come funzionavano
queste cose, per questo andavano d’accordo. Sapeva quando era il caso
di lasciarlo per conto suo. Dunque chi poteva essere che non sapeva
stare al proprio posto?
Quando
vide il nome nel display quasi non gli venne un colpo. Piantò una
frenata da capogiro e l’auto sbandò per un po’, poi si fermò al bordo
della strada deserta ed isolata.
Continuò
a squillare insistente nonostante non gli avesse ancora risposto,
quindi allibito, sconvolto e scosso rispose. Non nascose la sua
titubanza.
-
Alex?! - Chiese incerto se fosse davvero lui.
Dall’altro
capo del telefono la sua voce chiara ed inconfondibile con quel
delizioso accento spagnolo gli diede conferma che era davvero lui.
-
Totò? - Non lo chiamava quasi mai così perché era un diminutivo che
nella sua lingua non si usava per il suo nome, quindi non era mai stato
un soprannome spontaneo. Per un attimo dunque credette che non fosse
lui, per questo ed anche perché non aveva il solito tono allegro e
spensierato di sempre.
Non
squillava come al solito.
Silenzio.
-
Sono io, Alexis… - Disse poi credendo che si fosse dimenticato di lui.
Non sarebbe mai stato possibile. All’ancora silenzio dell’altro,
chiese: - Ma ci sei? -
Antonio
fece decisamente fatica a riprendersi dallo shock e ancora non ci era
riuscito molto bene, ma capendo che era davvero il suo ex compagno,
Alexis Sanchez, rispose ancora boccheggiante per un attimo proverbiale
dimentico di tutto.
Ma
proprio tutto tutto.
-
Sì, più o meno… mi hai sorpreso! Non mi aspettavo una tua chiamata! -
-
Dove sei? - Questa domanda gli diede la facoltà di riprendersi. Che gli
importava di dove fosse? Quello era a Barcellona…
Senza
pensarci rispose automaticamente, preso dalla sorpresa:
- A
guidare per stradine fuori Udine… - Dall’altro capo sentì Alex fare uno
strano verso, come di chi si immaginava la risposta, poi disse serio:
-
Di preciso? -
Ma
che diavolo gli importava? Non capiva proprio ed appunto per quello
rispose senza rifletterci, convinto che fosse rimasto pazzo come se lo
ricordava. Oltretutto non aveva voglia di polemizzare, non l’aveva mai
fatto e non avrebbe cominciato certo ora!
Gli
disse dove era e Alexis lo stupì ancora con quella sua capacità che
l’aveva sempre caratterizzato.
-
Ah, non sei lontano dalla mia vecchia casa… è ancora libera, ti va di
venire un attimo? - Antonio ormai era convinto di avere le
allucinazioni uditive.
Stava
delirando?
-
Cosa stai dicendo? -
-
Orco can, Totò, va bene che sei fuori fase per la partita, ma così
rincoglionito non ti ricordavo mica! Raggiungimi alla mia vecchia casa,
sono lì che ti aspetto, muoviti! - Antonio non ebbe il tempo di
prendersela per il ‘rincoglionito’ e nemmeno per il tono poco
rispettoso e scanzonato, ci rimase direttamente secco per il concetto
appena appreso ma non riuscì a dire niente che l’altro aveva già messo
giù il telefono.
Rimase
a guardare il cellulare inebetito mentre si ripeteva che Alexis era lì
a Udine, dopo di che impallidendo si rese conto di aver guidato
involontariamente fin quasi a casa sua.
No,
la piega che stava prendendo quella notte non andava per niente bene ma
nonostante questo con una sgommata riaccese la macchina e partì a razzo
verso la destinazione appena ordinata.
Una
destinazione che evidentemente era scritta da qualche parte…
Quando
giunse a casa sua non erano passati molti minuti, ci mise meno di quel
che avrebbe dovuto e Alexis aveva appena trovato delle candele in
alternativa alla torcia elettrica.
Introdursi
in casa propria non era stato difficile, nonostante non avesse più le
chiavi ricordava tutti i metodi per entrare viste le molte volte che
era rimasto chiuso fuori, sbadato com’era!
Antonio
arrivò e lui uscì con un gran sorriso, dimentico per un momento della
pesantezza che avrebbe dovuto accompagnarli ma soprattutto della
partita più importante per il suo amico finita pessimamente.
Dimenticò
ogni cosa anche lui e con quel suo famoso sorriso, appena lo vide giù
dall’auto gli saltò al collo e lo agguantò come un koala, come solo
qualche mese prima succedeva spesso. Come se non si fossero lasciati
nel peggiore dei modi.
Antonio
sentendoselo addosso l’abbracciò di riflesso nelle sue stesse
condizioni. Ogni cosa sfuggita di mente e di mano, solo quel deja vu
sensazionale dove gli era sembrato di tornare indietro a quando erano
felici insieme ed andava tutto bene.
La
prima sensazione positiva della serata.
E
forse di un paio di settimane.
-
Ma che ci fai qua? Non dovresti essere a Barcellona? -
Chiese
facendo appello alla logica.
Alexis
si staccò a malincuore dalle sue braccia e prima di trascinarselo
dentro, rispose alzando le spalle semplicistico e con gran faccia tosta:
-
L’altro ieri abbiamo giocato l’amichevole in Italia col Napoli, siccome
ci sono saltate un paio d’altre e che in Spagna siamo in sciopero con
la Liga, avevo dei giorni liberi e con quella di sbrigare un paio di
faccende ho fatto un salto a vedere la partita più importante di
quest’anno! -
Non
si fece il minimo problema ad ammettere che lo era e tanto meno che
aveva fatto il lavativo per vedersi una partita della sua vecchia
squadra. Che lui sapesse nessun giocatore che poi se ne andava lo
faceva. Tanto meno che andava in una grande squadra con un ingaggio
incredibile!
-
Tu sei matto! - Rispose al volo Antonio finendo addirittura per ridere
come ai vecchi tempi, prima dei loro problemi. La risata dell’altro
l’accompagnò in casa, mentre se lo trascinava come niente fosse.
Davvero
non ricordava come si erano lasciati male?
Antonio
era completamente fuori di sé, nella confusione più totale e non capiva
più nulla. Vuoi per la bruciante delusione per la partita, vuoi per i
ricordi burrascosi legati a lui, vuoi per il rivederlo lì.
Stupito
dell’atmosfera che grazie alle candele si respirava nell’appartamento
completamente arredato come l’aveva lasciato, si fermò irrigidendosi e
Alexis si girò per guardarlo e vedere cosa avesse. Dedusse l’ovvio e
rispose con la sua famosa parlantina e quel delizioso accento spagnolo
che faceva impazzire Antonio.
-
Sono abusivo, sì, ma tanto non c’è anima viva qua ancora e non facciamo
male a nessuno. Non volevo rischiare di farmi beccare in giro, è solo
per qualche ora con te. - Captò in pieno l’attenzione nei suoi
riguardi, attenzione che era tale senza alcuna malizia o doppio senso
dietro, candido com’era.
Sapeva
che il suo umore era a livelli tenebrosi e che andare in posti di terzi
sarebbe stato impensabile, cercando dunque qualcosa di tranquillo dove
stare soli ed in pace alla fine era venuto fuori quello. Casa di
Antonio era naturalmente fuori discussione, così come l’albergo in cui
pernottava il cileno.
-
Purtroppo non c’è luce, è tutto staccato, ma sapevo di aver lasciato di
quelle candele che vengono in omaggio con… - Antonio lo fermò con un
gesto della mano, sapeva che se l’avesse lasciato fare avrebbe
continuato all’infinito e oltre, la sua loquacità era famosa e da un
lato era contento di sentirla… significava che era riuscito a mettere
tutto da parte e che riusciva ancora a vederlo in amicizia come un
tempo. Per lui era una cosa importante che non aveva affatto dato per
scontato.
Si
sedettero nel divano da cui avevano tolto il lenzuolo bianco, quindi
evitando i soliti convenevoli, Alexis andò subito al punto com’era nel
suo stile.
Una
specie di freccia che centrava subito prepotentemente e precisa il
bersaglio senza usare filtri di alcun tipo.
Era
lì per quello e di quello avrebbe parlato.
-
Mi dispiace per stasera… so quanto era importante per te… -
Naturalmente per tutta la squadra ma era consapevole che per lui lo era
anche di più, per diversi motivi.
Antonio
si incupì repentinamente e ad Alexis si strinse il cuore chiedendosi
cosa avrebbe potuto fare per lui. Vide i suoi occhi farsi neri come la
pece e lo sguardo abbassarsi nelle candele piccole senza vederle. La
luce arancione che li illuminava rendendo l’atmosfera intima e
piacevole non aiutava di certo, gli dava ancor di più un’aria
malinconica.
-
Lo era molto in effetti… - ammise più a sé stesso. Solo dopo averlo
detto si rese conto che era la prima volta che diceva veramente
qualcosa a riguardo del pessimo risultato raggiunto e sentendo il nodo
tornare incombente e pericoloso, si turbò ulteriormente. Non poteva
significare niente di buono.
Alexis
prendendo quell’espressione come un dolore aggiunto per l’argomento,
gli strinse istintivo il braccio e dispiaciuto disse piano:
-
Non sai quanto avrei voluto essere in campo ad aiutarti… - Si agganciò
a quello per evitare di finire sullo specifico della partita, cosa che
non avrebbe forse retto.
-
Ma perché non mi hai detto che eri qua a guardarci? -
Alexis
si strinse nelle spalle senza togliere la mano dal suo braccio.
-
Non volevo disturbare… - Antonio sgranò gli occhi dimenticando per un
istante l’argomento partita.
-
Tu che pensi di disturbare? Questa è proprio bella! Cos’è, l’aria di
Barcellona che ti fa delirare? -
Alexis
accennò ad una risata, poi si ammosciò quasi con impaccio:
-
No, ma sai… non ci eravamo lasciati proprio bene e facendomi vivo prima
di un momento così delicato ho pensato che ti avrei distratto troppo…
volevo rimanessi concentrato sulla partita… - Era vero, l’aveva fatto
esattamente per questo e Antonio pensò che questo sì che invece era da
lui. Si consolò realizzando che era rimasto sempre quello, poi stanco
di filtrare ogni pensiero e ragionamento, cominciò a parlare senza
riflettere, così come gli veniva. Era davvero a terra, oltre che a
pezzi.
- E
come mai ora invece ti è sembrato il momento giusto per farti vivo? -
L’idea che fosse per pietismo o simili era bruciante, ma voleva sapere
quale strano ragionamento avesse fatto la sua testa. Voleva saperlo
prima di tuffarsi in quei maledetti ricordi di settimane prima.
Appoggiata
la testa allo schienale si tirò su un ginocchio sul divano, mentre
l’altro rispose facendo scivolare la mano dal braccio alla caviglia
alla sua portata. Il punto in cui lo toccava, bruciava.
-
Perché sapevo che saresti stato da raccogliere con un cucchiaino e che
ti saresti isolato. Perché volevo assolutamente esserci per questo
momento, nonostante com’è finita. -
E
qua, come previsto da entrambi, i ricordi prepotenti e quasi drammatici
tornarono come un pugno allo stomaco.
La
grande gioia di arrivare ai preliminari di Champions, le speranze, le
aspettative, la gioia, la richiesta di Antonio ad Alexis di rimanere
con lui all’Udinese, il suo bacio inaspettato e impulsivo, lo shock, la
crisi, la sparizione, la chiusura, la sua decisione di andarsene al
Barcellona, il suo lasciarlo senza una parola, la conseguente litigata
furiosa, la dichiarazione in pieno stile Alexiniano, il bacio, le
lacrime, il dolore, i drammi, il lasciarsi definitivamente e male, più
male che mai.
E
la consapevolezza che Antonio era stato tanto felice di approdare ai
preliminari proprio per la convinzione che con Alexis ce l’avrebbero
fatta a superarli. Quell’idea granitica che con lui il sogno si sarebbe
realizzato. E la perfetta storica colossale delusione che, proprio come
previsto, senza di lui non ce l’aveva fatta.
Magari
non per la sua sola mancanza, ma sicuramente era stato un gran
contributo, ne era certo lui come tutti gli altri.
Solo,
l’aveva lasciato solo e di certo non era davvero così ma lì, ora come
ora, in quell’istante specifico Antonio era proprio così che si sentiva.
Come
uno che era stato lasciato solo dal suo compagno più importante. Quello
col quale aveva sperato fino in fondo.
E
gli venne fuori tutto, ogni cosa faticosamente repressa, quel famoso
nodo straripò con la maschera di marmo che gli si scioglieva. Forse
realizzando che era tutto finito e che avevano perso. Forse realizzando
ogni cosa solo ora.
Le
lacrime cominciarono a sgorgare anche dai suoi occhi come da quelli di
molti dei suoi compagni, lacrime amare che silenziose rigarono le sue
guance.
Alex
si sentì male a guardarlo in quelle condizioni, sembrava piccolo, oltre
che stanco, ma leggergli quell’evidente delusione e quel dolore portato
dai ricordi a lui legati -ed era certo fosse così- era davvero
terribile, il suo pianto fu poi il colpo di grazia che lo mandò
completamente fuori dal seminato, cosa piuttosto facile per uno come
lui.
Voleva
fare qualcosa ma non aveva idea di che cosa potesse osare.
Era
la prima volta che se lo chiedeva pensando di non poter fare nulla per
lui.
Era
la prima volta che semplicemente non agiva e basta.
Non
osava fare ancora nulla ma al sussurro spontaneo e quasi esasperato di
Antonio con la voce spezzata ed un tono sfiniti, crollò ogni muro.
-
Mi hai lasciato solo, Alex… - Un mormorio quasi indistinto indice della
sua fragilità, della sua delusione e del suo dolore. Gli faceva male
vederlo così, gli faceva male sentirlo e soprattutto gli faceva male
quel suo sentimento così cristallino negli occhi bagnati così vicini ai
suoi.
I
propri sentimenti riemersero come uragani contenuti a stento in una
stanza troppo piccola.
Senza
pensarci, impetuoso come suo solito, si sospinse su di lui e
l’abbracciò carico di dispiacere e di un sentimento troppo grande per
essere domato, quindi Antonio si ritrovò cinto da lui con la testa
circondata dalle sue braccia e appoggiata sul petto.
L’aveva
preso e con forza e prepotenza se l’era attirato a sé senza chiedere o
avvertire.
L’aveva
solo fatto.
Antonio
dopo il primo attimo di sorpresa e shock si rilassò completamente. Del
tutto. Anche troppo.
Si
rilassò così tanto che nel trovare quell’assurdo conforto nel suo
corpo, in quel gesto che considerati i precedenti era fuori luogo, non
lo respinse ma vi si accoccolò meglio sistemandosi contro il suo petto
e continuando a piangere sommesso proprio come un bambino che aveva
perso qualcosa a cui teneva troppo.
-
Perdonami, ti prego perdonami… se fra noi le cose fossero andate
diversamente non avrei agito tanto istintivamente. Dio, non lo so… per
quanto ami il calcio e desideri far carriera, non sono uno che va
contro il proprio cuore, io ragiono con questo e non con la testa. Per
questo ho accettato impulsivamente la proposta e me ne sono andato. E
me ne sono pentito perché mi sei mancato e mi manchi ogni giorno e
vorrei solo essere stato in campo con te, stasera, ad aiutarti e poi a
soffrire con te, in caso. Ma con te. E non so come rimediare, non
posso, ormai è fatta. Posso solo accettare tutto questo e sperare che
queste mie braccia ti bastino. Vorrei solo che fosse tutto diverso, ma
non è così… -
E a
quello Antonio senza la minima previsione si ribellò. Nemmeno lui
voleva che le cose fossero andate così, nemmeno lui voleva accettarle e
basta, nemmeno lui voleva tutto quello e per una volta, in una sera
dove aveva dovuto digerire troppe cose brutte, cose troppo dure e
difficili, ad una di queste si ribellò e risalito il suo abbraccio, lo
baciò raggiungendo le sue labbra..
Alexis
l’accolse con stupore credendo di essere in uno dei suoi sogni, solo
quando sentì il suo sapore che ricordava tale e quale all’ultima volta
che si erano baciati, si sciolse e ci credette.
Capì
che qualunque fosse stato il miracolo, per quella notte poteva viverlo
e basta.
Perché
a nessuno importava di loro tanto quanto a loro stessi e nessuno poteva
sapere più cos’era il giusto e lo sbagliato.
Quella
notte volevano solo dimenticare il brutto e il negativo, volevano
sotterrare tutto ciò che di sbagliato era stato fatto e mettere da
parte ogni cosa ed andare ad istinto.
Istinto
soltanto.
E
l’istinto gli diceva di abbandonarsi e basta.
Quando
le loro lingue si intrecciarono, ogni cosa sparì ed un mondo
completamente diverso dal precedente si aprì loro.
Diverso
era anche dir poco.
Il
primo a muoversi oltre il bacio fu Alexis che impaziente di andare
finalmente oltre, non sapeva se potesse davvero osare. Era molto
combattuto ed il risultato fu una buffa ed insolita timidezza.
Con
le mani risalì ai lati del suo viso per poi ridiscendere sul collo, la
sensazione della sua pelle sotto le dita era ubriacante già di suo, non
poteva immaginare cosa sarebbe successo quando l’avrebbe assaggiata.
Rallentando l’impetuoso intreccio con la sua lingua, si concentrò sulla
sua maglietta, era leggera e non ci mise molto a stropicciarla per
appallottolarla sul petto. Voleva togliergliela ma non osava e ci
giocava senza toccarlo come si doveva. Fu per Antonio peggio di una
tortura greco-romana e per questo seccato prese il sopravvento
togliendosi da solo l’indumento. Lo sfilò da sopra la testa e lo fece
cadere distrattamente a terra.
Non
aveva esperienze di quel genere di cose, non sapeva bene come si
dovesse procedere anche se tecnicamente non doveva essere poi tanto
diverso da ciò a cui era normalmente abituato.
All’incirca.
Se
non che il soggetto con cui aveva a che fare a parte che essere un
ragazzo era Alexis, una creatura irruente e passionale capace di
bruciare un iceberg.
Quando
l’ebbe a torso nudo davanti a sé, Alexis si ricordò inevitabilmente di
tutte le volte che l’aveva visto nudo sotto la doccia negli spogliatoi
e si rese conto che a mancargli erano stati soprattutto quei momenti. I
classici momenti da spogliatoio.
Andato
in tilt non capì più niente e limitandosi ad agire e fare semplicemente
quello che aveva sempre desiderato da quando si era preso quella cotta
seria per lui, uscì dalla sua bocca scivolando con le labbra aperte
lungo la sua mascella.
Bevve
il sapore salato delle sue lacrime e giunse all’orecchio che fece suo
con disinvoltura mentre le mani l’esploravano sul torace, sui
capezzoli, sugli addominali, sulle spalle, sulle clavicole e poi
scivolavano sui fianchi per giungere sulla schiena e premersi su di
lui. I propri vestiti ancora li speravano ma sapeva sarebbero rimasti
lì ancora per poco.
L’assaggio
proseguì sul collo dove per poco non gli lasciò un segno troppo
visibile, fu il gesto di Antonio che gli fece capire non era il caso,
quindi tornato a separarsi il necessario, proseguì in basso con le dita
che già frugavano sotto l’elastico dei pantaloni corti della divisa
estiva ufficiale del club e poi oltre gli slip.
Quel
piacevole caos, quel calore esattamente lì, in quelle parti basse dove
lui lo toccava, quel contatto che ormai andava oltre la decenza e la
possibilità di smettere, riprendersi e tornare indietro.
Ormai
col nodo per il suo sogno infranto era uscito anche tutto il resto. Era
come se ogni se e ma fosse ormai possibile, come se volesse fare tutto
ciò che si era precluso perché semplicemente era lì e poteva, come se
volesse diventare tutto quello che si era sempre sforzato di non
essere. Come se facesse di proposito le cose sbagliate perché
dannazione pur sforzandosi tanto a fare quelle giuste, comunque andava
tutto storto ed il risultato era un dolore accecante che lo mandava
fuori di testa.
Non
sapeva cosa voleva di preciso da Alexis, né cosa provasse per lui.
Quando era stato sul punto di scoprirlo si era imposto di non trovare
risposte perché ormai non importava, ormai se ne era andato. Quindi
aveva sospeso ogni cosa.
E
forse una risposta avrebbe dovuto trovarla, invece.
Forse.
Il
piacere saliva provocato dal movimento deciso e crescente della sua
mano e quando gli ritrovò la bocca non gliela mollò trovandosi a
giocare con il suo labbro inferiore pieno e poi con la sua lingua. Lo
succhiò e Alexis con impeto crebbe d’intensità nel farlo godere su di
sé.
Era
estremamente piacevole anche solo quello, ma quando al limite
dell’orgasmo Antonio sussultò scosso, si fermò separandosi dal suo
inguine e dalla sua bocca impaurito dall’idea che non volesse più
andare avanti. Terrorizzato da un suo nuovo rifiuto. Oh, non l’avrebbe
retto…
In
risposta a ciò che lesse nei suoi grandi occhi espressivi, Antonio si
rilassò e con un lampo di follia nuova, gli prese i lembi della
maglietta e gliela tolse facendole fare la stessa fine della propria.
Fu
allora che lo spinse con la schiena giù, sul divano, e ricoprendolo
andò via via abbassandosi col capo assaggiando a sua volta la sua pelle
morbida e calda. Scendendo calmo con quella sete di scoprire tutto
quello che si poteva provare in un momento simile. Con quella voglia di
cancellare tutto ciò che era stato e mandare a quel paese anche il
futuro.
E
scese per bene, con le labbra e la lingua, fin dove aveva finito di
spogliarlo.
Ebbe
la sua erezione già eccitata nella bocca ed in poco la fece sua, sua
come sapesse già cosa fare, come se fosse una cosa usuale fra loro.
Alexis
si contorceva sotto di lui e gli spingeva il bacino contro il viso e
premeva le mani sulla nuca per attirarlo a sé nella ricerca di ancor
più contatto, un contatto folle, sempre più grande, sentito e profondo.
E
Antonio pareva ormai desideroso solo di accontentarlo, accontentarlo e
basta.
Perché
non gli faceva schifo come avrebbe dovuto e dunque non poteva che
pensare che lo volesse davvero e che andasse bene così.
Non
poté che abbandonarsi fino in fondo, in ogni modo lo si potrebbe fare.
Quando
Alexis si sentì vicino all’orgasmo si interruppe staccandoselo di
dosso, non voleva che finisse tutto così presto sebbene fosse uno
esuberante che bruciava le tappe.
Al
lamento di Antonio sorrise malizioso e si girò di schiena piegando le
ginocchia sotto di sé, si tenne su sulle mani e il messaggio fu quanto
mai chiaro.
Chiaro
ed eccitante, dannatamente eccitante.
Quella
richiesta così sentita e desiderosa mandava fuori di testa ogni uomo la
riceveva e per il compagno non fu diverso, anzi. Si sconvolse più di
chiunque altro perché nonostante lontanamente capisse che non doveva e
non andava bene, dall’altro ormai che c’era dentro e che aveva tolto
ogni catena, non era più in grado di pensare lucidamente e fermarsi.
Non
sapeva scindere il giusto dallo sbagliato come faceva sempre con rigore
ma percepiva solo il volere ed il non volere.
E
quello lo voleva dannatamente.
Come
forse non aveva mai voluto nessuno ancora.
Fu
così come completamente fuori di sé dopo averlo preparato con le dita e
la bocca e averlo sentito godere ulteriormente, scivolò ben volentieri
in lui con un sospiro da parte di entrambi che parve una liberazione
insperata.
Fu
una specie di lampo di luce che accecò entrambi e togliendogli ogni
senso ad eccezione del tatto, non si resero conto di sospirare e gemere
rumorosamente e presi, tanto meno di aver chiuso gli occhi o di essersi
messi in una posizione di suo tremendamente coinvolgente.
Antonio
lo prendeva da dietro tenendolo per i fianchi e con la testa
all’indietro dava spinte sempre più poderose sprofondando in quella
follia rossa e meravigliosa che era un godimento assoluto e totale. Un
piacere in grado di sbaragliare ogni delusione e sogno infranto, ogni
colpa e dolore. Tutto. Tutto quello che aveva vissuto di sbagliato
quella sera e quelle settimane.
Per
Alexis fu il paradiso, la realizzazione di un sogno insperato, un sogno
che avrebbe scommesso di non poter mai raggiungere. Fu la luce anche
per lui che chino in avanti si aggrappava al cuscino del divano e si
inarcava andandogli incontro nelle spinte, con la testa a sua volta
all’indietro e i gemiti sempre più forti.
Non
poteva crederci e forse era anche un sogno, ma se tale fosse stato, era
dannatamente realistico e piacevole.
Decise
di non svegliarsi in ogni caso e prendendosi tutto il seguito ed oltre,
raggiunsero entrambi l’orgasmo più liberatorio e sentito di quegli
ultimi tempi.
Una
tensione che li aveva divorati in una fusione perfetta ed il desiderio
esplose in un lampo accecante che li aveva bruciati e spinti oltre ogni
limite e consapevolezza.
Quando
lentamente tornarono a percepire i rispettivi corpi e si ritrovarono
abbracciati, sudati, ansimanti ed eccitati, Alexis si stese girandosi
di schiena, quindi si prese dolcemente Antonio fra le braccia e se lo
stese addosso senza chiedere e cercare di capire se anche l’altro
volesse.
Quando
se lo sentì accoccolato sopra capì che aveva fatto bene.
Era
bello sentire entrambi i loro battiti andare impazziti ed insieme, così
come la pelle bollente che palpitava ed il sapore stesso che emettevano.
Ma
fu ancora più bello quel bacio che Antonio cercò alla fine di tutto.
Unì le loro labbra e rimase per un istante così, con gli occhi chiusi
ad assaporarsi quel gusto estremamente dolce e sconvolgentemente
consapevole.
Dopo
di che si trovarono anche con le lingue in qualcosa che continuò ad
essere delicato ed appropriato, quindi senza osare usare una sola
parola di cui avrebbero avuto il terrore, specie perché a quel punto
tutte sarebbero state sbagliate, si accomodarono meglio l’uno
sull’altro e semplicemente continuando a sentirsi fino in fondo ed in
ogni modo possibile, si addormentarono sereni senza più alcun
turbamento ed angoscia.
Ormai
quello che si erano dati tanta pena per bloccare, aveva avuto inizio.
FINE