2^ SAGA:
GLI
IBRIDI E L’IPAI
CAPITOLO
17:
LABORATORIO DI INGEGNERIA GENETICA LABOTECH ore 19:35
Janosh piombò come un fulmuine all'interno dell'ufficio di
Jesus Genesi.
"Signore...!" cominciò con foga, ma venne subito interrotto.
"Lo so anche io quello che stai per dirmi!" disse secco.
Lo scienziato rimase immobile prendendo fiato, mentre l'uomo continuava
a dargli le spalle, osservando i monitor.
L'occhio gelido fissava le immagini mentre, con le dita, si strofinava
lentamente il mento.
La pipa fumava abbandonata sulla scrivania.
Armeggiò col telecomando e tutti gli schermi restituirono
l'immagine della Vedova come un gigantesco puzzle.
"Ho sottovalutato i poteri ESP di quella donna..." disse sommessamente.
"Cosa facciamo ora?" domandò Janosh preoccupato "Potrebbe
saltare tutto..."
"Non salterà proprio nulla!" lo zittì con
severità "In quanto alla Vedova...avrà
ciò che ha previsto..." un sorriso accennato si
delineò sulle sue labbra.
"Ordino alle squadre di emergenza di intervenire?"
"No! rischierebbero una sonora sconfitta, non sono in grado di
competere con loro, peggiorerebbero la situazione...ho bisogno di un
lavoro pulito..." rimase per un momento in silenzio "...chiama Angel!"
disse infine.
La cartellina di Janosh toccò terra con un rumore acuto che
echeggiò per tutto l'ambiente.
Genesi non si curò della sua reazione e continuò
"...digli di partire immediatamente e faccia ciò che deve!"
"Ma..."
"Sei ancora qui?"
Lo scienziato si zittì. Raccolse la sua cartellina e
lasciò la stanza.
L'ascensore lo portò in livelli sempre più
profondi.
S'immergeva nei meandri scuri del sottosuolo.
In quei posti, la luce del sole era ormai un ricordo.
Attraversò un corridoio illuminato da neon pallidi.
Le pareti erano rivestite di metallo.
Placche enormi saldate tra loro.
Le guardie lo lasciarono passare dopo aver visto il suo tesserino ed
effettuato controlli incredibilmente rigorosi.
Entrò in un altro ascensore.
Questa volta sentì che il mezzo saliva e quella sensazione
lo rassicurò.
Non c'erano piani intermedi.
Solo due pulsanti.
Il rosso. 24. Il sottolivello dove aveva preso l'ascensore.
Il nero. 0. Dove sarebbe arrivato.
Il mezzo cominciò a rallentare fino a fermarsi del tutto.
Uno scatto e le porte si aprirono.
Salì sul tapirulan davanti a lui che lo trasportò
attraverso un corridoio trasparente.
Poteva vedere l'esterno.
Una foresta sul far della sera.
Quando luci ed ombre danzano insieme il sorgere della luna.
Faceva una strana impressione.
Altre due guardie erano alla fine del corridoio.
Lo controllarono.
Lentamente, la porta metallica alle loro spalle si aprì.
Faceva da entrata ad un altro edificio.
Sembrava una casa.
Janosh, entrò titubante.
Era nel salotto.
Delle figure erano sedute al tavolo. Giocavano a poker.
Era entrato nella Zona Nera.
E quella struttura era l'alloggio della squadra speciale...
Gli occupanti si fermarono ad osservarlo.
Creature maschili e femminili...
Janosh non se la sentiva di chiamarli 'uomini'.
"Ucci ucci..." disse uno del gruppo posando le carte sul tavolo
"...sento odor di cristianucci...!"
Lo scienziato deglutì a forza.
Sentiva gli sguardi tutti su di lui.
Alcuni, muovevano le...code...con curiosità ed impazienza.
"Piantala Kimera!" aggiunse la 'Donna di Pietra' con un sorriso "Sai
bene che nessuno viene a farci visita...così spaventi il
nostro ospite!" il Gargoyle si alzò scotendo le ali scure
che spuntavano dalla sua schiena.
Si avvicinò all'uomo.
Lo superava di mezzo busto.
"Ciao amico del Padre! Qual buon vento ti porta qui?"
E, lentamente, prese il suo viso tra gli artigli di pietra della sua
mano.
Era fredda.
Gelida.
Janosh venne percorso da un brivido e si disse che non voleva restare
là un minuto di più!
"Angel!" esclamò
La donna parve seccata.
Lasciò la presa ritornando al tavolo.
"Bah! Che seccatura! E' sempre lui il più ricercato!"
"Non essere scortese Petra!" disse Kimera "Sono ordini del Padre!" poi
rivolto all'uomo "Angel è nel cortile!" ed indicò
un balcone poco lontano da loro.
Janosh lo raggiunse, mentre gli altri continuavano a tenerlo d'occhio.
Era un bel giardino.
Fontane, alberi,rampicanti.
Cercò il suo obbiettivo.
Lo individuò appollaiato su un ramo alto.
Il bianco dei suoi abiti e delle ali risaltava sul cielo rosseggiante
della sera annunciata.
"Angel!" chiamò attirando la sua attenzione "Il Padre
richiede il suo intervento!"
Una cascata di oro luccicò al chiarore del crepuscolo e
ondulò, mentre lentamente girava la testa.
Due occhi di puro cristallo fissarono lo scienziato che aspettava a
cavallo dell'uscio del balcone.
Sorrise.
"Deve essere qualcosa di molto grosso se il Padre richiede l'aiuto di
uno degli IBRIDI!"
Janosh annuì.
Angel aprì le ali con uno scatto improvviso.
Piume candide e morbide si mossero nel cielo serale.
Si lasciò cadere nel vuoto per poi planare delicatamente di
fronte al loro ospite.
Tanto bello quanto spietato...
Pensò Janosh trovandoselo ormai ad un passo.
"Qual'è il mio compito?"
Lo scienziato porse una foto.
"Devi uccidere Betsabea, la Vedova Nera!"
Osservò la donna con sguardo indifferente.
"Un vero peccato..." aggiunse "...era molto bella!"
La Vedova sedeva sul morbido letto della sua camera.
Immersa nel buio della sera e della sua cecità, aspettava.
Sarebbero arrivati, ne era certa.
Le sue visioni non tradivano mai.
E lei l'aveva vista...
La sua Morte era fatta di luce.
Accecante.
Bellissima.
E la cosa la incuriosiva.
Chi avrebbe levato la mano su di lei?
Era forse come loro?
No...avrebbe visto un animale.
Invece era apparso quel bagliore.
Come una stella.
E una musica...voci...canti gregoriani...un coro...quasi angelico...un
Angelo...
"Sarà un Angelo a portarmi la Morte?"
Le finestre si spalancarono al gelo di un vento improvviso.
Le tende si smossero furiose.
"Chi c'è?"
Domandò con un certo tremore nella voce.
Silenzio.
Solo il vento parlava...con un ululato così dolce da
sembrare melodia.
Un fruscio, come uno sbatter d'ali, si avvicinò a lei.
Sentì qualcuno, lì nella stanza.
Era sul davanzale della finestra.
L'ululato si librò in coro nel cielo notturno.
"Chi sei...?"
Ancora silenzio.
Percepiva degli occhi che la fissavano.
Concentrò i sensi...
Una forma di luce era ferma a pochi passi da lei.
-...La mia visione...-
Pensò.
"E' la Morte che bussa alla tua finestra stanotte..."
La Vedova alzò il capo di scatto.
"Judas?" mormorò.
La voce era la sua. Ne era certa!
Un tintinnio metallico ne smascherò il movimento.
"Judas...?" chiamò di nuovo.
"No..." rispose calmo "...non sarà il Corvo a portare
Morte...questa volta!"
Lo stesso tintinnio individuò un altro suo movimento.
Sembrava una catena.
"...ora chiudi gli occhi...sarà così dolce..."
Una voce nel buio bloccò l'esecuzione.
"Prova a smuovere di un millimetro quella doppia falce...ed io ti
trasformo le ali in una groviera!!"
Il tono dello Squalo non ammetteva repliche.
Con la mano libera accese la lampada accanto a lui con un click.
Comparve la sua figura sulla poltrona, pistola alla mano.
"Ora, da bravo, girati lentamente!"
Il giovane, sorridendo, fece come gli era stato detto.
Il bastone a doppia falce venne lentamente abbassato, facendo
tintinnare la catena che univa le due lame.
Ruotò il corpo in maniera sufficiente da permettere allo
Squalo di vederlo.
Capelli d'oro, occhi di zaffiro, pelle di luna...ed un sorriso
diabolico del Male in persona!
Fu un attimo e Jericho scattò in piedi come una molla.
"Che mi prenda!!"
"Vedo che il mio viso non ti è sconosciuto...dico bene?"
Affermò sempre sorridendo.
Il killer era interdetto.
-ANGEL, RIENTRO IMMEDIATO!-
Gracchiò l'auricolare all'orecchio del giovane.
"Cosa?" mormorò "E perchè?"
-COSI' ORDINA IL PADRE! OBBEDISCI!-
Sbuffò contrariato.
"Mi spiace non poter restare ancora con voi...immagino avreste voluto
farmi delle domande, ma vi basti solo una risposta: il mio nome
è Angel...e presto o tardi vi sterminerò tutti!"
Accennò un inchino per poi lanciarsi repentino fuori dalla
finestra e scomparire nella notte.
La sorpresa aveva lasciato Jericho troppo interdetto per farlo reagire.
Si avvicinò al davanzale rinfoderando la Magnum.
Bea lo affiancò "Dimmi che non è ciò
che credo..."
"Capelli e occhi diversi...ma che Dio mi fulmini se quello non era
Judas!!!"
LABORATORI DI INGEGNERIA GENETICA LABOTECH -ora 21:45-
Angel era irritato.
Ma perchè lo aveva fermato?
Lui lo aveva mandato lì con un compito ben preciso...e poi
si era tirato indietro...certe volte...lui il Padre proprio non lo
capiva.
Entrò nel suo studio con passo deciso, mentre le piume
producevano un vellutato frusciare ad ogni suo movimento.
I capelli ricadevano, smossi, sulle spalle e qualche ciocca ne copriva
il viso dallo sguardo acuto e trasparente come vetro.
O come cristallo?
O come l'acqua della sorgente più pura?
O come le lacrime più tristi e amari?
Si fermò a pochi passi dalla scrivania bloccando la sua
doppia falce al suolo, con un rumore sordo.
"Padre perchè?"
Domandò diretto.
Una qualità che, a detta dello stesso Jesus Genesi, avrebbe
potuto portargli numerosi guai.
"Quante volte dovrò dirti di non usare quel tono con me?"
rispose il dottore sostenendo il suo sguardo con altrettanta decisione.
L'angelo si mortificò.
Abbassò subito gli occhi al suolo.
"Scusami Padre...è che non capisco...ma perchè?
Perchè mi hai fermato?"
L'uomo lo guardò da capo a piedi.
I capelli come fili d'oro.
La pelle candida.
Gli occhi trasparenti.
Il fisico asciutto e definito senza volgarità.
Era perfetto.
Adone.
Angelo.
"Vieni qui...figlio mio..." lo chiamò accanto a
sé, ruotando di 90 gradi la poltrona.
Il giovane gli si fece vicino inginocchiandosi accanto a lui tenendo il
capo chino.
"...eh...Angel...spietato portatore di morte...non capisci? Lascia che
sappino di te...cosa importa? Sapranno solo che qualcuno manipola le
loro vite...ma non sapranno chi...osserviamone le reazioni...carpiamone
i segreti..."
Sollevò il suo viso con le dita della mano.
Lo guardò fisso.
Nessuno osava.
Solo lui.
Perchè era il Padre.
Suo Padre.
Lui che non aveva nessuno.
Lui che era perfetto.
O forse no...?
No...
Non era perfetto...
Non ancora...
Non aveva una capacità...
Era una pecca...una macchia nella sua maestosa potenza...il
Padre...sapeva...e forse per questo lo odiava...forse per questo lo
aveva fermato...perchè non lo considerava perfetto...e si
azzardò a chiederlo...
"Padre..." cominciò "...noi Ibridi...siamo superiori a
quegli esseri che sono poco più che cavie da
laboratorio...perchè...perchè tenerli in vita? A
cosa servono? Non siamo noi gli esseri perfetti? Non sei soddisfatto di
me?..."
Il dottore restò ad osservarlo ancora per un attimo.
Imperturbabile.
"Ora vai, Angel...e aspetta che io abbia nuovi ordini per te...la tua
comparsa porterà notevole scompiglio e devo studiare alcune
reazioni particolari...va' figlio mio."
"Ma...Padre non avete..."
"Non osare più di quanto hai fatto!" rimarcò duro
"E ora vai! Non fartelo ripetere una terza volta!"
L'angelo annuì e si alzò rapidamente.
Prese il bastone rimasto in perfetto equilibrio su una delle lame.
Fece un inchino e lasciò lo studio.
Le sue mani si stringevano salde attorno all'asta della sua arma, che
egli stesso aveva ideato.
Quella...era stata una risposta più che completa.
Il Padre non era soddisfatto di lui.
Perchè aveva quella macchia che intaccava il candore della
sua perfezione.
Il Padre gli preferiva quell'essere inferiore...quell'essere che gli
somigliava come una goccia d'acqua...perchè lui poteva...
Non lo poteva accettare.
L'altro aveva avuto tutto...
Una famiglia...
Dei genitori...
Lui...aveva avuto il Padre...
Quanto lo detestava...
Quanto lo odiava...
Quanto desiderava potergli tranciare il capo dal collo con la sua
doppia falce...
"Avrò la tua testa..." mormorò ancora appoggiato
alla porta dello studio del dott. Genesi "...e, un
giorno...avrò anche il tuo potere...Judas, il Corvo...!"