Capitolo due: Quando tutto si sgretola.
Qualcosa
ossessionava Danny da qualche giorno. Qualcosa che aveva dimenticato e
doveva assolutamente ricordare. Qualcosa che si trovava sempre al
limitare della sua mente, sempre sul punto di rammentare e che
puntualmente sfuggiva alla sua presa.
Seduto
sul letto d’ospedale, con la schiena contro la testiera
metallica e la gamba ingessata sospesa ad una carrucola, Danny
tormentava incessantemente il suo cervello nel tentativo di recuperare
quel particolare che gli era sfuggito. Una settimana prima si era
risvegliato in quella stanza, coperto di bende ed immobilizzato, ma
vivo. A causa della febbre alta che lo aveva colpito, ricordava vaghi
frammenti della disavventura che aveva coinvolto lui e Martin, per
questo era rimasto sorpreso nell’apprendere i particolari
della loro fuga da Vivian; ciò che, invece, gli era rimasto
maggiormente impresso era il modo in cui il compagno l’aveva
protetto dal gelo e dai criminali. Era singolare il modo in cui Martin
si era comportato con lui, si erano protetti a vicenda molte volte in
tutti quegli anni di lavoro, ma mai l’aveva visto agire in
quel modo. Non riusciva a capire. Era come una corrente che gli
sciabordava sottopelle, rendendolo irrequieto.
La
porta della stanza si schiuse rivelando la figura perfetta di Elena,
sorrise trovandolo sveglio ed avanzò fino al letto,
ancheggiando sensualmente sui tacchi vertiginosi. Danny
deglutì a vuoto rendendosi conto che fino ad una settimana
prima un simile spettacolo lo avrebbe fatto uscire letteralmente fuori
di testa, mentre ora non provava niente. Sicuramente il freddo aveva
congelato i suoi ormoni, provò a convincersi.
-
Come stai chico?- gli chiese Elena con un sorriso languido.
-
Molto meglio!- rispose lui distrattamente.
-
Bene! – ed il sorriso della ragazza divenne sollevato
– Sono stata da Martin.- .
Al
nome dell’altro agente Danny sentì il cuore
perdere un battito, mentre l’ansia dentro di lui cresceva e
dilagava. Cosa gli stava succedendo? Era tutto come l’altra
volta, quando Martin aveva salvato lui e se stesso
dall’agguato dei ribelli di Macheba per liberare il loro capo
Adisa, che loro due stavano scortando in prigione insieme a Paige, la
sua complice, rischiando seriamente di rimetterci la vita. Se chiudeva
gli occhi poteva ancora vedere Martin seduto al posto di guida, fermato
dalla cintura di sicurezza, la testa appena china in avanti, che lo
fissava terrorizzato mentre si scostava la giacca per mostrargli la
camicia bianca zuppa di sangue. La stessa ondata di terrore di allora
lo sommerse, rivoltandogli lo stomaco. Era la stessa sensazione di
impotenza e confusione, di frustrazione ed angoscia, che impregnava
ogni cellula del suo corpo. Un nauseante senso di colpa che gli torceva
impietosamente le viscere. Non aveva paura per se stesso, ma era per
Martin che temeva. Stranamente era lui il centro esatto dei suoi
caotici pensieri allora come adesso. Tutto sfumava, perdeva di valore,
nient’altro oltre Martin aveva importanza.
-
E come sta?- chiese cercando di comportarsi tranquillamente.
Elena
si sedette sulla sponda del letto e gli prese una mano tra le sue,
stringendola forte. Le dita di Danny non si intrecciarono alle sue per
tranquillizzarla come le altre volte, rimasero rigide ed inerti come
quelle di una bambola, appoggiate contro il suo palmo.
-
Sta bene. Il proiettile per fortuna è passato a due
centimetri dalla femorale, altrimenti sarebbe morto dissanguato, ma ha
il volto e le mani brucite dal gelo. E’ andata meglio a te!- .
Danny
strinse inconsciamente le mani a pugno: non gli piaceva sapere che
Martin aveva rischiato per l’ennesima volta la vita per
proteggerlo! Ogni volta era sempre la stessa storia: lui che restava
impotente a guardare l’arma puntata contro di loro e Martin
che pensava ed agiva simultaneamente, salvando entrambi anche a costo
della propria vita. A lui restava sempre l’amaro in bocca per
non essere riuscito a fare nulla per l’amico. Come aveva
potuto abbandonarlo in quel modo lasciando che affrontasse da solo quei
criminali? Si sentiva mostruosamente in colpa, ancora una volta.
Si
riscosse sentendo una mano di Elena sulla sua guancia.
-
Sono contenta che ti sia salvato Danny! Davvero!- gli sorrise quasi
commossa.
Lui
strinse i denti, forte. Come poteva dire una cosa del genere sapendo
che era tutto merito di quell’uomo ricoverato
nell’altra stanza? Non era merito suo, senza Martin non ce
l’avrebbe fatta! Le labbra della donna si posarono sulle sue
e qualcosa nella mente di Danny scattò, come una molla che
si spezza, come la fiamma di una candela accesa
all’improvviso in una stanza buia.
Quella
presenza ai margini della sua mente rimase immobile, lasciando che le
sue dita la catturassero, che i suoi occhi la riconoscessero, che lui
ricordasse finalmente. Danny si riappropriò di un ricordo
che non avrebbe mai dovuto dimenticare.
-
Perdonami Danny, ma… ti amo!- .
Con
la stessa potenza delle acque che si riversano da una diga rotta,
quelle parole si infransero nella sua mente, vorticarono nelle sue
orecchie, spezzarono a metà la sua anima.
Ricordò
quella voce dolce, dalle tonalità profonde e calme,
impregnata di dolore e paura, così colma di amore da fargli
dolere il cuore. Ricordò quel calore che gli aveva
incendiato il corpo, illuminando a giorno il buio in cui era immerso.
Ricordò che era stato quell’amore di cui era stato
circondato in quegli istanti a dargli la forza per tornare indietro.
Dolorosamente
scoprì che nessuna di quelle sensazioni incandescenti poteva
essere associata ai baci di Elena, non possedevano la stessa struggente
calma, non sapevano ugualmente di amore e passione.
Sorpreso
e deluso rimase immobile mentre la donna cercava inutilmente di
approfondire quel bacio dal sapore strano, quasi indesiderato. In quel
momento non voleva che qualcosa intaccasse quel ricordo che bruciava
nella sua testa, che cancellasse il sapore forte di quelle labbra sulle
sue. Con calma risollevò le palpebre, incrociando lo sguardo
sorpreso di Elena.
-
Che ti succede Danny?- gli chiese passandogli una mano tra i capelli
arruffati.
-
Niente!- un sorriso tirato gli sfiorò le labbra.
Era
stata lei a chiedergli un po’ di tempo per chiarirsi le idee,
per mettere in ordine e capire quali fossero le priorità
nella sua vita. I giorni erano diventati settimane e le settime mesi.
Non era mai tornata da lui. L’aveva lasciato indietro,
qualcosa che lei aveva sfiorato mentre proseguiva per il suo cammino,
ma che non aveva catalogato. Elena era una donna forte, troppo. Una
donna capace di bastare a se stessa, che non aveva alcun bisogno della
sicurezza che dava avere un uomo accanto. Si sentiva già
sicura da sola. Era una di quelle donne a cui l’amore dei
figli bastava ed avanzava, che non aveva bisogno di quello di un
estraneo. Si era concentrata unicamente su sua figlia, lasciandolo solo
come quella notte. Forse qualcosa si era rotto definitivamente tra loro
quando si era sentito rifiutare con tanta indifferenza, come se la sua
presenza fosse solo un fastidio, qualcosa che andava ad intromettersi
tra lei e sua figlia. Forse i fili che li legavano erano stati recisi
in modo da non poter più essere annodati. Forse il posto di
Elena era stato preso da quel qualcosa che pulsava dentro di lui e di
cui temeva di conoscere il significato, perché, in modo
istintivo, sapeva che avrebbe stravolto la sua vita. Un qualcosa nato
dentro di lui tanto tempo prima, che aveva accantonato per paura prima
di riconoscerlo, e che ora si era destato urlando prepotentemente per
non essere più deluso, per essere soddisfatto. Ma ancora non
voleva vedere, non riusciva a comprendere cosa fosse in
realtà.
-
Voglio vedere Martin: potresti portarmi da lui?- chiese sorprendendo se
stesso prima che Elena.
Quel
desiderio dal cuore era arrivato alle labbra senza prima lasciarsi
riconoscere dal cervello. Eppure rappresentava ciò che in
quel momento bramava veramente. Voleva vedere quell’amico che
aveva rischiato così tanto per lui, voleva sincerarsi di
persona che fosse davvero vivo. Voleva troppe cose in quel momento,
alcune delle quali difficili anche da immaginare, pensare, accettare.
Lasciò
scorrere uno sguardo sulla figura di Elena che si era alzata per
prendere la sedia a rotelle nell’angolo della stanza. Era
semplicemente bellissima. Chiunque posava lo sguardo su di lei non
poteva fare a meno di desiderarla. Incantava chiunque con i suoi
movimenti languidi. Era determinata, decisa, orgogliosa ed ostinata, a
volte dura come diamante, altre morbida come panna. La donna perfetta
insomma. Peccato che in quel momento Danny non riusciva ad avvertire
quel fascino latino che l’aveva conquistato fin dal primo
sguardo, la sua concentrazione era tutta su un altro livello, su di
un’altra persona. Era solo un momento, sarebbe passata
presto. Era solo una conseguenza di quello che avevano passato insieme.
Digrignò
i denti sotto le labbra serrate. Non ricordava niente della caduta
né di quello che era accaduto durante la loro fuga nel bosco
innevato; ma i pochi momenti che aveva trascorso con lui in quella tana
improvvisata, tutte le premure che gli aveva riservato,
quell’alone di furibonda preoccupazione che gli aveva
offuscato gli occhi, erano incisi a fuoco nella sua mente.
Perché?
Non riusciva a capire…
A
fatica si spostò sulla sedia a rotelle sentendo i tocchi
carezzevoli ed invitanti di Elena su di sé mentre lo aiutava
a sistemarsi. In quel momento gli causavano solo fastidio! Non voleva
essere toccato, non ora che aveva ancora sulla pelle
l’impronta delle mani di Martin che si muovevano delicate e
gentili su di lui. Scosse la testa scacciando quel pensiero e tutte le
implicazioni che portava con sé.
Man
mano che si avvicinavano alla stanza di Martin il battito del suo cuore
accelerava sempre più. Era ansia e paura, e si!, anche
desiderio. Aveva paura di scoprire in che condizioni si era ridotto per
lui, ma allo stesso tempo il desiderio di vederlo era diventato quasi
in dolore fisico. Si morse il labbro inferiore mentre Elena apriva la
porta bianca rivelando l’interno. Su di un letto posizionato
al centro della stanza, era sdraiato Martin. I capelli spettinati, il
volto arrossato e screpolato dal freddo, le mani fasciate poggiate
sopra le lenzuola, ai lati del corpo, il tubicino di una flebo che
partiva dal suo braccio sinistro. Stava dormendo. Sul comodino di
metallo grigio era poggiato un vasetto di pomata e delle garze, una
bottiglietta d’acqua e dei bicchieri di carta. La luce
filtrava candida dalle veneziane verticali chiuse, brillando quasi
fastidiosa sulle pareti verniciate di bianco. Senza attendere
l’aiuto di Elena, Danny spinse le ruote in avanti, fino a
portarsi accanto al letto. Da quella distanza ravvicinata
poté rendersi conto della reale estensione dei danni che
Martin aveva riportato. Una stretta al cuore gli fece dolere il petto.
Ognuna di quelle ferite portava inciso a fuoco il suo nome, lo urlava
ad ogni ondata di dolore che gli contorceva le viscere.
Lentamente
sollevò la mano e fece scorrere la punta delle dita
sull’avambraccio scoperto, sentendo sotto la pelle la ruvida
consistenza della pelle lesionata. Se solo non avesse cercato di fare
l’eroe, se solo fosse stato lucido ed attivo in quei momenti,
quante di quelle ferite avrebbe potuto risparmiargli?
Dopo
un leggero fremito delle ciglia le palpebre si sollevarono, Martin si
guardò un attimo intorno confuso prima di posare lo sguardo
sull’amico. Quell’azzurro carico, liquido e
brillante come vetro, che spiccava sul pallore del suo volto, trafisse
Danny come una stilettata al petto da parte a parte, bloccandogli il
respiro in gola.
-
Ehi…- lo salutò Martin appena lo ebbe
riconosciuto, cercando poi di sorridergli nonostante il piccolo cerotto
quadrato all’angolo della bocca.
Una
sensazione calda e dolorosa si sciolse densa dentro Danny a quella
vista straziante, facendogli batter forte il cuore. L’altro
lo avrebbe sentito?
-
Ciao! – gli sorrise triste di rimando – Come stai?-
.
Le
labbra di Martin si incresparono in una strana smorfia mentre
rifletteva.
-
Meglio di quello che credessi! – rispose alla fine
– Non provo neanche dolore, devo essere sotto
sedativi… mi sento intontito…- .
Un
brivido scosse l’altro. Sedativi. Martin si stava ancora
disintossicando da quella roba… cosa gli sarebbe accaduto
ora? Avrebbe ripreso? Si rendeva conto che con quelle ustioni e dopo
un’operazione alla gamba i sedativi erano necessari per
lenire un dolore che altrimenti lo avrebbe divorato, ma ugualmente si
sentiva allarmato. Sapeva sulla sua pelle quanto fosse difficile
smettere una dipendenza e quanto fosse semplice riprenderla, quanto la
tentazione di un’ultima volta fosse forte, quasi
irresistibile, per questo temeva per lui. Ricordava tutte le storie che
aveva fatto quanto Samantha gli aveva chiesto di aiutare Martin. Sapeva
cosa si provasse, era l’unico a poterlo fare, lo sapeva, ma
ugualmente aveva rifiutato, prolungando la situazione fino a farla
diventare critica. Forse era stata il desiderio di non rivangare
più quegli avvenimenti, di cancellarli fino a credere che
non fossero mai esistiti, forse era stato il pudore di mostrare che non
era poi così impeccabile come appariva a farlo agire in quel
modo. Forse era stato anche un pizzico di senso di colpa per non aver
saputo prevenire un simile, scontato risultato, per aver capito solo
quando era troppo tardi. E poi anche la paura di vedere se stesso in
Martin. Alla fine era stato l’azzurro smarrito dei suoi occhi
a convincerlo ad aiutare Martin ad affrontare quella battaglia
complessa e delicata che aveva già combattuto per se stesso.
Martin
dovette intuire la preoccupazione dell’amico,
perché un piccolo sorriso gli incurvò appena le
labbra.
-
Andrà tutto bene, non preoccuparti: questa volta non
cadrò nella trappola!- cercò di rassicurarlo.
-
Lo spero bene! Con tutta la fatica che ho fatto è il minimo!
– cercò di sdrammatizzare – Ti
marcherò stretto!- .
Chissà
perché quelle parole avevano un sapore diverso alle sue
orecchie e sulle sue labbra…
-
Ci conto! – rispose Martin con lo stesso tono scherzoso
– E tu come stai?- chiese poi in tono più serio.
-
Sto bene, non preoccuparti!- .
Danny
avrebbe voluto ringraziarlo come meritava, ma qualcosa dentro di lui lo
bloccava, come se non fosse la cosa giusta quella, anche se non sapeva
perché.
-
Mi hai spaventato a morte Danny!- la voce era bassa ed addolorata.
Un
brivido percorse la spiana dorsale dell’uomo sentendo quel
tono, che quando raggiunse la testa si infranse al suo interno come un
fulmine. Un nuovo scatto dentro di lui, come la chiusura di una scatola
cinese, il modo particolare in cui aveva pronunciato il suo nome, gli
rivelò che era la stessa voce che aveva udito nello stato
d’incoscienza. Quella stessa voce che vibrava pericolosamente
dentro di lui, schiudendo scenari che mai avrebbe creduto di poter
osservare.
Possibile
che appartenesse a Martin quella voce appassionata e dolorante? Al suo
amico? Ed allora perché non l’aveva riconosciuta
subito? Perché solo in quel momento riusciva a darle un
volto?
Il
suo cuore pompava disperatamente nel petto, inseguendo le ondate
d’ansia che lo ghermivano, mentre mille domande vorticavano
nel suo cervello scontrandosi, contraddicendosi, dilaniandolo.
La
sua attenzione fu attratta dal verso infastidito che aveva emesso
Martin, Danny sobbalzò colto alla sprovvista e mise a fuoco
il volto dell’amico, e vide che era contratto.
-
Che succede?- chiese sentendosi anche un po’ stupido per
quella domanda così ovvia.
-
Mi tira la pelle ustionata.- rispose increspando le labbra in una posa
dolorante.
Danny
prese allora il vasetto di plastica bianca da sopra il comodino
metallico.
-
Lascia fare a me!- disse mentre svitava il tappo.
Martin
rimase immobile, il fiato sospeso per quella inaspettata sorpresa; con
un senso di anticipazione poteva già quasi sentire le dita
dell’altro su di sé. Un brivido gli
serpeggiò lungo la schiena mentre immaginava quelle stesse
mani indugiare su di lui per attività molto più
piacevoli di quella. Chiuse gli occhi mordendosi forte
l’interno delle labbra e, come ogni volta, si impose di
calmarsi.
Danny
intanto aveva preso una piccola quantità di pomata
trasparente sulla punta delle dita ed iniziò a spalmarla
sulle piccole lesioni che segnavano il volto dell’amico.
Incomprensibilmente sentiva la propria pelle pizzicare ogni volta che
toccava quella di lui, il respiro accelerare ad ogni suo sospiro
soddisfatto che Martin emetteva. Perché si sentiva
così? Cosa gli stava accadendo? Possibile che quella notte
dispersi nella tormenta di neve avesse fatto scattare qualcosa dentro
di lui? Osservò il volto, ora più rilassato, di
Martin e qualcosa di incomprensibile dentro di lui iniziò a
vibrare. Cos’era quella corrente che lo stava attraversando
in quel momento? Cosa stava provando?
Un
infermiere gli si accostò interrompendo il flusso dei
pensieri che gli stavano squassando la mente.
-
Mi dispiace, ma deve lasciare la stanza: è ora di cambiare
le medicazioni.- gli disse.
Danny
sollevò su di lui uno sguardo opaco, come se non avesse
compreso a fondo il senso di quelle parole; dopo qualche istante di
riflessione annuì distrattamente.
-
Ci vediamo dopo!- promise a Martin stringendogli delicatamente la mano
fasciata.
-
Certo!- e quella voce scivolò lungo l’esofago di
Danny, dilagando densa nel suo petto, vibrando forte su note
sconosciute anche a lui.
A
fatica, spingendo con le mani le rotelle, Danny girò la
sedia verso l’uscita. Solo allora si rese conto che Elena non
era più li, con lui. Lo aveva lasciato solo ancora una
volta. Eppure provò più rabbia che amarezza
quella volta. Una volta fuori dalla porta si fermò ad
ascoltare i lamenti di Martin attutiti dal legno, rendendosi conto per
la prima volta di avere il camice inzuppato di sudore sulla schiena,
del lieve tremore che gli agitava i nervi degli arti, come se fosse
stato sottoposto ad una forte pressione. Sospirò lentamente
avvertendo un profondo bisogno di restare da solo. Spingendo a forza di
braccia si trascinò fino alla sua stanza e dopo alcuni
tentativi a vuoto ed imprecazioni riuscì a salire nuovamente
sul suo letto. Si stese coprendosi il volto con un braccio. Non poteva
crederci, doveva essere tutto frutto della sua mente stanca, non
potevano esserci alternative. Eppure quelle parole si giravano e
rigiravano nella sua mente con la stessa forza di una cantilena. Le
risentiva ruggirgli nelle orecchie con sadica precisione. Riprovava
sulla sua pelle quanto dolore e amore contenessero quelle poche parole.
Quella era una confessione in piena regola! Non poteva essere stato un
delirio della sua mente? Gli suggerì una vocina dentro la
sua mente. Poteva, certo, però come poteva avere lo stesso
tono e lo stesso strazio della voce di Martin? Come? Prima
d’allora lui non l’aveva mai sentita con una simile
grana. La voce di Martin era sempre bassa e profonda, vellutata, di
quelle voci che conquistano immediatamente le donne. Ogni volta si
sentiva avvolto da essa. Era come una carezza ai timpani ed alla mente.
Gli piaceva stare ad ascoltarlo quando discutevano di un caso.
Si
morse le labbra spaventato dalla piega che stavano prendendo i propri
pensieri. Doveva soltanto porsi un paio di domande fondamentali e
cercare di rispondere il più sinceramente possibile. Ma
aveva una paura folle! La paura che una volta fatti i conti con se
stesso e con i segreti che celava anche a se stesso, tutto sarebbe
cambiato per lui. Aveva paura che il suo intero mondo venisse alterato.
Se
solo quella notte non avesse ascoltato quelle parole…
Batté
forte un pugno sul materasso. Non poteva scappare, non quella volta. Lo
sapeva eppure non ci riusciva. Strinse forte i denti ed
ascoltò il suo cervello porgli la prima domanda: Martin
poteva essere innamorato di lui? Ammesso che quelle parole fossero vere
e che le avesse pronunciate lui. Danny cercò nel buio della
sua mente, frugò tra i suoi ricordi alla ricerca di una
risposta. Lui e Martin erano così amici da potersi
permettere di parlarsi francamente, senza maschere, sbattendo la
verità in faccia all’altro sicuro che lo avrebbe
ascoltato e posto riparo ai propri errori. Poteva affermare che erano
grandi amici loro due. Anche se all’inizio Martin non gli
piaceva affatto: credeva che fosse uno di quei figli di papà
che ottengono tutto quello che vogliono senza muovere un dito, serviti
e riveriti solo per il nome che portano. Aveva dovuto ricredersi quando
aveva visto la passione e la perizia che metteva nel loro lavoro,
dimostrandosi sempre all’altezza della situazione, uno dei
migliori agenti che avesse incontrato. Quando Danny aveva conosciuto
suo padre aveva capito come stessero davvero le cose: era un uomo duro
ed inflessibile, di quelli che credono che le proprie parole siano
legge per tutti gli altri, che aveva lottato con mezzi leciti e non per
ottenere il posto che ricopriva; un uomo che aveva già
deciso il futuro di suo figlio e che aveva considerato un affronto
personale la decisione di Martin di diventare un agente FBI. Ricordava
ancora il timore reverenziale che aveva velato gli occhi del suo amico
alla vista del padre e l’espressione che aveva attraversato
gli occhi d’acciaio dell’uomo: guardava il figlio
come se stesse osservando un oggetto inutile. Lo stava mettendo alla
prova per poi stroncarlo al primo fallimento. Danny si chiedeva quante
volte l’aveva già fatto. Quella era stata la prima
volta che aveva avvertito l’impulso incomprensibile di
proteggere Martin, difenderlo da tutto quello che avrebbe potuto
ferirlo. Quella volta aveva scoperto che non gli piaceva vedere quelle
bellissime iridi azzurre offuscarsi, perdere la loro brillantezza.
Danny
affondò ancora di più la testa nel cuscino: tutti
quei giri di parole lo allontanavano solo dalla verità,
stava tentando ancora di fuggire da se stesso! Cercò di
recuperare la concentrazione e di seguire i fili dei propri
ragionamenti.
Martin
lo aveva difeso più volte mettendo a rischio la propria vita
quasi con noncuranza, come se la sua valesse più della
propria. Sarebbe bastato esaminare gli ultimi avvenimenti per capirlo.
Nel mezzo di quella tormenta Martin aveva fatto per lui più
del necessario, si era preso cura di lui come nessun altro avrebbe
fatto. Non sapeva ancora dare una risposta alla domanda se Martin
potesse essere innamorato di lui, ma ricordava chiaramente la profonda
angoscia con lui lo aveva guardato, il tocco carezzevole e delicato
delle sue mani su di lui, la paura di fargli male…
Forse
con un po’ di tempo sarebbe riuscito a capire se la voce
nella sua testa fosse quella di Martin.
E
questo pensiero lo tranquillizzò un po’: non
sarebbe arrivato a capo di nulla in quel modo, come faceva con il suo
lavoro doveva raccogliere indizi e seguire le tracce, solo
così avrebbe scoperto la verità.
Restò
per una manciata di istanti immobile senza pensare a nulla: adesso era
arrivato il turno della domanda che più temeva,
perché riguardava lui stesso, i suoi stessi sentimenti.
Avrebbe potuto svelare qualcosa che cercava di nascondere anche a se
stesso? Cosa provava lui per Martin? Poteva essere innamorato di lui?
Fino
a qualche giorno prima se gli avessero posto una domanda simile avrebbe
guardato il suo interlocutore come se fosse stato un pazzo ed avrebbe
risposto che lui amava Elena! Ma ora…
Ora
doveva ammettere, almeno con se stesso, che spesso Martin era al centro
dei suoi pensieri, soprattutto quando faceva qualcosa di molto
sconsiderato e rischiava inutilmente la sua vita. Ricordava bene come
si era sentito quando, dopo l’agguato in cui era stato
ferito, lo aveva visto attraversare il pronto soccorso, disteso su una
barella e con il ventre coperto di sangue, circondato da medici ed
infermieri che urlavano ordini concitati. Si era sentito come se una
voragine si fosse aperta sotto i suoi piedi, come se il suo intero
corpo si fosse congelato. Avrebbe voluto seguirlo, accertarsi di
persona di cosa gli accadesse. Chiamare Samantha era stato
più un dovere per rispetto a quello che c’era
stato tra loro, che un atto veramente sentito.
In
realtà Danny non avrebbe mai voluto coinvolgerla. Dopo
lunghe insistenze da parte sua, Martin aveva ceduto e gli aveva
raccontato tutti i particolari sulla fine della loro relazione, che si
erano lasciati perché lei aveva paura di esporsi, di vivere
la loro storia alla luce del sole dopo quello che era accaduto quando
era venuta fuori la sua relazione con Jack. Non poteva permettersi di
legarsi ad un altro collega. Le parole di Martin trasudavano tutta la
delusione e tutto il dolore che aveva provato per quella storia
avvizzita prima ancora di diventare seria. Danny aveva odiato davvero
il comportamento di Samantha in quel momento. Ed aveva provato
l’inconfessabile desiderio di spegnere il tormento
dell’amico in un abbraccio. Lottando contro se stesso era
riuscito solo a mettergli un mano sulla spalla ed a stringere la presa,
per comunicargli che era li con lui, che gli era vicino. Il sorriso
mesto che gli aveva rivolto Martin era stato più doloroso di
un pugno alla bocca dello stomaco. Strinse le mani a pugno sentendole
ancora prudere per quello stesso desiderio. La sua mente, libera da
ogni controllo, allora aveva formulato il pensiero che se lui fosse
stato al posto della collega, non avrebbe fatto soffrire Martin a quel
modo, che gli sarebbe rimasto accanto incurante di tutto il
resto…
…
si era ritratto istantaneamente, spaventato.
Ma
ora la sua anima accoglieva quel pensiero con manifesta
gioia…
L’ultima
questione da considerare era quella di Elena. Perché quel
giorno non le aveva fatto alcun effetto? Perché i suoi baci
l’avevano lasciato completamente indifferente?
Perché non si era acceso come le altre volte solo per uno
sguardo di quei vellutati occhi castani? Si morse il labbro inferiore.
In quel momento tutto se stesso era concentrato su Martin, senza
lasciare spazio a nient’altro. Perché?
Perché il suo corpo e la mente desideravano soltanto la
presenza di Martin?
Possibile
che poche ore di pericolo potessero rivoluzionare in quel modo la sua
intera esistenza?
Inspirò
a fondo cercando di schiarirsi la mente, ma quei pensieri restavano
sempre li, ben radicati al proprio posto, senza concedergli requie.
Doveva essere sincero, almeno con se stesso.
Con
riluttanza ammise che Martin gli piaceva. Gli piaceva il suo volto dai
lineamenti squadrati, puliti, da bravo ragazzo, fatti risaltare appena
da quel filo di barba che lasciava crescere di tanto in tanto e che gli
dava, un aspetto piacevolmente trasandato. Gli piacevano quegli occhi
di una tonalità che variava dal blu al grigio, limpidi come
polle d’acqua, che non sapevano nascondere nessun sentimento.
Gli piaceva la sua voce bassa e vellutata, come se cercasse di sedurre
tutti coloro che gli parlavano. Gli piacevano i suoi modi di fare
morbidi e lenti, che gli trasmettevano una profonda calma. Gli piaceva
quel suo carattere deciso e forte, ma anche incredibilmente fragile.
Gli piaceva lui.
Non
sapeva da quando tempo covava un simile segreto, sapeva soltanto che in
quel momento si sentiva sul punto di spezzarsi.
Spostò
il braccio dal volto ed osservò la vernice bianca del
soffitto. Cosa avrebbe fatto ora?
Se
aveva visto giusto e Martin era innamorato di lui, come aveva potuto
restargli accanto trattandolo da amico, come se niente fosse? Come era
riuscito a guardarlo negli occhi ed ad essere felice per lui quando gli
aveva detto di Elena?
Lui
sarebbe riuscito a fare altrettanto ora che conosceva la
verità?