IL PECCATO DI
AMARE
Capitolo
3: Lottando per non cadere
Per
l’ennesima volta quella notte, Hans con un gesto stizzito si
tirò
sulle spalle la coperta di lana grezza che continuava a scivolargli
dispettosamente dalle spalle. Gli sembrava che fosse la sola
protezione che gli impedisse di voltarsi…
… Eppure anche così,
concentrandosi appena, poteva contare i respiri che gli uscivano
morbidi e tiepidi dalle labbra…
Sentiva i polmoni pieni
dell’odore di neve e pino che gli aveva impregnato la pelle
ed i
vestiti durante quel giorno di allenamento nella piazza
d’armi; un
odore che, mischiato a quello naturalmente dolce della sua pelle,
sembrava intossicarlo, dargli alla testa fino a fargli perdere
completamente la ragione.
Digrignò i denti e serrò
le palpebre, cercando di svuotare la mente da ogni pensiero,
imponendosi caparbiamente di addormentarsi; ma nella sua mente di
delineò con perfida precisione la figura di Peter
tranquillamente addormentata sul pagliericcio accanto al suo come
l’aveva vista altre volte in quelle settimane, piccola e
delicata,
sdraiata sul fianco, con le mani adagiate accanto al
volto…
Resistette alcuni secondi, cercando di scacciare quella
tentazione, prima di riaprire gli occhi di scatto sconvolto, come se
gli avessero tirato una secchiata d’acqua gelida in volto.
Sospirò
sconfitto e si mise supino. Per un po’ riuscì ad
imporsi di
guardare il soffitto di pietre appena delineato dalla luce lattea
della luna che filtrava dalla finestra. Da quando era iniziata quella
storia non chiudeva occhio, passava le sue notti a guardare quel
moccioso dormire, come se fosse la cosa più bella che Dio
avesse mai creato. E non era forse così? Insinuò
una
vocina carezzevole dal fondo della sua mente… La cosa
più
divertente era che nemmeno se ne rendeva conto quando accadeva: un
minuto prima era sul punto di addormentarsi ed il minuto dopo si
ritrovava ben sveglio, con gli occhi puntati su di lui, sul suo bel
viso d’angelo che sembrava quasi brillare sotto la luce
argentea
della luna. E lui, Hans, stava cercando di resistere in tutti i modi,
facendo anche violenza su se stesso, se necessario.
Lentamente,
come spinto da un qualcosa più forte della sua
volontà,
voltò la testa, dicendosi ancora che quella volta non doveva
cedere, che doveva resistere, che era ancora in tempo per salvare la
sua anima dalla dannazione…
… e come ogni altra volta, ogni
pensiero svaporò velocemente appena il suo sguardo
sfiorò
quel volto dolcemente addormentato, inconsapevole responsabile della
guerra che stava combattendo con se stesso…
Il battito delle
campane che suonavano la vigilia lo riscossero: quanto tempo aveva
passato a contemplarlo?
Preferì non rispondere a quella
domanda…
Si attardò ancora a letto, sospirando voltò
la testa dall’altro lato per osservare il cielo nero trapunto
di
stelle che si poteva scorgere attraverso la grata che chiudeva
l’abbaino, per trarne un po’ di sollievo per la sua
anima che
bruciava dolorosamente, messa a ferro a fuoco da quel conflitto tra
la ragione e la passione che si stava aspramente combattendo dentro
di sé; scoprendo così che le catene che lo
avevano
legato a Peter avevano allentato la loro presa su di lui, che
l’incantesimo era momentaneamente sospeso. Dei rumori
soffocati
accanto a lui lo avvertirono che anche l’altro si stava
svegliando:
ormai Peter si stava abituando ai duri orari che si imponevano, a
mettere se stesso in secondo piano per servire al meglio il
Signore.
Hans si sollevò svogliatamente in piedi, infondo
anche a lui avrebbe fatto piacere dormire un’intera notte di
fila,
prese il pesante mantello abbandonato su una sedia di paglia ai piedi
del letto e ci si avvolse pesantemente dentro; l’inverno in
quelle
regioni era particolarmente rigido, aggravato dalle vecchie ed umide
mura del castello. Le sue orecchie non raccoglievano più gli
inconfondibili rumori che il moccioso produceva ogni volta
nell’alzarsi, facile che si fosse addormentato di nuovo.
Seccato e
sulla difensiva, si volse e dimenticò ogni pensiero ed
intenzione che fino all’istante prima avevano popolato la sua
mente: Peter era inginocchiato sul letto, i capelli biondi arruffati
e gli abiti in disordine, e si stava sfregando il volto assonnato con
il dorso della mano; innocente ed inconsapevole come un bambino.
Come
poteva esistere una creatura così innocentemente seducete?
Come poteva essere così sensuale solo facendo i gesti
più
elementari? Come poteva attrarlo in quel modo così assoluto
che gli impediva di muoversi e di pensare?
Nessuna donna, neppure
la più bella e desiderabile, lo aveva affascinato fino a
quel
punto; nessuna gli aveva mai fatto quell’effetto…
… perché
quel moccioso, un maschio, ci riusciva? Cos’aveva di
così
speciale da attrarlo a quel modo?
Hans si diede mentalmente dello
stupido: quella creatura fatta di luce aveva tutto quello che una
creature delle tenebre come lui desiderava possedere…
A questo
pensiero il cavaliere sussultò: si stava avvicinando
inesorabilmente al punto di non ritorno, al punto in cui la sua anima
sarebbe stata dannata per l’eternità…
… Ma non valeva
la pena di soffrire tutta l’eternità se poteva
avere anche
solo per un istante quell’angelo?
Distolse lo sguardo
velocemente e si avviò verso la pesante porta di legno
rinforzata con metallo della cella: non sarebbe mai caduto senza
opporre resistenza!
- Vedi di muoverti: siamo già in
ritardo!- lo rimproverò aspramente mentre già
strava
sbucando nel corridoio.
Sentendo la voce burbera del cavaliere,
Peter si svegliò all’istante e saltò
giù dal
pagliericcio, per poi raggiungerlo. Di notte i corridoi del castello
erano ancora più lugubri che durante il giorno, sembrava che
non avessero mai fine, che dovessero camminare per tutta
l’eternità
senza mai riuscire ad arrivare alla loro fine, che le tenebre di cui
erano pieni potessero soffocare da un momento all’altro le
fiamme
delle torce, che in ogni angolo ombre più scure delle altre
si
muovessero pronte ad aggredirli. Per questo Peter camminava sempre
più vicino al cavaliere, gli sembrava che
quell’uomo potesse
affrontare qualsiasi tipo di avversario senza mai conoscere la
sconfitta, che fosse un faro nella notte. Sollevò
timidamente
lo sguardo incontrando l’espressione dura e severa
dell’altro,
immutabile, che non sembrava poter essere scalfita;
quell’espressione
aveva sempre il potere di ridargli sicurezza, di rafforzare qualcosa
dentro di lui. Riportò lo sguardo davanti a sé
quando
si rese conto che erano arrivati alla scala a chiocciola che saliva
fino alla chiesa, perdendosi nella nera e silenziosa
immobilità
del castello. Gli altri cavalieri erano già arrivati nella
cappella e si stavano sedendo ai banchi, mentre Hans, con Peter al
seguito, stava dirigendosi verso uno dei banchi più
defilati,
una voce bloccò i suoi passi, l’unica che non
avrebbe mai
voluto sentire. Lentamente, cercando di nascondere il fastidio che
provava, di volse fino a ritrovarsi davanti un uomo sulla quarantina,
con folti ed ispidi capelli rossi lunghi e tenuti a bada da un nastro
alla base dal collo, la barba, dello stesso colore, gli copriva
metà
volto e tutto il petto; era alto e robusto, imponente come un vecchio
orso, e lo stava guardando come si fissa un insetto fastidioso che si
sta cercando inutilmente di schiacciare.
- Fratello Hans, vedo che
siamo arrivati tardi!- buttò quasi casualmente, facendo
scorrere un’occhiata significativa su Peter.
- Sono giunto in
tempo per pregare, fratello Gustav.- rispose indicando con un cenno
della testa l’altare ancora vuoto.
- Certo, certo. È che
avevo paura che fossi… come dire… impegnato,
ecco!- insinuò
mellifluo, cercando di nascondere il ghigno che voleva aprirsi sulle
sue labbra.
Hans lo maledì violentemente nella sua testa,
sentiva le mani prudere dalla voglia di impugnare la spada e
sgozzarlo come il coniglio che era!
- Ero sveglio ad attendere la
chiamata per la vigilia come si conviene a qualsiasi servitore del
Nostro Signore, che altro avrei potuto fare fratello?- rispose invece
cercando di ritorcergli contro la sua illazione.
Anche nella
spessa penombra della chiesa Hans riuscì a scorgere le
guance
imporporate dall’indignazione e da chissà
cos’altro di
Gustav, ed il bagliore vendicativo che aveva attraversato i suoi
occhi di un azzurro chiarissimo.
- Ovviamente niente fratello, se
non pregare ed attendere!- rispose inchinando appena il capo in
avanti, come se stesse facendo una piccola concessione.
I
cavalieri seduti ai banchi si alzarono all'unisono in piedi con un
morbido rumore ed il Gran Maestro iniziò a salire
sull’altare.
- Ora è meglio se andiamo a pregare,
fratello!- sussurrò Gustav prima di dar loro le spalle e
raggiungere uno dei primi banchi.
Subito imitato da Hans, che a
passi ampi e rapidi, che esprimevano decisamente il suo stato
d’animo, raggiunse il suo posto seguito a fatica da un Peter
un po’
perplesso. Il suo umore già nero era notevolmente peggiorato
dopo quell’incontro! Gustav Lammer era il suo peggior
oppositore,
apparteneva alla più antica nobiltà tedesca di
cui
rappresentava tutti gli ideali e le tradizioni, li dentro, nonostante
le belle parole di uguaglianza e condivisione, era l’emblema
del
loro orgoglio aristocratico; per questo si era opposto strenuamente
alla decisione del Gran Maestro di accogliere Hans
nell’Ordine,
perché non si sarebbe mai mischiato con un mezzosangue di
dubbia origine come lui, ed aveva considerato la sua ammissione una
bruciante sconfitta, un duro colpo al suo onore che aveva deciso di
vendicare in un modo o nell’altro. Gli stava continuamente
con il
fiato sul collo, aspettando che facesse un solo passo falso per
poterlo riferire al Gran Maestro e buttarlo così fuori
dall’Ordine. Ma ora aveva la netta impressione che non si
sarebbe
più accontentato solo della sua espulsione, ma che avrebbe
preteso molto, molto di più…
Mentre sgranava
meccanicamente il rosario senza ascoltare la litania, ripensava allo
sguardo che aveva rivolto a Peter, uno sguardo curioso, quasi
compiaciuto, come se avesse trovato la chiave per avere in pugno lui
e rifarsi dell'umiliazione subita. Doveva stare ancora più
attento ora, non poteva più permettersi nessun passo falso
perché sapeva che Gustav avrebbe spiato ogni suo gesto e
parola che rivolgeva al moccioso, ed avrebbe riferito al Gran Maestro
travisandone il contenuto, facendo apparire il tutto per quello che
non era; doveva inasprire ancora di più il suo atteggiamento
verso Peter anche se gli dispiaceva, trattarlo come se fosse appena
visibile…
… perché il gioco in cui voleva trascinarli
Gustav era perverso e pericoloso, e li avrebbe condotti dritti al
rogo, e non poteva permettere che uccidesse Peter solo per sete di
rivalsa su di lui…