Capitolo 15: Ciò che ho fatto è stato solo per il tuo amore

Peter, in piedi accanto al suo pagliericcio, stava cercando di aprire la fibula che gli chiudeva il mantello sulla gola. Il freddo che ancora faceva doveva aver fatto incastrare il meccanismo dello scatto. Sbuffò spazientito, quasi tentato dall’idea di strappare tutto. Voleva liberarsi del mantello che si era appesantito per l’umidità della chiesa e stendersi un po’ prima dei mattutini. Nonostante si allenasse duramente ogni giorno, sentiva tutto il corpo intorpidito e dolorate. Il pensiero che ad accentuare quella sensazione di disagio fisico, avesse contribuito anche la notte che aveva trascorso con Hans, gli colorò le guance di uno spruzzo di porpora.
Due mani grandi e forti si strinsero sui suoi fianchi e lo costrinsero a voltarsi. Peter si trovò davanti Hans che lo stava osservando con un’espressione calda e dolce che non gli aveva mai visto in viso e che gli fece battere più forte il cuore nel petto.
- Lascia fare a me!- gli sussurrò e la sua voce si sciolse dentro Peter come miele caldo.
Senza mai distogliere lo sguardo da quello del suo apprendista, con le dita Hans iniziò ad armeggiare con la fibula. Credeva che dopo aver fatto l’amore, quella fame che nutriva verso di lui si sarebbe attenuata almeno un po’, invece era diventata incontrollabile e, se possibile, era anche aumentata. Provava il desiderio di non allontanare mai le mani da lui, di sentirsi i polmoni pieni del suo odore e di baciarlo continuamente. Sentiva la testa vuota e leggera, come se fosse ubriaco fradicio e non si era mai trovato prima d’allora in quello stato di esaltazione continua. Cosa mi hai fatto, Peter? Si chiese mentre il suo sguardo veniva nuovamente attratto da quelle labbra piccole e piene, rosse come rubini.
Quando riuscì finalmente a slacciale la fibula e a far cadere a terra il mantello, prese il volto del ragazzo tra i palmi delle sue mani e lo baciò. La consapevolezza che finalmente fossero da soli, al riparo della pesante porta della loro cella, fece perdere loro buona parte dei freni inibitori che cercavano di mantenere durante il giorno, quando erano con gli altri. Avrebbero dovuto mettersi a letto e riposarsi in attesa dei mattutini, ma non interessava minimante loro. Volevano semplicemente sfinirsi, bruciare fino a quando di loro non sarebbe rimasto altro che cenere, e poco importava se sarebbero arrivati in chiesa senza nemmeno un briciolo di forza in corpo.
Peter sollevò le mani e le poggiò sulla testa dell’altro, intrecciando le dita alle ciocche morbide e scure, per poterlo trattenere il più vicino possibile a sé. Il cavaliere nel frattempo aveva infilato le mani sotto la casacca del suo apprendista e gli stava accarezzando la schiena magra con ampi movimenti. Il desiderio scorreva violento dentro di loro, privandoli di ogni controllo. Hans si chiese come potessero bruciare di una passione talmente devastante e assoluta da sommergere e cancellare ogni altra cosa, solo con un semplice bacio e qualche lieve carezza. In quel momento non vedeva e non sentiva altro oltre Peter e non capiva nulla a eccezione del desiderio che provava verso di lui.
Si allontanò dalle sue labbra e, con un gesto rapido che rivelava tutta la sua impazienza, gli sfilò la maglia. Lo abbracciò più forte, fino a quando credette che non ci fossero più spazi a dividerli, e abbassò il volto per baciarlo sul collo, inspirando a fondo quel suo odore di neve e pino che lì era più forte. Peter inclinò la testa all’indietro con un sospiro: gli piaceva quando Hans lo baciava in quel punto, sentiva una cascata di brividi riversarsi giù per la sua schiena e coagularsi dentro il suo ventre. Con un fremito si inarcò contro quel corpo solido, piantandogli le dita nella carne delle scapole, bramando di stringersi a lui pelle contro pelle.
- Hans!- bisbigliò contro il suo orecchio, con la voce grondante di desiderio.
E il cavaliere nell’udirla si sentì tremare fin dentro le viscere, ma continuò a tormentare quella deliziosa fossetta alla base della sua gola, nel tentativo di calmarsi. Quando si sentì un po’ più lucido, allontanò la bocca da quella pelle calda e dolce, che sembrava intossicarlo a ogni bacio come un sofisticato veleno. Portò il suo sguardo in quello blu e lucido dell’altro e trovò la sua stessa passione, lo stesso smodato desiderio che stava bruciando dentro di lui. Pregustando già quello che sarebbe avvenuto da lì in poi, Hans si liberò della sua casacca velocemente. Mentre restava a torso nudo davanti a lui, vide lo sguardo di Peter accendersi di candida lussuria mentre scorreva sul suo torace. Vide il ragazzo sollevare le mani per accarezzarlo, poteva già sentire il loro dolce calore sulla pelle, ma proprio in quel momento dei colpi sulla porta li interruppero. Spaventati si allontanarono l’uno dall’altro di scatto, come se bruciassero.
- Padron Hans, sono io, Klaus il vostro scudiero. Aprite la porta per favore, è urgente.- la voce del ragazzo giunse loro ovattata dal legno, ma percepirono ugualmente l’ansia che l’animava.
Il cavaliere con un cenno delle testa ordinò a Peter di rivestirsi, mentre lui si dirigeva verso la porta e l’apriva trovando lo scudiero che si guardava intorno nervoso, mentre si tormentava le dita e spostava il peso da un piede all’altro. Cosa aveva potuto spaventarlo tanto da portarlo a infrangere il coprifuoco e farlo correre da lui nel cuore della notte? Sentendo la serratura scattare e il battente schiudersi, Klaus si girò verso la porta e rimase talmente tanto sorpreso da quello che vide da restare paralizzato per alcuni istanti. Hans era venuto a vedere cosa stava succedendo a torso nudo ed era uno spettacolo assolutamente incredibile. Lo scudiero, a quella vista inaspettata, sentì il sangue correre più rapido nelle vene, facendogli battere il cuore così forte che ebbe paura che l’altro potesse sentirlo. Sentiva le mani bruciare dal desiderio di toccarlo, di ridisegnare quel corpo scultoreo con la punta delle sue dita, fino a consumare i polpastrelli. Rimase inebetito a fissare quel torace ampio e perfetto, muscoloso ma snello, dai contorni perfettamente definiti, fino a quando la voce di Hans, pesantemente colorata di fastidio, non lo riscosse e solo allora si rese conto che molto probabilmente aveva interrotto qualcosa tra lui e Peter.
Immediatamente la gelosia gli morse il petto, facendogli desiderare di non essere mai venuto fin lì, di non aver mai visto né sospettato niente. Si morse il labbro e quel piccolo dolore gli ricordò il motivo per cui era andato a cercare il suo padrone.
- Mi dispiace avervi disturbato a quest’ora, ma è accaduto un fatto grave. Gustav Lammer questa sera vi ha denunciati al Gran Maestro e stanno venendo qui per arrestarvi.- disse tutto d’un fiato.
Lo strato di ghiaccio sul viso di Hans si infranse, mostrando un’espressione palesemente sorpresa.
- Ci ha denunciati?- domandò incredulo, sicuramente pensava che non sarebbe accaduto così presto, di avere ancora un po’ di tempo.
- Sì, oggi pomeriggio vi ha visti nella piazza d’armi, era nascosto dietro la rastrelliera delle armi. L’ho seguito e ho origliato il discorso tra lui e il Gran Maestro!– gli spiegò con un sorriso orgoglioso, aspettandosi una qualche forma di ringraziamento.
Ma Hans si volse verso l’interno della cella per osservare il suo compagno, che ricambiò il suo sguardo con uno spaventato. Klaus dovette inghiottire anche quel boccone amaro, la consapevolezza di non contare assolutamente nulla per il cavaliere nonostante per lui fosse il centro esatto del mondo, e dovette costringersi a restare fermo al suo posto e proseguire, invece che di scappare.
- Padrone dovete fare presto, arriveranno tra pochi minuti.- lo richiamò con una certa urgenza nella voce.
Il cavaliere si volse verso di lui e annuì.
- Klaus prepara due bisacce con le scorte per un paio di giorni e sella i cavalli, noi ti raggiungeremo il prima possibile nelle stalle.- gli ordinò e sembrava aver ritrovato la sua presenza di spirito.
- Sì padrone.- rispose immediatamente lo scudiero e senza attendere altro si allontanò correndo nel corridoio buio.
Hans ritornò nella cella e si avvicinò a Peter che, in piedi al centro della stanza, tremava come una foglia. Masticò una colorita imprecazione: solo pochi minuti prima erano stati così felici, solo perché erano insieme nel modo che volevano loro, amandosi, e ora avrebbero dovuto lottare per le loro vite. Abbracciò forte il suo apprendista, cercando di spegnere la paura e l’angoscia che stava provando in quel modo. Anche lui era spaventato, nonostante non lo desse a vedere, ma non per se stesso: temeva per l’incolumità di Peter, perché se gli fosse accaduto qualcosa di lui non sarebbe rimasto nulla.
- Ce la faremo anche questa volta, fidati di me.- gli sussurrò all’orecchio, con il tono più deciso che riusciva a fare.
Peter si allontanò da lui quel tanto che bastava a guardarlo in viso senza sciogliere l’abbraccio.
- Lo credi davvero?- ribatté insicuro.
- Insieme noi due possiamo fare qualunque cosa! – rispose e gli baciò dolcemente la tempio – Adesso però prepara le tue cose: abbiamo poco tempo per fuggire.- e gli sorrise incoraggiante.
Il ragazzo annuì e lo baciò un’ultima volta prima di allontanarsi da lui per infilare i suoi pochi averi in una sacca. Hans lo guardò per qualche istante ancora, pregando Dio che avesse misericordia di loro e salvasse almeno Peter, poi si accinse a fare altrettanto.

Klaus correva a perdifiato lungo la scala di servizio che portava all’esterno, con sulla schiena le bisacce che gli aveva ordinato di preparare Hans. Quando uscì all’aperto il cortile era completamente immerso nel buio e nessuna luce era stata accesa, ma per lui non era un problema: erano anni che andava su e giù per tutto il castello e aveva ormai imparato a memoria come muoversi anche senza vedere. Senza nessuna esitazione continuò a correre, i suoi passi che risuonavano vuoti sull’impiantito. Entrò nella stalla e, muovendosi a tentoni, accese una lampada a spirito, che illuminò il buio con la sua luce dorata. Con i pochi e misurati movimenti di chi è avvezzo a compiere un’operazione quotidianamente, sellò il cavallo di padron Hans. Aveva la morte nel cuore perché sapeva che avrebbe dovuto dirgli addio e quell’animale era stato un amico, forse l’unico che avesse mai avuto, a cui aveva confidato tutto quello che portava nel cuore, perché era stato l’unico vero legame che lo teneva unito a padron Hans. Se non avesse dovuto badare a Blitz chissà al servizio di chi sarebbe finito e avrebbe perso l’opportunità di innamorarsi del cavaliere. Gli accarezzò il muso e gli sussurrò qualche parola gentile all’orecchio. Sentiva le lacrime riempirli gli occhi e avrebbe voluto piangere, se questo fosse servito a qualcosa.
Il cavallo di Peter era legato accanto a Blitz. Era un bel baio dal pelo lucente e dall’atteggiamento fin troppo aristocratico per i suoi gusti. Klaus non era mai riuscito a entrare nelle sue grazie e spesso questo si era risolto in un atteggiamento aggressivo della bestia nei suoi confronti. Aveva dovuto scansare parecchi calci e morsi mentre doveva strigliarlo. A Klaus non piaceva Peter e al cavallo di Peter non piaceva Klaus, se ci pensava bene era anche logico. Prese la sella, di morbido cuoio elegantemente lavorato, e si avvicinò al cavallo, che appena lo vide iniziò a sbuffare irritato e a battere il terreno con gli zoccoli. Cercò di calmarlo come meglio poteva: non aveva abbastanza tempo da perdere con quella stupida bestia.
- Ti metterò questa maledetta sella che tu lo voglia o no, quindi faresti bene a collaborare.- sbottò poi al limite della sopportazione.
L’animale dovette intuire dal tono della sua voce diverso che qualcosa non andava, quindi si calmò e lasciò che lo scudiero lo sellasse, venendo poi ricompensato con una carezza affrettata sul collo. Aveva appena terminato di fissare le bisacce alle selle, che Hans entrò nella stalla.
- È tutto pronto padrone, partite immediatamente.- gli disse appena lo vide.
Il cavaliere a quelle parole si fermò a guardarlo e Klaus gioì ferocemente nel sentire quello sguardo su di sé, per la prima volta tutto suo, da non dividere con nessuno.
- Tu vieni con noi.- gli ordinò la voce tesa e sicura dell’uomo.
Klaus avvertì una bolla di calore scoppiargli dentro il petto, perché il suo padrone non lo avrebbe abbandonato a se stesso in quel luogo, ma anzi lo avrebbe portato con sé. Peccato davvero che lui non potesse scappare con loro.
- Non posso venire con voi, padrone. Non questa volta.- gli rispose scuotendo la testa.
- Tu verrai via con noi, senza discutere.- e il suo tono irritato non ammetteva repliche.
- Non posso venire con voi padrone. Non posso, perché io…- e si fermò, mordendosi il labbro per non continuare, mentre le lacrime gli scorrevano sul viso.
Hans incrociò il suo sguardo in cerca di una motivazione per tutta quella ostinazione e sussultò stupito. Per la prima volta lo scudiero lo stava guardando privo di ogni maschera, con gli occhi pieni di un amore così crudo e feroce che per un attimo gli tolse il fiato. Non si era mai reso conto dei sentimenti che quel ragazzo provava per lui e ora, proprio a causa di quell’amore non corrisposto, aveva deciso di restare lì al castello e di affrontare da solo le conseguenze per l’aiuto che stava dando loro. Si stava sacrificando per dare a loro due la possibilità di scappare, senza avere niente in cambio, soltanto in nome di quell’amore che nutriva per lui. Hans avrebbe voluto dire qualcosa, trovare un qualsiasi pretesto per convincerlo a fuggire insieme a loro, ma sapeva che qualsiasi cosa avesse detto sarebbe apparsa un atto egoistico. Se lo avesse obbligato a seguirli, lo avrebbe solo fatto soffrire, perché lo avrebbe costretto a convivere con la persona di cui lui era innamorato e che probabilmente odiava, perché possedeva quello che lo scudiero desiderava.
Sul volto umido di lacrime di Klaus si schiuse un sorriso ampio e dolce, che contribuì ad aumentare la sensazione di malinconia dentro il cavaliere. Sarebbe stata dunque quella l’ultima immagine che avrebbe avuto di quel ragazzo?
- Io devo tenere aperto il ponte levatoio, padrone.- una scusa puerile, ma che gli aveva fornito una scappatoia onorevole.
Hans sbuffò dalle narici e annuì con un cenno del capo per dirgli che aveva capito le sue motivazioni ma non le condivideva. Klaus lo ringraziò, sussurrando un grazie tra le labbra, quando il cavaliere gli aveva già voltato la schiena e non poteva vederlo. Si asciugò il volto con la manica della casacca e poi lo seguì all’esterno della stalla, tirando i cavalli per le redini. Peter li attendeva sotto la tettoia, avvolto completamente nel mantello di lana. Quando li sentì arrivare si volse verso di loro e un piccolo sorriso gli fiorì sulle labbra. Si avvicinò a Klaus e gli prese una mano tra le sue.
- Ti sarò per sempre riconoscente per quello che stai facendo per noi.- gli disse con un tono di voce gentile e dolce.
Lo scudiero deglutì pesantemente, nel tentativo di sciogliere quel nodo che gli aveva stretto la gola. No, se avesse continuato a comportarsi in quel modo amabile con lui non sarebbe mai riuscito a odiarlo e ne aveva bisogno per sopravvivere senza impazzire al pensiero che il suo padrone era scappato via con lui, che non lo avrebbe mai amato. Però ora capiva perché Hans si era innamorato di lui. Ricambiò la stretta delle sue mani e annuì, di più non avrebbe potuto fare in quel momento.
La campana iniziò a suonare l’allarme accompagnata dalle lucerne che venivano accese l’una dopo l’altra e dal vociare concitato degli altri cavalieri che si radunavano per dare la caccia ai due fuggiaschi. Sicuramente avrebbero cercato di fermarli prima che potessero abbandonare il castello.
- Io vado a calare il ponte levatoio.- disse mentre già si rimetteva a correre.
Doveva fare in fretta, più in fretta che poteva, perché presto avrebbero avuto gli altri cavalieri addosso e fuggire sarebbe diventato un’impresa impossibile. I cavalieri rimasti al castello erano in numero esiguo rispetto a quelli che lo abitavano in tempo di pace, ma costituivano comunque una seria minaccia. Neanche un uomo forte come padron Hans avrebbe potuto aprirsi un varco fra di loro, nemmeno con l’aiuto di Peter.
Le guardie sul camminamento di ronda avevano i bracieri accesi per riscaldarsi e per mantenere una certa visuale in caso d’attacco, e per questo Klaus le individuò facilmente. Prese la fionda e un paio di sassi dalla tasca e, dopo aver preso la mira, colpì quelle a guardia del ponte dietro la testa, tramortendole. Rapidamente si avvicinò all’ingranaggio, tolse la sicura e, con una certa fatica iniziò a ruotare la leva. Per fortuna era ben oliata e il braciere vicino aveva impedito al ghiaccio di formarsi, solo per questo motivo riusciva a muoverla da solo. Lentamente la grata di metallo iniziò a sollevarsi e nel contempo il ponte a calare. Bastava poco, quel tanto che permettesse a entrambi di passare in groppa ai loro destrieri.
Era arrivato a sollevare la grata di alcuni piedi da terra, quando udì avvicinarsi i cavalli lanciati al galoppo, seguiti dalle urla degli inseguitori. Klaus digrignò i denti, ancora un piccolo sforzo e il suo padrone avrebbe guadagnato la salvezza. Sollevò le braccia per spingere ancora la leva, con tutta la forza che aveva in corpo e in quel momento il dolore gli morse un fianco, serpeggiando immediatamente nel suo corpo. Stavano cercando di abbatterlo, per impedirgli di abbassare il ponte.
Stringendo i denti e ignorando il dolore, continuò il suo lavoro, mentre il sudore gli scorreva in grosse gocce sul viso. Sbirciò alle sue spalle e vide che Hans e Peter avevano guadagnato terreno ed erano sempre più vicini. Sorrise e ritornò a far girare la leva, quando una seconda freccia lo colpì sulla scapola sinistra. Gridò tra i denti ma non si fermò. I muscoli gli dolevano per lo sforzo e aveva il fiato corto, la perdita di sangue gli stava strappando le forze. Si sentiva sul punto di svenire.
I due cavalli gli sfilarono accanto nella loro corsa furiosa, Klaus fece appena in tempo a sollevare la testa per vedere che Hans era voltato verso di lui e gli stava rivolgendo uno sguardo addolorato, con le labbra sillabò la parola “addio”. Lo scudiero gli rispose con un altro sorriso: non si sarebbe accomiatato da lui in lacrime come il bambino che il cavaliere aveva salvato tanti anni prima, gli avrebbe dimostrato che era cresciuto, che era diventato forte e che poteva essere fiero di lui. Piegandosi sul collo dei loro destrieri, i due cavalieri in fuga riuscirono a passare fortunosamente sotto le punte acuminate della grata e a lasciare il castello.
Klaus era ancora fermo con le mani sopra la leva, quando si sentì afferrare con forza, spingere in ginocchio e piegare in avanti, fino a toccare con la fronte la neve fredda e sporca del cortile. Due cavalieri gli passarono alle spalle e uno di essi lo sostituì a girare la leva per calare il ponte levatoio e riprendere così l’inseguimento. Era contento, finalmente era riuscito a fare qualcosa per il suo padrone, a ricompensarlo in qualche modo di tutto quello che aveva fatto per lui. Sperò davvero che riuscissero a salvarsi e potessero essere felici per il resto della loro vita, insieme. Attorno a lui venivano urlati ordini su ordini, in una sarabanda che sarebbe parsa anche ridicola dall’esterno. Udì il sibilo sinistro della lama di metallo di una spada che veniva estratta dal fodero e con lucida comprensione seppe che qualcuno aveva ordinato la sua esecuzione. Lo avrebbero ucciso in quel modo vile e infamante, colpendolo alle spalle, come il peggiore criminale del mondo. La vita dei Fratelli Servitori era inutile, nessuno si sarebbe sprecato a processarlo, era molto più semplice ucciderlo lì e poi far sparire il corpo. A chi sarebbe interessata la sua scomparsa?
Un sorriso gli scivolò sulle labbra quando si rese conto che, nonostante tutto, si sentiva calmo. Chiuse gli occhi e richiamò alla mente l’immagine di padron Hans, perché voleva che fosse l’ultima cosa a riempirgli l’anima in quel momento. Avvertì la punta gelida della spada poggiarsi sulle vertebre alla base del suo collo. In quell’ultimo istante in bilico tra la vita e la morte, si concesse di immaginare come sarebbe potuta essere se Hans avesse amato lui e non Peter e a quel pensiero le lacrime ripresero a rigargli il viso.
Padron Hans, forse in un’altra vita noi due…
Con una forte pressione la lama iniziò a farsi spazio nella sua pelle, spezzando le ossa e recidendo il midollo. Un dolore insostenibile infiammò ogni nervo del corpo di Klaus per un lungo istante, prima che tutto attorno a lui si sciogliesse in oscuro nulla.