Capitolo 4: Voci di Guerra


Il cucchiaio di legno affondò nella ciotola riempiendosi lentamente della densa consistenza della pappa d’avena. Hans lo sollevò lasciandolo gocciolare per qualche istante nell’attesa che si raffreddasse almeno un po’, prima di portarlo senza troppo entusiasmo alle labbra. Nonostante avesse trascorso tutta la giornata ad allenarsi con Peter nella piazza d’armi non aveva fame, avvertiva come se una spessa sensazione di disagio gli avvolgesse lo stomaco chiudendolo. Appena il cucchiaio sfiorò la sua bocca arricciò le labbra in una smorfia quasi disgustata, ma comunque si costrinse ad aprirle e con un grande sforzo cercò di mandare giù la calda sostanza viscosa.
Non era il cibo a disturbarlo in quel modo, ormai erano anni che mangiava quotidianamente quella zuppa, si era ormai abituato al suo sapore indistinto e colloso; era qualcos’altro, qualcosa di indistinto, di più intimo e profondo a metterlo così in subbuglio, qualcosa che ostinatamente aveva deciso di non prendere nemmeno in considerazione, ma che era sempre li a tormentarlo, come un tarlo che lo stava rosicchiando piano…
Sospirò stancamente, la voce del confratello che leggeva un passo del Vangelo di Luca era solo un debole mormorio che sfiorava appena le sue orecchie, troppo occupato quella sera a tenere a bada se stesso ed i suoi pensieri.
Stava facendo tutto quello che era in suo potere per respingere Peter, per mettere quanta più distanza tra loro, per fargli voltare da lui i suoi stupendi occhi azzurri; ed Hans aveva scoperto che gli faceva male vedere il suo volto oscurarsi dal dolore, qualcosa spezzarsi nei suoi occhi feriti…
... Eppure Peter, nonostante gli sembrasse di scontrarsi ogni volta con un muro di solide pietre, tornava sempre da lui, usando ogni mezzo per farsi accettare da lui, incurante dei suoi sguardi di ghiaccio e dei suoi borbottii sprezzanti che sembravano tagliare la sua anima, incurante dei suoi rifiuti e del dolore che potevano causargli, senza farsi spaventare consapevole che il suo posto era li accanto a quell’uomo e che non sarebbe mai scappato da lui, cercando di crearsi un varco nella spessa muraglia che si era eretto attorno; e stava decisamente riuscendo nel suo intento, dovette ammettere il cavaliere tra sé.
Sempre più spesso si era ritrovato ad ascoltare attentamente la sua voce quando erano nella loro cella e Peter parlava a ruota libera di tutto quello che gli passava per la testa; un paio di volte si era ritrovato a sorridere nel buio, una cosa che non faceva da troppi anni…
Peter lo riempiva di tante piccole attenzioni che lo avevano portato a non rimpiangere più la solitudine, a capire che non poteva andare avanti senza averlo accanto…
E quando arrivava a questo punto, Hans si tirava sempre indietro chiudendosi a riccio, rifugiandosi immediatamente dietro le sue onnipresenti barriere…
… perché ogni volta scopriva quanto indispensabile fosse diventato quel ragazzino per lui, con i suoi sorrisi e la sua allegria, con la sua luce; che non si trattava solo di una questione fisica, che non provava solo del volgare desiderio carnale verso di lui…
E la paura divampava dentro di lui, come una fiamma violenta e nera, che lo divorava impietosamente da dentro…
… Lui che non aveva mai avuto paura di niente e di nessuno, nemmeno della morte, ora si ritrovava ad avere paura di se stesso e di quello che provava…
… Si ritrovava ad aver paura di quel bisogno di avere accanto Peter che sentiva ogni giorno sempre più prepotente dentro di sé…
… Ed aveva paura della risposta a tutto quello che già conosceva e che aveva relegato da qualche parte dentro di sé, come se non prenderne atto potesse anche impedire che questa diventasse la realtà…
… aveva paura di essere già in trappola e che per lui non ci fosse alcuna via di scampo!
I suoi pensieri furono interrotti dalle pesanti ante di legno della porta del refettorio che vennero spalancate violentemente; dal pulpito la voce del confratello si arrestò di colpo ed un brusio sorpreso si sostituì velocemente al silenzio. Il Gran Maestro scattò in piedi, il volto contratto dall’indignazione rivelava chiaramente che non aveva gradito affatto quell’interruzione improvvisa. Un cavaliere fradicio di pioggia, le gocce scivolavano sulla superficie liscia dell’armatura rendendola simile a vetro nero e con il mantello bianco infangato e strappato in più parti, avanzò a passi decisi e pesanti nella sala, cercando di nascondere la debolezza che lo avrebbe fatto barcollare vergognosamente, aveva un aspetto scosso e malato con quel volto emaciato e scavato illividito dal freddo. I suoi occhi erano tinti dal terrore e dall’urgenza, come se avesse qualcosa di così importante da riferire che non poteva attendere.
Hans corrugò la fronte notando che in alcuni punti il fango era mescolato al sangue… quella storia non gli piaceva affatto!
Il cavaliere raggiunse velocemente il Gran Maestro e si inchinò a fatica davanti a lui.
- Spero che tu abbia un motivo valido per rompere la consegna del silenzio, fratello!- la voce dell’uomo era simile ad una lama affilata che fendette l’aria ghiacciandola.
Il cavaliere tremò come se fosse stato sferzato all’improvviso ed abbassò ancora di più la testa.
- Chiedo umilmente venia Gran Maestro, ma porto notizie terribili.- rispose con un filo di voce l’altro, risollevando appena la testa.
La fronte del Gran Maestro si corrugò in un fitto reticolo di rughe mentre faceva scorrere il suo sguardo sull’altro.
- Parla!- ordinò secco, con la voce colorata da una sottile punta di ansia, come se si fosse reso conto solo in quel momento delle condizioni in cui si trovava l’uomo.
- Mongoli, mio signore! – esalò tutto d’un fiato, come se temesse che quel nome potesse in qualche modo contaminarlo – Un’orda immensa si è riversate dalle steppe orientali e si è spinta fino al confine con il ducato polacco. Ci hanno preso di sorpresa cinque notti fa, le sentinelle sono morte prima ancora di capire che stesse accadendo. Abbiamo perso molti uomini e siamo stati costretti ad abbandonare la postazione ed a ritirarci, ma siamo stati bloccati in una vallata compresa tra un lago ed una palude, dove il generale ha fatto erigere velocemente un altro accampamento militare mentre il resto dell’esercito teneva occupati nemici; alla fine siamo stati costretti a rinchiuderci nelle fortificazioni. I miei confratelli stanno affrontando un lungo e drammatico assedio, e temo che stiano giungendo rapidamente allo stremo delle forze…- .
Un agghiacciante silenzio accolse quelle parole. I Cavalieri erano immobili ai propri posti e fissavano sconcertati quell’uomo allo stremo delle forze, mentre la sua voce ancora rimbalzava tra le pareti della stanza. Il cavaliere risollevò lo sguardo sul Gran Maestro.
- Il generale Böll mi ha mandato per chiedere rinforzi. Sono scappato nottetempo grazie ad un diversivo ed ho cavalcato senza mai fermarmi per arrivare il prima possibile. Servono truppe fresche il più velocemente possibile, mio signore, o tutto sarà perduto!- e sottolineò la gravità della situazione con l’urgenza che impregnava il suo sguardo.
Hans socchiuse gli occhi e serrò la mascella: quello che temeva da tanto tempo si era avverato! I Teutonici sarebbero scesi in guerra contro l’orda Mongola!
Velocemente scostò lo sguardo su Peter che sedeva immobile come una statua accanto a lui. Il volto era teso, le labbra serrate e gli occhi sgranati fissi sulla ciotola; tremava appena. Aveva paura! Hans aveva cercato di addestrarlo, di prepararlo ad affrontare quel momento, ma ora comprendeva che nessuna parola sarebbe bastata a calmare il suo animo. Sapeva bene che la paura era un belva quasi indomabile, che sconvolgeva tutto il corpo, che ubriacava il cervello e non faceva più ragionare. Ma evidentemente Peter aveva creduto che la guerra fosse una cosa possibile ma non probabile, non nell’immediato futuro almeno; ed ora stava scoprendo di non sentirsi pronto, di volere altro tempo.
Pian piano sommessi bisbigli iniziarono a farsi sentire da un lato all’altro, sgomenti ed eccitati insieme, mai veramente preoccupati, poi sempre più entusiasti di poter nuovamente scendere in campo contro i Mongoli, rifarsi di qualche vecchia sconfitta negli anni addietro, battersi ancora una volta in nome del Salvatore.
Sembrano bambini a cui hanno appena promesso un giocattolo nuovo, pensò Hans passando uno sguardo distratto sugli altri cavalieri.
- Silenzio!- tuonò la voce furiosa del Gran Maestro.
Bastò quello ed il pugno poderoso che batté sul tavolo a riportare il silenzio.
- Ritiratevi nelle vostre celle e disponetevi ad attendere la compieta nel più assoluto silenzio!- ordinò prima di fare cenno al cavaliere ancora inginocchiato di seguirlo ed ad un altro confratello di portare del cibo per lui nel suo studiolo.
Hans si sedette sul suo pagliericcio accavallando le lunghe gambe ed incrociando le braccia sul petto, un paio di torce bruciava appese i muri rischiarando la cella quel tanto che bastasse. Sicuramente il Gran Maestro e quel cavaliere stavano discutendo su quanto era accaduto e sulla necessità o meno di mandare soccorsi. Il Gran Maestro dell’Ordine Teutonico non avrebbe mai permesso che venissero perse delle posizioni importanti come quelle che si trovavano sul confine orientale, quei presidii erano gli unici baluardi contro le orde che premevano sempre più da oriente, l’unica difesa dei cristiani da quei demoni dagli occhi a mandorla; abbandonarli in mano ai Mongoli avrebbe significato perdere credibilità davanti al Papa ed a tutti i cristiani; inoltre i Templari stavano mietendo un successo dietro l’altro in Terrasanta, ed il Gran Maestro non avrebbe mai lasciato tutta la gloria solo a loro. Era pronto a scommettere qualsiasi cosa che dopo la compieta il Gran Maestro avrebbe comunicato loro che erano stati mobilitati e che tempo alcuni giorni sarebbero partiti! Sollevò lo sguardo davanti a sé ed incontrò la figura sempre più pallida di Peter: era in piedi, camminava avanti ed indietro dalla porta al muro e viceversa, si stava torcendo le dita preoccupato, mentre guardava fisso il vuoto davanti a sé. Sospirò profondamente intuendo il turbamento di quel ragazzino: anche per Hans quella era la prima volte che avrebbe combattuto contro i Mongoli, le uniche cose che conosceva su quel popolo erano storie sulla loro estrema crudeltà, erano eccellenti cavalieri ed avevano fatto del combattimento a cavallo un’arte, non si fermavano davanti a nulla ed adoravano torturare i cristiani nei modi più fantasiosi; ma comunque aveva preso parte a sanguinosi scontri contro i barbari locali, in qualche modo era preparato a quello che si sarebbe trovato ad affrontare…
… Ma per Peter era diverso, quella era la sua prima esperienza in assoluto! Sicuramente aveva ascoltato storie simili sui Mongoli, che ora gli si stavano riversando tutte nella testa terrorizzandolo.
- Smettila, mi stai facendo venire la nausea!- sbottò acido sperando in quel modo di fermarlo ed attirare la sua attenzione su di sé.
Sentendo la voce del suo maestro, Peter si bloccò all’istante in mezzo la stanza e sollevò su di lui uno sguardo perso ed atterrito, simile a quello di un cervo braccato. Hans, soddisfatto per aver ottenuto la sua attenzione, gli fece segno di sedersi accanto a lui sul pagliericcio. Quegli occhi blu lo fissarono stupiti per un istante, come se stesse assimilando e comprendendo le sue parole, prima di avvicinarsi timidamente. Appena si fu seduto il cavaliere si voltò verso di lui, scrutando attentamente il suo volto abbassato e scosso.
- Calmati, non ha senso agitarsi così tanto ora!- lo riprese con voce calma e severa, ma stranamente non fredda come al solito.
- N… non ci riesco…- confessò Peter dopo un istante di silenzio imbarazzato abbassando ancora di più il volto, come a nascondersi da lui.
- Come temevo non sei tagliato per questa vita! – sbottò sprezzante – Perché hai chiesto di diventare un Cavaliere Teutonico se non hai il fegato per combattere?- .
A quelle parole Pater si morse il labbro inferiore mentre stringeva sempre più forte la stoffa delle braghe nei pungi. Hans sapeva di stargli facendo male a trattarlo in quel modo, ma doveva farlo reagire, altrimenti sul campo di battaglia sarebbe morto ancora prima di capire cosa fosse accaduto.
- Non… l’ho deciso io…- aveva risposto il ragazzo con un filo di voce.
Il cavaliere corrugò la fronte: in qualche modo aveva intuito che quella di Peter non era stata una scelta volontaria, anche se ancora non ne comprendeva il motivo.
- L’ha deciso tuo padre, immagino…- mormorò in tono disinteressato, rammentando quando il suo l’aveva messo davanti la decisione, senza possibilità di appello, di volerlo destinare alla vita monastica.
Per qualche oscuro motivo Peter sussultò violentemente ed impallidì ancora di più, le mani erano così strette che la pelle delle nocche era sbiancata; poi rispose con un assenso appena sussurrato che il cavaliere udì a fatica nonostante la loro vicinanza. Hans osservò perplesso la sua reazione chiedendosi a cosa fosse dovuta, intuendo poi per la prima volta che c’era qualche segreto oscuro dietro quegli occhi che non voleva assolutamente che fosse svelato; e questo, inspiegabilmente, non gli piacque: avrebbe voluto chiedergli subito cos’avesse, farlo confessare… avrebbe voluto subito sapere cosa si stava agitando in quel momento dentro di lui! Stupidamente si ritrovò a desiderare di conoscere ogni angolo, anche il più tenebroso, dell’anima di quel moccioso…
Peter ora era così terrorizzato che tremava come se fosse scosso dalle convulsioni, piccole gocce di sudore gli stavano imperlando la fronte e le tempie, mentre il suo colorito diventava sempre più esangue. Il cavaliere distolse lo sguardo da lui, aveva bisogno di pensare e non riusciva a farlo se aveva davanti quel volto angelico; si disse che era solo un modo come un altro per calmarlo, che con lui da piccolo aveva funzionato, che non c’erano altre intenzioni nascoste sotto il suo gesto. Avvertì il suo battito ed il suo respiro accelerare alla sola idea, e si fermò un istante a chiedersi quante e quali conseguenze avrebbe comportato il suo gesto…
… ma quando riportò lo sguardo su quel ragazzino seduto accanto a lui, ad un passo da una crisi, si diede mentalmente dell’idiota: accantonò ogni altro pensiero, sollevò il braccio sinistro passandolo sulle spalle di Peter e se lo tirò contro il petto; un gesto rude e per nulla tenero, ma comunque carico di conforto. Sentì Peter irrigidirsi contro di sé e per un istante si chiese se non avesse esagerato, ma subito dopo quel corpo sottile si rilassò contro il suo, mentre le sue mani gli artigliarono la stoffa della tunica e la testa del ragazzo si posò delicatamente contro la sua spalla. Lentamente i brividi che gli scuotevano il corpo iniziarono a diminuire, fino a scomparire del tutto. Il cavaliere resistette un altro istante ordinandosi di allontanarlo adesso, ripetendosi che era ancora in tempo a tornare indietro, chiedendosi cose stesse davvero facendo… ma nessun muscolo obbedì all’ordine di staccarsi da Peter, anzi, lentamente, sentì il suo corpo scivolare all'indietro fino a stendersi supino sul pagliericcio, trascinandosi dietro Peter; quasi non si rese conto che la sua stretta su di lui si era accentuata.
In quel momento Hans si rese conto di aver definitivamente perso la sua battaglia, che la sua anima era già persa da tempo!
- Andrà tutto bene!- riuscì a mormorare quando vinse il nodo che gli stringeva la gola.
Hans sapeva che non era granché come raccomandazione, che non convinceva nemmeno lui, ma non riuscì a dire niente di meglio.
Peter non rispose, ma si strinse ancora di più a lui, come se fosse il suo unico appiglio per non sprofondare.