CAPITOLO
19
Solo...
come al solito, era rimasto solo con l'amaro in bocca e il cuore a
pezzi. Non che lo desse a vedere, ma dentro di sé riusciva a
sentire distintamente lo straziante grido del suo cuore, mentre
sanguinava per la profonda ferita appena riapertasi in lui dopo
quell'incontro.
Suo
figlio... quel figlio che aveva portato via dalla reggia ancora
cadavere e sepolto con le sue stesse mani insanguinate e la vista
appannata dalle lacrime. Una delle prime volte che aveva pianto in vita
sua, riversando in quelle lacrime tutta la sua rabbia e il suo dolore.
Si alzò dal tavolo, abbandonando la birra vuota sul ripiano
e uscì nel giardino dell'imponente villa trascurando gli
ordini di Lion-ho di non allontanarsi senza permesso.
Zaphir
camminò a lungo, tenendo le mani nelle tasche e scrutando
pensieroso il cielo.
-Linkin...
Speravo che almeno tu saresti stato in grado di uccidermi...-
sussurrò in un soffio.
Le immagini del suo passato si susseguivano nella sua mente una dopo
l’altra, come un film senza trama. Enya…
L’unica donna che era stato in grado di amare…
L’unica che era riuscita nell’impossibile impresa
di penetrare il suo cuore d’acciaio… Per lei aveva
abbandonato tutto e tutti: i suoi compagni, la sua missione…
aveva rinnegato il suo passato, voltando le spalle ai suoi colleghi,
che erano diventati per lui come una famiglia. Era diventato preda e
cacciatore, solo per restarle accanto… per proteggere sua
figlia Eloise, che il Cigno amava più della sua stessa
vita… molto più di lui…
Abbassò lo sguardo grigio, amareggiato dai suoi stessi
pensieri. Enya il Cigno era la cosa più bella che gli fosse
capitata nella sua vita d’inferno… per lei aveva
rinunciato alla sua stessa identità…
perché lei era la sua prima e unica priorità! E
ora Enya aveva fatto la sua scelta… aveva scelto Dogger
Macchiavelli! Quando era stato il suo turno, lui aveva messo lei
davanti a tutto… e questo era il suo ringraziamento dopo
anni e anni di amore devoto?!
Delusione…
rancore… gelosia… rimpianto… dolore!
Mille sentimenti sconvolgevano la sua anima dannata. Un ululato basso e
roco sempre più acuto e carico di dolore riempì
la notte nera senza stelle. Non riusciva più a contenere il
dolore che lo stava lentamente dilaniando da dentro, distruggendo il
sottile filo di ragione e autocontrollo, che aveva con tanta fatica
intessuto in quegli anni.
/”Prendilo in braccio…
non aver paura! Lui non può farti male…
è il frutto del nostro amore!”
Il suo sorriso dolce e radioso le illuminava tutto
il giovane viso ancora arrossato per la fatica del parto. Mi guardava
con i suoi occhi celesti capaci di trasmettere amore infinito e con la
sua voce suadente mi invitava ad afferrare lo scricciolo che teneva tra
le braccia sottili e bianche.
“N-non posso… potrei romperlo!
E’ così piccolo e indifeso…”
“Non temere…lo stesso sangue
scorre nelle vostre vene e lui sa chi sei… quanto lo ami e
quanto lo hai desiderato…”
Me lo porse con gentilezza e il bimbo protese le
manine aperte verso di me… Sapevo che era ancora troppo
piccolo per essere in grado di vedermi, ma in quell’istante
seppi che anche lui mi desiderava… come io avevo desiderato
lui per nove interminabili mesi…Lo afferrai con quanta
più delicatezza potevo e lo portai al mio ampio petto,
stringendolo piano, come se fosse di fragile cristallo…
Per me era tutto nuovo e inaspettatamente
sorprendente… pensavo che qualsiasi gesto improvviso o il
mio solo respirare potesse spezzare quel sogno che stavo vivendo. Lo
osservai e mi sorpresi a sorridere a quella piccola creatura che si
stava placidamente addormentando tra le mie braccia muscolose e forse
troppo scomode per lui. Aveva folti capelli neri come la notte che
tanto amavo e chiari occhi celesti, il viso paffuto e un buffo nasino
all’insù che annusava il mio odore, quasi volesse
imprimerlo inconsciamente nella sua mente di neonato.
Ad un tratto la piccola bocca si schiuse in un
sorriso sdentato, quasi per rispondere a quello che gli avevo appena
lanciato. Il ghigno di scherno che solitamente increspava le mie labbra
si aprì nel mio primo vero sorriso, mentre accarezzavo
impacciato il suo visino paffuto. Disarmato da quel semplice gesto, mi
lasciai sfuggire una lacrima che mi attraversò il volto.
“Benvenuto piccolo Linkin…io
sono il tuo papà!”/
Ricordi
lontani, tanto da sembrare frutto della sua immaginazione.
L’unica volta che erano restati tutti e tre insieme come una
vera famiglia.
Poi
Zaphir era dovuto fuggire, con il piccolo Linkin avvolto in una
coperta… lontano dal palazzo e da Enya, per non farvi
più ritorno, se non quando Linkin fosse stato abbastanza
grande per capire. La regina aveva detto che il bambino che aspettava
dal suo consorte, il re Fuster Lynx, era morto durante il parto.
Successivamente aveva inscenato il funerale del neonato, al quale era
stato dato un altro nome che Zaphir non aveva mai voluto sapere.
Non
sapeva dire se in quegli anni fosse stato un buon padre, ma aveva fatto
del suo meglio. Riversava su quel bambino tutto l’amore che
era capace di provare, nel suo modo silenzioso e inconsueto…
Lo proteggeva dal mondo insano e cattivo nel quale era costretto a
vivere, insegnandoli tutto quello che c’era da sapere sulla
strada e i suoi abitanti. Insolitamente Linkin non aveva mostrato
particolari poteri come i suoi genitori, ma era comunque forte e agile
grazie agli allenamenti che affrontava in compagnia di suo padre.
Molto
spesso Zaphir era fuori a “caccia”, specialmente la
notte, dopo aver messo a letto Linkin tra le calde e sicure coperte del
suo letto, ma cercava comunque con tutte le sue forze di essere un
padre presente. Sapeva che il figlio aspettava alzato il suo ritorno,
sbirciando tra le tende socchiuse della roulotte nella quale abitavano,
così da poter fingersi addormentato appena avesse sentito il
passo pesante dei suoi anfibi varcare la porta d’entrata. Ma
DOVEVA lavorare, anche se la sua non si poteva di certo definire
un’occupazione comune: non tutti i padri andavano in giro la
notte a cercare di catturare e, nella peggiore delle ipotesi, ammazzare
i delinquenti che i comuni agenti di polizia non riuscivano neanche a
scovare.
Lo
pagavano bene, ma i soldi che guadagnava venivano quasi tutti impiegati
per la vita di tutti i giorni e i beni di prima necessità,
ma Linkin non si era mai lamentato. Gli piaceva il rapporto che si
andava a creare negli anni con suo figlio: Linkin era silenzioso e
intelligente, quasi da sembrare molto più grande dei suoi
otto anni. Insieme facevano parecchi discorsi seri su qualsiasi
argomento e, non potendolo mandare a scuola, il Lupo gli aveva
insegnato a leggere e a scrivere, comprandogli diversi libri che Linkin
divorava in pochi giorni. Era rammaricato del fatto che suo figlio non
potesse avere una vita sociale, ma per il mondo Linkin non era mai
nato! Ciononostante il bimbo sembrava felice così e malgrado
tutto cresceva sano e forte.
Zaphir
era un cacciatore di taglie e per nessuna ragione al mondo avrebbe
voluto mettere il figlio al corrente del suo sporco lavoro, ma Linkin
diventava sempre più grande e cominciava a farsi delle
domande. Il bambino aveva quasi dieci anni, quando una notte il padre
varcò la soglia di casa come in trance…
/“P-Papà!
Cos’hai?”
Subito il mio ometto mi corse incontro
preoccupato… dovevo avere una cera davvero orribile!
“N-niente… Ho solo bisogno di
un po’ di riposo…”
Non riuscii più a sostenere il peso del
mio corpo, che si faceva sempre più opprimente ogni minuto
che passava, e caddi rovinosamente a terra sul freddo pavimento
d’acciaio della roulotte. Tutto intorno a me si stava
lentamente sfuocando, mentre sentivo il suono ovattato del grido di
stupore e spavento che era sfuggito a mio figlio nel vedermi
stramazzare a terra privo di forze.
“Papà! Chi è stato?
Chi ti ha ridotto così?”
“Un vecchio amico… mi deve
aver iniettato del veleno senza che me ne accorgessi! Eh eh…
l’ho sottovalutato! Pochi è più in
gamba di quanto ricordassi...” sussurrai a fatica, mentre
sentivo il respiro farsi di piombo.
I polmoni mi bruciavano terribilmente, come per
protestare contro i miei sempre più frequenti tentativi di
farvi entrare più aria che potevo. Emettevo un roco
rantolio, simile al respiro di un asmatico, e l’impellente
bisogno di abbassare le palpebre mi faceva rivoltare gli occhi
all’indietro.
“Veleno?! E’
terribile… che tipo di veleno? Dove te lo ha iniettato? Devo
subito portarti all’ospedale di Fallen!”
Avvertivo la voce lontana di Linkin incrinata da
una nota di panico. Grazie al mio olfatto sviluppato, potevo sentire
l’odore della paura che stava facendo tremare le mani di mio
figlio, mentre raccoglieva tutte le sue forze nel tentativo di tirarmi
a sedere.
“Calmati… anf…
né tu…anf… né qualsiasi
dottore… anf… potete fare
niente…”
Ogni parola era per me un’immensa
sofferenza…
“P-Perché?”
Linkin stava lottando per trattenere le lacrime che
gli scendevano copiose dagli occhi celesti, rigandogli il viso
fanciullesco.
“E’… un veleno
potente… anf… e… non
esiste… anf… antidoto! D-devi…
solo… aspettare… anf… e avere
fiducia… in me…”
Linkin mi guardò a lungo, poi
annuì silenziosamente e si sedette accanto a me.
Appoggiò la testa sul mio petto muscoloso che si alzava e si
abbassava spasmodicamente, nella folle impresa di permettere ai miei
polmoni di continuare a respirare. Sentivo i suoi bassi singhiozzi,
mentre le sue calde lacrime mi bagnavano la canotta madida di sudore.
Restammo abbracciati tutta la notte sul freddo
pavimento. In silenzio, ad ascoltare i nostri respiri affannati dal
pianto e dal dolore, finché entrambi ci addormentammo mentre
le prime luci dell’alba penetravano dalle tende socchiuse.
Verso la tarda mattinata socchiusi gli occhi
lentamente e gli abbassai su Linkin, ancora abbracciato a me, come se
quel contatto fosse l’unica medicina capace di tenermi in
vita. Gli sorrisi… uno di quei rari sorrisi che serbavo solo
per lui e per sua madre… Lui non contraccambiò,
ma continuò a osservarmi con i suoi grandi occhioni celesti
segnati dal pianto.
“Penso di doverti delle
spiegazioni…”
Linkin non rispose, ma annuì lentamente
senza staccare gli occhi da me. Come previsto il mio corpo aveva fatto
il suo dovere: delle profonde ferite iniettate di veleno che la notte
prima avevano ricoperto il mio corpo, non restava che il ricordo
impresso a fuoco negli occhi spaventati di mio figlio. Non mi ero mai
sentito meglio e soltanto le profonde occhiaie che mi scavavano le
guance tradivano il mio aspetto salutare, segno del dolore provato la
notte precedente.
“Io non sono un semplice essere
umano… non so neanche con esattezza se lo sono mai stato!
Non conservo il ricordo della mia infanzia né quello della
mia giovinezza… i miei ricordi cominciano da quando avevo
trent’anni.”
Deglutì, per poi ricominciare il mio
racconto. Linkin sembrava concentrato su ogni mia singola parola:
“Sono un cacciatore di taglie ed è per questo che
trascorro la maggior parte della notte fuori casa…Scusami se
te l’ho tenuto nascosto… ma temevo il tuo
giudizio…non vado fiero del mio lavoro, ma per me
è quasi una missione e uno schermo di difesa!
Devi sapere che in molti mi vogliono morto! Prima
di diventare tuo padre, facevo parte di una specie di polizia segreta
chiamata IPAI, che doveva assicurare sicurezza e protezione agli
abitanti di Fallen…ma questa era solo una faccia della
medaglia! Una subdola copertura per mascherare gli abomini che eravamo
costretti a compiere per conto della Labotech, un laboratorio
d’ingegneria genetica.
Sono proprio loro ad avermi donato nuova vita,
iniettandomi un particolare gene che mi rende un ibrido a
metà tra uomo e animale…Tutti mi conoscono come
Zaphir il Lupo. Molti come me, hanno poteri nascosti che devono alla
loro parte animale a Fallen. Quando conobbi tua madre, abbandonai tutto
per amor suo e da allora i miei compagni dell’IPAI mi danno
la caccia per mettermi a tacere per sempre. So troppe cose
perché mi sia concesso vivere…
Pochi, colui che mi ha ridotto nello stato in cui
mi hai visto ieri notte, è ricercato dalla vera polizia di
Fallen da diversi anni, e ieri, dopo mesi di tentativi, sono riuscito a
consegnarlo alla giustizia.”
Mi fermai, nell’attesa di una sua qualche
reazione. Restammo in silenzio a guardare davanti a noi per diverso
tempo, poi Linkin finalmente parlò:
“Sei uno sciocco! Non avresti dovuto
tenermelo nascosto!”
Mi fissava corrucciato con occhi rimproveratori,
quasi fosse lui il padre e io il figlio.
“Hai ragione…ma temevo che tu
potessi cambiare opinione su di me… non sono sempre stato
così… ero un uomo cattivo e senza scrupoli, prima
della tua nascita! Tu e tua madre mi avete cambiato con il vostro
amore…”
“Non devi sentirti in colpa per quello
che sei stato in passato…a me piace il Zaphir di adesso! E
se è così, è anche grazie allo Zaphir
del passato… per quanto fosse cattivo, anche lui ha fatto
qualcosa di buono, permettendoti di diventare quello che sei
ora!”
Lo squadrai sorpreso. Mio figlio di soli dieci anni
aveva capito della vita molto più di quanto non avessi
capito io! Mi sorrise incoraggiante, continuando a guardarmi con i suoi
grandi occhi celesti.
“Senti, senti quanto è saggio
il mio piccolo Linkin!” esclamai, prendendogli la testa sotto
un braccio e scompigliandoli i capelli color dell’ebano.
“Ehi! Lasciami…cof
cof… così mi soffochi!”
Ingaggiammo una lotta sul pavimento, senza
risparmiarci colpi di ogni sorta, finché rotolando non
andammo a sbattere contro il tavolo che ci rovinò addosso
con tutte le stoviglie pulite.
“Guarda cosa hai combinato,
marmocchietto!” gli dissi con tono di finto rimprovero.
“Io?! Guarda che sei tu quello
più grosso e stupido tra noi due!!!” mi rispose
per le rime, fingendosi offeso.
“Beh…in questo non ti posso
dare torto…”
Entrambi ci guardammo intensamente per poi
scoppiare a ridere sonoramente. Poi ad un tratto Linkin si fece
nuovamente serio e, quasi fosse una sorta di minaccia mascherata da
confidenza, sussurrò: “Non farlo mai
più!”
“Cosa?!” chiesi sorpreso da
quel repentino cambio d’umore.
”Non farmi prendere mai più
uno spavento simile!”
“Promesso!”
Gli porsi il mignolo e lui lo afferrò
con il suo piccolino, per sancire quel tacito accordo./
Gli
anni passarono e quando l’ormai adolescente Linkin
compì tredici anni, Zaphir seppe che era giunto il momento
di raccontargli la verità sulle sue origini. Quando era
ancora piccolo, Linkin aveva più volte tentato di sapere che
fine avesse fatto sua madre, ma il padre era sempre stato molto vago
finché un giorno, preso da uno scatto d’ira, gli
aveva urlato che non voleva più sentirla nominare. Il bimbo
aveva ubbidito, come era solito fare, e non aveva più
chiesto notizie di lei, ma appena era il padre a nominarla, subito si
faceva attento per carpire ogni più piccolo dettaglio sul
suo conto.
/Era una bella giornata quel giorno e un caldo sole
estivo illuminava ogni cosa. Lo condussi al palazzo reale e lo feci
nascondere dietro un cespuglio, nell’ampio giardino che
circondava tutta la reggia. Su una comoda sedia da giardino stava
seduto re Lynx, nei suoi abiti eleganti. Quanto lo invidiavo! Chiusi il
pugno e lo strinsi con forza. Linkin notò la mia reazione e
mi guardò interrogativo, così gli posi
l’altra mano
sulla spalla per tranquillizzarlo.
Tornai ad osservare la scena: accanto a lui
sull’erba appena tagliata, sedeva lei, più bella
che mai. Composta ed elegante come sempre nel suo candido e ampio
vestito di seta, che le avrei volentieri strappato di dosso. I fini e
morbidi capelli legati in una complessa acconciatura e gli occhi
celesti intenti a osservare amorevoli Eloise, la principessa e figlia
legittima dei due sovrani… la prova vivente che per lei io
non ero nient’altro che un passatempo, un amante occasionale
di cui si era dimenticata in poco tempo.
Sembravano felici… la famiglia che
né io né Linkin avevamo mai potuto
avere…né avremmo mai avuto…
“Perché mi hai portato qui,
papà?” bisbigliò mio figlio per non
farsi sentire dalla famiglia davanti a noi,
riportandomi brutalmente alla realtà.
“La donna che vedi, seduta sul prato
è tua madre Linkin…mentre la piccola che gioca
con la bambola è la tua sorellastra…”
Avvertì il piccolo cuore pulsante di mio
figlio spezzarsi al suono delle mie parole, come anni prima era andato
in frantumi il mio. Scappò via e inutili furono i miei
tentativi di trattenerlo…/
Non
tornò più a casa, dopo quel giorno… Ma
il Lupo continuò a seguirlo e a proteggerlo da lontano,
certo di avergli insegnato tutto ciò che conosceva. Era
abbastanza grande per prendere le sue decisioni da solo ora…
Ogni notte lo seguiva con lo sguardo mentre sgusciava nel palazzo, per
osservare sua madre e sua sorella, intente a vivere la loro vita,
dimentiche di lui… E fu così che una notte lo
vide morire per mano delle guardie del palazzo… Perse il
controllo!
Non
seppe mai cosa accadde quella notte, né seppe mai nulla
della belva che diventò… Preso da un raptus
omicida, uccise tutti gli uomini di guardia al palazzo. O almeno questo
fu quello che gli fu detto quando chiese spiegazioni.
Qualche
volta quegli avvenimenti lo tormentavano in sogno sotto forma di incubi
che gli facevano trascorrere notti insonni. L’amaro sapore
del sangue… le urla di dolore… la carne
maciullata… l’acre odore di cadaveri in
putrefazione… i pezzi informi di quelli che una volta erano
stati uomini…
L’unico
ricordo che conservava era il suo risveglio in una cella del palazzo,
con gli abiti squarciati e profonde cicatrici su tutto il corpo. Non
riuscì mai a spiegarsi perché non si fossero
rimarginate come al solito: probabilmente se le era inflitte da
solo…
Lo
portarono al cospetto della regina, la sua amata Enya. Era solo il
pallido riflesso della donna che aveva scorto tra le foglie del
cespuglio in quella mattina di sole. Le guance erano attraversate da
profondi solchi, provocati dal pianto incessante che l’aveva
scossa in quei giorni di lutto. Gli occhi celesti erano spenti e
arrossati dalle lacrime, mentre i capelli erano stati lasciati sciolti
e scomposti sulle spalle. Fu l’ultima volta che la vide,
prima del loro incontro dopo il rapimento di Eloise.
Da
quel giorno Zaphir entrò al servizio della principessa, come
sua guardia del corpo, ma Enya fece di tutto per non farsi scorgere dai
penetranti occhi grigi del Lupo. L’aveva salvato da morte
certa, affidandogli quell’incarico… forse era
bastata una sola notte di passione per far cambiare idea al saggio re,
sul destino che sarebbe toccato al Lupo…
Sorrise
in modo bieco a quel pensiero, accorgendosi di essersi spinto fino al
limitare della foresta, ormai lontano dal palazzo di Lion-ho.
“Nooooo…
così è troppo, troppo facile!”
Una
voce lugubre e gutturale sibilò dal nulla, costringendo il
Lupo a mettersi in posizione di difesa. Le ginocchia lievemente piegate
e i pugni sollevati a coprire il viso da un possibile attacco, mentre i
muscoli guizzavano all’erta sotto i vestiti. I penetranti
occhi grigi saettavano veloci alla ricerca del più piccolo
movimento. Le orecchie attente al minimo suono, fosse il vento tra le
fronde o lo scricchiolio delle foglie nel sottobosco. Annusò
l’aria, arricciando il naso appena riconobbe
l’odore di chi gli stava di fronte.
“Puzzi
di fogna… come al solito del resto! Pensavo che gli anni in
carcere ti avessero almeno insegnato l’amore per la
pulizia!” affermò sarcastico, parlando a un nemico
che per i meno attenti poteva sembrare immaginario.
“Non
hai perso la tua irritante sicurezza, vedo! Pensavo che i fatti del
passato ti avessero insegnato ad essere meno superbo e
arrogante…” continuò la voce sibilante,
quasi non avesse sentito la provocazione.
“Mostrati
Pochi! E facciamola finita con questo fastidioso scambio di
gentilezze!” disse il Lupo irritato.
Alle
parole di Zaphir, due ochhi spropositatamente grandi e vitrei di mille
sfumature di verde, comparvero dall’oscurità. I
capelli di un verde acceso sfidavano la forza di gravità,
eretti in una alta cresta, che terminava alla base della nuca in una
lunga coda svolazzante. Sembrava fragile e gracilino di costituzione
nella sua ridicola altezza, ma Zaphir sapeva fin troppo bene di cosa
era capace quel piccolo demonio formato bonsai. Aveva la carnagione di
un insano verdastro, in pieno contrasto con la pelle abbronzata e
tirata sui muscoli tesi del Lupo.
“Hai
ragione… bando ai preamboli!” disse piano per poi
fare una mossa che colse impreparato l’avversario.
Una
lingua viscida e lunga scattò improvvisa dalla sua bocca
ancora aperta e si andò a legare intorno al collo teso di
Zaphir, mozzandogli il respiro. Sentiva la pelle bruciargli a quel
contatto, come se fosse ricoperta di un potente corrosivo. Ripresosi
dalla sorpresa, il Lupo estrasse i suoi artigli e tagliò di
netto la lunga protuberanza, che si contorse a terra, come scossa da
una scarica elettrica.
Si
portò una mano intorno al collo ansante: sapeva che
quell’intervento non era servito a niente. La parte tagliata
fu subito sostituita da una nuova, che ora cercava
d’insidiarlo in tutti i modi possibili, mentre lui schivava a
fatica i colpi inferti dal nemico come dolorose frustate.
D’un
tratto avvertì un suono insolito che non udiva da molto
tempo.
Campanelli…
o meglio… sonagli!
Un
nome gli fu subito chiaro in mente e con quel nome il perché
dell’improvviso stato di sonnolenza nel quale era trascinato
da una forza incontrollabile e misteriosa. Cadde lentamente,
finché non avvertì il duro suolo e la fitta erba
pizzicargli il volto… poi più nulla…
se non la più completa oscurità.
“Xavier,
perché l’hai fatto?! Volevo divertirmi ancora un
po’ con lui!” piagnucolò il Camaleonte.
“Verrà
il tempo… verrà il tempo per tutti noi! Ma ora ci
serve vivo e in forze!”
I
due scomparvero nel nulla, lasciando soltanto un orecchino a forma di
croce dimenticato o forse non visto tra la soffice erba.
Un
ululato basso e roco sempre più acuto e carico di dolore
riempiva la notte nera senza stelle. La luna splendeva alta in cielo,
facendosi spazio tra le nubi e dando un'atmosfera d'irrealtà
e mistero alla città deserta. Era notte fonda, ma le luci di
una villa fuori città erano ancora accese.
”Lion-ho!”
”Accomodati Judas... Non riesci a dormire?”
Il corvo si sedette alla scrivania del leone, che lentamente
girò la poltrona per guardarlo in faccia con i suoi
penetranti occhi d'ambra. Aveva lo sguardo lontano e assente di una
persona sommersa dai ricordi e dalle preoccupazioni. Per un attimo
Judas ebbe il timore che non fosse neanche lui, altero e fiero, con in
mano sempre il controllo di tutta la situazione.
”Zaphir se n'è andato...”
”Capisco... D'altronde era legato a noi solo per il fatto di
essere al servizio della principessa Eloise... anzi, regina
Eloise...”
”Tutto qui?!”
”Mi ero preparato a questo... è risaputo che
Zaphir il Lupo non ha legami e dopo i recenti avvenimenti...”
”Ma avrebbe potuto andarsene tempo fa, quando era appena
successo! Il Lupo ci nasconde qualcosa!”
”Lo so... Ma non sarà di certo lui a dirci
cosa.”
Una donna dai modi sinuosi e provocanti entrò nella stanza,
succinta da un'aderente tutina nera di pelle. Con la mano artigliata si
riavviò i lunghi capelli ricci color dell'ebano,
perfettamente abbinati alla sua carnagione scura.
”Ben arrivata, Pantera!”
”Non ho potuto fare a meno di origliare il vostro
discorso...”
”Hai portato a termine la tua missione?” chiese
Lion-ho ben sapendo la risposta. La Pantera non avrebbe MAI fallito,
qualsiasi fosse stata la missione.
”Che domande! Ecco tutti i fascicoli...” e alle
parole pronunciate con voce suadente, abbinava l'appoggiare un
raccoglitore alla volta sulla scrivania del capo:
”Uno per Uno! E' stato più semplice e piacevole
del previsto...” La donna di leccò le labbra
scure, sogghignando e mettendo in mostra i denti bianchi e perfetti.
”Cosa sono?” chiese Judas impallidendo attraversato
da un cupo presentimento.
”Le vostre... anzi, le nostre vite!”
”Cos...?!”
Sui numerosi fascicoli impilati disordinatamente in ordine alfabetico
c'erano scritti vari nomi, molti dei quali ben conosciuti. Anggun...
Aristis... Asha... Betsabea... Celine... Elija... Eloise... Enya...
Fly... Gackt... Ester Ibanez... Igor... Jackarta... Jason... Jericho...
JUDAS...?! C'era anche il suo nome su una di quelle cartelle! E ancora
Ladyhell... Nadar Lion-ho... Lymhal... Dogger Macchiavelli... Pamela...
Prince... Hannibal Ridens... Rudolf ... Ty... e tanti altri dei quali
non conosceva neanche l'esistenza. Il Corvo fu fortemente tentato ad
afferrare la sua cartelletta, ma quando pochi centimetri lo separavano
da essa, si fermò a guardare il Leone che lo stava
osservando sorridente di rimando.
”Fai pure!”
Judas non se lo fece ripetere due volte e subito afferrò il
fascicolo che lo riguardava, cominciando a sfogliarlo avidamente.
Tutto... Tutto, dalla sua infanzia travagliata al suo incontro con
Lion-ho e gli altri, era riportato su quelle fotocopie. Inoltre c'erano
varie schede riguardanti il suo potere speciale di vedere le anime dei
morti e altre che descrivevano dettagliatamente il suo carattere e modo
di fare, addirittura alcuni suoi pensieri!
”Cosa significa tutto questo?!”
”La battaglia contro Dogger Macchiavelli si è
appena conclusa, ma ce ne aspetta un'altra ben più ardua...
la guerra è solo agli inizi!”
”Come può notare mancano parecchi fascicoli
all'appello...” sottolineò Pamela intromettendosi
nuovamente nel discorso e zittendo il Corvo, il quale aveva ancora un
sacco di quesiti da porgere al Leone, con uno sguardo:
“Xavier il Crotalo, Linkin il Pipistrello e Zaphir il Lupo...
al contrario sono presenti anche fascicoli top-secret come quello della
Donna-Ragno, della quale è addirittura riportato il nome...
Non riesco a capire come il Ghepardo possa essere entrato in possesso
d'informazioni così dettagliate! Penso che neanche Dogger
Macchiavelli fosse a conoscenza di tutto questo, sennò
avrebbe tolto la sua cartelletta dal mucchio!”
”Già... quindi i fascicoli mancanti potrebbero
essere stati rubati dai diretti interessati...”
affermò Judas meditabondo.
”... o potrebbero addirittura non esistere...”
aggiunse Lion-ho.
”C'è una cosa che deve sapere sul conto del
Lupo...”
”...e cioè?!” chiese interessato Nadar.
”Prima che Eloise venisse rapita, io l'ho visto... l'ho visto
tra le anime dei morti!”
LABORATORIO DI INGEGNERIA GENETICA LABOTECH ore 04:00
Janosh si precipitò ansante nell'ufficio di Jesus Genesi.
”Signore! E' successa una cosa terribile!!!”
”Prendi fiato Janosh e spiegati con calma...”
”I fascicoli! Tutti i fascicoli contenenti i dati dei
soggetti del progetto Animal Instinct sono stati rubati!”
”Già... e ora sono nelle mani di Nadar Lion-ho...
arrivi tardi! L'ho già saputo...”
”Signore! Non riesco a capire come possa essere potuto
succ…”
Janosh non potè terminare la frase che una botola si
aprì sotto i suoi piedi inghiottendolo.
Un urlo.
Un tonfo sordo.
Risate sommesse.
Grida di supplica.
Poi più niente...
”Eccoti una scorciatoia per gli Inferi! Buon appettito miei
IBRIDI! MUAHAHAHHAHAHAHAHHAAH!!!”
”Padre...”
”Eccoti Angel! Ho una nuova missione per te e quattro tuoi
fratelli...-
”Ma io sono in grado di combattere anche da solo! Conosci le
mie capacità!”
”No! Questa volta è diverso... voglio che mi
portiate qui VIVI i membri dell'IPAI: Zaphir il Lupo, Xavier il
Crotalo, Pochi il Camaleonte, Jordan la Medusa e Tarabas lo Scorpione.
Dovrete anche trovare Linkin il Pipistrello e portarlo qui anche contro
la sua volontà. E' ora di riunire la squadra al gran
completo... AHAHAHAHAHHAHAHAHAH!!!”