Note: Questa fic dovrebbe essere
ambientata nella puntata 9x1, ma purtroppo non l’ho ancora
vista, ho visto solo qualche spezzone in inglese su youtube. Ovviamente
sapevo che il personaggio di Warrick era stato cancellato, ma non avrei
mai pensato che potesse fare una simile fine. È stata
sleale, da vigliacchi. Mi ci sono voluti tre giorni per metabolizzarla!
Comunque, come dicevo, dagli spezzoni la cosa che mi ha colpito
maggiormente è stata la disperazione di Grissom davanti la
fine dell’amico. Vero che in qualche modo erano
più legati rispetto agli, ma nemmeno quando Sara
è stata rapita ha perso così il controllo.
È stato impressionante vederlo in una condizione simile.
È solo un modesto tentativo di dare voce ad un momento
orrendo, una fic semplice e senza pretese, spero, quindi, che non abbia
fatto un disastro completo, dato che cercare di dare voce a Grissom
è un salto nel buio, è solo un tentativo!
Dediche: Dedico questa fic alla mia sensei
Akane, che non sa nulla di questa fic ^^
Ringraziamenti: Ringrazio chiunque
leggerà e commenterà.
Adesso vi lascio alla lettura, alla
prossima gente -___^
In the end
Grissom inchiodò la propria auto di
colpo, al centro della strada, incurante delle altre auto che
sfrecciavano accanto alla sua. E di cosa dove doveva importargli ora
che aveva appreso l’unica notizia che non avrebbe mai voluto
ascoltare? L’ultima a cui avrebbe pensato ora che andava
tutto bene, che si era risolto tutto per il meglio…
Batté i palmi delle mani contro il volante in un gesto
rabbioso prima di poggiarsi contro di esso con la fronte.
Respirava profondamente con la bocca aperta
cercando di spegnare quel tremore che gli percorreva tutto il corpo. La
nausea gli risalì dallo stomaco lungo la gola,
artigliandogli il petto con le sue dita gelide, mentre dentro di lui i
sentimenti vorticavano e spumeggiavano come le raffiche di una cascata.
Non poteva essere vero! Non poteva essere accaduto
realmente!
Si sentiva come se il mondo si fosse arrestato di
colpo prima di riprendere a ruotare nella direzione sbagliata con una
brusca sterzata, come se il sole si fosse improvvisamente oscurato
permettendogli di vedere solo un’eterna distesa di tenebre.
Si sentiva come un burattino a cui avevano
tranciato i fili, incapace di pensare e di fare qualsiasi cosa, rabbia
e disperazione che vorticavano e lottavano dentro di lui per
sopraffarlo, straziandolo.
Cosa doveva fare? Cosa?
Chiuse le palpebre ed inspirò una
boccata d’ossigeno più profonda delle altre. Per
un istante ascoltò il battito cupo ed irregolare del suo
cuore perso da qualche parte nel suo petto. Un lampo
illuminò la sua mente restituendogli l’immagine
dello sguardo fiducioso e colmo di gratitudine che Warrick gli aveva
rivolto solo qualche ora prima. Risentì sulla sua pelle il
calore e l’affetto dell’abbraccio con cui
l’aveva ringraziato per averlo scagionato. Batté
un altro colpo sulla dura gomma che rivestiva il volante e
rialzò la testa di scatto. Riaccese il motore, diede gas e,
infrangendo un cospicuo numero di regole del codice stradale,
sterzò bruscamente, l’auto girò
pericolosamente su se stessa, sgommando e lasciando segni di pneumatici
sull’asfalto, e, tagliando la strada a molte auto che
venivano nella direzione opposta, si immise nell’altra
carreggiata.
Ora sapeva cosa doveva fare.
Doveva andare da lui.
Arrivare il prima possibile.
Salvarlo. A qualsiasi costo.
Perché, perché aveva voluto
fare di testa sua? Perché non aveva voluto ascoltarlo?
Perché aveva continuato ad indagare anche quando gli era
stato vietato?
Perché era testardo, dannatamente
testardo. Quando Warrick si metteva in testa qualcosa non
c’era verso di dissuaderlo. Con la stessa ostinazione e
pazienza di un segugio seguiva la pista di indizi, non mollando mai la
sua preda, raggiungendola ovunque fosse.
E questo faceva di lui un ottimo poliziotto!
Warrick era uno dei migliori poliziotti che avesse
mai conosciuto!
Nonostante le macchie che avevano qualche volta
sporcato la sua reputazione, Grissom aveva puntato tutto su di lui,
credendo in lui ed offrendogli nuove possibilità per
riscattarsi quando nessun altro lo aveva fatto.
E poi c’era quel legame particolare tra
loro…
Grissom provava affetto e stima per tutti i membri
della sua squadra, ma Warrick era stato l’unico a cui avesse
consentito avvicinarsi tanto a lui. Neanche Sara gli era mai entrata
dentro come lui.
Warrick era la persona più vicina ad un
amico che avesse mai avuto, ma era anche qualcosa di più
intimo che non sapeva definire… come sarebbe stato ora senza
di lui?
In pugno gelido gli serrò la bocca dello
stomaco al pensiero di dover entrare in quel laboratorio senza poter
più sentire il suono della sua voce, senza più
poter aver accanto a sé quella figura forte e salda, senza
più vederlo fare coppia con Nick.
Non si faceva illusioni. Era già
cambiato tutto.
Avevano già perso una parte di quello
che erano, qualcosa che non avrebbero mai più potuto
recuperare.
Continuava a guidare con il piede premuto
sull’acceleratore, lo sguardo fisso sulla strada e la mente
già proiettata verso Warrick.
Fino a quel momento si era impedito di pensarci, ma
cosa avrebbe trovato una volta li? Sarebbe riuscito ad affrontare la
situazione, qualsiasi essa fosse, restando lucido e razionale?
Non lo sapeva, non riusciva a comprenderlo. Si
sentiva così emotivamente instabile, in un modo che non
aveva mai sperimentato prima…
… la sua mente non riusciva a fermarsi
su nessun pensiero, ma divagava continuamente, esplorando regioni della
sua anima sempre più lontane e pericolose, portando a galla
ricordi che avevano già il sapore amaro di qualcosa perso
per sempre…
Appena vide l’imbocco del vicolo da cui
era partita la segnalazione degli spari, Grissom abbandonò
l’auto senza curarsi di nulla e corse.
Corse da lui, da Warrick.
Il cuore aumentò violentemente la sua
corsa quando riuscì a scorgere dal parabrezza la figura
dell’amico piegata su se stessa, le tracce di sangue che
schizzavano il vetro.
La sua mente lavorava freneticamente, senza dargli
tregua, valutando la situazione e le possibilità di farcela
dell’altro. Era come un ronzio basso ed assordante che non
riusciva ad arginare, ad ignorare: era li, alle soglie della sua mente,
fisso, continuo, e poteva solo ascoltarne la voce.
Il vetro del finestrino dal lato del passeggero era
in frantumi, si sporse verso l’interno
dell’abitacolo e vide soltanto un mare si sangue che scorreva
in rivoli rossi e traslucidi sulla pelle di Warrick.
- Warrick! Warrick mi senti?- provò a
chiamarlo.
Ma lui rimaneva immobile, una mano premuta sul
collo nel vano tentativo di fermare la fuoriuscita di sangue, il busto
piegato davanti, gli occhi socchiusi a velare l’espressione
vacua, le labbra dischiuse a rincorrere il respiro spezzato. Era ancora
vivo.
Ma per quanto lo sarebbe rimasto? Avrebbe atteso
l’arrivo dei paramedici oppure…?
A Grissom ci volle un’occhiata per
comprendere quanto disperata fosse la situazione di Warrick. Ma lo
stesso doveva tentare qualcosa, voleva fare qualsiasi cosa per salvarlo.
Aprì la portiera e, poggiando un
ginocchio sul sedile del passeggero, si sporse verso Warrick,
afferrandolo per le spalle e tirandolo verso di sé, fuori
dall’abitacolo, continuando a chiamarlo nella disperata
esigenza di mantenere desta la sua coscienza.
Appena fuori dall’auto stese Warrick
sull’asfalto, metà del corpo poggiato su di
sé, si liberò della giacca e la
ripiegò sotto la sua testa come un cuscino.
- Resta con me Warrick! Resta con me!- .
Lo pregava Grissom, battendogli la mano sulla
guancia, in una lunga, lenta litania che vibrava per un attimo
nell’aria satura, sovrastando tutti gli altri rumori che
stavano iniziando a rianimare quel vicolo.
Sentiva la disperazione cominciare a dilagare
dentro di lui, infrangendo tutto il suo autocontrollo. Sentiva la vita
di Warrick scivolare fra le sue dita come sabbia e questo lo stava
terrorizzando. L’atterriva l’idea che ogni respiro
potesse essere l’ultimo. Le lacrime iniziarono a scivolare
sulle sue guance affilate e gelide come lame, tagliando la sua anima in
strisce sottili.
- Warrick!- un ringhio disperato filtrato a fatica
tra i denti serrati di Grissom.
Quell’ultima, straziata invocazione
sembrò fare breccia nella mente di Warrick.
L’agente solleva a fatica le palpebre, puntando su di lui uno
sguardo ormai spento, le sue labbra si mossero sillabando alcune
parole. Grissom ebbe appena il tempo di comprenderle che la vita
abbandonò definitivamente Warrick.
La comprensione portò con sé
solo un dolore gelido e dilagante, che divorò immediatamente
ogni suo centro nervoso. Serrò i denti fino a sentire il
sapore metallico del sangue in bocca, strinse la sua testa tra le
braccia e strinse contro il petto l’amico, incurante del
sangue che gli impregnava la camicia.
La sensazione incandescente che gli aveva invaso il
petto esplose all’esterno con lacrime bollenti che caddero
sul volto di Warrick dando l’idea che stesse piangendo anche
lui, che stessero piangendo insieme per la sua sorte ingiusta.
Era finita.
Ora che si trovava nella loro stessa situazione
capiva cosa provassero i parenti delle vittime. Tutto si era oscurato,
non esisteva più nient’altro attorno a lui,
l’unica cosa reale era il corpo ancora caldo di Warrick
contro di lui e l’idea di non volerlo lasciare andare via.
Quando una persona cara perdeva la vita restava
solo un nulla gelido nel posto che occupava, restava solo una
sensazione ineluttabile di termine. Come se un frammento importante di
se stesso, una parte del suo corpo, gli fosse stata improvvisamente
strappata con tenaglie arroventate lasciando il vuoto.
Ora riusciva a capire che non c’era
consolazione da una tragedia simile.
Alla fine non restava nulla nelle persone che
rimanevano in vita.