Capitolo II. Viadal Tinris

Se ti chiedessero com’è secondo te l’Inferno, tu potresti rispondere senza tema di smentita che è così.
Ovunque arrivi il tuo sguardo ci sono cadaveri smembrati e abbandonati sull’erba inzuppata di sangue. Il vento tiepido dell’estate del Nord ti soffia in viso, portando sé il lezzo di morte e gli ultimi gemiti di dolore dei moribondi. La battaglia infuria ancora in più punti, tanti focolai di rivolta che non vogliono arrendersi al dominio del Cancello Oscuro, ma il tuo istinto di soldato ti urla a gran voce che la guerra è ormai perduta.
Stringi più forte le dita intorno all’elsa, sentendo il metallo penetrarti nella pelle e una fitta di dolore che ti aiuta a restare lucido. Sollevi l’altro braccio e, attingendo a quella sorgente magica che fluisce dentro di te e che ti ha reso un Privilegiato, lanci un altro incantesimo. L’onda d’urto che produci è potente e spazza via la prima linea della squadra d’assalto che è stata mandata contro di te. Sei il Re dei Demoni Azzurri delle Elkin, una preda ambita per chiunque, il tuo nome è leggenda, tutti conoscono i racconti delle tue gesta e riuscire a ucciderti porterebbe onore e ricchezze, esporre la tua testa sulla picca nella pompa trionfale significherebbe che l’ultimo baluardo di difesa delle Elkin è crollato e che tutto è andato perduto.
Per questo non puoi permetterti di arrenderti.
Con un unico movimento fluido, giri su te stesso e pari il fendente con cui un soldato nemico stava per colpirti. Sei stremato fisicamente e mentalmente, le gambe ti tremano e i muscoli del tuo corpo bruciano come se fossero immerse nell’acido, ma non puoi mollare proprio ora, non prima di aver affondato la lama della tua spada nelle carni di quel maledetto traditore.
Fino all’ultimo momento vi ha ingannati, è sceso in battaglia al vostro fianco continuando ad arringare i suoi soldati a non arrendersi, a combattere fino all’ultima goccia di sangue per non lasciarsi sottomettere dal regno nero del Cancello. Era il sovrano che conoscevi, quello a cui hai giurato lealtà e che rispettavi profondamente. L’uomo per cui ti rodeva la coscienza, al pensiero di esserti innamorato del suo sposo. Peccato che dopo che le truppe si erano schierate ed erano partite all’attacco, il Re, invece di ripiegare a destra per chiudere a tenaglia l’esercito nemico, avesse continuato a correre insieme alla sua Guardia Scelta verso il campo nemico, prendendo posto tra i soldati avversari, abbandonandovi a voi stessi. È stato tremendo quando le lance dei vostri stessi amici vi si sono rivoltate contro e hanno ucciso senza pietà i primi tra di voi, che non volevano levare le armi contro i propri commilitoni. In quel momento vi siete svegliati e avete compreso per la prima volta che il Re vi aveva traditi, consegnando tutte le Elkin al Cancello Oscuro e che eravate stati intrappolati nella tela del ragno.
Lo sbandamento aveva colpito i tuoi uomini e se tu non fossi riuscito a rinserrare i ranghi, sareste stati uccisi tutti come tante pecore al macello. Quattro dei tuoi Demoni sono stati uccisi dagli Stregoni del Cerchio, i maghi neri al servizio del nemico, e le tue speranze sono ormai ridotte a un’esile fiammella scossa dai venti gelidi dell’inverno. Sollevi lo sguardo e lo vedi. Anche a quell’enorme distanza riesci a vedere il suo mantello argenteo che spicca nella massa nera delle armature del nemico. Una furia gelida inizia a scorrerti nelle vene, mentre nella tua testa scorrono le immagini di Cedric, dei tuoi amici e di tutti coloro che hanno perduto la vita per la smodata ambizione del vostro Re. No, uno come lui non è degno di essere considerato un re. Sollevi la mano con il palmo rivolto verso l’alto, in un gesto che potrebbe sembrare quello di un supplice in preghiera, concentri su di essa una buona quantità di energia magica e le dai la forma di una lancia acuminata. Non sei al massimo dei tuoi poteri, ma basterà per fargli molto male. Sorridi maligno e la scagli. Vedi la sua scia lasciare una polvere scarlatta a mezz’aria, prima di esplodere in una fontana di fiamme aranciate e rosse.
Lui si gira nella tua direzione e ti guarda, lo senti a pelle, come una lama affilata e gelida premuta sulla gola. Volta il suo baio possente e si slancia al galoppo, solca il campo di battaglia come un fantasma, prima di arrestare il suo destriero a pochi passi da te. Con un movimento fluido scende da cavallo e l’espressione sul viso è quella che ben conosci, che hai imparato ad amare e rispettare, e questo ti fa più male di qualsiasi altro colpo che hai ricevuto finora.
- Rem, mio caro, deponi la spada e combatti al mio fianco. Insieme io e te conquisteremo il mondo. Niente potrà fermarci.- la sua voce è dolce e gentile, ma la tua pelle si accappona nel sentirla, ti sembra quasi che ci sia qualcosa di viscido e dolciastro a marcire sotto di essa.
Sorridi pensando che in tutti quegli anni di fedele servizio non ha capito un bel niente di te. Tu sei un guerriero, sei stato forgiato nel sangue e nell’acciaio di più battaglie di quante riesci a ricordare, la lealtà ti scorre nelle vene insieme al sangue. Non potrai mai schierarti con coloro che vogliono sottomettere il vostro bellissimo mondo per sete di potere, ma tu, soprattutto, non scenderai mai a patti con la persona che ha le mani macchiate del sangue della persona che ami e dei tuoi Demoni. Un vigliacco che non ha avuto il coraggio di torturare e assassinare Cedric di persona per estorcergli l’informazione su dovesse fosse custodito il Kamlon, ma che ha demandato questo compito al clan Walsh, bestie senza anima capaci solo di massacrare e distruggere tutto ciò che incontrano.
La tua risposta è la lama della tua spada che si solleva in un affondo improvviso e preciso, che il tuo antagonista schiva solo per pura fortuna. Brandelli di stoffa argentata avvolgono la punta, garrendo nel leggero vento della sera incipiente, per poi volare via con l’eleganza di tante farfalle. Il Re riporta lo sguardo su di te ed è cambiato, ora è ostile e insondabile come le acque gelide e profonde dell’Oceano del Cancro d’inverno.
- Sei tanto potente quanto stupido Rem, l’ho sempre detto. Avresti potuto prendere il posto di quell’inutile moccioso che ho dovuto sposare per il segreto che custodiva e che tu non hai esitato a portati a letto alle mie spalle. Ma non importa, anche questo faceva parte del gioco. Insieme avremmo potuto avere ogni cosa ai nostri piedi e invece…- scuote la testa in segno di disapprovazione e sfodera anche la sua spada.
Il Re non è un mago, non possiede alcun potere magico, né grande né piccolo, ma è il migliore spadaccino che tu abbia mai incontrato, la sua abilità è seconda soltanto alla tua e per questo devi stare molto attento: un solo, misero errore e sei spacciato. Assumi la posizione di guardia e attendi, l’aria attorno a voi sembra percorsa dall’elettricità di un fulmine. Il Re scatta in avanti e tu pari la sua stoccata, giri su te stesso e cerchi un affondo ma ti scontri con la sua difesa. Andate avanti a lungo, fino a quando non sentite i polmoni pompare gas incandescente e i muscoli gridare di dolore per la stanchezza. Vi guardate negli occhi e capite che lo scontro verrà deciso dall’ultimo attacco. Ti scagli contro di lui e, nemmeno sai come, ti ritrovi con la spada immersa nel petto del tuo sovrano. Gridi di vittoria e sofferenza, mentre rigiri la lama nella carne, lacerando i muscoli e i tendini, slabbrando la ferita in modo che non possa più essere ricucita. Il suo sangue ti imbratta le braccia fino al gomito, il davanti dell’armatura e il viso, ma non ti importa. Continui a spingere la lama dentro di lui, fino a quando il Re non cade all’indietro trascinandoti con sé. Solo adesso ti fermi e, ansimando come una bestia, ti sollevi sua gomiti e lo guardi e per la prima volta non vedi il tuo Re, ma solo un uomo di quarant’anni che è stato divorato dalla sua ambizione. I suoi occhi ti guardano, alza a fatica la mano e poggia la punta delle dita sulla tua guancia.
- Il mio sole d’inverno…- sussurra dolcemente e, rovesciati gli occhi all’indietro, spira.
Il peso di un’altra morte che porterai sulle tue spalle per sempre.


Sey Pears caricò la sacca logora sulle spalle e lanciò uno sguardo ad Adam e suo padre. Si era fermato in quel villaggio per quattro giorni, troppo per i suoi standard, e ora doveva riprendere il suo cammino. Si spostava rapidamente da un luogo all’altro per evitare che i suoi inseguitori lo trovassero, una pura esigenza dettata dall’istinto di sopravvivenza. Eppure quella volta non voleva andare via. Desiderava porre fine a quella sua vita da nomade, senza radici e senza affetti, fermarsi in un luogo, avere una casa a cui far ritorno ogni giorno e qualcuno ad attenderlo.
La causa di tutto era Adam.
Se solo avesse potuto fermarsi lì, avrebbe potuto dare una seconda possibilità al suo cuore già a brandelli di vivere finalmente quel grande amore che aveva sempre desiderato. E invece era costretto ad andare via, a scappare dall’unica persona che in tutti quegli anni era riuscita a farlo sentire vivo, perché era braccato dagli uomini del Cancello Oscuro e non si sarebbero fermati davanti a nulla pur di ottenere il Kamlon. Se davvero provava qualcosa per Adam, doveva andare via senza voltarsi indietro, perché quello era l’unico modo che aveva per difenderlo.
- Va già via Mr. Pears?- gli chiese il ragazzo.
Nei suoi occhi verdissimi, Sey Pears lesse delusione, dispiacere, adorazione, affetto e mille altri sentimenti che non avrebbe mai voluto conosce, perché questo gli rendeva le cose più difficili. Se Adam non avesse provato nulla per lui, sarebbe potuto andare via e girare pagina, cercare di dimenticare quel misero villaggio e l’esistenza di quel ragazzo, ma in quel modo sapeva che avrebbero sofferto entrambi. Forse un brandello di lui sarebbe rimasto per sempre lì, a struggersi per quei sentimenti che si era impedito di provare.
- Sì, è meglio così per tutti, credimi.- gli rispose stringendo più forte le dita attorno alla corda della sacca.
Adam si morse il labbro inferiore, per impedirsi di tentare di fermarlo. Vedendolo Sey Pears fu travolto dal desiderio di abbracciarlo e consolarlo, di fargli qualche promessa che mai avrebbe potuto mantenere. Forse avrebbe fatto meglio ad andare via di notte, come un ladro, ma voleva vedere un’ultima volta quel ragazzo che somigliava così tanto al suo Cedric. Guardando in quei tormentati occhi verdi, si rese conto che dentro di lui le loro immagini erano ben distinte. Non aveva confuso l’uno con l’altro nel disperato tentativo di sublimare quell’amore che aveva perduto e riviverlo con un sostituto. Lui era Adam: bellissimo, delicato e dolce come una rosa delle pianure. Non aveva niente a che vedere con Cedric. Qualcosa si sciolse dentro di lui a quella rivelazione e si sentì come se fosse ritornato a respirare dopo tanto tempo.
Sey Pears aprì le labbra per dirgli qualcosa, ma uno sparo alle sue spalle lo interruppe e un proiettile passò vicinissimo al volto di Adam, tanto da lasciargli un segno rosso sulla guancia. Il cowboy guardò terrorizzato quella piccola ustione che intaccava la liscia perfezione di quella pelle ambrata. Per un lungo, terribile attimo aveva sentito il sangue defluirgli da dentro il corpo, mentre ricordi sanguinanti provenienti da un doloroso passato mai dimenticato, gli attraversarono il cervello come proiettili sparati a bruciapelo. Soltanto quando si rese conto che Adam stava bene, che non era ferito e non avrebbe perso anche lui, Sey Pears recuperò la sua presenza di spirito. Con un unico movimento sollevò lo spolverino che gli ricadeva lungo i fianchi ed estrasse la pistola dalla fondina, girò su se stesso e la puntò contro colui che aveva avuto la pessima idea di sparare contro quel ragazzo innocente.
- Alla fine ti abbiamo trovato Rem Nyd, Re dei Demoni Azzurri delle Elkin. Ci hai fatto penare molto, lo sai?- la voce tronfia e vittoriosa proveniva dall’imponente sagoma ferma sulla soglia d’ingresso del saloon, in penombra.
- Chi sei?- domandò con voce carica di gelida furia il cowboy, accompagnata dal minaccioso scricchiolio del cane della pistola che veniva tirato indietro.
Una risata altisonante e priva di qualsiasi emozione si diffuse nella stanza vuota del saloon. Qualcosa dentro Sey Pears scattò, come il meccanismo di una serratura che si apre quando viene inserita la chiave giusta. Aveva già ascoltato quella risata. Era un ricordo vago e sfumato che apparteneva al suo passato, di quando ancora viveva nelle Elkin e si faceva ancora chiamare Rem Nyd, che però non riusciva a definire totalmente, era come un fantasma che sfuggiva alla sua presa un attimo prima che potesse catturarlo.
L’uomo fece un passo avanti ed uscì dalla penombra, lasciando che la luce artificiale dell’interno della sala lo illuminasse completamente. Per Sey Pears fu come essere sparati in pieno petto, sentiva brandelli di carne sanguinanti venire strappati via al solo ricordo di quell’uomo. Per un attimo si disse che non era possibile, che si trattava soltanto di un’illusione creata dalla sua mente distrutta dalla fatica, ma per nulla al mondo avrebbe potuto confondere quei capelli rossi e quegli occhi verdissimi con quelli di qualcun altro.
- Viadal Tinris?- esalò con un sospiro disperato e speranzoso insieme.
Perché quell’uomo era uno dei suoi Demoni Azzurri, un caro amico che aveva creduto morto durante la battaglia della Valle del Sangue, ucciso dai soldati che si erano schierati al fianco del loro Re. Se chiudeva gli occhi poteva ancora vedere con lucida precisione il corpo di Viadal Tinris trafitto da centinaia di frecce che nemmeno la sua enorme forza magica era riuscita a fermare, annegato in un lago formato dal suo stesso sangue. Allora come poteva essere che in quel momento era davanti a lui, vivo e in salute? Fece vagare uno sguardo incredulo sul suo volto, ricordava distintamente che una freccia gli si era conficcata nello zigomo sinistro, mentre un’altra gli era penetrata quasi completamente in un occhio, ma non vide nessuna cicatrice a deturparne la pelle. Abbassò appena la pistola: cosa stava succedendo?
Viadal Tinris dovette leggere il flusso confuso dei suoi pensieri, perché un sorriso sardonico gli inclinò le labbra. Era un gesto così tipico dell’amico che conosceva, che Sey Pears avvertì qualcosa tremare dentro di lui.
- Sì, una volta era proprio questo il nome che portavo. Viadal Tinris, quarto grado dei Demoni Azzurri e Signore delle Rocce.- e la sua voce assunse una sfumatura di crudele divertimento.
- Ma cosa… come…?- balbettò il cowboy, diviso tra la gioia di aver ritrovato il suo vecchio amico e la paura di scoprire come questo miracolo fosse avvenuto.
Un lampo attraversò il verde intenso degli occhi di Viadal Tinris, mentre avanzava ancora con un passo lento, quasi annoiato, fino a portarsi al centro della stanza, a poca distanza da Sey Pears.
- Gli Stregoni del Cerchio hanno evocato la mia anima dopo la battaglia e mi hanno proposto un patto molto vantaggioso. Mi hanno riportato in vita, restituendomi il mio corpo intatto e in cambio ho giurato fedeltà al Cancello. Adesso il mio nome è Dean Coon.- un sorriso malvagio gli schiuse le labbra, cancellando in un attimo l’espressione disinteressata di poco prima.
Il cowboy sentì il sangue gelarsi nelle vene nell’udire quel nome. Dovunque Dean Coon giungesse, veniva preceduto dalla sua fama. Era a capo dei Segugi Neri, l’elite dell’esercito del Cancello. Come diceva lo stesso nome che portavano, erano cacciatori, davano la caccia ai nemici del Cancello ed erano capaci di stanarli ovunque si nascondessero, perché non esisteva nessun posto al mondo abbastanza sicuro quando si diventava una preda dei Segugi Neri. Il loro capitano portava cucita addosso una fama ancora più nera. Possedeva la magia e non si faceva alcuno scrupolo a usarla, aveva imparato i sortilegi più oscuri che venivano alimentati dalla sua sete di sangue quasi inestinguibile. Di rado scendeva in campo accanto ai suoi uomini, perché preferiva restare nelle retrovie a torturare i prigionieri, ma quando lo faceva voleva dire che la preda era particolarmente preziosa. Pochi fortunati incontravano subito la morte, tutti gli altri venivano condotti alla Rocca del Leone, l’inespugnabile maniero arroccato sulla Cresta del Drago, che il Cancello aveva destinato come sede dei Segugi Neri. Lì dentro non esisteva alcuna legge e nessun onore, Dean Coon aveva una vera predilezione per le torture e di volta in volta ne inventava di sempre più fini e cruente, i prigionieri venivano lentamente portati alla pazzia, tanto da arrivare loro stessi a implorare di essere uccisi, pur di non soffrire più. A causa del Kamlon, lo stesso Sey Pears era diventato una loro preda, per questo si spostava continuamente da un villaggio all’altro, cercando di lasciare meno tracce possibili. Era il Re dei Demoni Azzurri, pochi potevano vantarsi di essere alla pari con lui e ancora meno erano coloro che potevano affermare di essere usciti vivi da un duello contro di lui, ma nemmeno lui avrebbe potuto sperare di vincere da solo contro i Segugi Neri. Se avesse avuto i Demoni al suo fianco le cose sarebbero stare completamente diverse, ma proprio uno di loro in quel momento era in piedi davanti a lui, redivivo e schierato con i nemici che avevano distrutto le Elkin e le loro vite. Si chiese quanti dei suoi Demoni erano stati riportati in vita dagli Stregoni del Cerchio e adesso lottavano per il Cancello, contro tutto quello che avevano difeso in passato, ma forse sarebbe stato meglio non avere una simile risposta, avrebbe fatto troppo male conoscere la risposta a quella domanda.
- E così ti sei venduto per una manciata d’anni da vivo… Ma è vita quella passata all’ombra del Cancello?- gli chiese il cowboy con una freddezza che nemmeno era convinto di avere in quella situazione e piantandogli addosso uno sguardo accusatore.
Dean Coon avvampò di sdegno a quelle parole, mentre lampi di verde odio gli attraversano lo sguardo.
- Hai anche il coraggio di criticarmi? Tu hai fatto quello che volevi, anche portarti a letto il Principe, senza mai pensare alle conseguenze. Io ero quello che obbediva ciecamente ai tuoi ordini e alla fine si è anche fatto ammazzare per te!- gli urlò contro, slanciandosi in avanti come se volesse colpirlo.
- Tra me e Cedric era una cosa seria, più di quanto tu possa immaginare. Non mi stavo divertendo con lui, non ne sono il tipo d’altronde. Per quanto riguarda voi Demoni Azzurri, non è passato giorno in cui non abbia pianto per voi, non abbia desiderato essere morto al posto vostro. Purtroppo sono sopravvissuto e adesso non faccio altro che scappare dal Cancello e da me stesso.- e il tono della sua voce era basso e amaro, carico di dolore e rimpianto.
Dean Coon increspò le labbra in una smorfia disgustata, come se provasse repulsione anche solo a guardare quello che era stato il suo diretto comandante, la persona nelle mani della quale aveva messo la propria vita, sicuro che sarebbe stato ben ripagato.
- I morti non se ne fanno niente delle lacrime dei vivi. Se proprio avessi voluto, avresti dovuto fare qualcosa durante la battaglia, dopo è totalmente inutile.- gli rispose caustico il comandate dei Segugi Neri.
- Quindi ti sta davvero bene così? Vuoi farmi credere che ti senti bene con la tua coscienza nell’aver rinnegato la persona che eri, per una mera brama di potere?- insinuò velenoso Sey Pears.
- Smettila! Tu non hai diritto di parlarmi così! Non sai niente di me, del perché ho compiuto questa scelta!- gli urlò contro.
L’ex Demone Azzurro con uno scatto sollevò una mano e, a palmo aperto e rivolto verso l’esterno, scaricò un’ondata di fiamme verdi contro il suo avversario. Sey Pears fece appena in tempo a piegare la testa in avanti e a incrociare le braccia davanti al volto, le fiamme lo colpirono e si aprirono ai lati del suo corpo, per poi infiggersi nel pavimento del saloon scavando un paio di solchi neri e fumanti nel legno del parquet.
- La tua solita fortuna!- esclamò il comandate dei Segugi Neri, sputandogli contro.
Attraverso le spire di fumo grigiastre che si levavano dai suoi vestiti bruciacchiati, Sey Pears sollevò piano la testa e puntò sul suo ex amico uno sguardo limpido. Dean Coon sussultò davanti l’intensità di quegli occhi, di un azzurro carico e pulito, troppo sincero per poter nascondere qualche colpa. Deglutì a vuoto, cercando di forzare quel nodo che gli aveva stretto improvvisamente e inspiegabilmente la gola.
- Non combatterò contro di te, Viadal. Non alzerò mai un’arma contro un mio compagno e un mio amico.- affermò convinto il cowboy, abbassando le braccia e portandole lungo i fianchi.
Dean Coon sgranò gli occhi, stupito davanti quelle parole: perché Rem doveva essere il solito ingenuo idealista di sempre? Anche quando si trovava in bilico tra la vita e la morte restava saldamente ancorato ai propri principi di giustizia e poco importava che quello che aveva davanti era un nemico assetato del suo sangue, Rem Nyd aveva il dovere morale di salvare tutti tranne se stesso.
Digrignò i denti furioso per un attimo, il momento successivo un ghigno sardonico gli schiuse le labbra.
- Allora vuol dire che morirai. Non aspettarti sconti da me!- gli urlò contro, con un tono di voce che contrastava fortemente con le sue parole.
Dean Coon estrasse la sua alabarda dal fodero che portava sulla schiena e la puntò contro quello che era stato il suo diretto superiore, contro l’uomo era stato il suo migliore amico, la persona che aveva ammirato di più al mondo e molto di più, contro colui che aveva rischiato la sua vita per lui più volte di quanto riuscisse a ricordare.
- Due Re delle Elkin che si affrontano in duello. Sono proprio curioso di scoprire chi di noi due resterà in piedi alla fine.- e scoppiò in una grossa risata.
Dean Coon impugnò con entrambe le mani la sua alabarda e la sollevò sopra la testa, prima di calarla a velocità impressionante sulla testa del cowboy. Un sorriso sardonico fiorì sulle sue labbra, prima che bloccasse la lama affilata a un centimetro dal suo volto. Lo spostamento d’aria della pesante arma fece sollevare i ciuffi della sua frangetta, ma Sey Pears non si scostò di un millimetro, rimase invece immobile con gli occhi puntati sul suo antico sottoposto. Davanti l’azzurro intenso e limpido di quelle iridi, il comandate dei Segugi Neri deglutì a vuoto, perché quello che gli stava rivolgendo era uno sguardo di quelli che ti fanno sentire colpevole anche quando non hai fatto nulla.
Dean Coon ritirò l’alabarda con un gesti stizzito, facendola roteare tra le dita della mano destra. No, quella volta non sarebbe andata come voleva Rem Nyd. Quell’uomo aveva l’incredibile capacità di manipolare gli eventi in modo che tutto seguisse il suo volere, anche solo usando lo sguardo, ma non avrebbe abboccato, non quella volta perché non era più Viadal Tinris, non era più un Re delle Elkin. Adesso era Dean Coon comandante in capo dei Segugi Neri del Cancello, aveva poteri illimitati e gli Stregoni del Cerchio avevano cancellato tutti i suoi sentimenti, ora aveva i mezzi per resistere alle capacità persuasive di Rem Nyd.
Allora perché l’azzurro profondo e pulito di quegli occhi puntati nei suoi lo stava facendo sentire a pezzi e terribilmente in colpa, come se fosse stato messo dinanzi a ciascuno dei suoi crimini e quelle iridi gridassero la sua colpevolezza in una muta accusa? E Dean Coon detestava sentirsi in quel modo, l’aveva sempre odiato anche prima di morire, come se Rem Nyd fosse l’unico essere puro a camminare sulla terra e nessuno di loro avrebbe mai potuto neanche sperare di avvicinarsi alla sua perfezione. Infondo anche lui aveva i propri peccati sulla coscienza, ma nessuno di essi aveva il potere di macchiare e corrompere il suo abbacinante splendore.
Spostò lo sguardo e qualcosa attrasse la sua attenzione, facendolo sorridere ancora più crudelmente: appena entrato in quello scalcinato saloon la sua attenzione era stata calamitata dal suo vecchio amico, ma ora pensava di avere tra le mani la soluzione definitiva, quella che gli avrebbe consentito di volgere la situazione a suo favore e dare a lui la possibilità di muovere gli eventi. Rem Nyd era sempre Rem Nyd, considerò con un sorriso di scherno. Con la stessa rapidità di un lampo, estrasse uno dei pugnali che portava nei foderi della cintura e lo lanciò con quello che sembrava un unico movimento, verso il fondo della stanza. Con gli occhi pieni di consapevole orrore, Sey Pears osservò la lama fendere l’aria, ne seguì la traiettoria paralizzato, come se si trovasse dentro un sogno, con i suoi sensi allenati di guerriero ne anticipò il bersaglio e vide il pugnale sfiorare la carne tenera della gola di Adam e piantarsi nel legno della parete dietro di lui.
- Adam!- gridò il cowboy e nella sua voce si mischiava paura e rabbia.
Per un attimo aveva temuto che anche quel ragazzo sarebbe morto, che nemmeno quella volta sarebbe riuscito a salvare la persona che amava. Davanti quella involontaria e imprevista presa di coscienza, tutti i sentimenti che provava si riversarono dentro il cowboy, sommergendolo e stordendolo. Dopo tutto quello che aveva dovuto sopportare alla morte di Cedric, aveva deciso di chiudere per sempre il suo cuore, di vivere solo dei ricordi di quei tempi felici che non sarebbero mai più ritornati. Sey Pears non amava, non voleva amare, ma alla fine era ritornato ad amare, a dispetto di se stesso e di tutti i suoi propositi.
Quei sentimenti che ribollivano dentro di lui, andavano ad alimentare la rabbia che nutriva nei confronti del suo avversario. Per Sey Pears in quel momento non esisteva più Viadal Tinris Quarto Re delle Elkin, non vedeva più il suo vecchio amico e compagni d’armi morto tragicamente. Davanti a lui ora c’era solo Dean Coon, comandante in capo dei Segugi Neri, un altro nemico da abbattere per poter sopravvivere.
Sey Pears si nutriva a piene mani dell’odio, del rancore e di tutti i sentimenti più negativi che un uomo può provare, per alimentare i suoi poteri e renderli più letali. Lasciò che quel mare di emozioni che ribolliva dentro di lui lo sommergesse, che gli invadesse ogni più piccolo tratto del corpo e risvegliassero la parte più feroce di lui.
La prima avvisaglia della mutazione che il cowboy stava per subire, fu quella macchia cremisi che iniziò a invadere e consumare l’azzurro limpido e dolce dei suoi occhi. Il secondo segnale fu il colore della sua pelle che cominciò a virare verso un giallo grigiastro, malaticcio. Da quel punto in poi cambiamenti più o meno evidenti iniziarono a succedersi sul corpo di Sey Pears, come tessere di un domino diabolico, sfaldando la delicata bellezza di Sey Pears sostituendola con le fattezze orripilanti di un demone. La bocca, prima dal taglio morbido, era ora diventata una ferita aperta su di un volto butterato e piagato, irta di zanni acuminate. La figura atletica e slanciata del cowboy si era ingobbita e ritorta, quelle mani forti e ma gentili erano state sfigurate dagli artigli ricurvi che spuntavano al posto delle unghie. Quella era la vera natura di un Re delle Elkin, il suo vero potere.
In quel momento Sey Pears non era altro che un mostro, perché soltanto un simile essere avrebbe potuto sopportare il peso del terribile potere che sgorgava dalle profondità del suo corpo. La magia dei Re delle Elkin era terribile. Ognuno dei Demoni Azzurri era forte quanto un intero esercito ma Rem Nyd, il loro comandante, era ancora più potente, oltre ogni immaginazione. Nessuno era mai riuscito a guardarlo usare la sua magia al massimo della sua potenza e poi restare vivo abbastanza per poterlo raccontare. Quando ebbe terminato la sua trasformazione, Il Re dei sette Re schiuse le labbra contro il respiro ansante e poi spostò lo sguardo cremisi e ferino sul suo avversario, che lo osservava immobile a pochi metri da lui. Vedendolo, un’ondata di rabbia schioccò dentro Sey Pears, gli risalì lungo la gola ed esplose sulle sue labbra come il ruggito furioso di una bestia feroce, che fece tremare tutto il saloon.
Dean Coon avvertì un brivido di eccitazione e paura scorrergli lungo la schiena a quella vista. Era riuscito a risvegliare la belva assopita dentro Sey Pears e ora attendeva soltanto che si scatenasse, che gli desse ciò per cui era venuto fin lì. Un ghigno crudele gli schiuse le labbra, mentre il sudore freddo gli imperlava la fronte. Fece ruotare l’asta della sua alabarda tra le dita e poi strinse forte la presa su di essa, come a volerne trarre quella forza e quel coraggio che sentiva iniziare a mancargli. Quello che aveva davanti era uno degli esseri più potenti al mondo e lui stava per sfidarlo. Inspirò forte e raccolse tutte la sue energie fisiche e mentali, quindi passò all’azione.
Piegando le braccia verso destra, Dean Coon sollevò la sua alabarda fino a sopra la testa, dopo aver caricato sulle ginocchia, si slanciò in avanti e, appena il suo bersaglio fu a tiro, menò un fendente con l’intenzione di tagliare il suo corpo a metà nel senso della larghezza. La lama affilata penetrò nella carne e cozzò contro l’osso della spalla, rivoli di sangue caldo e viscoso iniziarono a scorrere lungo il mani dell’arma, simili a sottili serpenti traslucidi, fino a raggiungere le mani di Dean Coon. Un sorriso vittorioso incurvò le labbra dell’uomo quando comprese di averlo colpito, ma nel momento in cui fece per ritrarre la sua alabarda, questa rimase immobile, imprigionata nel corpo del suo avversario e un’espressione di improvvisa e terrorizzata comprensione animò il volto del comandate dei Segugi Neri.
Sey Pears aveva calcolato tutto. Si era lasciato colpire ben sapendo che la sua arma era troppo pensante per poterlo trapassare da parte a parte e la lama si sarebbe piantata dentro le ossa rimanendo incastrata. Dean Coon deglutì pesantemente a vuoto, rendendosi conto di essere completamente alla portata di Sey Pears e di essere disarmato ed esposto ai suoi attacchi.
Gli occhi rossi del cowboy si piantarono in quelli del suo nemico, gelidi e letali come quelli di un serpente. Dean Coon rabbrividì sotto quello sguardo, così diverso da quello caldo, gentile e dolce dell’amico di un tempo. Ebbe appena il tempo di scorgere il ghigno crudele che aveva deformato la bocca dell’altro, che Sey Pears, con un movimento istantaneo, aveva alzato la mano e gliel’aveva stretta al collo, scostandolo da sé e sollevandolo di alcuni piedi dal pavimento, mentre con l’altra mano sfilava l’alabarda dalla propria spalla e la lanciava da qualche parte dietro le sue spalle.
Che essere terribile, pensò Dean Coon. Mai avrebbe sospettato che esistesse un simile mostro all’interno di Rem Nyd, il potere che emanava da lui sembrava schiacciarlo, come una gigantesca mano premuta sulla sua cassa toracica. Sey Pears schiuse le labbra, le zanne acuminate che scintillarono minacciose nella luce, e iniziò a cantare. Gli incantesimi più potenti non venivano recitati, ma si intonavano lente litanie, parole arcane dal suono aspro e minaccioso che si amalgamavano con letale fascino a melodie ricche e dolci.
Dean Coon si rese conto di quello che gli era accaduto, soltanto quando il suo corpo esplose dall’interno. Il dolore era stato immediato e così forte da rischiare di farlo impazzire. Spruzzi di sangue rosso e schiumoso erano schizzati fuori dal suo corpo, investendo in pieno Sey Pears, tingendo con arabeschi cremisi il soffitto e il pavimento. Il comandate dei Segugi Neri sorrise soddisfatto, sentendo la vita che lo abbandonava piano piano.
La stretta della mano del cowboy sul suo collo si allentò e lui cadde a terra, come un burattino a cui erano stati improvvisamente tagliati i fili. Sey Pears si fermò, ansimando pesantemente, guardando dall’alto il suo ex compagno d’armi, mentre lentamente riprendeva l’aspetto umano. Lacrime silenziose scivolavano sulle sue guance, mischiandosi al sangue e lasciando scie rossastre sulla sua pelle. Quando Dean Coon sollevò a fatica lo sguardo su di lui, sentì qualcosa spezzarsi dentro di sé.
- Non piangere, non ne vale la pena per uno come me!- rantolò a fatica, il fiato che gli raschiava in modo doloroso la gola.
- Viadal.- il cowboy invocò il suo nome con disperazione, mentre si inginocchiava al suo fianco e gli prendeva la mano tra le sue.
Il sorriso sulle labbra di Dean Coon assunse una sfumatura dolce e nostalgica allo stesso tempo, quando avvertì le labbra dell’altro poggiarsi sulla pelle delle sue nocche, morbide e calde proprio come le aveva sempre immaginate.
- Tu sei l’unico dal quale avrei accattato una sconfitta. L’unico dal quale mi sarei fatto uccidere.- disse con un tono leggero, quasi fosse uno scherzo tutta quella storia.
Sey Pears serrò le palpebre contro le lacrime sempre più abbondanti, perché in quella impostazione della voce aveva riconosciuto il suo vecchio amico. Non era giusto averlo ritrovato nel momento in cui lo stava per perdere di nuovo. Il solo pensiero gli lacerava il petto con artigli incandescenti. La mano di Viadal Tinris che cercava di stringersi più forte attorno alla sua, attirò l’attenzione del cowboy.
- Rem smettila di scappare, fermati e torna a vivere. Se smetterai di amare finirai come me e non è una bella cosa, sai?- scherzò, ma mentre rideva uno spruzzo di sangue gli schizzò dalle labbra.
- Viadal! Non parlare… non sforzarti!- esclamò Sey Pears, mentre cancellava con le dita tremanti quelle nuove tracce vermiglie.
- Ho amato tanto nella mia vita, sai? Una persona speciale, unica in tutto il mondo, che illuminava la mia esistenza come un altro sole. Ma il mio amore non era destinato a realizzarsi. Credevo di essere appagato, che mi bastasse la sua felicità, ma mi illudevo. La gelosia e la rabbia che provavo nel sapere questa persona tra le braccia di un altro, mi hanno fatto diventare una preda del Cancello. – parlava con un sorriso triste sulle labbra e gli occhi socchiusi, come stesse rincorrendo dei ricordi nella sua testa – Torna ad amare, Rem. Promettimelo. Ama!- esclamò aggrappandosi alla sua mano con folle disperazione.
- Io… sì, te lo prometto.- lo rassicurò Sey Pears.
Aaaahhhh… Il tuo viso è così vicino al mio… No, non devi piangere per me…
- Bene!- bisbigliò Dean Coon, prima che la sua testa ricadesse indietro, inarticolata, un’unica lacrima brillò per un attimo tra le sue ciglia.
Sey Pears lo guardò a occhi sbarrati per un lungo istante, come se non capisse cosa fosse davvero accaduto. Ma quando si rese conto che il suo vecchio amico era morto, qualcosa dentro di lui si spezzò. Le lacrime gli inondarono il viso, frammentando l’azzurro accecante dei suoi occhi. Iniziò a scuotere il corpo senza vita di Viadal Tinris gridando il suo nome, nell’illusione che in quel modo avrebbe potuto riportare indietro la sua anima, tenerla ancorata alla vita.

Il calore delle fiamme sembra essere inghiottito dal freddo della notte. Guardi il fuoco acceso accanto a te e ti pare che il suo riverbero sia pallido, stranamente tiepido.
Forse è solo il tuo stato d’animo, ma il falò non riesce a riscaldarti. I brividi ti scorrono di continuo sottopelle e senti le lacrime premere contro i tuoi occhi. La situazione è precipitata all’improvviso e adesso non sai più cosa fare, ti sembra di brancolare nel buio più assoluto. Sei il Re dei sette Demoni delle Elkin, sei potente e coraggioso, tutti si aspettano che tu abbia un piano, una soluzione per venire fuori da questa situazione.
Tu invece hai soltanto voglia di nasconderti e piangere come non hai mai fatto prima.
Hai perso tutto, ciò che stringevi tra le dita si è improvvisamente trasformato in un mucchietto di sabbia, che è scivolato via dal tuo pugno alla prima folata di vento. Ora che non hai più nulla, non sai più chi sei né cosa devi fare, come se avessi smarrito la strada. Rem Nyd era una persona determinata, sapeva sempre cos’era meglio fare e impugnava la spada con sicurezza, sfidando di continuo la morte senza battere ciglio. È così diverso da ciò che sei adesso che quasi non ti riconosci. Ti abbracci il corpo, sperando così di spegnere i brividi, abbassi la testa e chiudi gli occhi. A denti stretti combatti contro i ricordi di queste ultime settimane, perché vorresti per una volta abbandonarti all’oblio del sonno e fare un sogno senza sogni, ma sei così stanco che alla fine devi soccombere.
Il Re ha gettato la maschera dietro cui si è nascosto per tutti questi anni e ha mostrato alfine il suo vero volto. Ha radunato tutto il suo esercito e vi ha chiesto di sottomettervi al Cancello Oscuro. Molti soldati hanno continuato a seguirlo e si sono inchinati al nemico, ma voi demoni avete visto troppe morti atroci causate dai suoi seguaci per farlo. Per qualche tempo avete finto di esservi sottomessi al volere del Cancello, ma in realtà vigilavate, osservavate per capire quale fosse il piano del Re. Quando hai compreso cosa stava tramando nell’ombra, è stato l’inizio della fine.
Il vostro indegno sovrano ha ucciso il suo sposo per ottenere il Kamlon e, ora che lo ha perduto nuovamente, ha deciso di spazzare via voi Demoni, per riscattarsi agli occhi della Stella Scarlatta. Vi ha abbandonati nel momento in cui più avevate bisogno della sua guida, lasciandovi alla mercé dei soldati del Cancello.
Dopo settimane spese a vagare da un capo all’altro delle Elkin, alla ricerca del Principe, disperati, affamati e senza alcun domani davanti a voi, continuate a lottare in nome del vostro giuramento, di quella speranza in un futuro migliore che, anche se flebile, vi arde ancore nel petto.
Tu, Rem, combatti in nome del tuo amore.
Domani, appena il sole sarà sorto, ingaggerete battaglia con l’esercito di invasione del Cancello. Ieri c’è stato il primo scontro e alla prima carica il Re vi ha traditi, schierandosi con le truppe nemiche. La sorpresa per questo tradimento improvviso ma non inatteso, vi è stata fatale. Due dei tuoi Demoni, due dei tuoi migliori amici, fratelli più che compagni d’armi, sono stati ammazzati senza pietà, insieme a buona parte dei pochi soldati che hanno rifiutato di seguire il Re in quella follia e sono rimasti al tuo fianchi. Il numero delle forze a tua disposizione è troppo scarso e debilitato dalla fatica, delle ferite e dallo sconforto.
La nuova alba segnerà la vostra sconfitta e il nuovo regno del terrore del Cancello sulle Elkin.
Non hai mai assaggiato una disperazione più nera di questa, che ti avvolge come un sudario e ti impedisce di vedere qualsiasi cosa attorno a te. Ti sembra che niente di quello che stai facendo abbia uno scopo. Cedric è morto, domani stesso potresti esserlo tu e il Kamlon quindi potrebbe finire nelle mani della Stella Scarlatta, portando il mondo sull’orlo della distruzione. Quindi perché combattere? Perché continuare a lottare quando si è già sconfitti?
Perché?
Una mano poggiata improvvisamente sulla tua spalla, ti strappa alle tue riflessione e ti fa sobbalzare. Impaurito ti volti di scatto e davanti ai tuoi occhi trovi l’espressione preoccupata di Viadal Tinris.
- Devi stare più attento, comandante. La prossima volta potrei non essere io!- ti rimprovera bonariamente, con un sorriso mesto a tendergli le labbra.
Lo osservi mentre si siede al tuo fianco. Nella luce ambrata del fuoco sembra ancora più smunto. Viadal è sempre stato una persona molto socievole e alla mano, eppure ti sembra lontana come in un’altra vita l’ultima volta in cui l’hai visto sorridere davvero. Le occhiaie svelano la sua stanchezza, eppure è lì accanto a te e questo ti riempie il petto di un calore che avevi quasi dimenticato.
- Non riesci a dormire?- gli domandi.
Viadal increspa le labbra in un broncio infantile e poi scuote la testa, i suoi lunghi capelli rossi scintillano come fili di rame nel riverbero delle fiamme.
- Troppe immagini da dimenticare, che ritornano alla mente. Preferisco stare qui… con te!- aggiunge in un soffio, come se temesse la tua reazione.
Ormai i tuoi Demoni hanno compreso la vera natura del sentimento che ti lega al Principe e sembra che l’abbiano accettato, tanto da seguirti nella sua ricerca, senza che tu nemmeno glielo chiedessi. Eppure c’è qualcosa di strano in Viadal ultimamente, è come se un interruttore si fosse spento dentro di lui. Il pensiero successivo è che sei uno stupido, perché è normale che ciò che avete passato nelle ultime settimane vi abbia trasformati in qualche modo. Con il tempo forse riuscirete a rimettere insieme le vostre anime a pezzi e ritrovare almeno un po’ di voi, ma ora è ancora troppo presto.
- Neanche tu riesci a dormire.- e la sua non è una domanda.
Sospiri sfinito e riporti lo sguardo sulle fiamme.
- Mi sento un fallito.- dici tutto d’un fiato.
- Un fallito?- ripete lui, come se non riuscisse a capire il senso delle tue parole.
- Vi ho condotto in un’impresa disperata soltanto per il mio egoismo. Non sono stato capace di difendervi dal Re e sicuramente non ci riuscirò in futuro. Non merito il titolo di Re dei sette Re!- e digrigni i denti, cercando di resistere alla nuova ondata di dolore che si infrange nel tuo petto.
Viadal ti afferra per un braccio e ti costringe a voltarti verso di lui.
- Ma che accidenti stai dicendo?- esclama mentre continua a scuoterti.
- A causa mia avete perduto tutto, siamo braccati da quelli che erano i nostri stessi compagni. A che mi servono questi poteri se non posso difendere neanche le persone che amo? – protesti scuotendo la testa, rannicchiandoti inconsciamente su te stesso, come per proteggerti dal dolore che i tuoi stessi pensieri ti cagionano – Sono totalmente inutile.- affermi, con un decisione che rasenta la follia.
Senti lo sguardo del tuo compagno d’armi su di te, che sembra perforarti la pelle e scavarti dentro fino a raggiungere la tua anima. Provi una fitta di fastidio, perché quello non è lo sguardo caldo e morbido con cui ti osservava Cedric dopo aver fatto l’amore, quando credeva che tu dormissi. Quello che ti sta rivolgendo Viadal è uno sguardo indagatore, freddo e interessato, alla ricerca di non sai cosa.
- Stai dicendo un mucchio di sciocchezze e lo sai. È solo il dolore e la disperazione a farti parlare in questo modo, nient’altro.- esordisce piano, dopo una lunga pausa di silenzio.
Vorresti rispondergli che non è vero, che la sua è una pietosa bugia detta per nascondere la tua mancanza di capacità, ma la mano di Viadal allenta la morsa sul tuo braccio e risale fino alla spalla, in una carezza troppo intima per due compagni come voi, stringendola affettuosamente.
- Ti abbiamo seguito fin qui perché lo volevamo, non perché qualcuno che l’ha ordinato. Tu sei sempre stato la nostra guida, il nostro punto di riferimento, molto più del Re. – udendo queste sue parole sollevi la testa sorpreso per guardarlo e il verde chiaro delle iridi di Viadal questa volta ti osserva dolce, carezzevole, caldo – Abbiamo affrontato situazioni ben più disperate e pericolose di questa eppure, con te al nostro fianco, siamo sempre riusciti a uscirne vivi. Staremo sempre al tuo fianco, ti seguiremo ovunque e ti aiuteremo in tutti i modi possibili, ma non perché sei il Re dei Sette Demoni, ma perché sei Rem Nyd, il nostro amico. Capisci?- e ti sorride apertamente, quel sorriso che non vedevi da molto tempo.
Un calore dolce e doloroso insieme si scioglie dentro il tuo petto, mentre le lacrime ti risalgono la gola così velocemente che non puoi fermarle quando iniziano a scivolarti sul viso. Senza nemmeno rendertene conto, lo abbracci forte e nascondi il viso rigato dalle lacrime nel morbido incavo tra la sua spalla e il suo collo. Viadal per un lungo istante si irrigidisce tra le tue braccia, troppo sorpreso per avere una reazione coerente, poi le sue mani iniziano ad accarezzarti piano la schiena, attraverso la stoffa leggera della casacca che indossi le senti muoversi su di te timide, esitanti, tremanti. Viadal appoggia la sua guancia contro la tua tempia e ti lascia un bacio umido tra i capelli, un contatto questo così rapido e fugace che non sei sicuro che sia accaduto davvero.
Dovresti fermarti e chiederti quali siano i motivi che spingono il tuo amico a comportarsi in questo modo, ma ora, tra le sue braccia, ti senti bene come non accadeva da quando è iniziata tutta questa storia e non vuoi rovinare tutto con domande che porterebbero a galla segreti che è meglio tenere nascosti.
Lui è Viadal Tinris, l’amico su cui puoi sempre fare affidamento, il porto sicuro nel quale trovare riparo mentre cerchi di ritrovare la strada giusta, la roccia sicura alla quale potrai sempre aggrapparti per non precipitare nell’abisso e sarà così per sempre.