NOTE: legatemi quando mi viene in mente di scrivere cose simili, porca vacca! Ormai l’ho fatta e ve la beccate anche perché me la sono beccata io quando me la sono riletta e sul finale mi sono commossa, quindi siete tutti avvertiti… se io mi sono commossa a rileggere quello che una settimana fa ho scritto io stessa, voi tutti potete preparare i fazzoletti! Allora… presente il trasferimento di Sanchez al Barcellona? Ecco… quando ha firmato, la sera, io ho scritto ciò. Quindi sapete cosa aspettarvi.
Mentre cercavo di capire come potessi andare avanti in questa mini serie e districarmi dalla loro intricata situazione, loro due hanno fatto tutto da soli, nella realtà, ed hanno deciso per me.
Che tristezza… perché te ne sei andato, Alexis? Proprio al Barcellona, poi!
Pazienza, ormai i giochi sono fatti e la vita va avanti… si consolerà in qualche modo!
Buona lettura… sig…
Baci Akane
PS: cliccate sul titolo della canzone, aspettate qualche secondo e leggete ascoltandola...

SALUTO

/So far away - Avenged Sevenfold/
C’è un momento in cui devi scegliere, non puoi proprio sottrarti.
Quel momento prima o poi arriva e che tu sia pronto o no, che tu lo voglia o no, devi farlo.
Allora tanto vale cercare di prepararsi e rifletterci quanto più si può.
Alexis l’aveva fatto, forse troppo in abbondanza.
L’aveva fatto così tanto che, effettivamente, doveva essere finito per non capirci più niente.
Era partito con quello stato d’animo, per l’Argentina, a giocarsi la Coppa America.
Con la testa piena di pensieri confusi, tutti riguardanti il suo compagno di squadra e capitano, Antonio.
Era partito senza una conclusione effettiva con lui, dopo quel bacio rubato, un bacio che veniva da una consapevolezza piuttosto certa di ciò che provava per lui e da un’altrettanta che gli faceva sapere che non poteva essere ricambiato e mai sarebbe stato.
Volando verso l’Argentina e raggiungere la Nazionale Cilena, si era detto che aveva fatto la cazzata più grande dell’universo e che se era fortunato, Antonio lo considerava come un figlio o un fratellino minore.
Come una litania, per tutto il tempo che era stato coi suoi connazionali a cercare di conquistare una Coppa prestigiosa, non aveva fatto che darsi dell’idiota per quel colpo di testa. Era stato come sempre precipitoso e l’avrebbe pagata.
Ora sicuramente Antonio non l’avrebbe più guardato come prima, non sarebbe più riuscito a stare con lui, a parlargli e a trattarlo normalmente… aveva rovinato tutto. Non poteva che convincersene giorno dopo giorno.
Il resto, ovvero le trattative varie legate alle proposte per comprarlo e cambiarlo di squadra, gli erano rimaste lontanissime anni luce. Era sempre stato informato su tutto ma non aveva mai detto la sua, non una parola a riguardo se non un generico ‘mi basta giocare a calcio’.
Ora non era più ‘se andiamo in Champions rimango all’Udinese’.
Lentamente il caos l’aveva fatto deragliare e a pagarne le conseguenze era stato anche un po’ il suo gioco, non era riuscito a fare le stesse magie che aveva saputo fare durante l’anno, con il club.
Con Antonio.
Ed ora stava tornando a casa a bocca asciutta.
Casa.
Poteva dire di averne una?
A Udine si era trovato bene ma perché si era trovato bene coi suoi compagni, con LUI.
Ora che aveva rovinato le cose con quello che contava di più cosa pensava di fare?
Anche se… anche se, in fondo, non era nemmeno quello il vero problema.
Quello che lo tartassava maggiormente era proprio l’idea di non avere più la stessa complicità con Antonio che aveva prima, e tutto per il proprio precipitoso modo di essere.
Forse andando avanti non gli sarebbe più bastato giocare con lui ed essergli amico. Quel rapporto bellissimo, prima o poi, non gli sarebbe comunque più stato sufficiente.
Per questo una volta arrivato a Udine si era deciso a dare la sua risposta definitiva alla grande trattativa in corso, ormai praticamente fatta.
L’unica cosa che era mancato era il suo sì.
A quel punto, convinto di non avere più le famose condizioni per stare lì dov’era e soprattutto di aver rovinato ogni cosa -ogni cosa contasse davvero per lui-, l’aveva detto, quel maledetto ‘sì’.
L’aveva detto.
Ed una volta fatto e firmato aveva capito quanto non potesse più tornare indietro. Poi, come ogni cosa che faceva precipitosamente, dopo averla fatta se ne era pentito.
Quando la notizia certa ed ufficiale si sparse a macchia d’olio e raggiunse Antonio, questi era in ritiro con l’Udinese in vista dei preliminari di Champions che avrebbero giocato ad Agosto.
Che Alexis se ne sarebbe andato al Barcellona si sapeva, avevano detto tutti.
Lui stesso aveva annuito vagamente consapevole che lasciandolo andare in America per la Coppa, poi, al suo ritorno, le cose non sarebbero più state come prima.
L’aveva sentito dentro, quando dopo quel bacio confuso e precipitoso non l’aveva più visto. Non c’era stato verso di incontrarlo, Alexis si era defilato ed aveva anche smesso di rispondere alle sue chiamate e ai messaggi.
Sicuramente si era pentito di quel gesto stranissimo che non era ancora stato capace di interpretare come si doveva, ma perché non dirglielo per mettere le cose a posto?
Ci era rimasto più male per quella sua assenza assoluta e quel suo scappare da lui, che per il bacio in sé.
Poteva aver avuto mille motivazioni, persino una semplicissima cotta avrebbe accettato. Non gli era interessato il perché o il fatto che l’avesse fatto, ma solo che non ne avesse proprio parlato.
Ora a quella delusione si aggiungeva la notizia che aveva effettivamente firmato e che se ne andava.
Sicuramente tutti l‘avevano saputo dall‘inizio, specie quelli della squadra stessa.
Figurarsi.
Alexis al Barcellona… era un’opportunità grandissima e senza precedenti per un giocatore dell’Udinese.
Per tutti quei soldi, poi…
El Nino Meravilla se ne sarebbe andato.
Forse ripeterselo gli avrebbe reso più reale la notizia che non riusciva proprio a digerire e non nel senso che non gli piaceva e non gli andava giù, bensì nel senso che non riusciva a rendersene davvero conto.
È che aspettava ancora un chiarimento.
Aspettava ancora che rispondesse alle sue chiamate e gli dicesse perché l’aveva baciato e che comunque tutto sarebbe tornato a posto fra loro… aspettava ancora che tornasse…
E non c’erano mai state promesse, niente che potesse rinfacciargli in un possibile incontro. Non gli aveva mai detto ‘giuro di tornare’. aveva solo detto che probabilmente se fossero arrivati alla Champions sarebbe rimasto. Il punto era anche che a conti fatti non ci erano di diritto, erano ai preliminari, nulla di sicuro.
Non aveva proprio niente da rimproverargli, anche perché chi al suo posto non avrebbe accettato un’opportunità simile?
Sarebbe potuto crescere in un modo che forse lui si sarebbe sognato, nonostante non rimpiangeva mai la sua scelta di rimanere lì dov’era, dove stava bene, dove riusciva a giocare al suo massimo e a conquistarsi i titoli di capo cannoniere.
Non erano quelli che lo interessavano, ma solo sentirsi realizzato nel fare ciò che voleva.
Voleva giocare a calcio.
Lì a Udine ci riusciva bene e volava, volava davvero. Aveva provato la nazionale e aveva visto come una squadra più grande e giocatori di un calibro lo inibissero.
Non voleva finire come tutti gli altri suoi predecessori che andandosene dall’Udinese in squadre più grandi non avevano più fatto niente.
Non voleva rischiare di affossarsi.
O forse non voleva perdere un sicuro angolo di Paradiso.
Lì era felice, aveva tutto quello che voleva.
Ma lui era una persona semplice che guardava anche oltre il lavoro e la carriera.
Non tutti erano così.
Alexis non lo era e questa diversità abissale li avrebbe separati.
A questo pensiero lo stomaco gli si prese in una morsa nauseante che lo costrinse a fermarsi dall’allenarsi.
Impallidito capì che quella separazione era reale e definitiva e che gli stava facendo male. Un male che non avrebbe mai immaginato ed in un modo che ancora non sapeva comprendere, ma che c’era.
Liquidatosi con un ‘non sto bene’, era uscito dal campo e si era chiuso negli spogliatoi, poi, da solo per l’ora successiva, si era deciso.
“Che parta pure, chi lo trattiene? Ma se pensa di scappare in questo modo dal nostro chiarimento si sbaglia! Sono una persona semplice, accomodante e pacifica… ma non mi prendono in giro. Tutti hanno un limite. Ognuno si deve assumere le responsabilità delle proprie azioni. Anche lui.”
Questo era Antonio Di Natale.
Una persona tutta d’un pezzo, corretta fino allo sfinimento e fissata con maturità e responsabilità.
Sciocchezze ormai poco considerate da molti…

Stava facendo le valigie ed impacchettando le proprie cose, quando il campanello suonò.
Pensando che fosse il suo agente con le ultime direttive riguardo anche l’addio al club, cosa che decisamente era combattuto se fare o meno visto che sperava vivamente di poter volarsene a Barcellona senza nessun addio pesante -che lui odiava con tutto sé stesso ma in special modo quello per una persona in particolare-, aprì la porta.
Era tutto sudato e vista l’alta temperatura ed i lavori forzati era anche a torso nudo con un paio di comodi pantaloncini corti di tuta.
Complessivamente non un brutto vedere.
Rimase di sasso quando si trovò davanti l’ultimo viso che avrebbe pensato di vedere.
O sperato di non vedere.
- Antonio?- Chiese incerto. Magari aveva lavorato troppo ed il caldo gli aveva dato alla testa!
Normalmente Antonio avrebbe fatto una battuta spiritosa e sarebbe entrato senza aspettare permessi, invece sorprendendo Alexis e con un’espressione seria e cupa che non aveva di certo mai avuto, disse:
- Posso entrare? -
Il giovane cileno si spostò di lato senza nemmeno accorgersene e si sconvolse di non avere il minimo istinto. Normalmente era mosso esclusivamente da quelli, specie se si trattava di Antonio.
Fermo immobile e silenzioso, l’osservò entrare sentendosi più simile ad un baccalà che ad una persona.
Si sentì effettivamente un grosso imbecille e quando se lo disse si ricordò di tutti i suoi molti tentativi per evitarlo… ed ora se lo ritrovava in casa!
- Cosa… cosa succede? - Chiese come se non potesse arrivarci.
Alexis quando ci si metteva era il re delle domande idiote!
Antonio infatti con durezza che non era per niente tipica sua, rispose fermandosi in mezzo al soggiorno spazioso e piantandosi le mani ai fianchi:
- Io?! Perché non me lo dici tu? Mi pare che ti sei dimenticato di dirmi un paio di cose, in questi ultimi mesi… non sono io quello a cui succede qualcosa, sai? -
Ora Alexis aveva solo una cosa da fare.
Affrontare quella verità da cui era scappato con molto impegno. Nemmeno per segnare ce ne metteva tanto, doveva ammetterlo.
Per lui segnare era naturale, andare contro ai propri istinti no di certo.
Impallidì nel vederlo così arrabbiato ed era chiaro che lo fosse. Non urlava ma era estremamente tagliente e severo e non escludeva che sarebbe potuto peggiorare.
Cominciava ad avere un serio timore di lui e si ricordò quello che dicevano tutti di lui ‘evita di farlo arrabbiare, ti conviene!’
Era tanto buono e paziente ma se perdeva la testa diventava… cosa? Non l’aveva mai visto e dire che diventava una bestia gli sembrava la cazzata del secolo.
Antonio cattivo ed infuriato non gli appariva nemmeno nei suoi sogni.
Inghiottì a vuoto e rimase immobile poco più in là della porta d’ingresso.
Volendo sarebbe anche potuto scappare, ma all’idea si sentì ancora più idiota.
“Ora basta, bisogna affrontare i propri casini! Ne ho fatti abbastanza!”
Si fece forza e alzò gli occhi sui suoi, lo fissava diretto e nero come la pece, era strano vederlo in quelle condizioni e il nodo allo stomaco crebbe. Improvvisamente si ricordò che non lo vedeva da quella sera allo stadio, quando l’aveva precipitosamente baciato.
- Hai ragione… vado a Barcellona senza dire niente a nessuno… ma sapevo che la notizia sarebbe comunque arrivata…-
Ma a questo l’espressione di Antonio divenne di pietra e Alexis imprecò mentalmente:
“Brutto idiota che non sei altro! Piantala di dire cagate o ti uccide!”
Questa volta cominciò a pensarlo davvero, che potesse farlo fuori; a giudicare dal suo sguardo rovente poteva anche sembrare.
Carboni ardenti.
No, decisamente quello non era il suo Antonio buono, gentile e paziente!
- E non pensavi di dovermela dire di persona prima che mi arrivasse per terzi? - Chiese con un tono basso e penetrante di chi tratteneva a stento lo scoppio.
Si sforzava di non muoversi per non essergli troppo vicino e non avere la tentazione di torcergli il collo, voglia che sentiva sempre più persistente.
Quel ragazzino immaturo ora stava tirando fuori tutta la sua stupidità!
Alexis ingoiò, la tensione cominciava ad ucciderlo, cosa doveva fare? Cosa doveva dire?
Non era un asso in quel genere di cose… parlare… no, lui preferiva agire, solo che ora doveva proprio parlare.
- Ecco… sì, immagino di sì… - Non sapeva proprio come fare, si rendeva conto di irritarlo sempre di più, ma non gli veniva niente da dirgli.
Continuava a ricordare il bacio, le sue labbra sulle proprie, la sua lingua… e la domanda che lo tormentava ogni volta che ci pensava.
Perché quella sera aveva ricambiato?
Era stato ubriaco?
Qualche bottiglia di spumante era stata stappata, erano stati slavati come di rito… poteva essere che magari non fosse stato in sé. Ma magari invece sì.
Una domanda che premeva sulla punta della lingua per uscirgli e che però non osava fare perché altrimenti poi avrebbe dovuto dire la sua.
Perché l’aveva baciato?
A questo però Antonio non ci vide più e avvicinandosi pericolosamente a lui, gli fu davanti di pochi centimetri, quindi minaccioso e ormai liberamente arrabbiato, ringhiò sempre continuando a stringersi i fianchi.
- E non immagini nemmeno di dovermi delle spiegazioni? -
La tentazione di fare il falso ingenuo fu enorme, lui in effetti lo era veramente, solo che adesso era evidente il discorso ma fra la strada difficile e quella facile tentò istintivamente ed incoscientemente quella facile. Puro spirito di sopravvivenza.
- Del tipo? -
Apriti Cielo!
Se fino a quel momento Antonio si era mantenuto con un certo controllo per il suo carattere puramente pacifico, lì non resistette più e allargando le braccia con uno scatto di nervi che ancora comunque tentava di trattenere, gridò.
Non gli aveva mai gridato contro.
- ALEXIS, MI HAI BACIATO E POI NON TI SEI PIU’ FATTO VIVO ED ORA TE NE STAI PER ANDARE A BARCELLONA COME NIENTE FOSSE, SENZA DIRMI NULLA! NON PENSI DI DOVERMI UNA SPIEGAZIONE PER QUEL DANNATO BACIO? -
Alexis andò completamente in tilt. Vuoi per le sue urla che non aveva mai ricevuto, vuoi per l’argomento, vuoi per il doverne parlare, ma cadde in uno di quegli stati precipitosi dove non riusciva più a ragionare e finiva per agire e basta.
Proprio come quella volta che, per l’appunto, l’aveva baciato.
- CAZZO, ANTONIO, SONO INNAMORATO DI TE E PER COSA MAI DIAVOLO AVREI DOVUTO BACIARTI SE NON PER QUESTO? MA E’ OVVIO CHE TI TOLGO DAL CASINO ANDANDOMENE! SEI SPOSATO E AMI TUA MOGLIE, CHE CAZZO DI POSTO PUO’ ESSERCI PER ME QUA? NON SONO MASOCHISTA! VOGLIO ANDARMENE, DIMENTICARE E RICOMINCIARE, PORCA PUTTANA! NON BACIO I MIEI COMPAGNI DI SQUADRA PER SPORT, PER QUELLO GIOCO A CALCIO, MERDA! -
Si trovò col fiatone ed il cuore che scoppiava nel petto, così si rese conto di aver gridato a sua volta e di essersi affondato le unghie nelle guance per rimanere saldo in sé. Un gesto di dissennatezza in effetti, più che di sanità.
Antonio si trovò completamente sbaragliato poiché tutto si sarebbe aspettato, anche che scherzasse per togliersi dagli impicci, ma non che poi gli gridasse una cosa simile.
Si era preparato ad ogni evenienza, anche ad un ‘era una piccola cotta ma ora mi è passata, quindi vado avanti’, oppure a ‘ero ubriaco’, o ‘non è stato niente, non farci caso’.
Persino a questo.
Ma ad un ‘sono innamorato di te’, no. No, perché era una cosa più grande di tutte le altre. Per lui lo era e a quanto pareva anche per Alexis stesso.
Vedendolo farsi male, la prima cosa che gli venne istintiva fare fu prendergli le mani e strappargliele dal viso, dopo di che notò i suoi occhi pieni di lacrime e il cuore gli si strinse.
Era più forte di lui.
Ad un certo punto davanti a certe dimostrazioni di fragilità si scioglieva all’istante e non ce la faceva più ad essere arrabbiato.
Non che non lo fosse più, ma si smontò completamente e si lasciò andare all’istinto del momento, il suo tipico senso protettivo.
Improvvisamente lo vide solo per quel che era, un ragazzo confuso e combattuto ma soprattutto che stava male.
Stava semplicemente male.
Così l’abbracciò con dolcezza, tornando l’uomo calmo e premuroso qual’era.
Quello che aveva fatto perdere la testa ad Alexis.
Sentendo le sue braccia circondarlo con fermezza, ogni nervo divenne gelatina e si abbandonò contro di lui, aggrappandosi alla sua schiena e nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
Per un momento tutto si sospese ed ogni controllo scemò.
Antonio stesso si trovò ad accarezzargli il collo e poi giù la schiena nuda che al suo tocco si tendeva e si rilassava rabbrividendo.
Era vero, non gli aveva gridato una bestialità.
Alexis era veramente innamorato tanto da ridursi in quello stato e voler andarsene da lui.
Da lui.
Ecco qua il suo momento di crisi.
Aveva contribuito a far scappare un grande giocatore come lui?
Ma poi dannazione lui lo sapeva, non si riduceva tutto al calcio.
Non era quello che contava sopra ogni cosa, non per tutti.
Alexis era precipitoso ed istintivo ma agiva soprattutto a seconda dell’emozione del momento, non esisteva che facesse qualcosa di sensato e razionale.
Lui magari, ma non Alexis.
Dunque magari il punto non era che aveva spinto un grande giocatore a scappare dalla sua squadra ma aveva spinto una persona importante e fantastica come lui a scappare da sé.
Improvvisamente si sentì la persona peggiore del mondo, in grave difetto e colpevole di un reato terribile.
Tutto il resto passò in secondo piano, la sua dichiarazione, il suo bacio… tutto.
E si trovò a mormorargli all’orecchio cose che probabilmente non sapeva nemmeno di pensare.
Semplicemente lasciandosi andare.
- Mi dispiace… non volevo tu te ne andassi, soprattutto non anche per causa mia. So che giocare al Barcellona è un’occasione unica, specie questo Barcellona, ma sapere che parte della tua decisione è stata presa anche per quello che provi per me mi fa molto male. Non mi interessava niente di quel bacio, volevo solo che mi parlassi di nuovo e che tornassi da me sistemando tutto, volevo solo che le cose tornassero come sempre. Perché ci tengo tantissimo a te. - Non seppe metterla in altro modo, non aveva idea se le sue fossero parole di tortura per Alexis o di conforto, ma erano semplicemente quello che pensava.
Il ragazzo alle sue labbra contro l’orecchio che si muovevano e il fiato lento che lo solleticava sulla pelle, divenne un fremito continuo e non riuscendo più a controllarsi alzò istintivo la testa e lo guardò da quella vicinanza pericolosa, tenendosi aggrappato alle sue braccia, stringendosi a lui come se non ci fosse altra scelta che quella, non in quel momento, non con i suoi occhi che lo guardavano in quel modo.
- Ma non potrebbe mai più essere come prima, perché sono innamorato di te e tu ami tua moglie, quindi non potrebbe più essere come prima in nessun modo. E non mi basta che tu tenga a me tantissimo, non mi basta… ma non volevo ferirti nell’evitarti, nel non spiegarti niente, nello scappare in quel modo… non volevo… era solo spirito di sopravvivenza, credo… io vorrei solo rimanere con te ma non come amico. Non mi basterebbe più. -
Fu il turno di Antonio di sentire il mattone dentro salire in gola e poi su fino agli occhi.
Fu il suo turno di sconvolgersi e non capire più niente.
Di rabbrividire alla sua vicinanza eccessiva, ai suoi occhi ancora così sinceramente lucidi e disarmanti da stringergli il cuore.
Adorava il suo viso perché aveva sempre una perenne inclinazione ridente, ora era angosciato, dispiaciuto e confuso.
Non voleva che lo fosse ma non sapeva nemmeno cosa poteva fare per lui, per aiutarlo.
Forse a quel punto era davvero meglio che se ne andasse e basta.
Forse era quello che gli serviva.
- Mi dispiace… vorrei solo potesse tornare tutto come prima… ma capisco che hai ragione. Non potrà mai essere. Allora vorrei poterti aiutare in qualche modo, perché odio vederti così. Ma non so comunque cosa posso fare. -
Alexis di nuovo cadde in quello stato di non ragionamento totale e senza pensarci un secondo di più seguì uno dei suoi tanti famosi istinti.
L’istinto, quella volta, lo portò a cercare le sue labbra in un muto ed ovvio ‘allora lasciamoci con questo’, che non servì lo pronunciasse.
Antonio capì che era solo la sua risposta e non una richiesta. Che dopo di quello si sarebbero semplicemente lasciati in qualunque modo potessero poi considerarsi.
Così lo lasciò fare e basta.
E non si schifò di baciare un altro uomo, come non si era schifato quella sera negli spogliatoi.
Non gli sembrò aberrante o strano o nauseante ma per assurdo quasi normale. Come se fosse ovvia quella conclusione.
Lo tenne a sé cingendogli la vita sottile e chiudendo gli occhi si immerse a sua volta nella sua bocca, intrecciò la sua lingua e ci giocò quasi con un piacere insperato ed assurdo. E pericoloso.
Lo fece senza rendersene subito conto ed anche nel momento in cui lo realizzò, realizzò che stava baciando Alexis, lasciò lo stesso che proseguisse.
Perché capiva che quello era il loro addio e se non gli faceva schifo ma poteva continuare anche tutta la vita a farlo, allora era davvero meglio che se ne andasse via, lontano quanto più poteva.
Lo sapeva.
Così lo lasciò fare.
Alexis non andò oltre sebbene avesse voluto. Capendo perché Antonio lo stava facendo trovò la forza di controllarsi e decise di farsi bastare quello.
Dopo sarebbe sparito e non si sarebbero più visti e di certo sarebbe stato meglio per tutti, per loro due soprattutto.
Alla fin fine la sua scelta precipitosa di firmare e andarsene al Barcellona era stata anche la migliore.
Ora ne era certo.
Ma quando si separò dalle sue labbra, le lacrime erano copiose ed il pentimento fu talmente grande da avere la tentazione di chiamare il suo agente e dirgli di mandare tutto all’aria.
Furono gli occhi fermi e dispiaciuti di Antonio a fargli capire che comunque non sarebbe mai potuto essere suo.
- Non tornare mai indietro, vai sempre avanti, cresci, diventa grande in tutti i modi un uomo lo può essere, realizzati, non pentirti mai di ciò che fai, vivi in modo da non avere rimpianti e soprattutto continua a farlo in modo pieno. Sorridendo in quel tuo modo contagioso ed entusiastico. Non cambiare mai, sii sempre te stesso. Vai sempre avanti, Alexis. Ed una volta che troverai la cosa più importante della tua vita, quello che conta sopra ogni cosa, lotta per quella e non farti deviare da falsi Dei. Sei una persona fantastica. - Poi gli prese il viso fra le mani e con un sorriso fraterno e dolce gli baciò la fronte dimostrando la propria posizione: - Ciao, Alex. -
Infine scivolò via sgusciando veloce dalla porta, consapevole che un attimo di più e non sarebbe riuscito a lasciarlo in quelle condizioni. Perché comunque nonostante tutto continuava a volere che stesse bene e fosse felice e vederlo soffrire in quel modo per causa sua, era la cosa peggiore per sé. Ma sapeva anche che se poteva fare qualcosa di buono per lui per aiutarlo, era lasciarlo andare nonostante il proprio turbamento in quel bacio così intenso e disperato, un turbamento che non avrebbe mai dovuto esserci.
“Ma ormai non ha importanza. Come non importa che dopotutto mi sia anche piaciuto. Perché lui se ne andrà e farà un’altra vita. Quindi ormai non importa più niente.”
Con un nodo enorme allo stomaco prese la macchina e corse a rotta di collo verso strade isolate in periferia, senza meta, fermandosi poi a fissare davanti a sé per ore senza dire e fare nulla.
Per un tempo indefinito.
Alexis, a sua volta, si appoggiò con la fronte alla porta e accucciandosi contro chiuse gli occhi e rimase a piangere come un bambino abbandonato, per lo stesso tempo di Antonio.
A piangere e comunque pentirsi di ciò che aveva fatto e che sapeva essere giusto e comunque non poter cancellare.
Sapere di aver fatto la cosa giusta, alla fine, e riuscire a sopportarla, erano due cose completamente diverse.
“Dio, perché deve far così male, però?”
Una risposta che non avrebbe mai trovato.
Ma ormai, come aveva detto Antonio, non contava perché se ne sarebbe andato e basta.

FINE