Capitolo 6:
Fantasmi al di la dello sguardo
Peter
aveva paura, come non ne aveva mai avuta prima; ma non erano i Mongoli
a scatenarla, era se stesso che temeva.
Quella
mattina si era svegliato presto ritrovandosi ancora abbracciato al suo
maestro. Per un attimo lo aveva guardato piacevolmente sorpreso che
quella volta non fosse andato via mentre dormiva, poi il ricordo di
quanto accaduto la notte precedente gli era ritornato alla mente ed era
scappato via. Velocemente, cercando di non svegliarlo, si era
allontanato da lui ed era uscito dalla tenda. Il campo era deserto e
silenzioso come se durante la notte si fosse svuotato di tutti i suoi
occupanti, e la luce era un alone perlaceo che lo avvolgeva
morbidamente. L’unico suono era quello del dolce canto delle
allodole nascoste da qualche parte nelle foreste sgranate qua e la
nella pianura. Lentamente Peter si era diretto alla palizzata, sentendo
la neve gelata scricchiolare sotto i suoi stivali. Stavano ancora tutti
dormendo, comprese le sentinelle messe appositamente sul camminamento
per dare l’allarme in caso d’attacco. Velocemente
raggiunse la cima delle fortificazioni sistemandosi in un luogo
più isolato. L’intera pianura innevata si
srotolava davanti ai suoi occhi, così simile ad un soffice
manto di lana; la superficie del lago era incastonata al suo interno
come una lastra rotonda di metallo levigato.
Lame
di luce rosata dell’alba avevano iniziato a tagliare il cielo
rischiarandolo. Peter amava i colori cristallini dell’alba ed
il silenzio quasi mistico che la caratterizzava, sembrava avere il
potere di aiutarlo a riflettere, di trarlo
dall’oscurità delle sue riflessioni.
Sperò
che anche quella volta avrebbe potuto aiutarlo.
Le
dita gelide della paura gli serrarono il cuore riportando la sua
attenzione sul motivo che l’aveva spinto li. Ancora non
riusciva a credere che fosse davvero accaduto, eppure le sue labbra
ricordavano ancora il ruvido tepore di quelle del suo maestro.
Hans
lo aveva baciato!
Era
stato niente più che una leggera carezza, eppure era stata
capace di scatenare dentro di lui una miriade di sensazioni uguali e
contrastanti che adesso lo stavano sommergendo, spaventando.
In
lui il ricordo era ancora forte, il suo corpo e la sua anima
ricordavano ancora disperatamente quanto accaduto mesi prima, ed
un’ondata di ribrezzo lo invase.
Ricordava
ancora quelle mani premere sulla sua pelle possessive e dolorose,
quella bocca dalla piega dura cercare di forzare la sua alla ricerca di
un bacio che non voleva concedergli…
…
ricordava la paura che aveva provato in quegli attimi, il ribrezzo nel
sapere a chi appartenesse quel corpo eccitato sul suo, il sollievo
quando lo avevano fermato prima di arrivare fino in fondo, lo
sconvolgimento quando lo aveva sentito accusare lui di essere un demone
che gli aveva sconvolto la mente fino a costringerlo a compiere un
simile turpe atto per poter divorare la sua anima…
Peter
deglutì a vuoto avvertendo quelle sensazioni tornare a
bruciare nel fondo della sua anima: lui non aveva mai desiderato quel
volto né quell’aspetto, quell’efebica
bellezza che accendeva chiunque posasse lo sguardo su di lui, per tutta
la vita si era dovuto guardare da individui che desideravano solo
sottometterlo, usarlo e gettarlo via.
Ed
a quanto sembrava neanche il suo integerrimo maestro faceva
eccezione…
Soprapensiero
si portò due dita alle labbra: eppure quello che aveva
provato durante il suo bacio non era un cupido desiderio del suo corpo,
non aveva niente a che vedere con la turpitudine che aveva mosso
quell’uomo…
…
con le sue carezze Hans gli aveva trasmesso riverenza, dolcezza,
timore… amore…
Quell’ultima
parola gelò Peter sul posto. Gli era venuta così,
senza riflettere, naturalmente, e solo ora che l’aveva
pronunciata si rendeva conto del peso che avrebbe assunto in quella
circostanza.
Hans
non poteva essere innamorato di lui!
…
O si?
Si
fermò a riflettere sul suo comportamento scostante e
burbero, quasi guardingo quando si trattava di lui, un comportamento
con il quale sembrava proteggersi, eppure con lui aveva fatto molte
concessioni. Peter si era reso conto che in tutto il castello era
l’unico con il quale Hans avesse un rapporto che si potesse
avvicinare a quello dell’amicizia e per questo si era sempre
sentito privilegiato rispetto agli altri. All’inizio il
Cavaliere non osava nemmeno avvicinarsi a lui, come se non volesse
avere contatti con lui, ma poi, lentamente, aveva iniziato a
sciogliersi, ed ad avere vere e proprie gentilezze nei suoi confronti.
Aveva pensato che fosse dovuto al suo carattere chiuso e solitario, a
qualche esperienza negativa del passato che lo aveva segnato
definitivamente; ma ora doveva rivedere tutto sotto una luce
differente. Forse all’inizio anche il suo maestro aveva avuto
paura di quei sentimenti, come lui ora, e per questo aveva preferito
tenersi alla larga; ma poi doveva essere arrivato a comprenderli ed
accettarli.
Si
fermò ad inspirare sperando che l’aria limpida e
fredda riuscisse a schiarirgli la mente. Il sole stava continuando ad
alzarsi oltre l’orizzonte, il cielo ora aveva una
tonalità chiara, più luminosa, e le acque del
lago riflettevano la nuova luce con riflessi argentei; ad occidente
ombre violacee continuavano a velare le cime degli alberi e la piana
innevata.
In
quel silenzio che aveva lasciato penetrare dentro di lui,
scoprì che il suo cuore batteva inspiegabilmente
più veloce. Sgranò gli occhi stupito e strinse
tra le dita la stoffa della tunica sopra l’organo.
Era
l’idea che il suo maestro provasse qualcosa per lui a farlo
battere così velocemente!
Quella
consapevolezza lo attraversò da parte a parte come un
fulmine, rischiarando quel turbine caotico che si stava dimenando
dentro di lui.
Forse
doveva iniziare a chiedersi anche cosa provasse lui per il suo maestro!
Peter
non si era mai posto un simile quesito, tutto quello che sapeva era che
stava bene con quell’uomo, che lo faceva sentire al sicuro,
protetto…
Sicuro
che non c’è dell’altro? Gli chiese una
vocina dentro di lui.
Socchiuse
gli occhi e riportò alla mente l’immagine
dell’uomo che da qualche mese era diventato la sua famiglia,
e dovette ammettere che gli piaceva! Gli piaceva il suo fisico
imponente, muscoloso ma elegante, che gli dava una forte sensazione di
protezione. Gli piaceva il suo volto dai lineamenti decisi ma delicati,
innegabilmente bello. Gli piacevano quegli occhi color noce che
potevano diventare schegge affilate di vetro, ma che a volte, quando lo
guardavano, potevano assumere morbidi riflessi dorati. Gli piaceva
stare con lui, vicino a lui, stare fra le sue braccia. Gli piaceva la
sensazione del proprio corpo contro quello del suo maestro. In maniera
un po’ contorta gli piaceva anche il suo caratteraccio: gli
piaceva osservarlo quando, perso dietro i suoi pensieri, fissava
qualcosa che solo lui poteva vedere; gli piaceva il silenzio che
costruiva attorno a loro, un silenzio che aveva imparato essere non di
ostilità ma parte di lui; gli piaceva quando le sue labbra
si increspavano nei suoi caratteristici bronci; gli piacevano quelle
piccole gentilezze che gli riservava proprio perché erano
rare.
Hans
era una persona difficile, più simile ad un animale randagio
per diffidenza, ma aveva imparato ad accettare la sua presenza accanto
a sé, a modo suo lo aveva sempre protetto, aveva sempre
cercato di indirizzarlo.
E
lui, Peter, fin dal primo incontro aveva provato un desiderio bruciante
di entrare a far parte del suo mondo, di essere considerato
più che un ordine del Gran Maestro, di riuscire a
strappargli un sorriso…
…
all’inizio aveva creduto che desiderasse questo
perché quell’uomo gli sembrava infinitamente
triste, ma ora iniziava a pensare che le sue motivazioni poggiavano su
basi ben diverse. La chiave di tutto era questo bisogno che aveva di
lui, la necessità opprimente di averlo sempre al proprio
fianco, di sentirlo sempre vicino a sé.
Infondo
anche la sera precedente, quando era assediato dagli orrendi ricordi
della battaglia appena conclusa, l’unica persona che aveva
desiderato accanto a sé per combattere la paura era stata
Hans: aveva desiderato stringersi al suo corpo forte e farsi avvolgere
dalle sue braccia muscolose, e solo quando questo era accaduto lui si
era sentito veramente bene. Provava la sconvolgente sensazione che
ormai non avrebbe più potuto concepire la sua vita senza il
suo maestro; si sentiva intimamente legato a lui.
Perché?
Da dove veniva quel desiderio bruciante di Hans? Cosa significava
quella devastante dipendenza?
Un
sorriso strano gli increspò le labbra: lui la risposta la
conosceva fin troppo bene, doveva solo trovare il coraggio per
ammettere con se stesso che era così!
Osservò
il disco dorato del sole che ormai si era levato oltre
l’orizzonte: avrebbe messo in gioco tutto, la sua vita e la
sua anima, ma sapeva che l’unica conclusione possibile per
loro era quella, che erano nati per quello; entrambi erano persi
l’uno per l’altro, erano già condannati
in questa vita e nell’altra. Non era una cosa che avevano
cercato o voluto, semplicemente era accaduta contro la loro
volontà, ma non per questo rinnegava quel sentimento; la
consapevolezza di essere nato per amare Hans non lo spaventava, anzi!
Si sentiva pronto ad accettare qualunque conseguenza di
quell’amore che tutti avrebbero giudicato vergognoso e
peccaminoso, ma che a lui sembrava solo se stesso.
Socchiuse
gli occhi inspirando a fondo l’aria frizzante del mattino,
quando li riaprì un sorriso sereno gli schiuse le labbra:
ogni dubbio era scomparso, come quella luce che aveva disperso le
tenebre; era bastato rifletterci su per trovare una soluzione.
Ora
sapeva quello che doveva fare.
Lentamente
ridiscese dalla palizzata e si incamminò verso la loro
tenda, attorno a lui il campo cominciava a svegliarsi, ma aveva ancora
un po’ di tempo.
Si
fermò un istante davanti alla tenda ancora immersa nel
silenzio e nell’immobilità, preso ancora una volta
da dubbi inutili, che scacciò scuotendo appena la testa, e
con quel movimento i suoi capelli riverberarono la luce del sole come
lingue di fuoco scosse dal vento. Inspirò
un’ultima volta, poi entrò nella tenda.
Hans
era seduto a gambe incrociate sul pagliericcio intento ad affilare la
spada con la cote; un modo come un altro con cui cercava di respingere
la delusione che aveva provato nello svegliarsi e scoprire che Peter
non era più al suo fianco; aveva bisogno di qualcosa per
tenere occupata la mente e non pensare a lui, ma puntualmente il suo
pensiero tornava dopo poco a cadere li, come in una sofisticata
tortura. Continuava a ripetersi che era meglio così, che
doveva rassegnarsi, eppure quella sensazione di oppressione al petto
non voleva andarsene. Era in momenti come quello che si rendeva conto
di quanto avesse permesso a quel moccioso di penetrare nei suoi
sentimenti.
Sollevò
lo sguardo quando sentì il telo d’ingresso
spostarsi e qualcuno entrare, e fu come venire colpito da un fulmine.
Peter aveva i capelli scompigliati dal vento ed il freddo aveva
arrossato la sua pelle lattea sulle guance, dandogli una deliziosa aria
arruffata.
Dio
non poteva mandarglielo così incantevole e desiderabile,
senza poi dargli la possibilità di trascinarlo con
sé su quel pagliericcio e divorarlo di baci!
Il
Cavaliere ebbe appena il tempo di scorgere il sorriso malizioso che gli
increspava le labbra, che Peter si inginocchiò davanti a
lui, gli prese il volto tra le mani tirandolo a sé e lo
baciò.
Per
un lungo istante Hans rimase immobile, con la mente completamente
annullata, senza sapere cosa fare, tanto che Peter si chiese se non
avesse interpretato male i suoi comportamenti. Ma quando il desiderio a
lungo frustrato prese il sopravvento, accantonando la sorpresa, Hans
afferrò Peter per le spalle e se lo tirò contro.
Peter gioì interiormente quando avvertì il
Cavaliere rispondere al bacio con una passionalità uguale,
se non superiore, alla propria. Presto tutto il resto del mondo
scivolò via dai loro sensi lasciando come unica cosa reale
soltanto loro stessi, si sentirono strappare via da se stessi e
trascinare lontano, galleggiare nel nulla, tanto che Peter
sollevò le braccia stringendole attorno al collo
dell’altro, accostandolo maggiormente contro di
sé, come un appiglio per non cadere.
Ansimanti
si staccarono alla ricerca d’aria, i polmoni bruciavano per
la mancanza d’ossigeno e la testa girava, ma non importava:
l’unica cosa fondamentale in quel momento era lo sguardo
felice e scintillante dell’altro nel proprio. Quando
ritornarono pienamente coscienti di sé, si resero conto che
non erano più seduti ma sdraiati sul pagliericcio: quando
era accaduto? Quando aveva trascinato Peter sotto di sé?
Quando aveva infilato le sue mani sotto la sua casacca? Quando Peter
gli aveva stretto le gambe attorno alla vita? Hans fissava il ragazzo
incredulo che fosse accaduto veramente; nonostante avesse il suo corpo
tra le braccia, il suo odore dolce nei polmoni ed il suo sapore sulle
labbra, stentava a crederci. Possibile che quell’angelo
provasse quello che nutriva lui? La risposta che ottenne fu la migliore
che avrebbe mai potuto avere: Peter sorrise, un sorriso dolce e pieno,
consapevole ed incantato, che non gli aveva mai visto prima, per poi
stringere la prese delle sue braccia su di lui e coinvolgerlo in un
bacio pieno d’amore che gli fece perdere la ragione.
Hans
sorrise sulle sue labbra felice.
Il
loro futuro era incerto e pericoloso, ma per il momento andava bene
così, nient’altro aveva importanza: stesi su un
misero pagliericcio in quell’umida tenda in una gelida
mattina di marzo, l’uno fra le braccia dell’altro,
i respiri mescolati, felici ed increduli.