Capitolo 13: Angeli tra le fiamme

Se un uomo ha relazioni con un altro uomo,
fa una cosa disgustosa e tutti e due devono
essere messi a morte. Essi sono responsabili
della loro morte.
(Levitico, 20,13)



La luna brillava nel cielo come un’enorme perla, irraggiando ovunque la sua luce argentea, facendo scintillare la neve come polvere di diamanti e scivolare le ombra negli angoli più bui e remoti della boscaglia. La foresta era un immenso mare di pini e abeti che si stagliavano silenziosi e antichi contro lo sfondo nero del cielo notturno, appena illuminati dal riflesso della luna sul candore della neve.
La sagoma del castello Malbork si ergeva in tutta la propria austerità, animata a tratti dalla luce ambrata dei fuochi accesi nel cortile. I Fratelli Servitori si affaccendavano attorno al palco di legno che aveva approntato quel giorno per sistemare le ultime fascine secche.
Tutti gli abitanti del castello, dal Gran Maestro agli stallieri, erano in fermento. Subito dopo aver celebrato i mattutini era stato un continuo di ordini e uomini che correvano freneticamente per eseguirli.
Appena sorto il sole il Gran Maestro, accompagnato dal Vescovo, aveva dato ordine che venisse costruito rapidamente un palco su cui i due condannati sarebbero stati arsi vivi. E tutti erano scattati ai loro posti, iniziando a lavorare di buona lena, senza mai protestare o riposarsi.
E ora il Vescovo, in piedi davanti al palco, osservava soddisfatto i due pali ai quali Hans e Peter sarebbero stati legati di lì a poco. Un ghigno malevolo gli schiuse le labbra al solo pensiero.
Mancava poco all’inizio dell’esecuzione, presto avrebbe potuto lavare via l’onta subita tanti anni prima. Non era il trionfo della giustizia divina a interessargli in quel momento, l’unica cosa di cui gli importasse era vendicarsi di Isabelle Bauer. Ricordava ancora quella donna che passeggiava per i corridoi del castello in cui lavorava bellissima ed eterea, affascinando tutti coloro che poggiavano incautamente lo sguardo su di lei.
Lui stesso, che si credeva al sicuro dagli attacchi del Maligno, era rimasto prigioniero della sua rete. Nel momento stesso in cui l’aveva vista per la prima volta accanto alla moglie del Conte, Isabelle gli era entrata dentro, radicandosi nella sua anima e infettandola. Per quanto avesse lottato contro se stesso, non era più riuscito a togliersela dalla testa.
Isabelle Bauer era diventata la sua ossessione, riducendo in cenere tutto quello in cui credeva e che aveva faticosamente costruito in tutti quegli anni. E dopo vari tentennamenti si era fatto avanti gettando il proprio cuore ancora pulsante ai suoi piedi, pronto a rinunciare a tutto quello che possedeva, alla sua carica sacerdotale, ignorando tutte le malelingue che circolavano su di lei. Ma Isabelle lo aveva respinto, spiegandogli con voluta cattiveria che portava in grembo il figlio del Conte e che mai avrebbe rinunciato ai privilegi che ne sarebbero derivati se fosse stato un maschio.
Scoprendo che altre mani l’avevano già toccata, che tutto quello che si raccontava su di lei era vero, che Isabelle Bauer era poco più di una prostituta di strada pronta a soddisfare le voglie di qualsiasi uomo, il suo cuore era andato letteralmente in pezzi, trasformando l’amore feroce che nutriva per lei in odio spietato e implacabile. Si era fatto da parte, mettendosi in paziente attesa del momento in cui avrebbe potuto vendicarsi.
Isabelle era morta da alcuni anni ormai, ma c’era sempre quel figlio bastardo per il quale lo aveva respinto. Per questo quando aveva saputo che Hans Bauer era sotto processo per un reato capitale, aveva fatto tutto quello che era in suo potere per farsi assegnare dalla Santa Sede il caso. Quella era la sua opportunità di lavare via quella macchia che lo insudiciava.
Lo sferragliare di catene strattonate e trascinate lo strappò dai suoi pensieri, si volse e con un ghigno feroce a disegnargli le labbra accolse i due condannati. In piedi sul bordo del cortile, malfermi sulle gambe e vestiti solo dei loro abiti ormai sbrindellati e macchiati di sangue e sudiciume, incapaci di proteggerli dal gelo di quella notte, strettamente sorvegliati da due Cavalieri per impedire ogni contatto tra loro, vide i due condannati a morte. Erano ormai giunti al limite fisico e mentale, osservò il Vescovo compiaciuto.
Sentiva già tra le labbra il sapore dolce della vendetta e pregustava il momento in cui avrebbe potuto berne ad ampie sorsate dal suo calice.
Riportò lo sguardo sul palco e il sorriso sulle sue labbra si ampliò quando vide che era tutto pronto per l’esecuzione. Sollevò lo sguardo verso il cielo di un nero vellutato e spruzzato di polvere di diamanti e vide che anche la luna era al culmine della sua corsa. Mancava solo il Gran Maestro e poi avrebbero potuto procedere.
Il Vescovo si avvolse maggiormente nella pelliccia e si avvicinò ai due condannati con l’espressione di un predatore che ha intrappolato la sua preda. Le guardie scattarono immediatamente sull’attenti, facendo tintinnare pericolosamente le catene, mentre i due detenuti non si mossero dalla loro posizione.
- E così siamo giunti al dunque, herr Bauer!- esordì con un tono flautato, fin troppo casuale.
- Così pare!- rispose calmo Hans, osservando il vescovo come si fissa un oggetto inutile.
E sotto quello sguardo di superiore disprezzo che sembrava perforargli l’anima, il prelato digrignò i denti. Era a un passo dalla morte e invece di gridare spaventato e implorare il perdono di Dio, quell’uomo restava fermo nelle sue convinzioni, senza provare alcun pentimento, ma anzi sfidando a viso aperto la morte. E lui aveva quell’atteggiamento solo nei condannati a morte che credevano fermamente nei propri ideali. Hans si era aggrappato a quel folle amore che provava per Peter e in esso trovava la forza per accettare e affrontare il proprio destino. E il ragazzo doveva provare la stessa cosa.
Il Presule provò una certa invidia davanti quei due uomini che provavano per l’altro un sentimento così forte da essere diventato la ragione stessa della loro vita. Poteva vedere quell’amore che li univa trasparire da ogni gesto, da ogni parola e da ogni sguardo. Ricordava benissimo il brivido che gli era sciabordato lungo la schiena quando, alla fine del processo, Hans aveva baciato Peter: era stato un fremito di desiderio così profondo da averlo squassato fin dentro le viscere.
Lui non aveva mai assaporato niente di simile. Credeva di aver trovato l’amore negli occhi scuri di Isabelle Bauer, invece era stato null’altro che il suo pallido riflesso. E l’aver scorto negli sguardi, nei gesti e nelle parole dei due condannati il sentimento crudo e profondo, quasi violento, che li legava, gli aveva acceso dentro una gelosia devastante che aveva trasformato il disprezzo che provava per loro in odio e crudeltà senza limiti.
Se lui non aveva potuto assaporare l’amore, allora nessun altro avrebbe potuto farlo: avrebbe distrutto ciò che legava quei due, li avrebbe colpiti dove avrebbe fatto più male, nei sentimenti, e avrebbe fatto in modo che di esso non restasse niente.
Un malevolo ghigno di trionfo schiuse le labbra del Vescovo quando vide il Gran Maestro dell’Ordine Teutonico entrare nel cortile seguito dai Cavalieri e apprendisti. I Fratelli Servitori incuriositi erano affacciati alle finestre delle varie stanze in cui avrebbero dovuto lavorare, ansiosi di assistere all’esecuzione.
Il Prelato e il Gran Maestro si scambiarono un cenno d’intesa, poi quest’ultimo salì sul palco e fece scorrere il suo sguardo gelido su tutti gli astanti, soffermandosi un istante in più sui due condannati.
- Fratelli siamo qui riuniti questa notte pieni di vergogna verso Dio e per chiedere umilmente il Suo perdono. Il Maligno ha operato contro di noi per indebolirci e impedirci di portare a compimento la missione salvifica che ci è stata affidata. Si è infiltrato tra le nostre fila e ha indotto due di noi a violare la Legge di Nostro Signore. A volte dimentichiamo che siamo solo deboli uomini sempre assediati dalle tentazioni del male e questa nostra arroganza ci rende più vulnerabili. Alcuni di noi sono abbastanza forti da resistere, ma altri cedono e trascinano tutti noi nel peccato insieme a loro. E per purificare le loro anime dalla colpa commessa, bruceranno le loro anime nel fuoco, come bruciarono le città dannate di Sodoma e Gomorra. Preghiamo Dio affinché sia misericordioso con i nostri confratelli.- e congiunse le mani davanti al volto, in un gesto di preghiera.
Hans sputò a terra disgustato. Era entrato nell’Ordine Teutonico da abbastanza tempo da sapere che non c’era nessuno lì che non avesse sperimentato tutti i peccati vietati dalla Bibbia e anche quelli che nemmeno Dio era riuscito a immaginare. Giocavano a fare i sant’uomini, ma avevano l’anima così lorda che Satana li avrebbe accolti tra i suoi luogotenenti senza battere ciglio. Eppure solo lui e Peter erano incatenati e pronti per essere bruciati per purificare le loro anime. E non c’era niente d’immondo nel loro amore, sarebbe stato pronto a gridarlo ai quattro venti se solo sarebbe servito a far liberare almeno Peter.
Spostò il suo sguardo acceso di furia repressa su Gustav Lammer che, a testa bassa e con gli occhi chiusi, fingeva di pregare per loro. Era stata colpa sua. Se loro erano arrivati a quel punto la colpa era solo di quel ridico omuncolo pieno di sé e totalmente incapace di misurare le proprie capacità. Lo dimostrava il fatto che, invece di sfidarlo a viso aperto, aveva preferito tessere i suoi intrighi nell’ombra, aspettando solo l’occasione buona per inastarli, strisciando alle loro spalle come il verme che era.
Se solo fosse stato libero di agire come preferiva, Lammer avrebbe pregato per avere una morte breve e indolore! E invece doveva restare fermo al suo posto, conscio che al primo movimento le guardie lo avrebbero duramente colpito: era già riuscito a eludere la loro stretta sorveglianza due volte e non si sarebbero fatte sorprendere una terza.
Gustav Lammer dovette percepire gli occhi di Hans su di sé perché si volse nella sua direzione e quando incrociò il suo sguardo rabbioso, un’irritante sorrisetto di divertita cattiveria gli tese le labbra. In quel momento il Cavaliere decaduto avrebbe dato qualunque cosa per avere una spada a disposizione e le mani libere per usarla!
Distratto dai suoi pensieri non si accorse che il Vescovo si era avvicinato al Gran Maestro per scambiare con lui poche parole dette a voce bassissima, né della sua espressione profondamente compiaciuta quando l’altro annuì.
- Portate sul palco Peter Sholberg! – ordinò secco il Gran Maestro – Egli è il mezzo con cui il Maligno ha tentato l’anima di Hans Bauer e di molti altri Cavalieri, e per questo sarà bruciato per primo, per purificare la sua anima corrotta dal peccato e anche tutti noi che siamo stati contaminati! In questo modo placheremo le ire di Nostro Signore.- .
Hans si volse lentamente, raggelato dal significato di quelle parole. Come se stesse osservando la scena dall’esterno, vide le guardie spingere con malagrazia Peter verso il palco. Aprì la bocca come per protestare, ma nessun suono uscì dalle sue labbra. Inebetito guardava il ragazzo venire trascinato a forza sopra il palco, dimenarsi furiosamente e inutilmente, come se ciò a cui stava assistendo fosse solo la scena di un terribile incubo che sarebbe evaporato alle prime luci dell’alba. Solo quando legarono Peter al palo di legno e posizionarono le fascine secche tutt’intorno a lui, Hans si rese conto che era tutto reale, che avrebbe dovuto assistere alla morte della persona che amava senza poter far niente.
- No! – esclamò quando il Gran Maestro diede ordine di accendere il fuoco – No! No! No! Lasciatelo! Fermatevi per pietà di Dio!- urlò disperato slanciandosi in avanti in un ultimo disperato tentativo di raggiungere Peter.
Ma i suoi carcerieri lo afferrarono per le braccia e le spalle, cercando di tenerlo fermo. Hans era grande e grosso, incredibilmente forte, ci vollero quattro Cavalieri per riuscire a bloccarlo mentre si dibatteva nel tentativo di liberarsi e correre dal suo innamorato. Un paio di volte riuscì a sgusciare via dalla loro presa, ma fu subito riagguantato e riportato al suo posto.
Gli occhi scuri del Cavaliere decaduto osservano increduli e angosciati le fiamme che si innalzavano sempre più alte dalla legna accatastata, che coloravano di pennellate ambrate la pelle lattea di Peter. Il volto del ragazzo che scorgeva tra le lingue di fuoco era deformato dalla paura e dal dolore, ugualmente colme di terrore e sofferenza erano le urla che emetteva, che fluivano dentro Hans come lame affilate che incidevano lentamente la sua anima.
Il Cavaliere Decaduto si divincolava tra le mani dei suoi carcerieri come un cane rabbioso, straziato dal tormento del suo compagno, urlando a sua volta fino a sentire la gola in fiamme, sperando che la sua voce superasse il rombo delle fiamme che ormai avevano completamente avvolto il ragazzo, per fargli sentire che era lì con lui, che non lo aveva abbandonato al suo destino.
Peter emise un ultimo grido di crudo dolore, poi un pesante, irreale silenzio scese nel cortile del castello. Gli astanti osservavano turbati le fiamme che continuavano a divorare la carne e il legno. Persino Gustav Lammer distolse lo sguardo, incapace di continuare a guardare la scena.
Hans rimase immobile mentre un sordo dolore gli riempiva il corpo, torcendogli le viscere, accartocciandogli il cuore. Ma nessuna sofferenza fisica poteva essere paragonata con quella che gli aveva procurato l’uccisione di Peter. Non poteva essere già tutto finito, non poteva essere già morto, ruggì una voce disperata dentro la sua testa mentre osservava il fuoco, che aveva ormai consumato tutto, iniziare a ritirarsi. E un conato di vomito gli risalì in gola acido, piegandolo a metà.
Hans cadde poi a terra, inginocchio, con la testa piegata in avanti, senza più un briciolo di forza in corpo, come una marionetta a cui avevano tagliato improvvisamente i fili, abbandonato completamente al dolore che pulsava spietato dentro di lui, e, almeno quella volta, le guardie ebbero la decenza di lasciarlo fare. Immagini di Peter e piccoli frammenti del breve periodo che avevano trascorso insieme, riemersero dai suoi ricordi come gemme luccicanti all’interno di un forziere impolverato.
A essi si aggrappò Hans per recuperare un minimo di forza e della sua presenza di spirito quando le sue guardie lo tirarono su per condurlo al patibolo. Le gambe parevano pesanti come blocchi di pietra mentre saliva i pochi gradini, tanto che le guardie dovettero spintonarlo rudemente per costringerlo a muoversi. Non voleva salire sul palco, non voleva vedere quei poveri resti carbonizzati che fino a poco prima erano stati il corpo bellissimo della persona di cui si era innamorato. Si fermò sull’ultimo scalino, ignorando le minacce e i colpi delle guardie, e chiuse gli occhi. Nel buio della sua mente si delineò la figura impalpabile di Peter con i capelli dorati mossi dal vento della sera, gli occhi animati dalle mille scintille della luce morente del tramonto e le labbra piene e morbide schiuse in un sorriso dolce come miele. Una calma irreale si sciolse dentro di lui al suo solo pensiero e le labbra si piegarono in modo irresistibile in un piccolo sorriso, come per rispondere a quello che Peter gli stava rivolgendo nei suoi ricordi.
Era così che voleva ricordarlo. Era quella l’unica immagine che avrebbe voluto a riempirgli la mente mentre la Nera Signora reclamava la sua vita.
E poi saremo di nuovo insieme, si disse serio. Perché ora era più che mai convinto che Dio avrebbe perdonato il loro peccato, proprio come Peter gli aveva detto solo poche sere prima, e avrebbe permesso loro di stare insieme per tutta l’eternità. E davanti il conforto di quel pensiero parve ritrovare una parte di quel se stesso finito in cenere insieme al suo compagno.
Riaprì gli occhi e raddrizzò la schiena, ergendosi in tutta la sua altezza, sovrastando con la sua imponenza le guardie. I muscoli del collo e delle braccia si contrassero e gonfiarono, con le vene in rilievo che strisciavano sottopelle come lombrichi, come se stessero lottando per trattenere una forza pronta a esplodere. Il suo sguardo scuro ridivenne gelido e fiero, la piega della sua bocca dura come marmo.
Non avrebbe dato a quel branco di ipocriti l’opportunità di umiliarlo anche in quel modo, mostrandosi sconfitto ai loro occhi. Avrebbe dimostrato loro che nemmeno così erano riusciti a piegarlo, né tantomeno a spezzarlo. Lui era vissuto con orgoglio e coraggio, e sarebbe morto con orgoglio e coraggio, sempre coerente con se stesso.
Hans con un brusco strattone si liberò dalla stretta delle guardie e determinato salì l’ultimo gradino, ritrovandosi sul palco con gli occhi e il cuore pieni dello straziante spettacolo dei resti di Peter. Lentamente si avvicinò, fermandosi davanti il palo di legno a cui era legato un piccolo scheletro annerito, ripiegato su se stesso in modo sbilenco, che lo fissava con le orbite vuote e un macabro sorriso.
Vacillò ancora una volta non riuscendo a far coincidere quei poveri resti con l’immagine splendente di Peter che conservava gelosamente tra i suoi ricordi. Quello era davvero il corpo bellissimo che aveva desiderato, stretto a sé e amato fino a perdere la ragione?
Distolse lo sguardo non riuscendo a sostenerne la vista. Per la prima volta ringraziò i suoi carnefici, perché giustiziandolo subito non lo avrebbero costretto a vivere con il ricordo della morte di Peter nei suoi occhi.
- Muoviti!- una guardia lo spinse piantandogli una mano al centro della schiena.
- Un po’ di gentilezza Nicholas, non lo vedi che sta riconciliandosi con il suo amante? – sogghignò l’altra guardia in tono malizioso – Peccato che sia finita così, quel moccioso era davvero un gran bel bocconcino.- e scoppiò a ridere in modo sguaiato.
- Già! – si intromise Nicholas – Ammetto che anch’io ho fatto su un paio di pensierini su di lui.- e concluse con un gesto allusivo.
Quel discorso così volgare colpì Hans come uno schiaffo in pieno volto e il sangue iniziò a vorticargli furioso nelle vene. Come si permettevano di parlare in quel modo di Peter, davanti al suo cadavere, senza il benché minimo rispetto e senza curarsi di lui? Credevano forse che essendo legato non costituiva una minaccia?
Con uno scatto così rapido che non riuscirono a scorgerlo, girò su se stesso e diede una spallata alla guardia subito dietro di lui mandandola lunga distesa sul legno del ripiano. L’altra pur sorpresa cercò di reagire, ma, prima ancora che riuscisse a sfoderare la spada, Hans caricò e lo colpì allo stomaco con una testata, facendola cadere dal palco. Si volse e iniziò a prendere a calci allo stomaco il Cavaliere che era ancora steso ai suoi piedi, animato da una furia selvaggia alimentata dalla rabbia e dalla sete di rivalsa.
Lui era una perfetta arma da combattimento, forgiata nel fuoco e nel sangue della battaglia, e niente avrebbe potuto piegarlo e annichilirlo, nemmeno quel branco di banditi travestiti da preti. Vedeva tutto rosso e ogni rumore era inghiottito dal ruggito del sangue delle orecchie, per questo non sentì il Gran Maestro che urlava ordini agli altri cavalieri perché lo fermassero.
Hans avvertì soltanto un dolore lancinante al centro della schiena che gli mozzò il respiro in gola e gli fece calare un panno nero davanti agli occhi, poi qualcosa che lo colpiva alle gambe e allo stomaco, e un colpo forte alla nuca che fece defluire via la sua coscienza. Per qualche istante si sentì fluttuare in un morbido nulla e quasi credette di essere finalmente morto, certo che presto si sarebbe ritrovato insieme a Peter. Ma una sensazione improvvisa e gelida al viso lo riscosse dal torpore in cui era precipitato, riportandolo alla realtà.
Sbatté più volte le palpebre intontito, come se si fosse appena svegliato da un sonno profondo, e la prima cosa che vide fu un Cavaliere in piedi davanti a lui con un secchio svuotato e gocciolante d’acqua in mano. Si guardò intorno cercando di capire dove fosse.
Era sul patibolo, legato al palo del rogo mentre un paio di Cavalieri affastellavano le fascine secche attorno alle sue gambe, ai piedi del palco erano riuniti tutti gli altri membri dell’Ordine, in impaziente attesa di vederlo bruciare vivo. Fece scorrere lo sguardo su di loro e un ghigno compiuto gli schiuse le labbra quando scorse l’espressione furiose dal Gran Maestro: anche a un passo dalla morte era riuscito a creargli problemi.
La pelle della gola e del viso dell’uomo si colorò di un forte rossore davanti quell’ultimo gesto indisponente di Hans. Come poteva avere ancora lo spirito di farsi beffe di tutti loro? Indignato, il Gran Maestro ordinò che venisse appiccato il fuoco con un cenno del capo: doveva scrivere la parola fine a quella storia prima che il seme della ribellione e del peccato attecchisse tra i Cavalieri.
Sul palco un Cavaliere prese una torcia accesa e avvicinò la fiamma alle fascine, che presero subito fuoco. Han osservò le lingue di fuoco levarsi e crepitare, bruciare il legno e i vestiti prima di iniziare a lambirgli la pelle. Non aveva paura. Aveva guardato la morte in faccia molte volte e aveva sempre provato un vago senso di inquietudine, ma ora sentiva la calma colare dentro di lui come i granelli di sabbia all’interno della clessidra. Si sentiva tranquillo perché sapeva che al di là delle fiamme del rogo e del gelo della morte c’era Peter ad attenderlo. Chiuse gli occhi e ripercorse i pochi momenti vissuti insieme come compagni e amanti, rivide ogni gesto di Peter, riascoltò le sue parole e si perse un'altra volta nel blu cobalto dei suoi occhi, traboccante di tutto l’amore che provava per lui.
E improvvisamente si rese conto che non avvertiva il calore né il dolore delle fiamme sulla sua pelle che stava bruciando. Era come un incantesimo, che sembrava strappare l’anima dal suo corpo agonizzante e trascinarla via, lontano da lì, in un nulla dorato e ovattato dove nessun male poteva toccarlo. Si sentiva leggero, senza peso, gli sembrava di galleggiare: possibile che fosse già morto? E Peter? Peter dov’era?
Hans. Hans. HANS. Sovrastando il ruggito delle fiamme che s’innalzavano sempre più alte attorno a lui, divorando la carne, i nervi e la ragione del Cavaliere Decaduto, la voce dolce e melodiosa di Peter gli carezzò l’udito. Quel moccioso era morto da quanto, pochi minuti, e già aveva le allucinazioni! Forse era impazzito completamente, ma quella era la migliore illusione che Dio potesse donargli in punto di morte.
Hans. Hans. Hans. Hans. La voce dell’apprendista ritornò ancora più dolce di prima, un caldo sospiro soffiato direttamente nelle sue orecchie. Possibile che quella creatura pura fosse ancora lì con lui, in quell’inferno di fiamme e morte, invece di schiudere le sue candide ali e librarsi verso il Cielo, da cui era caduto? Lo immaginava già accolto fra le schiere angeliche, perché era ancora lì?
Piano schiuse le palpebre, per dirgli di andare via, di ritornare in Paradiso e di non preoccuparsi, perché lui sarebbe andato all’inferno per entrambi. Invece davanti ai suoi occhi trovò soltanto lingue di fuoco che danzavano eleganti contro il cielo nero della notte e ferivano il suo sguardo con il loro rosseggiare. Le fissò senza capire, sollevato e deluso insieme per non aver trovato Peter accanto a sé.
Hans. Hans. Udì di nuovo la sua voce dentro e attorno a lui, si guardò intorno cercandolo, scrutando ovunque riuscisse a spingersi il suo sguardo, senza riuscire a vederlo. Hans. Hans. Hans. Le lingue di fuoco iniziarono a danzare più freneticamente nell’aria fredda, intrecciandosi l’una con l’altra. Forse era davvero impazzito, ma a tratti riusciva a scorgere fra di esse una figura vagamente umana. Hans. Hans. Hans. Hans. E finalmente lo vide, un angelo di fuoco, con le ali aperte in tutta la loro ampiezza, che gli tendeva sorridente le braccia in una promessa di unione eterna. Hans fissò Peter negli occhi, incredulo, nonostante lo stesse vedendo con i suoi occhi. Possibile che fosse venuto a prenderlo, per trascorrere insieme tutta l’eternità?
Hans. Il Cavaliere Decaduto chiuse di nuovo gli occhi, lasciando che quella voce dolce lo riempisse fin dentro l’anima. E si abbandonò completamente al suo abbraccio ardente, lasciò che quelle immateriali dita di fuoco gli accarezzassero la pelle, penetrando fin dentro il suo corpo. Si lasciò bruciare, nel corpo e nell’anima, perché sapeva che solo in quel modo avrebbe potuto ricongiungersi con Peter.
- Moccioso.- sussurrò sulle sue labbra, prima che le fiamme lo avvolgessero completamente.



Fine