CREDENZE ORIENTALI
L’ÂKÂSHA o l’etere primigenio
L’âkâsha è, secondo gli
Indù, lo spazio etereo che riempie il tutto. Un vuoto che sarebbe il
rifugio di ogni forma di vita.
Secondo i Greci e la
loro Cosmogonia, all’inizio del mondo ci fu il Caos.
L’essere umano ragione
agisce entro i limiti ben definiti di un universo circoscritto, che lo
è tanto più quanto più egli si rafforza nella sua volontà di dominarlo,
di strutturarlo, di renderlo immutabile e classificabile, basandosi su
sistemi e principi che funzionano solo in modo uguale e ripetitivo.
Questo mondo in cui
viviamo, e che crediamo reale, esiste soltanto perché noi lo pensiamo.
Non saremmo noi a
essere di questo mondo ma sarebbe questo mondo ad esistere a causa
nostra.
La conoscenza innata è
presente in tutti gli esseri umani: la facoltà di vedere non solo con
gli occhi e con la visione esteriore delle cose, ma con un occhio
cosmico capace di inglobare in un solo istante tutto ciò che concerne
la realtà, tutto lo spazio del mondo e della vita, ovvero il famoso
‘terzo occhio’ corrispondente all’Ajna-Chakra, rappresentato da un
fiore di loto a due petali contenente un triangolo col vertice rivolto
verso il basso e che secondo l’induismo è la sede della coscienza.
Secondo il mito della
Creazione, dunque, dal Caos primordiale sono nate due entità distinte:
Erebo, il dio dell’oscurità, e la Notte, che presiedeva alle tenebre.
In seguito, dall’unione di Erebo e Notte nacquero il Giorno e l’Etere.
Erebo è un’esaltazione
della notte, un’oscurità senza fine, intensa e compatta, senza alcuna
luce, mentre Etere è un’intensificazione del giorno, un cielo
costantemente illuminato, una chiarezza sempre risplendente, una luce
benefica, la dimora dei felici dove l’ombra e l’oscurità non trovano
posto, non e3sistono.
Pertanto formano due
coppie indissolubili: la prima oscura, la seconda luminosa.
L’induismo si rifà a
un’ideale simile. Si tratta dell’âkâsha o etere primigenio, considerato
come uno dei cinque elementi costitutivi del mondo o Mahâbhûta, ‘grande
elemento’, e che sono:
1 - âkâsha o etere
2 - vâyu o aria
3 - tejas o fuoco
4 - apas o acqua
5 - pritihivî o terra
A tali elementi
corrispondono nell’essere umano i cinque Tanmâtra, ‘sostanza
originale’, e che sono:
1 - shabla o il suono
2 - sparsha o contatto
3 - rûpa o la visione
4 - rasa o il gusto
5 - gandâ o l’odorato
Secondo l’induismo,
dunque, l’âkâsha è il primo elemento costitutivo dell’uomo, il più
sottile, che sarebbe onnipresente, riempirebbe tutto, penetrando il
mondo visibile e invisibile, essendo il sostegno della vita e, come
abbiamo visto, in analogia con il suono.
È rappresentata con uno
spazio senza fine, illimitato. Non può essere definito o descritto. Se
i 4 elementi sono facilmente identificabili in natura, l’âkâsha viene
percepito come il rifugio, ma non può essere fisicamente riconosciuto
in quanto è per sua essenza il vuoto che riempie il tutto, ma senza il
quale la vita non potrebbe avere forma né esistere.
Si tratta di un
concetto molto difficile da descrivere in modo razionale.
I Chakra
Si designano con il
termine di chakra sette centri psichici o vitali del corpo sottile o
corpo eterico dell’uomo.
Chakra è una parola
sanscrita che significa ruota e che designa il disco solare attributo
del dio induista Visnu, ‘colui che interviene’. Narra la leggenda che
il suo potere d’azione risiede nel fatto che, al pari del sole che si
leva, raggiunge lo zenit e quindi tramonta, anche Visnu fece ‘Tre
Passi’ per misurare l’Universo.
L’esistenza e l’utilità
dei chakra si basano su quattro principi fondamentali: karma, maya,
nirvana e yoga, principi regolatori delle leggi della vita.
Il karma o atto di
causa ed effetto che costringe l’anima a vivere, morire e rinascere
all’infinito, secondo le credenze nella reincarnazione.
La maya, che significa
illusione, apparenza, è la concatenazione dei cicli perpetui di
avvenimenti, circostanze, passioni, desideri che gettano un velo sugli
occhi degli uomini.
Il nirvana che viene
spesso tradotto con illuminazione o estasi tradotto ma che,
letteralmente, significa estinzione, sparizione, è una liberazione,
un’uscita dal ciclo delle rinascite che incatenano l’anima.
Per finire lo yoga è un
insieme di tecniche fisiche e mentali che l’uomo può utilizzare per
raggiungere questa liberazione. Sono tecniche che poggiano su esercizi
il cui obiettivo è attivare i chakra.
Secondo la dottrina
dello yoga esistono 72 chakra o punti vitali. Se la maggior parte di
essi sono fissi su punti o zone del corpo umano corrispondenti a
determinati organi, non devono tuttavia essere confusi con questi. I
chakra infatti sono centri vitali situati tra il corpo sottile o
eterico e l’involucro carnale che li unisce l’uno all’altro.
Si distinguono 7 chakra
principali, ciascuno avente una funzione specifica ma legati gli uni
agli altri e posti lungo il sushumna, il canale più importante
all’interno del quale circolano le energie fisiche e psichiche
dell’uomo, che corre lungo la spina dorsale.
Le tecniche dello yoga
mirano a risvegliare ognuno dei chakra per svilupparne i relativi
poteri psichici, raggiungere una certa felicità e pervenire infine al
risveglio della coscienza.
1. Il Muladhara-Chakra:
situato tra gli organi genitali e l’ano, è percepito come il centro
delle energie e pulsionali. È rappresentato da un serpente
acciambellato su sé stesso o da un fiore di loto. È in corrispondenza
con l’odorato e il suo elemento è la Terra, la forza d’inerzia della
materia. In esso riposa la Puntalini o forza del serpente, l’energia
primordiale che lo yogin deve riuscire a risvegliare e a dominare per
vincere il proprio attaccamento alla vita terrena e la paura istintiva
della morte. Così acquista il potere della levitazione, il controllo
del respiro e della mente e accede alla chiaroveggenza che gli permette
di conoscere altrettanto bene passato, presente e futuro.
2. Lo Svadishthana-Chakra:
posto sotto gli organi genitali ma un po’ più in alto del primo chakra,
è in relazione con gli organi dell’eliminazione e della riproduzione,
nonché col senso del tatto. Il suo elemento è l’Acqua e viene raggirato
con una mezzaluna distesa.
Lo yogin sviluppa i
propri poteri psichici, le proprie intuizioni e raggiunge la totale
padronanza dei propri sensi. Di conseguenza egli non è più vittima di
sentimenti eccessivi e contraddittori.
3. Il Manipura-Chakra:
posto nella regione lombare, all’altezza dell’ombelico, è in relazione
col fegato, la milza, lo stomaco e i reni ma anche con la vista. Il suo
elemento è il Fuoco. Viene rappresentato con un triangolo col vertice
rivolto verso il basso. È risvegliando questo chakra che gli yogin
indiani riescono a camminare sulle braci senza ustionarsi. Esso infatti
permette di liberarsi dal dolore e dalla malattia.
4. L’Anahata-Chakra:
posto nella regione del cuore, governa questo organo ma anche il senso
del tatto. Il suo elemento è l’Aria. Viene simbolizzato con una stella
a sei punte. Lo yogin che riesce a dominare questo chakra sviluppa le
proprie capacità d’amore, il senso dell’armonia e acquisisce il potere
di volare come un uccello.
5. Il Vishudda-Chakra:
situato a livello della gola o alla base del collo, è in rapporto col
plesso laringeo e faringeo e con la pelle. Il suo elemento sottile è
l’etere e il suo simbolo è un cerchio inscritto in un triangolo
rovesciato, col vertice rivolto verso il basso. Lo yogin che si
concentra su questo chakra deve poter raggiungere l’immortalità poiché
ormai vive fuori dal tempo, al di là del passato, del presente e
dell’avvenire che ormai domina.
6. L’Ajina-Chakra:
situato tra le sopracciglia, alla base della fronte, e che è stato
soprannominato il terzo occhio, è in relazione sia con gli occhi e la
vista sia con la visione interiore, i sogni e la vita psichica. La sua
sede è la sede della coscienza. Viene rappresentato con un fiore di
loto a due petali contenente un triangolo rovesciato col vertice
rivolto verso il basso, all’interno del quale compare il simbolo OM
della verità e della coscienza assolute. Lo yogin acquisisce tutti i
poteri enumerati per i cinque chakra precedenti, ottenuti col risveglio
della sua coscienza.
7. Il Sahasrara-Chakra:
situato alla sommità del cranio, è in relazione con le facoltà
superiori dello spirito. Viene chiamato il loto dai mille petali,
poiché Sahasra significa mille in sanscrito. Viene raffigurato con il
simbolo OM al centro. Lo yogin ha una coscienza superiore, una
conoscenza assoluta, un grado di felicità suprema che lo distacca
definitivamente dalla vita terrena e dalle contingenze materiali.
La puntalini o il potere del serpente
Secondo
l’induismo la puntalini è un’energia primordiale o più precisamente un
concentrato di energie primordiali e divine. È una componente
dell’essere umano. La si definisce forza o potenza del serpente, perché
essa è assopita e arrotolata alla base della colonna vertebrale.
Quando il serpente di fuoco si risveglia, si arrampica e si avvolge lungo l’albero vertebrale aprendo al suo passaggio i chakra.
Questi
liberano i flussi dell’energia primordiale e divina presenti in
ciascuno di noi, illuminando la coscienza e favorendo una completa
partecipazione dell’uomo alla vita cosmica.
Nella
mente degli uomini dell’antichità il serpente era già considerato un
animale che incarnava le oscure forze vitali e originali che potevano
essere tanto creatrici quanto distruttrici. Secondo l’Enouma Elish,
Tiamat, la Madre che generò il mondo e gli dei, era rappresentata da un
grande serpente maschio e femmina, androgino. Tiamat incarnava le forze
della creazione e della distruzione generando tanto esseri divini
quanto mostri.
La
definizione di libido descrive il manifestarsi della pulsione sessuale
a livello psichico, nel contempo una pulsione di vita, simbolizzata da
Eros, il dio greco dell’amore, e una pulsione di morte, rappresentata
da Thanatos, il genio alato greco che personificava la morte.
Solo
l’induismo enuncia due principi fondamentali che sono: la fede nella
legge del karma è uno mentre l’altro è il risveglio e la salita della
puntalini lungo i chakra che producono il samadhi, estasi o stato di
coscienza superiore.
La
puntalini può essere attivata dall’energia dinamica del soffio vitale o
prana che penetra nel corpo con la respirazione. Il pranayama è così
una tecnica molto elaborata di yoga, che permette di controllare e di
dirigere la propria respirazione su alcuni punti vitali del corpo.
In
India è utilizzata a fini terapeutici. Il prana si diffonde in tutte le
parti del corpo all’interno dei canali sottili, i nadis. I tre nadis
principali sono il sushumna, rispondente al percorso del midollo
spinale nella colonna vertebrale attorno al quale si avvolgono a
spirale l’ida, assimilato al parasimparico, detto canale lunare, e il
pingala connesso al sistema simpatico, detto canale solare.
Seguendo
il percorso dei nadis, le energie positive solari e quelle negativa
lunari sono stimolate, si compenetrano attraverso i sette chakra che si
aprono come i petali di un fior di loto. È così che gli indù utilizzano
il potere del serpente o kundalini per liberare l‘uomo dalle sue
tensioni, dai suoi desideri, dalle sue speranze e dai suoi timori che
lo imprigionano nella legge cosmica del karma secondo la quale ogni
azione fisica o psichica genera delle causa e degli effetti che si
riproducono all’infinito.
Credits
Per questo
materiale si ringrazia un'enciclopedia da cui mi sono
consultata, si chiama Scoprire e conoscere l'Astrologia e le Arti
divinatorie, edito dalla DeAgostini, il volume da cui ho preso ciò che
ho riportato di mia mano qui sopra, è il quinto.