CAPITOLO 14

TOC TOC
La porta si aprì subito rivelando un giovane ragazzo, era sui 12 anni e minuto, ricciolino e moro. Un cespuglietto incolto. L'espressione imbronciata si trasformò subito in una sorpresa appena vide chi aveva bussato alla sua casa.
Davanti a lui stava un ragazzo adulto, dal bel corpo atletico avvolto in vestiti attillati bianchi striati di nero....come il manto di una tigre siberiana...i capelli biondi leggermente spettinati, alcune ciocche coprivano il suo volto rivelando a stento due fessurre gelide del colore dei ghiacci siberiani.

In braccio teneva una ragazza che indossava solo una grande giacca di pelle nera, l'aspetto era piuttosto scarmigliato e in disordine, ma si intravedeva tutta la sua bellezza. Le lunghe gambe erano scoperte, mentre le braccia le teneva intorno al collo dell'altro. Il volto sprofondato nel suo petto.
" T-Ty....da quanto tempo non tornavi...ma che..."
Senza dire nulla entrò in casa passando davanti al ragazzino dirigendosi a passo sicuro in una delle camere chiuse. Il piccolo cominciò a chiamare a gran voce:
" Ehi mamma, è tornato il fratellone!"
A queste parole una donna sbucò dalla cucina con un'aria più che

meravigliata....immediatamente, alla prima occhiata, cominciò subito a preoccuparsi e precipitandosi dalla tigre bianca cominciò a riempirlo di domande, domande che lui non calcolò minimamente, l'unica cosa che disse fu diretta al ragazzino:
" Ehi, Riccio, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così? Io non sono tuo fratello." Poi continuò a mente -…io non sono nessuno per voi…- .

Infine si richiuse subito la porta della sua vecchia camera dietro di sè, non potè vedere come ci rimase il piccoletto...immediatamente incupendosi come non mai si precipitò in un angolino della casa, un angolino buio e nascosto, si appallottolò su sè stesso chiudendo stretti gli occhi e cacciandosi in un ostinato mutismo.
Era da tempo che quello che lui considerava fratello non tornava più...l'ultima volta che l'aveva visto era stata durante quella grossa litigata con il papà...già...quella volta dopo aver bevuto e fatto a pugni con lui gli aveva semplicemente gridato in faccia che non era il loro vero figlio, era uno adottivo e che di lui si sapeva solo che veniva dalla siberia e che non possedeva passato e ricordi....in pratica non era nessuno. Gli aveva dato del bastardo inutile. Come non andarsene di casa dopo una rivelazione del genere? Perfino lui che era piccolo si era chiuso in sè stesso.
Lui lo considerava veramente suo fratello...ma lui dopo quella volta non volle più saperne di loro, scappò e diventò qualcosa tipo....lo chiamavano un senza tetto...non sapeva che voleva dire. Ma gli era sempre mancato, e lui l'avrebbe considerato sempre suo fratello. Ma soffriva nel sapere che non era altrettanto per lui, che non era ricambiato....invece di migliorare il suo carattere peggiorava sempre più, e nessuno faceva nulla per aiutarlo.
L'unica cosa che faceva Ty era mandare loro un assegno una volta al mese. Ma non capiva il suo comportamento, non capiva nemmeno che facesse ora....non sapeva....in fondo lui era troppo piccolo e stupido per sapere. Per questo lo chiamavano il Riccio...si chiudeva come un riccio e penetrare la sua scorza era impossibile.
Ty, nella sua stanza di un tempo, adagiò Eloise nel suo letto coprendola con le coperte. Poi cominciando a frugare nel suo armadio tirò fuori dei vecchi abiti suoi... era una camicia larga e dei pantaloni neri semplicissimi, da uomo ma sempre meglio di nulla. Le indicò di metterseli, ma lei non lo ascoltava...era persa nei suoi pensieri e lui in fondo nei suoi. Si sedette nel bordo del letto dove stava la principessa distesa. Pensava. Ricordava quel che pochi anni prima era accaduto.
Dopo la grande litigata di suo padre nella quale aveva saputo che non era loro vero figlio e che non lo volevano là, lui se ne era andato abbandonando tutto e tutti. Ma non sapendo che fare e dove andare finì per diventare un barbone. Un senza tetto. Possedeva una notevole forza e riusciva a mettere soggezione e paura a chiunque con il solo sguardo, ma non voleva far nulla. Non trovava nulla per cui valesse la pena vivere. Quando un giorno di pioggia, il classico, non era arrivata lei...con le sue urla isteriche l'aveva destato...sembrava in pericolo. La guardò serio e glaciale e rimase incantato dalla fierezza e dalla sfacciataggine dei suoi occhi...non la conosceva, era una piccola bambina viziata che stava venendo aggredita....ma qualcosa di lei l'attirò, i suoi occhi forse...probabilmente aveva scorto la ragazza che un giorno sarebbe diventata. Senza rifletterci bene l'aveva difesa....ma non osando di più era tornato seduto a terra a bagnarsi. Lei si era avvicinata e con aria superba aveva detto : “Sai chi sono io? Io sono la principessa Eloise....con questo tuo gesto ti sei guadagnato una ricompensa...hai salvato il futuro della città! Scegli quel che vuoi come ricompensa…” ma lui non volle nulla, la guardava freddo e ostile nonostante tutto.

Così lei colpita da lui si avvicinò ulteriormente, gli tolse dal capo la stoffa che teneva per coprirsi e, dopo un lungo attimo in cui rimasero seri a fissarsi, disse con aria sinceramente sorpresa “Allora vorrei prendervi con me, nobile cavaliere!” non sapeva per quale ragione aveva parlato così, ma quelle parole gli entrarono nel cuore....lui che non aveva passato e presente...a uno come lui rifiutato in quel modo ora veniva offerto un futuro, e per di più veniva chiamato cavaliere nobile.
Lacrime gli salirono agli occhi, le uniche della sua vita.
Allora non potè far altro che prendergli la mano e baciargliela. Dopo quella volta venne preso con lei e messo sotto la sua ala protettiva, fu curato da lei esclusivamente. Se venne fuori dal pantano in cui era, fu solo merito suo. Lui in cambio non poteva che assicurargli la felicità, la salute, l'incolumità...tutto quel che poteva. Disinteressatamente.
Ma adesso tornare lì era una sofferenza per lui. Sofferenza che non avrebbe mai e poi mai mostrato. Ma doveva farlo. Per lei. Ora era lei da tirare fuori dal tunnel in cui era. E avrebbe fatto qualunque cosa per tornare a vederla sorridere fiera come una volta, a gridare ordini sfrontata. Luminosa. Sincera. Posando gli occhi azzurri su quelli di lei disse con voce bassa e roca:
" Mia principessa...vi prego...tornate a sorridere...non sopporto di vedervi così...reagite....piangete se volete...ma poi tornate come prima...non so cosa vi sia accaduto là dentro, ma quello che più conta per me siete voi e non posso vedervi così. Vi prego...è il vostro nobile cavaliere che ve lo chiede..."
Quelle parole colpirono la ragazza che spalancò gli occhi e, mentre lui si stava alzando e allontanando, lo afferrò per il polso, lo tirò giù di nuovo nel letto e accucciandosi nel suo grembo iniziò a piangere nuovamente.
" Allora fammi piangere ancora un po'. Sarà l'ultima volta...poi tornerò forte e ambiziosa come prima...ma per ora, solo per adesso...stammi accanto..."
E altri singhiozzi presero a scuotergli il corpicino minuto ricoperto dai lunghi e meravigliosi capelli dorati.

Un’ espressione dolce si dipinse nel volto sempre serafico e gelido della tigre che, posando delicato una mano sul suo capo, cominciò ad accarezzarla.
Quella notte sarebbe rimasta un segreto fra loro due. Solo loro due.

Il suo non fu quello che verrebbe definito un ottimo risveglio!
Sbarrò gli occhi, appena riprese i sensi, in quella stanza buia.
Con uno scatto rizzò a sedersi sul letto su cui era stata distesa.
Ricordò la sensazione delle falene su tutto il suo corpo e questo le provocò un moto di disgusto.
Si passò le mani sulle braccia per rendersi conto che non ce ne fossero più.
E Judas??
Dov'era Judas??
E dov'era lei!!!!!! quella era la prima domanda che aveva bisogno di una risposta immediata!! Dove l'avevano portata??
"Mantenga la calma signorina!" una voce dal buio di fronte al letto le fece capire che non era sola.
"Chi sei? chi c'è?"
Un raggio di luna scoperta dalle nuvole filtrò attraverso la vetrata alta della finestra, lasciando intravedere una metà di un uomo seduto su di una sedia.
Le sue braccia erano poggiate allo schienale.
Capelli scuri vennero illuminati ed un occhio che la osservava fermo.
Aveva i tratti del viso piuttosto squadrati...marcati.
La sua voce era molto profonda...e calma.
"Sono Xavier, signorina, agli ordini di Machiavelli"
"Come speravo che non fosse! Perfetto!"
"Non si agiti...non ha nulla da temere...."
"Ah!" rise con sarcasmo "Io avrei detto il contrario..."
L'uomo non cambiò la sua posizione. Sembrava fatto di marmo.
Asha cominciò ad abituare lentamente il suo sguardo alla luce.
Per quello che poteva vedere, la stanza aveva un arredamento spartano.
Un comodino. Uno specchio. Un letto.
"Tsk...con tutti i soldi che ha mi sarei aspettata una maggiore accoglienza da Dogger!"
L'uomo continuò a guardarla immobile.
Uno sguardo che le fece pentire di aver parlato, per un istante.
Sembrava avere la calma ferrea di Judas.
Quanto voleva che uno di loro fosse lì con lei adesso...aveva bisogno delle stupide battutine sarcastiche di quel sacco di pulci di Lymhal.
Si morse il labbro con ansia.
"Non deve essere così agitata...il signor Machiavelli ha solo da chiederle un favore...tutto qui."
Alzò il suo sguardo con decisione fissando l'unico occhio visibile del suo interlocutore e carceriere.
"Sei un indiano."
"Si. Cherokee."
Non sapeva perchè aveva fatto quell'affermazione, ma aver la certezza di aver individuato almeno la nazionalità di questo Xavier le dava la sensazione di conoscere qualche particolare in più su di lui. Tanto per non considerarsi più in mezzo a degli 'sconosciuti'.
"Sono conosciuto come il Crotalo…" e nel dire questo i suoi campanelli...o sonagli tintinnarono leggermente.
"Tsk...solo una serpe poteva prestare servizio da Machiavelli!" disse con scherno e l'uomo per la prima volta accennò ad una reazione, certo non quella che lei si sarebbe aspettata.
Sorrise.
"Luogo comune...per comuni persone."
Arrossì per un attimo.
Forse era stata troppo maleducata con lui. In fondo fino a quel momento si era dimostrato gentile.
Cercò di divincolarsi dal suo imbarazzo.
"Che vuole Dogger da me?"
"Chiederle un favore."
"Quale?"
"Sarà lui a dirglielo."
"Perchè continui a darmi del lei?"
"Perchè lei non mi ha ancora permesso di darle del tu."
Si sorprese.
"Credevo di essere vostra prigioniera...e per i prigionieri non ci sono riguardi...."
"Sarò anche una serpe...ma non maleducato."
Quel carattere notevolmente rispettoso le strappò un sorriso.
"Mi sei simpatico...nonostante lavori per Dogger...."
Poi aggiunse "Io sono Asha, detta la Gazza, puoi darmi del tu se vuoi!"
Un po' di tempo avrebbero dovuto attendere insieme prima dell'arrivo di Machiavelli. Almeno non l'avrebbe passato in solitudine.

La luce fioca delle candele del piccolo altare brillavano illuminando il buio della grande sala adibita a pregare. Al centro stava una statua della Madonna con vari lumicini intorno. Davanti a quella bella ed elaborata statua non eccessivamente grande stava inginocchiata una figura di bianco vestita. Indossava una lunga e larga vestaglia dai mille drappeggi lasciata slacciata. Il tessuto era seta e raso fini. Lungo la schiena erano lasciati scoperti i bellissimi capelli mossi, candidi e immacolati. Le spalle si scuotevano impercettibilmente. Dei singhiozzi macchiavano quella bella visione, quasi angelica che spiccava in quella specie di chiesetta. Quella donna piangeva.
"E’ colpa mia. Solo colpa mia. Non doveva accadere. Nulla. È mia la responsabilità delle mie sconsiderate azioni. Non dovevo lasciarmi andare in quel modo. Ora tutto crolla. Io sono la regina di questo piccolo paese. Amata e rispettata , ammirata...ma non merito tutto questo, amore, fiducia, protezione. Per causa mia stanno pagando le persone sbagliate. È sempre stato così. Prima col mio povero marito, poi il mio illegittimo figlio del quale solo io conoscevo l'esistenza...io e suo padre...poi l'uomo che amo, l'unico uomo che sono mai riuscita ad amare immensamente senza poter impormi e rifiutarmi. Ed ora....ora...lei, la mia piccola principessa. Lei non deve sapere nulla, lei non c'entra con le mie faccende, col mio passato. Se c'è qualcuno che deve pagare non è lei, lei deve rimanerne fuori, lei non deve sapere, la sua vita non deve venire distrutta. Se c'è qualcuno che deve pagare sono io....ma forse sono troppo vigliacca per affrontare le cose apertamente....ammettere di aver amato un altro uomo dopo il re...e risposarmi con lui per cominciare una nuova vita....riconoscere quel figlio nascosto...morto...quanta felicità avremmo potuto avere...ma mia figlia, la piccola Eloise...che avrebbe pensato...forse le avrei infangato il nome, quello di mio marito....non sono degna di essere una regina. Non sono degna di essere madre. Non sono degna di essere ancora amata.
Se Eloise non dovesse più tornare sarei pronta ad uccidere io stessa Dogger...lo giuro sulla mia corona. Perchè lei è l'unica cosa che in realtà io sia riuscita a tenere pura e incontaminata, a proteggere...tutti l'hanno protetta....ed ora deve continuare a vivere come ha sempre fatto...fare quel che io non sono mai stata capace di fare...essere una degna regina...questo cigno non è più puro da tempo...questo cigno non durerà molto...per troppo tempo sono dovuta nascondermi e sopportare...troppe persone ho fatto soffrire e coinvolto. L'unico vero amico che mi rimane è Lion-oh...ma non voglio coinvolgere più nemmeno lui....non c'entra...so cosa devo fare per mettere fine a tutto. È solo che ho paura....Dio...è ammesso ad una regina avere tutti questi dubbi e paure? Dimmi di si...e dimmi che posso appoggiarmi a qualcuno...che io veramente non ce la faccio più."
La Regina Enya sembrava ormai un cigno appassito...aveva in fin dei conti passato la sua vita a scappare...ed ora era crollata...da sola...senza nessuno a reggerla e aiutarla...piena di paure...ora era venuto il momento di affrontare le cose. Ignorava molte cose in realtà....quel che era successo alla figlia...dove fosse....e soprattutto che suo figlio era ancora vivo e solo...e quel che era diventato....ma più di tutti ignorava la sorte...la sorte che non contenta di quel che aveva fatto fin ora voleva continuare a beffarsi di lei e dell'avvenire...di molte persone ancora...persone troppo vicine a lei.
Della sua stessa vita.
Quell'attesa era snervante e tutto quel che poteva fare lei era pregare piangendo implorando perdono. Temeva che quella notizia potesse arrivare....la notizia....che di Eloise e Ty non c'era più nessuna traccia.

Intanto nell'ufficio di Lion-oh, l'uomo importante si apprestava a ricevere i pochi parenti che era riuscito a trovare dei suoi ragazzi....con la dolce Celine aveva già parlato precedentemente...ora rimanevano loro...si sorprese come potessero essere già così soli nonostante le giovani età....ma finchè il gruppo sembrava funzionare non c'era motivo di disfare nulla...avrebbero avuto tempo per farsi le ossa...e si fidava della sua Triade.
Fra le persone che aveva davanti, accomodata elegante e sensuale nella poltrona sotto la finestra, stava la sorella di Lymahl...la famosa e pericolosa Donna-Ragno.

Ancora una volta Lion-oh poteva sorprendere. Era estremamente raro e difficile riuscire a contattare quella criminale, e come facesse a sapere certe informazioni era un mistero, uno dei tanti che circondavano quell'uomo dalla postura eretta e la voce graffiante.
La Donna-Ragno che solo poco fa aveva dato prova della sua letale forza e crudeltà, ora si spiegava come mai era intervenuta: si trovava in città per la convocazione di Lion-oh.

Un sorriso malefico aleggiava sempre sul suo volto, bellissimo e affascinante nonostante la benda nera sull'occhio. Il tatuaggio si vedeva alla perfezione, come anche il suo corpo provocante. Seducente in ogni cosa. La Donna aveva pronte le mani sui suoi gioiellini in buona mostra.
Fuori dalla porta aspettavano i suoi due uomini, due uomini dalla bellezza non indifferente, come se una come lei avesse bisogno di protezione. Si sentiva perfettamente a suo agio. Mosse solo lo sguardo sulla stanza, osservò che in fin dei conti non erano in molti quelli convocati e nemmeno tanto vecchi, anzi, con chi e cosa avessero a che fare non importava, tanto non sarebbe stata a lungo lì dentro. Sicuramente aveva a che fare con il bel micino, a proposito del micino....-Chissà se quel simpaticone gli ha consegnato il mio messaggio...sono sicura che mi amerà sempre di più il mio fratellino...- si trovò a pensare la mora...il biglietto consegnato a Judas con su scritto 'comunque il favore me lo devi lo stesso, micino! Alla prossima!' si trovò a sorridere alla reazione di Lymahl.


LABORATORI DI RICERCA GENETICA -LABOTECH- ore 01:45

ll ticchettare delle dita sulle numerose tastiere dei pc erano alcuni dei rumori che più potevano essere identificati.
Passi frettolosi che si spostavano ai diversi monitor.
Bisbigli di commento a ciò che vedevano.
Ronzii di stampe...click dei mouse...
INGRANDIRE....20%....40%....60%....FERMO IMMAGINE....STAMPA....
I camici bianchi ondeggiavano al movimento di coloro che li indossavano.
Poi un uomo si staccò dalla mischia per uscire da quel laboratorio.
I rumori si affievolivano a mano a mano che si allontanava e si perdeva con la sua ombra per i meandri dell'edificio.
Prese un' ascensore che lo portò al 5° piano sottoterra.
Ora tutti i rumori erano scomparsi per fare posto ad un innato silenzio.
Percorse il laboratorio con passo svelto.
Due uomini in divisa lo fermarono davanti all'unica porta presente.
Ma lo lasciarono subito andare riconoscendone il viso.
La porta si aprì lasciando scorrere il metallo, di cui era fatta, all'interno delle pareti.
Appena l'uomo l'ebbe varcata, si richiuse alle sue spalle.
Una decina di monitor erano ben visibili all'entrata, posti alle spalle di una scrivania grigia.
La poltrona era girata di spalle alla porta.
"Dottor Genesi..." chiamò la voce dell'uomo in camice.
"Non dirmi quello che già so, Janosh, preferirei sapere quello che ancora ignoro..." rispose l'altro occupante della stanza con una voce fredda come il gelo.
Lo scienziato tentennò...
"Quello...lo ignoriamo anche noi..." disse mordendosi un labbro.
La poltrona ruotò di 180 gradi.
La pipa fumante era chiusa nella sua mano sinistra.
I capelli bianchi con qualche filo argenteo risaltavano nel buio della stanza.
Le spalle larghe e ancora perfettamente squadrate, di uomo maturo, facevano confondere sulla vera età del loro proprietario.
E poi...c'erano quegli occhi....verdi.
E le rughe attorno alle labbra, regalo del suo vizio del fumo.
"Spesso mi domando perchè vi pago così tanto!" disse in tono più che calmo.
L'altro non rispose.
"Lasciamo perdere...rinfrescami su quello che sta succedendo..."
Janosh alzò lo sguardo sui suoi fogli, sistemandosi gli occhiali di foggia rettangolare.
"Allora..." disse "...si stanno coalizzando...."
"Questo era previsto?"
"Si...ma non credevamo che...riuscisse a trovarli tutti...!!"
Sorrise.
La ruga si accentuò.
"Quel Leone..." mormorò tirando una boccata dalla sua pipa.
"Si sono formate due fazioni opposte...si faranno la guerra...si scanneranno!"
"Osserveremo anche questo aspetto! Era uno dei punti del nostro Progetto no?...lasciali giocare..."
Lo scienziato scosse la testa...
"Non saprei, signore...ho la terribile sensazione che il Progetto A.I. ci stia sfuggendo di mano..."
"Janosh...non sanno niente...!" lo rassicurò "Nadar ha solo capito che loro hanno qualcosa di speciale tutto qui!!"
"E se sospettasse delle cause della morte di Lynx..."
"Non sospetta di nulla...siamo stati molto attenti affinchè il nostro 'Thruman Show' funzionasse come doveva, e, come già avevamo calcolato, sono tutti riuniti in quella città che avevamo creato per loro...! Rilassati!"
"Cosa...dobbiamo fare...?"
"Continuiamo ad osservarli...in fondo...la morte è un aspetto come un altro da osservare...!".
Lo scienziato annuì, poi gli voltò le spalle e lasciò la stanza.
Genesi ruotò nuovamente la sua poltrona.
I dieci schermi erano davanti a lui...li controllava attraverso essi...
Tirò un'altra boccata dalla pipa rilasciando una nuvola di fumo grigio che si dissolse sulla superficie di un'immagine...quella di Nadar Lion-ho....