UNA
STORIA TRAVAGLIATA
CAPITOLO
I:
LASCIARSI
NON E’ MAI FACILE
Ci
vuole una vita per lasciarsi, un attimo per innamorarsi.
Antonio
ci pensava da molto, da quando si era messo con lui, da quando aveva
ceduto.
Poi
si era infortunato due mesi, era stato lì con lui quasi
costantemente, avevano rafforzato il loro legame diventando
dipendenti l’uno dall’altro ed alla fine… alla fine quanto dura
era stata vedersi di meno?
Alexis
era tornato a giocare e gli impegni erano lievitati paurosamente.
Come
poteva essere?
Come
poteva farcela?
Non
era per lui, non era esattamente lui il problema.
Poteva
anche soffrire come un cane da solo, resisteva, ce la faceva.
Era
solo che… era solo che non poteva resistere davanti alle sue
lacrime ogni volta che si separavano.
Antonio
ci pensava di volta in volta con sempre maggior fermezza.
Vederlo
felice nel rivedersi era un conto, vederlo piangere alla fine era uno
strazio, moriva dentro…
Quel
giorno decise che sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe
visto piangere. Che l’avrebbe fatto soffrire.
Sapeva
cosa andava fatto ed era adulto per farlo.
Non
si sarebbe tirato indietro, dannazione.
L’inverno
stava finendo, quando si decise.
Dopo
la pausa natalizia, dopo che avevano avuto tempo di rivedersi e stare
insieme e dipendere di nuovo l’uno dall’altro, dopo che Alexis
l’aveva straziato più della volta precedente.
Dopo
tutto questo, Antonio aspettò la volta successiva per rivederlo e
tornare da lui.
Il
giorno dopo le partite entrambi avevano sempre la giornata libera e
la passavano sempre insieme. O quasi. Naturalmente dipendeva anche
dalle trasferte.
Quella
volta Alexis lo sentì subito diverso.
Come
se… come se Antonio lo stesse facendo con lui per l’ultima volta…
come se lo stesse lasciando.
Non
aveva senso, non aveva detto o fatto niente di diverso, nessuno se ne
sarebbe accorto ma lui, così istintivo, un tipo così di pancia, se
ne rese conto e quando realizzò cosa significava cominciò a
piangere già d’allora.
Erano
a metà dell’amplesso ma Alexis si mise a piangere così forte che
Antonio dovette fermarsi, preoccupato.
Si
alzò da lui e si sistemò di lato in modo da abbracciarlo e
tirarselo sopra.
I
corpi nudi erano sudati e scivolavano l’uno sull’altro.
Quella
sensazione non l’avrebbero mai dimenticata e Alexis l’avrebbe
odiata a morte.
Il
suo odore. Il suo sapore nella lingua.
Quel
contatto morbido.
Dio,
com’era caldo…
Lo
cullò, se lo tenne a sé in silenzio. Antonio si chiedeva se avesse
capito qualcosa ma non osava chiederglielo.
Alexis
però non avrebbe mai parlato e adagiando la guancia sulla sua testa
rimase così in silenzio a lungo. L’ascoltava piangere, sentiva le
sue lacrime scendere sulle guance. Era la fine.
La
fine.
Non
avrebbe più permesso che piangesse così per lui, era giusto
lasciarlo andare, permettergli di ricominciare un’altra vita,
conoscere altri ragazzi, innamorarsi ancora.
Era
giusto lasciarlo andare.
Qualunque
cosa era stata, era stata meravigliosa, uno splendido sogno. Ma
doveva farlo finire, per lui.
Alexisi
tirò su col naso in modo infantile e Antonio non ebbe il coraggio di
guardarlo in viso, sapeva com’era spenta la sua splendida luce.
Sapeva
che non rideva. Non poteva sopportare il non ridere…
-
Ti amo. -
Esordì
però il piccolo, come una preghiera.
Antonio
ebbe conferma che in qualche modo aveva capito.
Era
selvatico, quel ragazzino. Si impressionò.
-
Anche io, Alex. Per questo è ora di finirla. Lo sai, vero? - Alex
scattò ribellandosi nella sua tipica maniera.
Facendosi
odiare sarebbe stato facile, farsi lasciare, ma non sarebbe stato
credibile perché Alexis sapeva che Antonio non sapeva farsi odiare
veramente.
-
No che non lo so! Ci amiamo e allora basta! -
Antonio,
guardandolo, sospirò dolorosamente. Gli occhi lucidi si specchiavano
nei suoi pieni di pianto, un pianto ininterrotto. Cercava di
arrabbiarsi per convincerlo a non farlo ma era un’impresa perché
ora era solo disperato.
Gli
si strinse il cuore in una morsa d’acciaio.
Se
fosse morto sarebbe stato davvero facile. Ma Alexis avrebbe sofferto
troppo, quindi si sforzò di apparire serio, composto e sereno.
-
No perché tu stai troppo male ogni volta che ci separiamo e non
possiamo continuare così. Tu sei uno che vive una storia al mille
percento, dai oltre che te stesso… dai tutto. E tutto vuoi. Non ti
bastano le briciole ed io ti posso dare solo questo. Non ti meriti
questo. Non ti meriti solo queste lacrime. Non possiamo andare avanti
così per molto. Io sono adulto e tu sei un ragazzino all’inizio di
una carriera fantastica, hai tante porte davanti a te, conoscerai
tanta gente, non posso tarparti le ali così, non è giusto. Alex…
ti prego… devi ascoltarmi… - Il cileno cominciò a scuotere
testardamente la testa. Non voleva ascoltarlo e premette il viso
stravolto contro il suo petto. Era caldo e sodo ed il suo cuore
batteva impazzito.
Non
era giusto, così… non lo era per niente.
Antonio
l’avvolse forte infondendogli tutto il suo amore e lui lo sentì,
lo sentì davvero… non poteva evitare.
-
Non lasciarmi per questo… lasciami solo se non mi ami più… ma
non… - Alzò di nuovo la testa ed avvicinò le labbra fino ad
ubriacarlo. - Non se mi ami. - E sapeva che l’amava.
Lo
capì nel momento in cui anche gli occhi di Antonio si riempirono di
lacrime, lacrime che scesero amare e copiose.
Tremende.
Distrusse
Alexis che premette le labbra sulle sue e rimase così allacciato a
lui.
Rimase
e non si mosse, non respirò nemmeno, lo sentì mentre se lo
stringeva addosso, mentre non poteva lasciarlo andare, non voleva,
era follia.
Poi,
però, trovò quella forza granitica in sé, da qualche parte. Quella
forza per cui faceva sempre la cosa giusta. E con calma, una calma
inaudita che manteneva sempre, gli prese il viso fra le mani, lo
staccò dal proprio e carezzandolo con le dita lo guardò carico di
un amore di cui Alex non avrebbe mai dubitato. Di cui non si sarebbe
mai dimenticato.
-
Ricordati che ti amo. Soffrirai molto, ora, ma aggrappati agli amici
che sono certo hai là. Perché tu ne sei sempre pieno. E vivi a
pieno la vita che hai là, perché è giusto così. Hai preso
un’altra strada, ora sai che ti amo e ti penserò sempre, ma devi
percorrere la strada che hai già scelto e che ti porterà via da me.
Devi farlo, Alex. Devi. Poi lentamente starai meglio e tornerai a
vivere felice, mi dimenticherai e splenderai. Non piangerai più per
me, Alex. Credimi. Fidati di me. Non piangerai più per me. -
Alexis
però non poteva capire.
Ora
stava piangendo e se veramente poi non l’avrebbe più fatto,
sarebbe stato solo perché avrebbe sciolto tutte le lacrime della sua
esistenza. Tutte.
Alexis
si accoccolò contro il suo collo e respirò la sua pelle, si
impresse i suoi battiti in modo che diventassero i propri e lì vi
rimase, con gli occhi stretti, incapace di dire qualunque cosa.
Non
voleva. Non voleva andarsene ma ora il dolore era tale che non
sarebbe mai riuscito nemmeno a lottare e ribellarsi. Ora era arrivato
al capolinea.
Non
aveva più niente da dare, niente.
Quando
si alzò non sapeva nemmeno lui come trovò la forza di tirarlo su e
rivestirlo, ma lo fece con un amore tale che Alexis non avrebbe mai
potuto dubitare di lui e di ciò che provava.
Eppure
poteva capire perché, con tanto amore, veniva lasciato?
Glielo
aveva spiegato bene, avevano strade diverse, mondi diversi, lontani…
ognuno doveva vivere il proprio. Ma perché? Non gli bastava che
fosse giusto.
Soffriva
troppo quando si separavano, ma allora? Come poteva vivere senza di
lui, ora che si erano dati e avuti così?
Non
se ne capacitava e fino all’ultimo pensò che sarebbe stato tutto
falso. Fino all’ultimo lo credette.
Che
poi l’avrebbe rivisto, che sarebbe tornato da lui, che…
Ma
quando salì sull’aereo per Barcellona, la voglia di morire lo
colse quando, nel chiamarlo, vide che non rispondeva.
Dio,
perché?
Perché
le strade dovevano per forza dividersi a quel modo? Perché doveva
finire sempre tutto? Perché il giusto doveva essere il male? Non
trovò mai risposta.