Profumo
Con il volto contratto in un’espressione
concentrata, Martin cercava di seguire il discorso del testimone che
stava interrogando. Quanto rimpiangeva adesso di non aver mai seguito
assiduamente il corso di spagnolo al college, ma non avrebbe mai
immaginato di poter trovare un messicano che viveva in città da almeno
una ventina d’anni e che non aveva mai imparato una parola d’inglese.
Sbuffò infastidito, mentre cercava di trascrivere quello che riusciva a
capire sul suo taccuino. Era faticoso perché l’uomo parlava
rapidamente, gli sembrava che smozzicasse la parte finale delle parole
e le legasse l’una all’altra in un intricato garbuglio lessicale. Era
pronto a scommettere qualsiasi cosa che a Jack e agli altri della
squadra che episodi come quello non capitassero quasi mai. Invece la
sua lista delle stranezze aumentava di giorno in giorno.
- Allora, come va?- la voce divertita di Danny lo colse di sorpresa.
Si erano divisi i compiti: Martin avrebbe interrogato i negozianti e
quelli che vivevano in strada, mentre Danny avrebbe suonato alle porte
di quelli che vivevano nei palazzi che si affacciavano sul luogo della
scomparsa. Gli era sembrato uno scambio equo, prima di iniziare ad
avere a che fare con quell’uomo.
Si volse e provò un certo sollievo nel vedere Danny accanto a sé,
nonostante l’espressione sinceramente divertita che gli stava
rivolgendo. Il collega parlava spagnolo correntemente, era la sua
seconda lingua e sperava davvero che avrebbe potuto dargli una mano.
- Potrebbe andare meglio. - brontolò prima di riportare l’attenzione
sul testimone – Ehmm… Puede decirnos qué ha visto?- domandò
poi, con una certa difficoltà.
- Continua così gringo, che stai andando benissimo.- ridacchiò
Danny, dietro di lui.
Martin sentì il suo respiro soffiato direttamente sul collo e riuscì a
controllare a stento un brivido. Era già abbastanza difficile seguire
quello che diceva quell’uomo, senza che ci si mettesse pure lui a
distrarlo. Da quando Danny si era presentato a casa sua, sbattendogli
in faccia la verità dei fatti senza alcuna delicatezza e porgendogli
una mano per uscire dal baratro in cui si era gettato, la sua vita era
cambiata. Non era una di quelle solite frasi fatte di cui la gente era
solita abusare, per lui era semplicemente la realtà. Era tornato a
essere l’uomo che era prima dell’agguato e degli anestetici. Anche se
la strada da percorrere era ancora molta e tutta in salita, la sua vita
stava ritornando alla normalità, ma con una nota in più rispetto al
passato. Ora lui e Danny stavano insieme, e tutto aveva un sapore più
speziato. Tutto andava meravigliosamente.
Martin scosse la testa e cercò di riportare l’attenzione sul testimone
e sul caso che stavano seguendo, le sue fantasticherie avrebbero dovuto
aspettare a quando sarebbero riusciti a tornare a casa.
- Cuanto pesa?- chiese ancora e questa volta ebbe la certezza
di aver detto qualcosa di decisamente sbagliato.
Il testimone lo guardò perplesso dalla sua richiesta e passò un paio di
volte lo sguardo da lui al suo collega. Martin provò a ripetere
mentalmente la sua domanda, ma non gli sembrava di aver detto qualcosa
di sbagliato, quindi si girò verso Danny in cerca di aiuto.
- Gli hai chiesto quanto pesa! – gli spiegò questi, con un ampio
sorriso divertito sulle labbra – Cuantos fueron?- decise di
venire in aiuto del suo collega.
Gli era piaciuto vedere Martin imbarazzato e in palese difficoltà, in
quel momento aveva un’aria da cucciolo smarrito che gli faceva venire
voglia di mangiarselo. Ma quello non era né il luogo né il momento
giusto per certi pensieri, per questo lo aveva aiutato, perché quella
situazione era deleteria per la sua concentrazione e per lui. Stavano
facendo l’ennesima corsa contro il tempo per trovare un ragazzo
scomparso prima che potesse accadergli qualcosa di grave, non era il
momento di perdersi in certi pensieri anche se piacevoli. Il testimone
annuì soddisfatto e rispose che le persone che avevano rapito il
ragazzo erano tre.
Mentre prendeva appunti sul suo taccuino Martin trasse un sospiro,
sollevato che Danny lo avesse soccorso. Dopo quell’ultima domanda
salutarono il testimone e andarono via.
- Devi prendere qualche lezione di spagnolo, mi amigo.- gli
disse la voce di Danny mentre saliva in auto.
Era a un passo dallo scoppiare a ridergli in faccia, considerò Martin
lanciandogli un’occhiata in tralice da dietro le lenti scure degli
occhiali da sole, mentre prendeva posto sul sedile del guidatore. Il
sorriso sulle labbra di Danny era troppo ampio ed era pronto a
scommettere qualsiasi cosa che dietro gli occhiali da sole gli
brillassero gli occhi, tanto sembrava divertito dalla situazione.
Improvvisamente scontento, annullò tutti i progetti di ringraziarlo a
modo suo, una volta a casa. Però doveva ammettere che anche quello era
il bello di avere accanto Danny. Quella febbrile altalena di momenti
seri e spensierati era una boccata d’aria fresca per uno come lui, che
era stato cresciuto nella più rigida austerità. E infondo almeno con se
stesso poteva anche ammetterlo: non riusciva mai ad arrabbiarsi con
lui, non con quell’adorabile espressione canagliesca che gli si
dipingeva in viso appena aveva l’occasione di divertirsi un po’. A
volte gli sembrava di non possedere nemmeno un po’ di spina dorsale, ma
a conti fatti non gli importava granché, quello che gli interessava era
averlo al suo fianco sempre. E forse poteva riconsiderare l’idea di
ringraziarlo per averlo aiutato con quell’uomo, pensò sorridendo della
sua determinazione sottile come uno strato di ghiaccio.
- A che stai pensando?- la voce curiosa del compagno lo riportò con i
piedi per terra.
- Perché?- rispose Martin, fermando l’auto davanti un semaforo rosso.
- Perché hai messo su un’espressione davvero sconcia.- gli rispose con
un ghigno irresistibile sulle labbra.
- Non è vero.- si difese prontamente Martin, mentre ripartiva.
- Oh si, che è vero. Guarda: sei arrossito.- e passò la punta
dell’indice sullo zigomo.
- Smettila.- sbuffò Martin e scostò la testa piegandola di lato.
Ridacchiando, Danny si rimise a sedere dritto. Martin emise un piccolo
sbuffo dal naso, stava guidando e aveva bisogno di concentrarsi se non
voleva mettere sotto qualcuno. L’eco della risata a stento trattenuta
del compagno, gli accarezzò l’udito e lo accompagnò per buona parte del
tragitto.
Entrarono nell’ascensore e, dopo aver salutato un paio di colleghi di
un’altra sezione, si appoggiarono contro la parete di fondo
dell’abitacolo. Danny l’aveva già notato prima, quand’erano in
macchina, ma ora che aveva il suo compagno così vicino lo sentiva
chiaramente. Martin emanava un profumo diverso da quello elegante
che usava di solito. Quello che portava ora era leggero e dolce,
inebriante come l’afrore di un fiore tropicale.
E gli stava facendo perdere la testa.
Si morse il naso e guardò la schiena dei due uomini che erano con loro
in ascensore. L’abitacolo era un posto chiuso e tranquillo, avrebbe
potuto sprimacciare a piacere Martin, ma finché quei due restavano
dentro non avrebbe potuto fare niente. Al pensiero che potessero
lavorare all’ultimo piano, gli sfuggì un piccolo lamento di protesta
che fece voltare verso di lui il compagno. Martin lo fissò incuriosito,
inarcando un sopraciglio e Danny si perse nell’azzurro scuro delle sue
iridi. Non era più il ragazzino fresco di laurea e di nomina che era
entrato a far parte della loro squadra e che lui aveva detestato ancora
prima di conoscere solo per il nome che portava. Ora era un uomo fatto
e finito che stava con fatica ricostruendo la sua vita e gli piaceva
l’idea di essere una delle cause di quel cambiamento.
Senza rendersene conto, Danny aveva socchiuso le labbra e si era
accostato al viso dell’altro, continuando a guardarlo intensamente in
quegli occhi ora finalmente limpidi e chiari come polle d’acqua. Il
trillo acuto del campanello che annunciava l’arrivo al piano, lo
riscosse dallo stato in cui era caduto e lo fece sobbalzare spaventato.
Allarmato spostò lo sguardo sugli altri occupanti dell’abitacolo, ma
sembrava che non si fossero accorti di nulla. Stava per baciare Martin
davanti a due colleghi, senza preoccuparsi di quello che sarebbe potuto
accadere, completamente affascinato dall’azzurro profondo e limpido
delle sue iridi, come se lo avessero privato di ogni volontà. Dio,
poteva ancora sentire l’eccitazione scorrergli come elettricità dentro
alle vene, che gli impediva di pensare a qualunque cosa che non fossero
quelle labbra sottili vicino alle sue. Non sarebbe mai riuscito a
rientrare in un ufficio e a lavorare sul caso in quelle condizioni.
I due colleghi scesero dall’ascensore salutandoli con un cenno del capo
e Danny si avvicinò alla pulsantiera. Ancora due piani, ancora una
manciata di secondi e poi avrebbe dovuto aspettare chissà quanto per
poter restare nuovamente da solo con Martin. Sospirò e con un gesto
rapido, come se avesse paura che se ci avesse riflettuto su avrebbe
potuto rinunciare, spinse il pulsante e bloccò la cabina tra due piani.
Le luci dei faretti si spensero e, subito dopo, si accese quella di
emergenza, che spandeva nell’abitacolo un chiarore opaco e lattiginoso.
- Che stai facendo?- gli domandò perplesso il compagno.
Danny lo guardò e deglutì a vuoto, lo afferrò per il bavero del trench
che aveva addosso e se lo tirò contro baciandolo. Non avrebbe saputo
spiegare a parole quell’urgenza, quella frenesia che lo aveva colto
così all’improvviso, che lo stava trascinando in un abisso scuro e
incandescente. Fuori di lì c’era un ragazzo che stava rischiando la
vita, ma a lui in quel momento non importava. Tutto ciò che voleva era
Martin, soltanto lui.
Danny si allontanò da lui per riprendere fiato, appena una spanna che
gli consentiva di mantenere un lieve contatto con le labbra dell’altro,
di sentire il suo respiro tiepido e veloce scivolargli sulle guance e
la bocca. Martin sollevò le palpebre e gli piantò dritto negli occhi
uno sguardo liquido e acceso, che gli fece esplodere un incendio nelle
viscere.
Danny lo tirò nuovamente contro di sé, cercandogli subito la bocca con
la sua, mentre con le dita incespicava nel nodo della cravatta, nella
fretta di scioglierla. La lasciò pendere ai lati del collo, sotto il
colletto della camicia perfettamente piegato. Le sue dita stavano
lottando per sfilare i bottoni dalle asole, mentre le mani di Martin si
erano infilate sotto la giacca e gli stavano risalendo lungo la sua
schiena in una carezza bollente al di sopra della stoffa leggera della
camicia, fino a raggiungere le spalle per poter sfilare lo spolverino
che indossava. Danny sospirò nella bocca del compagno sentendo la punta
di quelle dita tracciare decine di sentieri infuocati sul suo corpo.
Rabbrividì, scosso dal desiderio di sentire quelle mani sulla sua pelle
nuda, quelle carezze lievi e sensuali che gli scioglievano cascate di
brividi lungo la sua colonna vertebrale.
- Toccami…- bisbigliò con la bocca già piena della sua pelle.
Un lampo gli trafisse le viscere, quando Martin udì quel tono umido e
pieno. Gli baciò una tempia e con le dita scivolò sotto il bordo dei
pantaloni ancora allacciati, frugando tra le pieghe della stoffa,
tirandola via e scoprendo centimetri interi di quella pelle ambrata e
bollente, morbida sotto i suoi polpastrelli.
Danny respirò più forte quando avvertì quelle mani fredde scorrere
sulla sua schiena, mentre lampi di piacere lo trapassavano da parte a
parte, rubandogli un po’ di razionalità ogni volta. Non capiva più
niente oltre al desiderio di fare l’amore con Martin, gli sembrava di
avere la testa piena di aria calda. Strinse nei pugni un po’ della
stoffa della camicia che l’altro indossava e gliela sfilò dalla testa,
lasciandolo a torso nudo sotto il suo sguardo. Si avvicinò di un passo
al compagno, sentendo l’emozione stringergli la gola con un nodo
stretto, gli baciò la base del collo, lambendo con la lingua quella
deliziosa fossetta creata dall’estremità delle clavicole, mentre con le
dita gli stringeva i fianchi per avvicinarlo quanto più possibile a sé,
lasciando su quella pelle bianca dieci impronte semilunate rosse. Danny
avrebbe voluto avere tutto il tempo che desidera per poter esplorare
minuziosamente quel corpo che aveva il potere di farlo impazzire solo
guardandolo, ma purtroppo quello a sua disposizione era limitato. Era
terribilmente poco il tempo che era riuscito a conquistare, prima che
gli altri nel palazzo si accorgessero che uno degli ascensori era
bloccato e chiamassero la manutenzione.
Danny risalì con le labbra fino al volto di Martin, tracciando un
sentiero umido lungo il suo collo fino alla sua bocca umida e rossa,
appena schiusa contro il respiro accelerato come un inconsapevole
invito rivolto a lui. Con le mani risalì lungo i suoi fianchi,
grattando la pelle con le unghie e lasciando linee rosse dietro di sé,
passandogli le braccia sotto le ascelle e aggrappandosi forte con le
mani alle sue spalle, come se avesse paura che Martin potesse
scomparire all’improvviso in una nuvoletta di fumo.
Tra i due era lui quello più dipendente dall’altro. Ormai non sarebbe
mai più riuscito a vivere a lungo senza di lui e la dimostrazione più
evidente era proprio quel momento, in cui ogni cosa dentro e fuori di
lui era saturata dalla presenza di Martin, dal suo profumo così dolce e
intenso, da quel desiderio violento che gli aveva scatenato dentro le
viscere.
Danny allontanò appena le labbra da quelle del fidanzato, il necessario
per poter respirare e riprendere un po’ di lucidità, e socchiuse gli
occhi quando l’altro poggiò la fronte contro la sua, accarezzandogli il
naso con il suo, in un gesto dolce e così in contrasto con la passione
di poco prima. Martin piantò i suoi occhi d’argento liquido in quelli
neri del compagno, che si sentì annegare e trafiggere da tutte le
emozioni contrastanti che racchiudevano. Un sorriso innamorato ed
eccitato insieme tremolò sulle labbra di Danny, prima che posasse il
suo volto contro il collo del compagno, mentre gli si stringeva sempre
di contro, come se la vicinanza tra i loro corpi non fosse ancora
abbastanza.
Le braccia di Martin lo circondarono, stringendolo in un abbraccio che
parlava dei sentimenti che provavano l’uno per l’altro molto più
efficacemente di un lungo discorso. Il loro stare insieme non si basava
solo sul sesso, non era la voglia morbosa di sperimentare qualcosa di
nuovo o il desiderio di divertirsi. Si amavano e Danny lo comprendeva
sempre di più ogni volta che erano insieme. Era un sentimento profondo
e che a volte faceva anche molto male, ma dal quale non si poteva
fuggire. Danny lo aveva fatto, aveva cercato di ignorarlo, di far finta
che non esistesse, ma alla fine aveva potuto solo capitolare e
arrendersi, perché più si allontanava da lui più si sentiva soffocare.
Si era legato a Martin in un modo che ancora faticava a capire fino in
fondo, ma che istintivamente sapeva che sarebbe durato nel bene o nel
male per sempre.
L’uomo che stringeva tra le braccia era fragile come cristallo, anche
se voleva dare a intendere a tutti di essere forte, e si era scoperto a
provare verso di lui un forte istinto di protezione, affetto, amore.
Danny avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, per aiutarlo e per renderlo
felice, per impedire a chiunque di ferirlo ancora. E Martin in cambio
aveva creato attorno a lui un mondo perfetto, lo aveva circondato
d’affetto, lo faceva sentire sempre come se fosse il re del mondo, e
lui si abbeverava a quei sentimenti come un assetato, come un vampiro
succhiava tutto quello che poteva. A volte quella dipendenza gli faceva
paura, ma poi gli bastava osservare il volto serenamente addormentato
del suo compagno perché tutti i suoi dubbi si disperdessero come nebbia
al sole.
Si era semplicemente innamorato di Martin ed era come volare a
un’altezza vertiginosa, perdendo quota di tanto in tanto e
recuperandola proprio a un passo dallo schiantarsi al suolo. Era
un’altalena di emozioni che lo lasciavano stordito e così tremendamente
felice da spaventarlo con il timore che tutto potesse finire da un
istante all’altro. E non si era mai sentito così.
Martin piegò la testa di lato e gli baciò la tempia, appoggiandoci poi
la guancia contro. Chiuse gli occhi per godersi meglio quella
vicinanza, quel calore così dolce che sembrava sciogliere il suo corpo
e tramutarlo in gelatina.
- Ti amo!- bisbigliò contro la sua pelle, con le labbra che gli
sfioravano la cresta dell’orecchio.
E Danny sorrise a quella confessione, perché era tutto ciò che voleva
sentire, non aveva bisogno di altro. Socchiuse le labbra e iniziò a
tormentare con baci, morsi e lappate quel pezzettino di pelle che si
trovava sotto la sua bocca, strappando deliziosi mormorii
d’apprezzamento a Martin. Sciolse la presa delle sue mani sulle spalle
dell’altro e, in punta di dita, scivolò fino alla cintura dei pantaloni
che, strattonando e tirando con malagrazia, riuscì a slacciare. Danny
infilò direttamente le mani sotto la stoffa degli indumenti che
l’amante indossava, riempiendosi immediatamente le mani della pelle
nuda e calda delle sue natiche, tirandoselo contro e strappandogli un
gemito più alto dei precedenti. Dio, avrebbe finito con il farlo
impazzire ascoltare quegli adorabili suoni che uscivano dalla sua bocca!
Danny sollevò la testa e osservò compiaciuto il volto pesantemente
arrossato di Martin, quindi chinò la testa in avanti e lo baciò, mentre
con le dita lavorava per prepararlo accompagnato dal tintinnio
metallico della fibbia della cintura. Lo sentiva singhiozzare di
piacere dentro la sua bocca, mentre il suo corpo si contorceva in brevi
spasmi ogni volta che piegava e ruotava le dita. Gli baciò il mento,
leccando con la punta della lingua la sua pelle sudata. Si stavano
riducendo in uno stato pietoso, pensò mentre tracciava con la punta del
naso la linea della sua mandibola, e sarebbe stato difficile fornire
una spiegazione convincente ai loro colleghi.
- Danny!- ansimò Martin piegando la testa all’indietro e stringendo
convulsamente tra le dita la stoffa della sua camicia.
Era arrivato al limite, come lui stesso d’altronde, se avesse
continuato non sarebbero durati ancora a lungo. Sfilò le dita dal corpo
del compagno, facendolo mugugnare contrariato, e gli spinse verso il
basso i pantaloni e i boxer. Con le mani ferme su quei fianchi stretti
e morbidi, Danny fissò il corpo nudo ed eccitato, bellissimo, di
Martin. Era magro ma, grazie all’abitudine che aveva di correre ogni
mattina, aveva la muscolatura sviluppata. Le spalle erano un po’ più
larghe delle sue, ma nel complesso aveva un fisico sottile ed elegante.
La prima volta che aveva fatto l’amore con lui era rimasto incantato
dalla sua perfezione e, ancora adesso, non riusciva a sottrarsi al
fascino che emanava.
Danny sorrise notando quanto a fondo aveva lasciato penetrare Martin
dentro di sé. Sollevò la mano e con il dorso delle dita gli accarezzò
la guancia.
- Voltati e appoggiati al muro!- gli disse con una voce così arrochita
che non sembrava nemmeno la sua.
Martin lo guardò per qualche istante con i suoi occhi liquidi di
piacere, come se non avesse compreso le sue parole. Poi Danny lo vide
annuire con un sorriso che gli annodò qualcosa dentro, prima che
girasse la testa e gli baciasse il palmo della mano che ancora teneva
sulla sua guancia. Piano, per non inciampare nei vestiti che erano
ammassati attorno alle sue caviglie, Danny lo vide voltarsi e dargli le
spalle, appoggiandosi con le mani all’abitacolo, e mostrargli la
schiena in un atto di fiducia così incondizionata da fargli battere il
cuore più veloce per l’emozione.
Danny si posizionò dietro di lui, lo abbracciò per i fianchi lasciando
che le sue mani accarezzassero quanta più pelle possibile del suo
torace e gli lasciò un bacio umido sotto la nuca. Non capiva più nulla
oltre al desiderio che gli scorreva dentro le vene. Entrò dentro di lui
e sentì il suo cervello liquefarsi, la sua testa venire riempita da un
calore zuccherino.
Martin gemeva inarcandosi contro di lui e lo cercava quasi con
disperazione, strappandogli ogni volta un brandello di ragione. Danny
si sentiva bruciare, ridurre in cenere da quelle emozioni troppo
potenti per poter essere provate senza pericolo. Era come essere
trascinati via dalle rapide di un fiume in piena fino a venire gettati
giù da una cascata. Si sentiva sull’orlo del baratro, in bilico tra
lucidità e pazzia, sempre sul punto di cadere e avrebbe pagato
volentieri lo scotto pur di assaporare ancora per molto tempo tutte
quelle magnifiche sensazioni.
Martin ansimava pesantemente con la fronte appoggiata con la parete di
metallo dell’ascensore, madido e sfinito dall’orgasmo. Danny era
completamente abbandonato contro la sua schiena, teneva gli occhi
chiusi e cercava di ricordare come si facesse a respirare normalmente.
Dio, non gli era mai capitato di perdere il controllo al punto da
ritrovarsi a fare sesso in un luogo pubblico, ma da quando stava con
Martin aveva iniziato a pensare e a comportarsi diversamente, spinto da
quel bisogno famelico che nutriva verso di lui.
Stancamente sollevò la testa e gli baciò la spalla, avrebbe voluto
rimanere in quella posizione per sempre, godere all’infinito di quel
delizioso stato di sfinimento, ma avevano degli obblighi da rispettare
e un lavoro a cui tornare. Non voleva pensare a cosa avrebbero detto
gli altri quando sarebbero usciti da là dentro conciati a quel modo,
per di più. Si rimise dritto e aiutò Martin a fare altrettanto. Questi
si girò verso di lui e lo baciò nonostante il fiato corto, stringendosi
più che poteva a lui.
- Se continui così rischiamo di ritrovarci punto e a capo, sai amore
mio? – lo prese bonariamente in giro, con una luce maliziosa e paga a
illuminargli lo sguardo – Ti amo anch’io, Martin.- aggiunse dopo un
po’, abbracciandolo per i fianchi e baciandogli una guancia.
Danny si sentiva felice come raramente lo era stato prima di avere
l’opportunità di stringere Martin tra le braccia.
Con un lieve sobbalzo l’ascensore si fermò al piano dove si trovavano i
loro uffici e, dopo il solito trillo di avvertimento, le ante di
metallo si aprirono. Danny accarezzò con il dorso della sua mano quella
di Martin, strappando un ultimo contatto tra di loro prima di ritornare
a lavoro e riprendere quel distacco professionale che erano costretti
ad avere davanti ai colleghi. Non gli piaceva una cosa simile, non dopo
quello che avevano appena sperimentato, ma non potevano fare
altrimenti. Tutto quello che gli era concesso era sperare di ritrovare
il prima possibile il ragazzo scomparso per poter ritornare a casa,
dove non ci sarebbe stato nessuno che avrebbe potuto criticarlo se
avesse baciato il suo compagno.
Uscirono dall’abitacolo e si trovarono davanti Jack che stava
discutendo con uno degli addetti alla sicurezza dell’edificio.
Evidentemente stava cercando di capire cosa fosse accaduto a
quell’ascensore e come tirarli fuori di lì. Appena li vide che stavano
venendo verso di lui, Jack troncò a metà il discorso con l’altro uomo e
andò loro incontro.
- Si può sapere che accidenti vi è successo?- domandò mentre gli si
fermava davanti, scrutando i suoi sottoposti in modo strano,
incuriosito dal loro aspetto arruffato.
- Martin si è appoggiato alla pulsantiera e ha bloccato l’ascensore,
non se n’è reso conto e abbiamo pensato che fosse andata via la
corrente.- mentì prontamente Danny.
Il compagno si voltò indignato verso di lui, non credendo che lo avesse
davvero accusato. Aveva iniziato Danny, certo aveva ampiamente
collaborato alla cosa, ma come poteva scaricare la colpa tutta su di
lui? Jack sollevò un sopraciglio perplesso e incrociò le braccia al
petto.
- Siete stati rinchiusi più di mezz’ora in quell’ascensore e non vi
siete accorti di niente? Si può sapere che avete fatto nel frattempo?-
domandò sarcastico, con l’aria di chi non crede a una sola parola.
Una goccia di sudore gelido scivolò lungo la colonna vertebrale di
Martin mentre, in preda al panico, si chiedeva cosa avrebbe risposto
ora Danny, perché di certo non poteva raccontare al loro capo cosa
avevano fatto realmente in quell’ascensore.
- Abbiamo giocato a “indovina chi?”- rispose Danny e non pareva per
nulla turbato dalla situazione.
- Senza carte?- domandò ancora Jack e la sua espressione diventava
sempre più ironica.
- Tanto era buio lì dentro.- ribatté l’altro, liquidando la situazione
con una diplomatica alzata di spalle.
Jack li squadrò a lungo, come se stesse cercando degli indizi per
capire cosa era accaduto davvero sul volto dei suoi sottoposti. Alla
fine sospirò e scosse la testa: con quei due era una partita persa in
partenza.
- Andate a lavoro. Di corsa.- ordinò e voltò loro le spalle,
allontanandosi.
Martin sospirò sollevato di essersela cavata quella volta e giurò a se
stesso che non si sarebbe fatto mai più coinvolgere dalle iniziative
del suo compagno. Poi si volse verso di lui, ricordandosi di come
avesse scaricato tutta la colpa su di lui.
- Stanotte me la paghi e cara.- lo minacciò assottigliando lo sguardo,
pochi centimetri separavano i loro volti.
- Non vedo l’ora.- rispose Danny con un sogghigno osceno.
Già immaginava quel corpo candido e perfetto sopra il suo che lo
tormentava in ogni modo che potesse immaginare. Sperò davvero che
quella sera arrivasse il prima possibile.