Capitolo 3:
L’ultimo pezzo del puzzle
La
testimone chiuse la porta con un gesto brusco, quasi sbattendola loro
in faccia, indispettita dalle domande invadenti che avevano dovuto
porle. Liquidarono la questione con una diplomatica alzata di spalle,
ormai ampiamente abituati ad essere trattati in quel modo, si
scambiarono uno sguardo in tralice sorridendo divertiti e ritornarono
verso la loro auto, camminando spalla contro spalla sul vialetto
ricoperto di ghiaia. Adoravano quella complicità che pian
piano, anno dopo anno, si era intessuta tra loro, come un pregiato
arazzo dalle figure delicatamente ricamate, pezzo unico al mondo e per
questo dal valore inestimabile. Danny osservava di sottecchi
l’espressione di Martin cercando di intuire cosa stesse
pensando in quel momento.
Gli ultimi mesi per lui erano stati un vero tormento, sempre in bilico
tra dubbi e certezze fragili come cristallo, senza sapere davvero come
affrontare la situazione in cui era caduto. Senza sapere come poter
affrontare la situazione con Martin: era ragionevolmente certo di
quello che provava, ma dentro di lui, accucciato in un cantuccio buio
della sua mente, il tarlo del dubbio continuava a rosicchiarlo. E se si
fosse sbagliato? Se avesse sbagliato ad interpretare i suoi sentimenti?
Se non era lui quello che amava? Cosa avrebbe potuto fare allora?
Avrebbe rischiato di compromettere tutto. Per fortuna Elena ancora non
aveva deciso di tornare da lui, dandogli, così, tutto il
tempo per riflettere. Aveva iniziato a studiare Martin, scrutando ed
analizzando ogni suo gesto, ogni minima sfumatura della sua
espressione. Si rendeva conto che la ragnatela che l’aveva
imbrigliato stava diventando ogni giorno più stretta, che
con quel modo di fare si stava incatenando da solo all’altro,
eppure non poteva fare nient’altro. Martin era quello di
sempre, serio, discreto e controllato, di tanto in tanto si concedeva
una battuta o due, e sul lavoro era coscienzioso e preciso. Eppure non
di rado lo aveva sorpreso ad osservarlo con uno strano sguardo
nostalgico a velare l’azzurro dei suoi occhi; e spesso gli si
avvicinava in modo guardingo, come se temesse di toccarlo e farsi
toccare da lui. Alcuni atteggiamenti di Martin, che stava scoprendo in
quelle settimane di studio accurato, sembravano confermare le sue
supposizioni, ma non riusciva mai a cogliere l’indizio
decisivo per farsi avanti. Cosa accidenti nascondevano quelle
incredibili iridi azzurre? Stava diventando matto! Un secondo erano
azzurre e limpide, mostravano tutto quello che provava, il secondo
successivo erano grigie e dure come acciaio, impenetrabili ed
inquietanti. Si chiese come non avesse mai notato la
particolarità di quegli occhi. In quel momento il volto di
Martin era disteso, rilassato, come se tutta andasse bene. Il suo
sguardo era di un azzurro pulito che sembrava tutt’uno con il
colore terso di quel cielo primaverile. Iniziava a sentirsi un
po’ preso in giro, lui che si tormentava incessantemente sui
suoi sentimenti senza venire a capo di niente. Martin gli piaceva, e
molto anche, ma non sapeva che nome dare a quel sentimento, non ancora.
Sapeva che era dentro di lui da chissà quanto, ben radicato,
e che difficilmente sarebbe andata via, ma, nonostante tutto, ancora
non era completamente certo della sua natura.
Vide Martin estrarre le chiavi dell’auto e sorrise, con un
gesto fulmineo gliele sfilò.
- Guido io stavolta!- ghignò guadagnando il posto di guida.
- Testamento l’ho già fatto!- rispose teatralmente
l’altro stando allo scherzo.
- Vorresti insinuare che non guido bene?- Danny si fermò a
fronteggiare l’amico con le mani sui fianchi ed un finto
cipiglio arrabbiato.
- Non insinuo, affermo!- rispose Martin con uno sguardo di sfida mentre
aggirava l’auto.
- Uomo di poca fede! Ti farò ricredere, vedrai!- lo
minacciò puntandogli l’indice contro.
- Vedremo!- celiò l’altro agente prima di aprire
la portiera e sedersi al posto del passeggero.
Danny ridacchiò divertito mentre saliva a sua volta
sull’auto: adorava quegli scambi di battute tra lui e Martin,
gli dava la sensazione di essere legato a lui, di avere un rapporto
esclusivo con lui, di cui nessun altro poteva farne parte. Era un gioco
solo loro, non apparteneva a nessun altro.
Stavano discutendo oziosamente del caso, mentre attendevano lo
snellimento del traffico all’incrocio, quando il cellulare di
Martin squillò. Danny si trattenne dal commentare la
ridicola canzoncina che aveva per suoneria, fulminato dallo sguardo
ammonitore dell’amico, ma si concesse ugualmente un ghigno
sarcastico.
- Pronto? – chiese senza guardare il numero sul display
– Emily!- esclamò entusiasta mentre un ampio
sorriso gli si schiudeva sul volto.
Sentendo quel nome femminile sulle labbra di Martin, Danny si
sentì fremere di inspiegabile fastidio, e la presa delle sue
mani sul volante si fece così salda che le nocche
sbiancarono.
- No, non disturbi affatto! Dimmi! … Per pranzo? No, non
credo di farcela, sono ancora per strada, facciamo per cena?
… Ok! Allora ci vediamo stasera! Ciao tesoro!- ed il sorriso
sulle labbra di Martin divenne insostenibilmente dolce.
Martin a cena con una donna sconosciuta. Danny scoprì che la
cosa non gli piaceva affatto, che lo irritava in un modo che non aveva
mai sperimentato prima. Dentro di lui cresceva il desiderio di
impedirgli di andare. Serrò i denti sotto le labbra tirate:
avrebbe voluto lui stesso essere al posto di quella Emily!
Ciò che provava, per Danny stava diventando un peso
insostenibile, era sempre li ad opprimergli l’anima. Non
sapeva se era amore o solo desiderio, ma voleva l’amico per
sé. Voleva che Martin guardasse solo lui, che pensasse solo
a lui, che pronunciasse solo il suo nome. Voleva essere
l’unico abitante del cuore di Martin. Voleva cancellare
quella Emily dalla faccia del pianeta, dai pensieri di Martin; voleva
che di lei non rimanesse nemmeno il ricordo. Incattivito dai suoi
stessi pensieri, Danny si chiuse per il resto del tragitto in un
ostinato mutismo, lasciando cadere a vuoto tutti i tentativi di
conversare dell’amico, consapevole che se solo avesse aperto
bocca avrebbe detto qualcosa di spiacevole, riversando su di lui tutta
la rabbia che stava provando in quel momento, ferendolo
irrimediabilmente e pentendosene subito dopo.
Era sera ormai e l’Ufficio Persone Scomparse si era quasi
completamente svuotato. Erano rimasti solo Martin, Danny e Samantha:
avevano ritrovato la ragazza scomparsa ed ora restava solo da sbrigare
le ultime pratiche. Vivian era andata a casa desiderosa di passare un
po’ di tempo con la propria famiglia, mentre Jack era ancora
dal procuratore per la sua deposizione sul caso. Martin tamburellava
nervosamente con le dita sul ripiano della scrivania, incapace di
concentrarsi sul proprio rapporto, mentre osservava corrucciato la
schiena di Danny curvata in avanti. Non riusciva a comprendere il
comportamento che aveva tenuto quel giorno: era completamente
incomprensibile! Aveva scherzato tranquillamente per tutta la mattinata
ed all’improvviso si era adombrato e non aveva più
parlato, rifiutandosi persino di guardarlo e rispondendo con stentati
monosillabi solo quando era strettamente necessario. Anche gli altri si
erano resi conto del suo pericoloso stato d’animo e, di
comune accordo, avevano deciso di lasciarlo in pace fino a che non si
fosse calmato. Rammentava un’altra volta in cui lo aveva
visto in quello stato, quando, alterato dai sedativi che prendeva di
nascosto, aveva agito da solo, rischiando di far uccidere il bambino
sequestrato e se stesso. Danny aveva compreso subito cosa non andasse
in lui e, dopo varie ore di furioso silenzio, era esploso e
l’aveva affrontato a muso duro, sbattendogli in faccia quella
realtà che non voleva in alcun modo accettare.
Quell’attesa lo snervava! Voleva sapere subito cosa lo avesse
irritato a quel modo e prendere le adeguate contromisure per farlo
tornare in sé. Non gli piaceva quel Danny scontroso, pronto
a scattare da un momento all’altro, come un ordigno sul punto
di deflagrare. A lui piaceva il Danny scherzoso ed allegro, quello che
lo guardava con i suoi occhi neri lucenti di furbizia e divertimento, e
le labbra schiuse dal suo tipico sorriso malandrino. Quello non era il
Danny di cui si era innamorato, l’amico con cui aveva diviso
tutti quegli anni di lavoro.
Uno degli agenti di guardia si avvicinò alla scrivania di
Martin, interrompendo i suoi pensieri.
- Agente Fitzgeral c’è una persona che chiede di
lei, la lascio passare?- gli chiese.
Immaginando chi fosse, Martin annuì e poco dopo
nell’ufficio fece il suo ingresso una donna giovane e
dall’aspetto molto grazioso.
- Emily!- la salutò felice lui sollevandosi in piedi e
aprendo le braccia in un tacito invito.
La ragazza sorrise e lo abbracciò forte. Danny a quella
vista strinse la mani a pugno così forte da trapassarsi i
palmi con le unghie. Quando finalmente si allontanarono fece scorrere
uno sguardo di sufficienza su di lei. A malincuore dovette ammettere
che era molto carina ed estremamente elegante. I capelli lisci e biondi
erano tenuti in morbido chignon, che lasciava libere alcune ciocche ai
lati del volto delicato e sul collo. Gli occhi verdi erano schermati
dalle lenti senza montatura di occhiali da vista. Indossava un tailleur
blu dal taglio sobrio ma raffinato, e le decolté dal tacco
alto ma non vertiginoso, slanciavano la sua figura esaltandola. Una
donna come quella avrebbe interessato anche lui, se solo non ci fosse
stato Martin di mezzo.
- Sei pronto? Ho prenotato allo Shan!- la sua voce era bassa e
musicale, e quel sorriso che aveva schiuso le sue labbra rosse e piene,
avrebbe fatto innamorare qualunque uomo.
- Accidenti! Ma sei sicura? Quel ristorante e costosissimo!- chiese lui
imbarazzato.
- Tutto per il mio caro Martin!- Emily sorrise e gli carezzò
una guancia.
Danny strinse così forte la matita che aveva in pugno, da
spezzarla a metà, alcune schegge gli si piantarono
dolorosamente nella pelle. Martin stava indossando il suo spolverino
nero quando una voce li interruppe.
- Non ci presenti la tua amica, Martin?- chiese Samantha con un tono di
voce fin troppo casuale.
Stava in piedi davanti alla scrivania, le braccia incrociate al petto
ed un tenue livore a velarle lo sguardo. La loro storia era finita da
tempo e non si era chiusa bene, erano rimasti buoni amici e colleghi,
ma una sottile ruggine tra loro permaneva comunque, appena visibile in
alcuni piccoli gesti che si scambiavano. Era consapevole di essere
stata la causa della loro rottura e di aver causato a Martin molto
dolore, ma ugualmente non aveva potuto impedirsi di ferirlo: come aveva
potuto credere di poter amarlo nel chiuso delle loro case e di
liberarsi di quel sentimento ogni volta che entrava in ufficio? Era
stata un sciocca, ma aveva avuto paura. Non degli affari interni come
pensava Martin, non solo almeno, ma di quello che avrebbe potuto
pensare di lei Jack. Si sarebbe arrabbiato o sarebbe stato contento per
lei? Solo quando Martin l’aveva lasciata, stanco di tutte le
sue paranoie e di sentirsi sempre allontanato, aveva compreso cosa
avesse perduto in realtà. Sapeva di non poter più
tornare indietro ed avanzare alcun diritto su di lui, ma doveva ad ogni
costo sapere chi era quella ragazza bionda, se era la sua nuova
fidanzata.
- Mi chiamo Emily Cooper! Sono un avvocato e faccio parte dello staff
del procuratore distrettuale!- rispose lei cordialmente, tendendole la
mano.
Samantha la scrutò per alcuni istanti con le sopracciglia
sollevate, prima di ricambiare la stretta e presentarsi a sua volta.
Era troppo gentile, troppo amichevole, troppo bella… Troppo
perfetta! E non le piaceva!
Emily piegò il braccio per leggere l’ora
sull’orologio da polso.
- Mi dispiace ma dobbiamo andare, stiamo facendo veramente tardi!-
disse guardando Samantha davvero rattristata.
- Allora andiamo: io sono pronto!- rispose Martin passandole una
braccio attorno alla vita per poi poggiarle la mano sul fianco, in un
atteggiamento fin troppo intimo.
- Piacere di avervi conosciuto!- si congedò chinando appena
la testa in un gesto estremamente grazioso.
Danny li osservò andare via insieme scuro in volto, la
rabbia e la gelosia che montavano dentro di lui come le onde
dell’Oceano nel bel mezzo di una tempesta. Vide Martin
sussurrare qualcosa all’orecchio della ragazza ed Emily
scoppiare a ridere, prima che le ante metalliche
dell’ascensore si chiudessero celandoli alla sua vista. Erano
proprio una bella coppia, così affiatati ed in confidenza,
doveva ammetterlo. Una grande tristezza si sciolse nel corpo di Danny
premendo dolorosamente sulla sua anima. Era arrivato tardi. Si era
nascosto cercando di capire, di non scoprirsi per primo per paura di
scottarsi, ed alla fine aveva perso tutto. Ma come poteva proprio lui
biasimare Martin? Non aveva mai fatto mistero di provare qualcosa per
Elena, quindi perché avrebbe dovuto biasimarlo se per
dimenticarlo avesse deciso di uscire con una bella donna? Ricordava
bene quanto dolore avesse impregnato la voce di Martin mentre
pronunciava quelle poche parole durante la sua dichiarazione…
… perché avrebbe dovuto costringerlo a soffrire
ancora? Per un suo egoistico desiderio di possesso?
Si prese la testa tra le mani sentendosi improvvisamente male.
Dove avrebbe trovato la forza ed il coraggio per farsi da parte?
Danny era appoggiato mollemente alla balaustra di marmo del terrazzo
che correva lungo tutto l’ultimo piano del palazzo
governativo del FBI. Il cielo era coperto da un orizzonte
all’altro da una coltre di spesse nuvole colore
dell’acciaio, che lasciavano filtrare solo una luce
lattiginosa che offuscava tutto. L’aria era afosa ed
appiccicosa, toglieva il respiro dai polmoni. Il tempo sembrava
dilatatosi all’infinito in quell’atmosfera apatica.
Quel clima uggioso contribuiva a peggiorare il suo umore già
pessimo.
In quell’ultima settimana Emily Cooper era venuta
praticamente tutte le sere a prendere Martin, con la scusa di andare a
mangiare fuori. Ed ogni volta sembravano sempre più degli
sposini in luna di miele, pensò storcendo le labbra in una
smorfia infastidita. Capita l’antifona, dopo le prime sere,
aveva fatto in modo di non farsi mai trovare alla sua scrivania; anche
se, però, per quanto facesse non riusciva a mai sfuggire ai
pettegolezzi di Vivian e Samantha, sembrava che le sue orecchie si
trasformassero improvvisamente in un paio di radar costruiti
appositamente per captare qualsiasi notizia su loro due. In quei
momenti sentiva il disperato bisogno di urlare loro di stare zitte.
Doveva allontanarsi per non aggredirle davvero.
Faceva male, dannazione! Così male da desiderare di
trasformarsi in pietra per non provare più quel dolore! Era
questo che provava Martin ogni volta che lo vedeva in compagnia di
Elena? Era quel dolore che gli aveva cagionato? In quel momento
desiderò di essersi accorto immediatamente dei sentimenti
dell’amico per lui, di non essere mai scappato, sicuramente
si sarebbero evitati molte sofferenze a vicenda.
- La disturbo se resto un po’ qui con lei?- una morbida voce
femminile, conosciuta e temuta, lo sorprese.
Danny, spaventato, si girò di scatto ritrovandosi ad
osservare gli occhi verde veleno e il sorriso dolce di Emily Cooper.
Quel giorno portava i capelli sciolti sulle spalle sottile che le
davano un’aria ancora più deliziosa. Come avrebbe
potuto lui, un uomo, compere con una donna simile? Si impose di stare
calmo e di ricacciare indietro tutta la sua ostilità: non
avrebbe ricavato nulla ad attaccare quella donna, si sarebbe messo solo
contro il suo Martin.
- Affatto!- rispose distrattamente guardando il nulla davanti a
sé.
Emily si poggiò con la schiena contro la ringhiera, di
spalle al cielo, prese un pacchetto dalla borsa e si portò
una sigaretta alle labbra. La accese e prese una boccata. Possibile che
fosse così sensuale anche compiendo i gesti più
semplici? Si volse verso l’agente che la stava fissando di
sottecchi.
- Non lo dica a Martin: lui non vuole che io fumi!- disse ed un lampo
divertito illuminò per un istante il verde dei suoi occhi.
Danny strinse maggiormente i pugni sentendo con quanta
familiarità avesse pronunciato il nome del collega.
- È da tanto che state insieme?- non poté
esimersi di chiedere.
Emily sollevò un sopracciglio confusa.
- Insieme? In che senso?- .
Danny digrignò i denti irritato: voleva prenderlo in giro
per caso?
- Come ‘in che senso’?! Nel senso di coppia,
fidanzati…- sbottò.
- Lei crede che io e Martin…?- e scoppiò a ridere.
L’agente ascoltò confuso quella risata argentina
riempire l’aria, non riuscendo a capire a cosa fosse dovuta
tanta ilarità e sentendosi leggermente offeso.
Emily poggiò il fianco destro contro la pietra e lo
fissò cercando di trattenere la propria ilarità.
- Io e Martin siamo cugini!- gli spiegò con un ghigno.
Danny sulle prime non comprese il senso di quelle parole, troppo
sorpreso per fare qualsiasi cosa, fosse anche pensare.
- Cugini?- ripeté incredulo, sentendo un peso scivolare via
dalla sua anima.
- Mia madre e suo padre sono fratelli. – prese
un’altra boccata di fumo – Io e Martin abbiamo la
stessa età, siamo praticamente cresciuti insieme. Abbiamo
sempre cercato di aiutarci a vicenda. In effetti più che
cugini ci consideriamo come dei fratelli. Ultimamente vengo spesso qui
perché Martin sta soffrendo molto ed ha bisogno di un
sostegno morale!- un velo di rabbia e tristezza le oscurò
gli occhi.
- Sta soffrendo?- lui l’aveva studiato a lungo ma non ha mai
notato nulla.
Emily leggendo la sorpresa sul volto dell’altro sorrise
comprensiva.
- Martin è un ottimo attore, ha dovuto imparare ad esserlo
per sopravvivere allo zio. Comunque non si tratta di lui, non questa
volta almeno. Martin si è innamorato. All’inizio
credevo che fosse una semplice infatuazione, una cotta che sarebbe
passata nel giro di qualche mese, ma la faccenda è molto
più complessa. Ammetto di aver sottovalutato la situazione.-
concluse pensierosa come se stesse parlando con se stessa
più che con lui.
Quelle parole trapassarono Danny come una salva di proiettili sparati a
bruciapelo. Si sentì così male che dovette
reggersi alla ringhiera per non cadere. Si sentì spezzare a
metà. Avvertì come se una mano gelida gli avesse
afferrato le viscere nel pugno e gliele stesse stritolando.
- E lei chi è?- chiese cercando di portare avanti quella
conversazione.
Per uno strano desiderio masochista Danny doveva sapere chi fosse la
donna che osava fare del male ad una persona come Martin. Emily lo
scrutò a lungo con quegli occhi verdi, come se stesse
decidendo se potesse fidarsi di lui.
- In realtà è un lui.
– la sua voce era un sussurro così lieve che le si
spense sulle labbra – E’ un suo collega.- .
Danny rimase pietrificato nella sua posizione, non sapeva
più quale parte del corpo gli facesse più male,
si sentiva come se decine di aghi incandescenti lo avessero infilzato.
Una strana ansia gli correva sottopelle insieme ad una piccola
scintilla di speranza, elettrizzandogli tutto il corpo. Strinse forte
le mani l’una con l’altra per nascondere il proprio
tremore.
- Non ci ha mai detto niente…- .
- Beh, cose come queste potrebbero troncargli all’istante la
carriera. Non avrei dovuto nemmeno parlarne con tanta
leggerezza… Ma voglio troppo bene a mio cugino e non ce la
faccio più a vederlo in quello stato pietoso. Vorrei davvero
poter fare qualcosa per lui. Sono anni che lo guarda da lontano
tormentandosi, adesso deve anche sopportare la sua relazione con una
collega. Povero Martin: si sta distruggendo con questo amore a senso
unico! Gli ho detto che sarebbe meglio per lui chiedere un
trasferimento, allontanarsi da lui, ma non ce la fa, ne è
troppo innamorato anche se ci sta da cani. Ed intanto l’altro
è felicemente fidanzato con un’altra. Confesso che
sto iniziando ad odiarlo questo Danny Taylor!- .
- Danny… Taylor…?- balbettò
l’interessato allibito.
Quello era tutto ciò che voleva sentir dire, tutto quello di
cui aveva bisogno. Tutti i pezzi dentro di lui andarono al loro posto
svelandogli la chiara e semplice verità, quella che non
riusciva o, forse, più semplicemente, non voleva vedere.
Lui era innamorato di Martin. Martin era innamorato di lui.
Da sempre da mai. Un sentimento che si era portato sempre dentro,
nascosto tra le pieghe della sua anima per paura di quello che avrebbe
comportato. Un sentimento che forse aveva anche un po’ odiato
perché gli aveva sbattuto in faccia la verità che
forse lui non era ciò che aveva sempre pensato. Per questo
lo aveva respinto, per l’illusione di una parvenza di
normalità che gli avrebbe concesso amare una donna, e che
gli sarebbe stata strappata impietosamente se avesse affrontato una
relazione con Martin. Semplicemente aveva scelto la soluzione
più facile per se stesso. Era solo scappato da se stesso.
Tanti suoi pensieri e comportamenti presero allora un senso, svelando
il proprio significato recondito. Ora che aveva capito si sentiva
tranquillo, in pace con se stesso, capace di mettersi in gioco. Ora si
sentiva pronto ad abbracciare quel sentimento ed a viverlo, fino in
fondo, immergendosi in esso.
- Lo conosce?- chiese la donna piegando il capo di lato, incuriosita
dalla sua reazione.
- Più o meno…- rispose lui con un ghigno ambiguo.
Prima che lei potesse indagare più a fondo, Martin comparve
sulla soglia della portafinestra.
- Emily mi dispiace averti fatto aspettare, ma ero impegnato con Jack!-
le sorrise dispiaciuto.
- Non preoccuparti: il tuo collega è stato così
gentile da farmi compagnia.- sorrise prima di abbracciarlo.
Martin corrugò la fronte preoccupato scorgendo oltre le
spalle della cugina Danny in piedi poggiato alla ringhiera, il solito
sorriso scanzonato era tornato finalmente sulle sue labbra: cosa si
erano detti in sua assenza?
- Tua cugina è molto simpatica!- sorrise Danny.
L’altro inarcò le sopracciglia sorpreso: il
collega aveva fatto di tutto per evitare di incontrare Emily,
incupendosi appena veniva menzionata, ed ora diceva che era simpatica?
Spostò uno sguardo perplesso sulla cugina, che gli sorrise
innocentemente di rimando.
- Invece di startene li impalato a fissarmi, che ne dici di andare?- lo
canzonò dolcemente Emily.
Martin batté più volte le palpebre disorientato
come se si fosse appena svegliato.
- Si… si! Andiamo!- balbettò confuso.
- Vuole unirsi a noi?- chiese Emily a Danny.
L’agente sembrò sorpreso per un istante prima di
risponderle.
- Mi piacerebbe, ma ho già un impegno!- sorrise cortese.
Notò immediatamente le iridi di Martin assumere una
sfumatura grigio scuro, impenetrabile e gelida come metallo. Non gli
piaceva vedere quelle iridi scurirsi, era un colore innaturale, lo
inquietava.
Con un gesto brusco Martin girò su se stesso e, tirandosi
dietro la cugina, rientrò in ufficio. Danny aveva un
appuntamento! Sicuramente era con Elena. Aveva notato che i rapporti
tra loro si erano raffreddati, aveva sperato che finalmente gli venisse
concessa un’opportunità ed invece…
Ma cosa sperava? Cosa desiderava?
Lui era l’unico a tormentarsi per quell’amore. Era
l’unico a soffrire per quell’amore. Era
l’unico a desiderarlo!
A Danny non interessava niente di tutto quello! E come avrebbe potuto
volerlo, quando aveva al suo fianco una donna come Elena?
Era quel pensiero a strappargli l’aria dai polmoni ed a
stritolargli le viscere. Ad infrangerlo impietosamente.
Una mano sottile e calda si poggiò delicatamente sul suo
braccio, attirando la sua attenzione, Martin i volse lentamente, nella
speranza di poter riacquistare un minimo di controllo, ed
incrociò le iridi verdi impensierite della cugina. Non era
giusto farla preoccupare in quel modo, l’aveva già
fatto fin troppo. Sovrappose la propria mano a quella di Emily e le
sorrise per rassicurarla. Un sorriso mesto e sofferente che le fece
ancora più male.
Non visto Danny arretrò fino a ritornare sulla balconata.
Era la prima volta che osservava la sofferenza che si agitava costante
sotto la maschera che Martin indossava quotidianamente. Come poteva
amarlo in quel modo? Come poteva andare avanti in quel modo senza
sbriciolarsi, senza crollare? Come poteva guardarlo in volto ogni
giorno e fare finta di nulla? Come poteva soffocare la disperazione e
sorridere? Come poteva sopportare di saperlo tra le braccia di
un’altra donna? Da dove gli veniva una simile forza?
Lui non sarebbe mai riuscito a fare altrettanto, a comportarsi
così normalmente per non far intuire niente a nessuno. Ora
Danny era veramente consapevole della necessità di chiarire
le cose con Elena, solo allora sarebbe potuto andare da Martin.
Prese il cellulare dalla tasca e compose il numero della donna.
- Elena? Devo parlarti! È urgente.- .